venerdì 17 maggio 2024

Il bastone da Passeggio di Italo Svevo a San Lorenzo di Sedegliano, evento dell’ANVGD Udine

Ecco una storia di amicizia dei fiumani e triestini Posser, Dorini e Bolaffio con Italo Svevo e famiglia tra Trieste, Fiume e il Friuli. È stata raccontata il 15 maggio 2024 alle ore 16 in presenza e in diretta streaming nella sede della Società Filologica Friulana di Udine. L’evento era in occasione della XI edizione della “Settimana della cultura friulana-Setemane de culture furlane”, la rassegna di eventi culturali promossa dalla stessa Società Filologica Friulana, con il contributo, tra i tanti, del Ministero della Cultura e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Dopo il saluto della dottoressa Alessandra Piani, in rappresentanza del professor Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana, ha parlato il relatore, professore Elio Varutti, portando i saluti di Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine.

Elio Varutti e Chiara Dorini. Foto di Fulvio Pregnolato
“È un racconto di gentilezza, di umanità e di accoglienza al confine orientale – ha detto il relatore – Chiara Dorini, esule di Fiume, possiede un anello donatole da Letizia Schmitz-Svevo, figlia di Italo Svevo. Poi lei ha riferito che la nonna Maria Bolaffio di Trieste aveva ricevuto in dono dal grande scrittore il bastone da passeggio. Nonna Bolaffio lo utilizzava per le sue passeggiate a San Lorenzo di Sedegliano (UD), dov’era riparata nella casa avita dei suoceri nel 1944. Anche Cleofe Posser e Lidia Posser, di Fiume, rispettivamente bisnonna e nonna di Chiara Dorini, hanno avuto delle frequentazioni con la famiglia Svevo”.

È stata illustrata poi la figura di Letizia Svevo Fonda Savio, nata a Trieste il 20 settembre 1897 da Ettore Schmitz (noto per lo pseudonimo di Italo Svevo) e da Livia Veneziani. Compiuti gli studi nella sua città, nel 1919 sposò il triestino Antonio Fonda Savio (1895-1973). Dal matrimonio nacquero i figli Piero (1920), Paolo (1921) e Sergio (1924). Tutti e tre studenti universitari quando scoppiò la seconda guerra mondiale; i primi due furono dichiarati dispersi sul fronte russo, nel 1943, mentre il terzo morì a Trieste il 1° maggio 1945, durante l’insurrezione contro i tedeschi.

Antonio Fonda Savio, con il grado di tenente colonnello e comandante partigiano (col nome di battaglia Manfredi) del Corpo Volontari della Libertà triestino, legato al CLNAI, guidò assieme ad Edoardo Marzari l’insurrezione cittadina di Trieste del 30 aprile 1945 contro gli occupanti tedeschi. In quella occasione il figlio Sergio perse la vita, colpito da una granata durante i combattimenti. Volontario irredento e decorato di medaglia d’argento nella Grande Guerra, Antonio Fonda Savio nel 1938 vide l’onta delle Leggi razziali cadere sulla moglie e sulla suocera, poi perse i tre figli nella seconda guerra mondiale (Pupo R 2022 : 159).

Il bastone da passeggio di Italo Svevo in possesso a Chiara Dorini. Foto E. Varutti
Nel dopoguerra Letizia collaborò attivamente con la madre Livia alla diffusione e alla valorizzazione delle opere di Svevo e, dopo la morte della madre (1957) e quella del marito (1973), continuò da sola tale attività. Commendatore al merito della Repubblica italiana, Letizia fu presidente onorario del Consiglio nazionale Donne italiane e presidente del Comitato provinciale dell’Associazione nazionale delle famiglie dei caduti dispersi in guerra. Letizia Schmitz-Svevo Fonda Savio morì il 26 maggio 1993 nella sua bella casa fra i quadri e i libri di famiglia.

Un’altra fonte - Paola Quargnolo - ha detto che: “So che la signora Letizia Svevo Fonda Savio vestiva sempre di viola o con colori di lutto in memoria dei tre figli caduti nella seconda guerra mondiale e in ricordo del marito; era il 1980 ed ero laureanda alla facoltà di Lettere e Filosofia di Trieste con una tesi sul teatro di Italo Svevo”.

Una ebrea che si salvò dalla deportazione è una componente della famiglia Bolaffio di Trieste. Ha raccontato la signora Chiara Dorini: “Mio papà Arno Dorini e mia mamma Silvana Chiesa si sposarono nel 1944 a San Lorenzo di Sedegliano, in provincia di Udine. Dalla casa della famiglia Chiesa erano appena andati via i tedeschi della Wehrmatch, che dopo l’8 settembre 1943 avevano stabilito lì il loro comando, lasciando 4-5 stanze per la famiglia proprietaria”. Arno Dorini frequentò la prima classe del ginnasio, nell’anno scolastico 1927-1928, secondo l’Annuario del regio Liceo Ginnasio “Dante Alighieri” in Fiume.

Udine, Salone d'onore 'Pelizzo' della Società Filologica Friulana. Pubblico il 15 maggio 2024
“È incredibile che in casa ci fosse pure mia nonna che era ebrea, convertita alla chiesa protestante e poi cattolica – ha detto Chiara Dorini – Quei tedeschi là, tuttavia, non le hanno torto un capello. La nonna era Maria Bolaffio, originaria di Trieste, che morì nel 1995. Aveva sposato Pietro Chiesa, di San Lorenzo di Sedegliano. La famiglia Bolaffio di Trieste ha avuto persone sparite o arrestate dai nazisti e mai più tornate dalla Germania. Mia nonna Maria Bolaffio si salvò, ma non voleva nominare il fatto di essere ebrea, si confidava solo con me. Mi ricordo che chiedevo a mia madre di raccontarmi della nonna Bolaffio, ma mi rispondeva che erano cose vecchie e finiva lì il discorso”.

Ci sono altre vicende su Fiume? “Mio nonno Pasquale Dorini lavorava al macello di Fiume e abitava con la famiglia in una villa – ha concluso la signora Dorini – perciò una parte della famiglia stava nella città portuale del Quarnaro. Dopo l’occupazione jugoslava del 3 maggio 1945, nonno Pasquale fu imprigionato dai miliziani titini e, per fortuna, scarcerato dopo pochi mesi. Ma tanti suoi amici furono prelevati dalla polizia e scomparvero. Alla villa c’era stata una perquisizione e ormai si temeva il peggio. Mio papà Arno, che aveva combattuto contro gli jugoslavi, e mia mamma Silvana riuscirono a raggiungermi in Friuli, da altri parenti”.

La storia delle famiglie Bolaffio, Chiesa e Dorini, tra Trieste, Fiume e le campagne del Codroipese, è stata riportata nel 2004 da Mario Blasoni sul «Messaggero Veneto». Da ultimo si tenga presente che la conoscenza e la frequentazione tra le famiglie triestine degli Svevo e dei Bolaffio è documentata anche da Umberto Saba, come ha scritto nel suo “Scorciatoie e raccontini” (Saba U 1963 : 78, 170).

Elio Varutti e Livio Sessa. Foto di Piero Fabbro
In seguito ha preso la parola la stessa Chiara Dorini, socia dell’ANVGD di Udine, leggendo un toccante intervento sui rapporti familiari della famiglia Svevo con i Dorini e i Bolaffio. Livio Sessa, un altro socio dell’ANVGD, ha aggiunto che: “Da ragazzo ho conosciuto Letizia Svevo Fonda Savio, perché era tra le patronesse del mio collegio, avendo io perso il papà, perché prelevato dai titini a Trieste e poi scomparso, e la signora Letizia era sempre molto gentile con noi orfani che le porgevamo un mazzo di fiori”. Ha concluso gli interventi Lorenzo Zanon che ha voluto ricordare “certi personaggi della cultura nati a Sedegliano, come padre David Maria Turoldo, Gilberto Pressacco, Gianfranco Plenizio e Tiziano Tessitori”. Ha ricordato, infine, la presenza di due famiglie istriane profughe di Parenzo, stabilitesi nello stesso paese della pianura friulana.

Chiara Dorini ha poi mostrato agli interessati presenti nel Salone Pelizzo un album familiare di vecchie fotografie e alcuni cimeli donati dagli Svevo Fonda Savio a lei e ai suoi familiari. Al termine dell’incontro, grazie all’Università Popolare di Trieste, sono state distribuite agli studenti alcune copie del giornale più longevo della Croazia, scritto in lingua italiana, «La Voce del Popolo» stampato a Fiume/Rijeka. Fondato nel 1889, è il quotidiano italiano dell’Istria, di Fiume e del Quarnero, edito dalla casa editrice Edit.

L'intervento di Lorenzo Zanon alla conferenza. Foto di Fulvio Pregnolato
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Fonti orali; interviste di Elio Varutti con taccuino, penna e macchina fotografica del 28 marzo 2022 a San Lorenzo di Sedegliano (UD), se non altrimenti indicato.

 - Chiara Dorini, Fiume 1945.

- Paola Quargnolo, Udine 1958?, int. a Udine del 31 marzo 2022.

- Giacomo Urbani, Venezia 1946.

 

Bibliografia e fonti del web

- Annuario del regio Liceo Ginnasio “Dante Alighieri” in Fiume, anno scolastico 1925-1928.

- Mario Blasoni, “Chiara Dorini, ritorno a Fiume dopo 60 anni”, «Messaggero Veneto» del 28 giugno 2004.

- Raoul Pupo, Trieste ’45. Dalla risiera alle foibe (1.a ediz.: Bari-Roma, Laterza, 2010), Milano, RCS MediaGroup, 2022.

- Paola Quargnolo, L' "officina laboriosa" - il teatro di Italo Svevo, tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia di Trieste, relatore prof. Roberto Damiani, anno accademico 1980-1981.

- Umberto Saba, Scorciatoie e raccontini (1.a ediz.: 1946), Milano, Mondadori, II ediz., 1963.

- Letizia Svevo Fonda Savio, Mio padre, Italo Svevo, a cura di Sergio Falcone, on line dal’11 novembre 2015 su  forumcommunity.net

Inizio della conferenza di Elio Varutti. Foto di Piero Fabbro
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Progetto e ideazione di Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine. – Interviste a cura di Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Chiara Dorini, Fulvio Pregnolato. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni private della famiglia Dorini e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/


L'intervento di Chiara Dorini con le fotografie e i cimeli degli Svevo Fonda Savio. Foto di Fulvio Pregnolato

giovedì 9 maggio 2024

La libertà e un mandarino. Testimonianza di Massimo Speciari esule di Fiume in Brasile, 1951

Buongiorno, gentile Massimo Speciari, nato a Fiume nel 1937: come era la vita nel Centro smistamento profughi di Udine? Ricorda qualcosa? Grazie. “Siamo rimasti solo pochi giorni a Udine, era il 1951 – ha detto il testimone – poi siamo partiti subito per il Campo profughi di Servigliano e da lì per il campo IRO, poi in nave per il Brasile”.

Carta del Registro stranieri di San Paolo del Brasile, del 14 luglio 1952, intestata a Massimo Speciari.  Collezione Massimo Speciari

Il comune di Servigliano è in provincia di Fermo, nelle Marche. Si ricorda che l’IRO era l’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati ("International Refugee Organization" = IRO) che organizzò partenze delle navi di migranti da Bagnoli, presso Napoli, verso le Americhe e l’Oceania.

“Io mi ricordo che appena arrivati a Udine verso sera, da Fiume, eravamo tutti affamati – ha aggiunto Speciari – ci hanno dato la cena più un mandarino che io ho salvato per consumarlo più tardi. Durante la notte mi sono svegliato per gustarmelo e ho mangiato anche le scorze. Erano proprio buone tutte quelle bucce del mandarino da tanta fame che avevo, perché eravamo partiti da Fiume alla mattina, siamo stati tutto il giorno in treno senza mangiare niente, non lo dimenticherò mai quel mandarino. Un abbraccio Fiumano dal Brasile”.

Il transito dal Campo profughi di Bagnoli della famiglia Speciari-Squasa è documentato da una carta d’imbarco dell’Archivio di Bad Arolsen (Germania). Si tenga presente che gli Archivi Arolsen sono un Centro internazionale di documentazione sulla persecuzione nazista. Costituiscono l’archivio più completo al mondo riguardo alle vittime e i sopravvissuti del nazionalsocialismo. Lì sono confluiti pure certi documenti sui movimenti dei rifugiati nel dopoguerra. Si deve sapere che determinati Campi di concentramento nel dopoguerra vennero utilizzati per accogliere rifugiati, sfollati, apolidi e optanti per l’Italia provenienti dall’Istria, Fiume e Dalmazia appena annesse alla Jugoslavia, secondo il trattato di pace del 10 febbraio 1947. Erano i Campi IRO e furono utilizzati per il disbrigo delle pratiche concernenti l’emigrazione, solitamente Oltre oceano.

Ruolo nominale del trasporto via nave, il penultimo nucleo familiare in elenco è quello della famiglia Squasa Speciari, partita da Bagnoli (NA) il 27.11.1951. Arolsen Archives, Bad Arolsen, Germany

C’erano Campi IRO a Trieste, a Carinaro (CE), a Trani (BA), a Pagani (SA), a Bagnoli, di Napoli, a Palese (BA) e in altre parti d’Italia. Ce n’erano anche in certi paesi d’Europa, come a Bremerhaven, Aurich e a Berlino (Germania), come hanno raccontato i Salucci Bazzara, passando dall’Istria all’Australia, con incubi tremendi sulle uccisioni nelle foibe.

Reso pubblico da poco tempo, il documento di Arolsen, alla data del 27 novembre 1951, nel porto di Bagnoli, contiene il riferimento a Eugenio Squasa, nato a Fiume nel 1917, patrigno del nostro testimone, di mestiere carpentiere in legno. Il documento lo cita come: “Squassa”. Poi c’è Anna Stradiot, già vedova Speciari, la mamma di Massimo, nata a Fiume nel 1912, sotto l’Austria-Ungheria. Ci sono, infine, i fratelli del testimone, tutti nati a Fiume: Aldemira Speciari, fu Gualtiero, detta Mira, nata nel 1935 e Gualtiero Speciari, detto Walter, nato nel 1939. Poi c’è un fratellastro: Angelo Cantiello del 1941.

Udine, marzo 1951, Eugenio Squasa (patrigno di Massimo Speciari) e sua moglie Anna Stradiot, vedova Speciari, sul cavalcavia della stazione, vicino al Centro smistamento profughi. Collezione Massimo Speciari

Dai documenti familiari si sa che Eugenio Squasa ottiene la qualifica di profugo per sé e tutti i familiari il 31 dicembre 1951 dal prefetto di Ascoli Piceno, dato che Servigliano, a quel tempo, era in provincia di Ascoli Piceno. Si viene a sapere, com’era d’uso, che il prefetto nel concedere la qualifica al richiedente sentì “il parere del Comitato Provinciale Venezia Giulia e Dalmazia, sede di San Benedetto del Tronto”. Quest’ultimo comune italiano è della provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche.

La famiglia fiumana Speciari Squasa sbarcò a Rio de Janeiro il 30 gennaio 1952 in esilio e cominciò una nuova vita, molto lontano dal Golfo del Quarnaro.

Per sfuggire alle violenze titine e col desiderio di libertà, in conclusione, si sa che circa 70 mila esuli giuliano dalmati emigrarono in Canada, Argentina, Stati Uniti, Australia, Sud Africa, Brasile e altri parti del globo, mediante l’intervento dell’IRO (Micich M 2023 : 155).

Attestato di profugo di Eugenio Squasa e 5 familiari, tra i quali Massimo Speciari, rilasciato dalla Prefettura di Ascoli Piceno il 31 dicembre 1951. Collezione Massimo Speciari

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Fonte digitale – Massimo Speciari, Fiume 1937, esule a Itatiba, San Paolo, Brasile; messaggi in Messenger dei giorni 8-10 aprile 2024 ed autorizzazione alla pubblicazione del giorno 8 maggio 2024.

Fonte archivistica (consultazione del 2.5.2024) – Arolsen Archives, Archiv zu den Opfern und Überlebenden des Nationalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Speciari Massimo, geburtsdatum 12.08.1937 geburtsort Fiume. Doc. ID: 81730254

 

Cenni bibliografici e del web 

- Marino Micich, "Il lungo esodo dall'Istria, Fiume e Zara (1943–1958)", in: Giovanni Stelli, Marino Micich, Pier Luigi Guiducci, Emiliano Loria, Foibe, esodo, memoria. Il lungo dramma delle terre giuliane e dalmate, Roma, Aracne, 2023, pp. 67-177.

- E. Varutti, Vines. Mio marito con Harzarich in foiba a tirar su italiani uccisi dai titini, on line dal giorno 8 ottobre 2020 su  evarutti.wixsite.com

Dichiarazione della Scuola Magistrale Italiana di Fiume circa la frequenza della quarta classe di Massimo Speciari, rilasciata il 23 marzo 1951. Notare la sigla finale “M. F. – L. P.” che sta per: “Morte al fascismo - Libertà a popoli”. Collezione Massimo Speciari

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Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Massimo Speciari, Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo), Bruno Bonetti, la professoressa Elisabetta Marioni (ANVGD di Udine), i professori Stefano Meroi e Enrico Modotti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e ANVGD di Arezzo. Copertina: Documento brasiliano dal Registro stranieri di Massimo Speciari. Fotografie della collezione di Massimo Speciari, esule in Brasile. Ricerche per il blog presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Oltre a ringraziare la direzione degli Archivi di Arolsen, grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Sito web: https://anvgdud.it/

Centro smistamento profughi Udine, 1957; fonte: ISTORETO, Torino


venerdì 23 febbraio 2024

‘Me vergognavo de eser profuga’. Voci dell’esodo da Zara, Cittanova, Rovigno e Pirano, 1943-1960

Stefano Gilardi mi ha raccontato come è stato l’esodo della sua nonna. Si chiamava Redenta Orlich, nata a Zara nel 1919 e deceduta ad Alghero nel 2013. È da premettere che risale all’Ottocento la fondazione della Gilardi & Bettiza di Spalato, la più antica e la più importante di tutte le fabbriche dalmate. L’impresa affronta i sempre più grandi e frequenti ampliamenti e rimodernamenti a cavallo dell’Ottocento e Novecento, per terminare con la vendita alla famiglia croata Ferić, negli anni Venti del Novecento, messa in atto a causa un susseguirsi di circostanze storiche e politiche sfavorevoli. Ci fu un primo esodo dei Gilardi da Spalato a Zara, unico territorio dalmata nel Regno d’Italia, dal 1918 al 1943.

Redenta Orlich, sposata a Lorenzo Gilardi, scappò un’altra volta da Zara, probabilmente nel 1943, in treno, transitando per Trieste e la destinarono al Centro raccolta profughi di Reggio Calabria, poi la famiglia trovò un alloggio a Fertilia, nel Comune di Alghero, provincia di Sassari. Fertilia è una città di fondazione del fascismo, sorta nel 1936, ma non completata per lo scoppio della Seconda guerra mondiale. L’opera di colonizzazione in Sardegna si bloccò e la maggior parte degli edifici rimase di fatto inutilizzata. Nel dopoguerra giunsero gli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, diventando un microcosmo linguistico culturale vicino a quello di Alghero, di lingua catalana.

Sentiamo un’altra voce. Carla Pocecco, esule da Cittanova, mi ha detto che “semo vignudi via nel 1955 iera la Zona B appena passada sotto la Jugoslavia col Memorandum de Londra, mentre i fratelli de mia nonna iera stadi spedidi in Italia nel 1947”. È passata da qualche Campo profughi? “Sì, certo ierimo al Centro raccolta profughi de Valmaura a Trieste – ha aggiunto la Pocecco – me ricordo che ierimo tel fango e andavo a giogar al Campo profughi de San Sabba con tutte quelle scritte sui muri, chi ge gaveva dà el permesso de scriver su pei muri?” Poi la signora Pocecco, da grande, scopre che erano graffiti dei prigionieri ebrei, che furono deportati al Campo di sterminio di Auschwitz.

Perché siete fuggiti dall’Istria? “La gente italiana subiva atti di intimidazione e di violenza fisica –  ha proseguito la Pocecco – che non potevano risolversi diversamente che nella scelta dell’esodo, avevo fatto le scuole croate, dopo me vergognavo de essere profuga e domandavo papà cosa xe successo?”. Solo quando compì diciassette anni, il babbo che era carabiniere spiegò alla signora Carla Pocecco i fatti accaduti alla famiglia e la fuga dall’Istria, abbandonando i vari beni economici. “I miei decisero di partire prima che fosse troppo tardi – ha detto – mi dispiace, gò perso la cultura agraria e della pesca dei nonni, quella xe la mia storia”.

Fabbrica Gilardi e Bettiza a Spalato
Daniele De Fazio, mio amico d’infanzia, ha sposato Idanna Veggion, figlia di Antonio, esule da Rovigno, passato dal Centro smistamento profughi di via Pradamano a Udine. “Pensa che verso il 1984-1985 – ha riferito De Fazio – per il prezzo più basso, andavo a fare il pieno di benzina in Jugoslavia, con mia moglie e mio suocero Antonio Veggion, ebbene lui si faceva scaricare in Italia e ci aspettava al confine, da tanta paura che aveva ancora degli jugoslavi titini”.

Andare via da Pirano con il “lasciapassare il 20 maggio 1960”. È capitato a Mario Dugan esule a Marina di Ravenna. Egli ha voluto “ritornare in Istria nel mese di ottobre 1964 – ha concluso – e ho dovuto fare il passaporto italiano e aspettare il visto jugoslavo; non vi dico i controlli alla frontiera, molte volte le persone venivano spogliate, biancheria intima compresa. Buona giornata”.

Fonti orali - Le interviste (int.) sono state condotte a Udine con taccuino, penna e macchina fotografica da Elio Varutti, se non altrimenti indicato.

- Daniele De Fazio, Udine 1956, int. del 24 luglio 2017.

- Mario Dugan, Pirano 1942, vive a Marina di Ravenna (RA), messaggio in FB del 2 luglio 2017.

- Stefano Gilardi, Fertilia di Alghero (SS) 1983, int. del 24 novembre 2018.

- Carla Pocecco, Cittanova 1949, int. al telefono del 27 novembre 2018; componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione delle Comunità Istriane, Trieste.

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Progetto di Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia Hannah Tiervo, e E. Varutti. Lettori: Sebastiano Pio Zucchiatti e Enrico Modotti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e ANVGD di Arezzo. Fotografie da collezioni private e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

venerdì 9 febbraio 2024

Giorno del Ricordo 2024 all’Istituto ‘Levi’ di Montebelluna (TV)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un comunicato stampa dall’ingegnere Ezio Toffano, Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Primo Levi” di Montebelluna (TV) su un evento originale riguardo al Giorno del Ricordo del 2024(a cura di Elio Varutti).


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Partire e restare: scelte che portano divisione e sofferenza, storia di un esilio reale e un esilio interiore

Si informa che sabato 10 febbraio 2024 alle ore 20,30, nell'aula magna dell'IIS "Primo Levi" di Montebelluna, gli studenti del liceo presenteranno lo spettacolo teatrale dal titolo "Partire e restare – Storia di una famiglia di Zara”, momento di riflessione, recitazione e musica, in occasione del Giorno del Ricordo.

La rappresentazione ha come obiettivo quello di proporre una riflessione sulla storia del Confine Orientale negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento e in particolare sulle motivazioni che spinsero alcuni istriani fiumani e dalmati a restare nelle loro terre d’origine e molti altri a partire. Attraverso letture, coreografie, esecuzioni musicali e una rielaborazione del testo “La zaratina” di Silvio Testa, gli studenti portano in scena in particolare la storia di una famiglia di Zara, le cui vicende e decisioni sono influenzate dai noti tragici eventi storici.

L’azione scenica è curata dalle professoresse Rossella Zanni e Laura Caccavale, e verrà trasmessa in diretta dall'emittente radiofonica d'istituto al link  www.bit.ly/WebRadioLevi

Lo spettacolo è aperto al pubblico. Si allega locandina. La cittadinanza è invitata a partecipare.

Montebelluna, 08.02.2024

mercoledì 17 gennaio 2024

Giovanni Fio, dalmata di Lesina, esule a Bari, in Trentino e a Udine dopo il 1943

“Se può interessare – ha detto Sergio Marino – racconto una vicenda che vissero mio suocero e mia suocera, italiani fuggiti dalla Dalmazia. Questo fatto me l’ha riferito mio suocero Giovanni Fio, ora deceduto, quando lo accompagnai per la prima volta a Lesina, o Hvar, come si chiama in croato, verso il 1998-1999. Mi ha raccontato che fuggì dalla sua città con la moglie Antonietta Fabris, rifugiandosi a Bari. Abbandonarono tutto, casa e terreni in centro del paese. Riuscì a lavorare subito come cuoco di albergo, poi andò a San Martino di Castrozza (TN), a Tarvisio (UD) presso l’Hotel ‘Lussari’ e infine a Udine nell’Hotel ‘Cristallo’. Noi andammo a Lesina a rivedere i luoghi della loro infanzia, la casa e i terreni. La casa era stata occupata da tre famiglie dell’entroterra. Per quello che so, in tanti anni ha cercato di avere dei rimborsi dallo stato italiano per i danni subiti, ma non ha mai avuto nulla. A Lesina vive ancora suo fratello più giovane che abbracciò la causa di Tito, forse per convenienza – ha concluso Sergio – è un piccolo impresario edile che ha diversi figli emigrati in America”. 

Lesina 18 novembre 1918. Accoglienza alle truppe italiane. Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera” di Trieste nel decennio della sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine


Giovanni Fio nacque a Lesina il 16 gennaio 1925 e morì a Udine il 2 febbraio 2005. Il suo funerale si celebrò nella chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Carmine in via Aquileia, assai nota agli esuli giuliano dalmati. Sua moglie Antonietta Fabris nacque il 3 ottobre 1925 e morì a Udine il giorno 11 novembre 2022. Il loro esodo da Lesina risale, probabilmente, al settembre 1943 dato che in seguito all’invasione comunista jugoslava furono interrotti i collegamenti con la Puglia 
Antonietta Fabris raccontò varie volte ai figli e nipoti che la fuga da Lesina fu così precipitosa “da lasciar la pentola de la pastasuta sul fogo”. Poi con una barca si rifugiarono in un’isola vicina, nutrendosi per una settimana di sola uva dalle viti, in mancanza di altro cibo, fino ad avere la possibilità di un’altra imbarcazione diretta in Puglia.

Esodi e fucilazioni – Nel mese di novembre 1918 la gente italiana di Lesina, con bandiere bianco-rosso e verdi e la fanfara aspettarono sulla riva l’arrivo delle navi italiane, ma l’isola fu assegnata al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Diverse famiglie italiane di Lesina, con molte vestigia veneziane, allora dovettero affrontare un primo esodo nel 1920. In seguito a tali spostamenti forzati, gli italiani si riversarono nella vicina Lagosta, unica tra le grandi isole dalmate assegnata al Regno d’Italia dal trattato di Rapallo, oppure a Zara, unica città dalmata annessa al Regno d’Italia, o a Fiume. Nonostante le leggi antitaliane dei nuovi arrivati, nel 1927, si contavano sull’isola 509 italiani, concentrati soprattutto a Lesina città. Dal 1941 al 1943 Lesina fece parte del Governatorato della Dalmazia, pertinenza amministrativa del Regno d’Italia. 

Udine, Hotel Cristallo, piazzale D’Annunzio, cartolina viaggiata 1965


Altri dalmati italiani di Lesina furono costretti ad andar via con l’arrivo dei violenti titini, dopo il 1943, trasferendosi in Puglia o in altre regioni italiane. Non giovarono ai rapporti fra croati e italiani le rappresaglie partigiane, né il comportamento delle truppe italiane, come i reparti delle camicie nere. Il giorno 11 settembre 1943 Guido Rocchi Lusic, di 68 anni, venne prelevato dai titini jugoslavi nella “Casa del Vecchio” e portato, insieme a una bara, nel cimitero di Lesina. Venne arrestata anche la figlia Dora di 24 anni. In piena notte, abbracciati, furono fucilati mentre gridavano: “Viva l’Italia”. Nello stesso cimitero venne fucilato Fortunato Marchi, dopo essersi scavato la fossa, come riportato da Wikipedia, alla voce “Lesina (isola)”.
 L’isola di Lèsina (in croato Hvar, in dialetto locale ciacavo Hvor o For, in greco antico Phàros, Φάρος, in latino Pharia) è la più lunga fra le isole della Dalmazia, situata nel mare Adriatico tra le isole di Brazza, Lissa e Curzola. L’isola, ha 11.077 residenti (dati del 2015), che ne fanno la quarta più popolosa delle isole della Croazia. È una ricca fonte di turismo sin dai primi del Novecento. L’esodo del 1943-1945 portò molti dalmati di Lesina verso la Puglia. Si sa che in terra di Bari c’erano ben otto Centri raccolta profughi. Come ha scritto Nico Lorusso “in terra di Bari i CRP erano otto”, per un totale di oltre due mila posti. Quello di via Napoli fu edificato verso il 1935, quando c’era la guerra d’Etiopia. Con l’arrivo degli alleati angloamericani prese il nome di “Campo Badoglio” e fu destinato a custodire i prigionieri tedeschi. Poi accolse gli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia come si vede dalla tabella n. 1.

Tab. n. 1 – Centri raccolta profughi a Bari e vicinanze 1949-1956

Nome di CRP

Anno

Via o località

N° posti

Piazza San Sabino

1952

Bari vecchia. Dietro la Cattedrale, nello stabile di una caserma della Guardia di Finanza, poi Facoltà di Teologia

146

Santa Chiara

 

Bari vecchia. Qui c’era la direzione dei CRP d Bari. Danneggiato nel 1945 da scoppio nave “Henderson”, poi “Casa del Profugo”. Ora sede dei Beni culturali

270

Positano

 

Bari vecchia. Caserma “Regina Elena”, ex convento di San Francesco alla Scarpa, poi sede Soprintendenza

328

Le Baracche

1952

Via Napoli, ex Campo “Badoglio” per prigionieri tedeschi

420

Lido Massimo a Fesca

1952

Colonia “Ferruccio Barletta”

240

Altamura

1950

 

500

Barletta

1950

ex Caserma “Ettore Fieramosca”

200?

Santeramo in Colle

1950

 

200?

Fonti: N. Lorusso, “Quell’esodo dei mille dall’Egeo, Noi italiani, trattati come stranieri”, «la Repubblica», 17 febbraio 2004. Katia Moro, “Il Villaggio Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”, nel web «Barinedita» dal 16 aprile 2015. Testimonianza di Sergio Servi, Bari, del 18.11.2017, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea 'Giorgio Agosti'. Messaggio in Facebook, del 24 ottobre 2019, nel gruppo “Un Fiume di Fiumani!” di Giancarlo Straub, Castellaneta (TA); permesso di diffusione nel blog del 15 dicembre 2022.

Cartolina viaggiata dell’Hotel “Elisabeth” di Lesina-Hvar, 1912. Editore B. Kovačević. Fotografo P. Ruljančić. Collezione privata

Fonti orali, digitali e ringraziamenti - Sergio Marino, Udine 1950, int. del giorno 11 novembre 2023 e 10 gennaio 2024 a Udine con e-mail del 18 maggio, 10 novembre 2023 e 17 gennaio 2024. Grazie a Sara Marino, figlia di Sergio, per la ricerca genealogica familiare sui suoi nonni dalmati di Lesina. Grazie al professor Guido Rumici, ANVGD di Gorizia, per la collaborazione alla ricerca.  

- Sergio Servi, Parenzo 1939, messaggi in Facebook del 18-20 novembre 2017.

Collezioni private e archivi

- Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine, cartolina del 1918.

Bibliografia

- Nico Lorusso, “Quell’esodo dei mille dall’Egeo. Noi italiani, trattati come stranieri”, «la Repubblica», 17 febbraio 2004.

- Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia, Firenze, Le Lettere, 2007.

- Katia Moro, “Il Villaggio Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”, nel web dal 16 aprile 2015.

- Giuseppe Rizzo, “I magnaccioni dei centri”, on-line dal 13 luglio 2017.

- Marzio Scaglioni, La presenza italiana in Dalmazia, 1866-1943, Università di Milano, Facoltà di scienze politiche, anno accademico 1995-1996. Tesi di laurea, relatore prof. Edoardo Bressan, correlatore prof. Maurizio Antonioli.

– E. Varutti, Campo profughi Le Baracche e gli altri CRP di Bari, on line dal 21 novembre 2017 su eliovarutti.blogspot.com

Progetto del professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Primo lettore: Sergio Marino. Altri lettori: Emilio Fatovic, Livio Sessa, Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, i professori Annalisa Vucusa, Ezio Cragnolini e Elisabetta Marioni. Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo.

Ricerche e Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Copertina: Lesina 18 novembre 1918. Accoglienza alle truppe italiane. Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera” di Trieste nel decennio della sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine. Altre fotografie dalle fonti citate e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

Comunità Italiani di Lesina -Zajednica Talijana Hvar. Foto da Facebook