tag:blogger.com,1999:blog-80522696137072110762024-03-26T09:57:26.514-07:00Elio VaruttiElio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.comBlogger504125tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-35380021363958511252024-02-23T10:02:00.000-08:002024-02-23T10:02:49.328-08:00‘Me vergognavo de eser profuga’. Voci dell’esodo da Zara, Cittanova, Rovigno e Pirano, 1943-1960<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt; text-align: justify;">Stefano Gilardi mi ha
raccontato come è stato l’esodo della sua nonna. Si chiamava Redenta Orlich,
nata a Zara nel 1919 e deceduta ad Alghero nel 2013. È da premettere che risale
all’Ottocento la fondazione della Gilardi & Bettiza di Spalato, la più
antica e la più importante di tutte le fabbriche dalmate. L’impresa affronta i
sempre più grandi e frequenti ampliamenti e rimodernamenti a cavallo
dell’Ottocento e Novecento, per terminare con la vendita alla famiglia croata
Ferić, negli anni Venti del Novecento, messa in atto a causa un susseguirsi di
circostanze storiche e politiche sfavorevoli. Ci fu un primo esodo dei Gilardi
da Spalato a Zara, unico territorio dalmata nel Regno d’Italia, dal 1918 al
1943.</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic28w88c6kPZZQcBiIpglOO2ItiDJmQ7iA0Ud4V8f912FVEkfMVJ2HZWTMnQ2OAkTFWSeBPQbF2QPjmQQQ5l7cRE4aavb_jwZBBEg7mRrUf7sJ2LYC7kDtV_It1LBxzypfh8r6QkuN1GJQFd1-eiP1OXiPYtLbK8W18f1eBkpzUXDQQcVAiwchb8BSQ69c/s960/67871314_2418401115055567_8522325789511778304_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="559" data-original-width="960" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic28w88c6kPZZQcBiIpglOO2ItiDJmQ7iA0Ud4V8f912FVEkfMVJ2HZWTMnQ2OAkTFWSeBPQbF2QPjmQQQ5l7cRE4aavb_jwZBBEg7mRrUf7sJ2LYC7kDtV_It1LBxzypfh8r6QkuN1GJQFd1-eiP1OXiPYtLbK8W18f1eBkpzUXDQQcVAiwchb8BSQ69c/s320/67871314_2418401115055567_8522325789511778304_n.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt; text-align: justify;">Redenta Orlich, sposata
a Lorenzo Gilardi, scappò un’altra volta da Zara, probabilmente nel 1943, in
treno, transitando per Trieste e la destinarono al Centro raccolta profughi di
Reggio Calabria, poi la famiglia trovò un alloggio a Fertilia, nel Comune di
Alghero, provincia di Sassari. Fertilia è una città di fondazione del fascismo,
sorta nel 1936, ma non completata per lo scoppio della Seconda guerra mondiale.
L’opera di colonizzazione in Sardegna si bloccò e la maggior parte degli
edifici rimase di fatto inutilizzata. Nel dopoguerra giunsero gli esuli d’Istria,
Fiume e Dalmazia, diventando un microcosmo linguistico culturale vicino a
quello di Alghero, di lingua catalana.</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Sentiamo un’altra voce.
Carla Pocecco, esule da Cittanova, mi ha detto che “semo vignudi via nel 1955
iera la Zona B appena passada sotto la Jugoslavia col Memorandum de Londra,
mentre i fratelli de mia nonna iera stadi spedidi in Italia nel 1947”. È
passata da qualche Campo profughi? “Sì, certo ierimo al Centro raccolta profughi
de Valmaura a Trieste – ha aggiunto la Pocecco – me ricordo che ierimo tel
fango e andavo a giogar al Campo profughi de San Sabba con tutte quelle scritte
sui muri, chi ge gaveva dà el permesso de scriver su pei muri?” Poi la signora
Pocecco, da grande, scopre che erano graffiti dei prigionieri ebrei, che furono
deportati al Campo di sterminio di Auschwitz.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Perché siete fuggiti
dall’Istria? “La gente italiana subiva atti di intimidazione e di violenza fisica
– <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ha proseguito la Pocecco – che non
potevano risolversi diversamente che nella scelta dell’esodo, avevo fatto le
scuole croate, dopo me vergognavo de essere profuga e domandavo papà cosa xe
successo?”. Solo quando compì diciassette anni, il babbo che era carabiniere
spiegò alla signora Carla Pocecco i fatti accaduti alla famiglia e la fuga
dall’Istria, abbandonando i vari beni economici. “I miei decisero di partire
prima che fosse troppo tardi – ha detto – mi dispiace, gò perso la cultura
agraria e della pesca dei nonni, quella xe la mia storia”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6QCaBtvG1iWTyfoJCP4QGo-IINIEFd_JK7XrkKkOlmy6F7RzC8Gkz20LESkKmHs3Jb08-WugeqvvJ8Bu6MMLGs4BR8GQlBYLYZFRuXmyOt20JMzSJ-2lyGNIAh7WRkKLYtDr2qwny6rpz_pDzbXwXVwixNeIE4XX8Ql2S8pGhd9SyofVOKuZwdXju2Ie7/s960/fabbrica%20Gilardi%20e%20Bettiza%20Spalato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="594" data-original-width="960" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6QCaBtvG1iWTyfoJCP4QGo-IINIEFd_JK7XrkKkOlmy6F7RzC8Gkz20LESkKmHs3Jb08-WugeqvvJ8Bu6MMLGs4BR8GQlBYLYZFRuXmyOt20JMzSJ-2lyGNIAh7WRkKLYtDr2qwny6rpz_pDzbXwXVwixNeIE4XX8Ql2S8pGhd9SyofVOKuZwdXju2Ie7/s320/fabbrica%20Gilardi%20e%20Bettiza%20Spalato.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fabbrica Gilardi e Bettiza a Spalato</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">Daniele De Fazio, mio
amico d’infanzia, ha sposato Idanna Veggion, figlia di Antonio, esule da
Rovigno, passato dal </span><a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2014/10/il-centro-di-smistamento-profughi.html" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">Centro smistamento profughi di via Pradamano a Udine</a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">.
“Pensa che verso il 1984-1985 – ha riferito De Fazio – per il prezzo più basso,
andavo a fare il pieno di benzina in Jugoslavia, con mia moglie e mio suocero Antonio
Veggion, ebbene lui si faceva scaricare in Italia e ci aspettava al confine, da
tanta paura che aveva ancora degli jugoslavi titini”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Andare via da Pirano
con il “lasciapassare il 20 maggio 1960”. È capitato a Mario Dugan esule a
Marina di Ravenna. Egli ha voluto “ritornare in Istria nel mese di ottobre 1964
– ha concluso – e ho dovuto fare il passaporto italiano e aspettare il visto jugoslavo;
non vi dico i controlli alla frontiera, molte volte le persone venivano
spogliate, biancheria intima compresa. Buona giornata”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Fonti
orali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;"> - Le interviste (int.) sono state condotte a Udine
con taccuino, penna e macchina fotografica da Elio Varutti, se non altrimenti
indicato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">- Daniele De Fazio, Udine
1956, int. del 24 luglio 2017.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">- Mario Dugan, Pirano
1942, vive a Marina di Ravenna (RA), messaggio in FB del 2 luglio 2017.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">- Stefano Gilardi,
Fertilia di Alghero (SS) 1983, int. del 24 novembre 2018.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">- Carla Pocecco,
Cittanova 1949, int. al telefono del 27 novembre 2018; componente del Consiglio
Direttivo dell’Associazione delle Comunità Istriane, Trieste.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">
di Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata
all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia
Hannah Tiervo, e E. Varutti. Lettori: Sebastiano Pio Zucchiatti e Enrico
Modotti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione
sull’esodo giuliano dalmata, Udine e ANVGD di Arezzo. Fotografie da collezioni
private e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia
(ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29
– primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>–
orario: da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore
9,30-12,30.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara
Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-33706812120017668592024-02-09T03:44:00.000-08:002024-02-09T06:14:37.829-08:00Giorno del Ricordo 2024 all’Istituto ‘Levi’ di Montebelluna (TV)<p><span style="font-size: 14pt; text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Riceviamo e volentieri
pubblichiamo un comunicato stampa dall’ingegnere Ezio Toffano, Dirigente
Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Primo Levi” di Montebelluna
(TV) su un evento originale riguardo al <i><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo">Giorno del Ricordo</a></i> del 2024(a cura di Elio
Varutti).</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzcKB3zqZ_HxmW7aANDWKZ_fFfLOCAhY1beK8F7W9llRSdm66d3XcYHbJm9rdUIONuePYk79LXQedToaAA71bHj4kZmehi9BJHXBE1pDCtahhc9Xmyr67oGQ0sX86RAdrSKbMCSk0ZqPEa88CrS04Bw1zYrjKp6JTIkG17VCLmmcTqWgiLEzzqLCPCzW8c/s1069/Immagine1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1069" data-original-width="756" height="634" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzcKB3zqZ_HxmW7aANDWKZ_fFfLOCAhY1beK8F7W9llRSdm66d3XcYHbJm9rdUIONuePYk79LXQedToaAA71bHj4kZmehi9BJHXBE1pDCtahhc9Xmyr67oGQ0sX86RAdrSKbMCSk0ZqPEa88CrS04Bw1zYrjKp6JTIkG17VCLmmcTqWgiLEzzqLCPCzW8c/w448-h634/Immagine1.jpg" width="448" /></a></div><br />---<o:p></o:p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Partire e restare:
scelte che portano divisione e sofferenza, storia di un esilio reale e un
esilio interiore<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Si informa che sabato
10 febbraio 2024 alle ore 20,30, nell'aula magna dell'IIS "Primo
Levi" di Montebelluna, gli studenti del liceo presenteranno lo spettacolo
teatrale dal titolo "Partire e restare – Storia di una famiglia di Zara”,
momento di riflessione, recitazione e musica, in occasione del Giorno del
Ricordo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">La rappresentazione ha
come obiettivo quello di proporre una riflessione sulla storia del Confine
Orientale negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento e in particolare sulle
motivazioni che spinsero alcuni istriani fiumani e dalmati a restare nelle loro
terre d’origine e molti altri a partire. Attraverso letture, coreografie,
esecuzioni musicali e una rielaborazione del testo “La zaratina” di Silvio
Testa, gli studenti portano in scena in particolare la storia di una famiglia
di Zara, le cui vicende e decisioni sono influenzate dai noti tragici eventi
storici.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">L’azione scenica è
curata dalle professoresse Rossella Zanni e Laura Caccavale, e verrà trasmessa
in diretta dall'emittente radiofonica d'istituto al link www.bit.ly/WebRadioLevi</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">Lo spettacolo è aperto
al pubblico. Si allega locandina. La cittadinanza è invitata a partecipare.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Montebelluna,
08.02.2024<o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-43517921029159587472024-01-17T00:50:00.000-08:002024-02-09T06:17:53.616-08:00Giovanni Fio, dalmata di Lesina, esule a Bari, in Trentino e a Udine dopo il 1943“Se può interessare – ha detto Sergio Marino – racconto una vicenda che vissero mio suocero e mia suocera, italiani fuggiti dalla Dalmazia. Questo fatto me l’ha riferito mio suocero Giovanni Fio, ora deceduto, quando lo accompagnai per la prima volta a Lesina, o Hvar, come si chiama in croato, <span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">verso il 1998-1999.</span> Mi ha raccontato che fuggì dalla sua città con la moglie Antonietta Fabris, rifugiandosi a Bari. Abbandonarono tutto, casa e terreni in centro del paese. Riuscì a lavorare subito come cuoco di albergo, poi andò a San Martino di Castrozza (TN), a Tarvisio (UD) presso l’Hotel ‘Lussari’ e infine a Udine nell’Hotel ‘Cristallo’. Noi andammo a Lesina a rivedere i luoghi della loro infanzia, la casa e i terreni. La casa era stata occupata da tre famiglie dell’entroterra. Per quello che so, in tanti anni ha cercato di avere dei rimborsi dallo stato italiano per i danni subiti, ma non ha mai avuto nulla. A Lesina vive ancora suo fratello più giovane che abbracciò la causa di Tito, forse per convenienza – ha concluso Sergio – è un piccolo impresario edile che ha diversi figli emigrati in America”. <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia4b9_NmPt_AdbK4DliYfBgikTvSDhww-meEZvgC345S5iU_3s0U79s8V60r4g9CEO8fS5boP8XU196nyhye9Y1uyWr6qVB5Z3Glg2rFYWvM-HTVBl-FX8oWJi9DF3PIVgCzyVGz5gGZwePYA967JF_hONlshR7nRL2oF9JYrSD7QiNjjO6C9rSCvbkZJX/s1180/7%20lesina%201918.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="821" data-original-width="1180" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia4b9_NmPt_AdbK4DliYfBgikTvSDhww-meEZvgC345S5iU_3s0U79s8V60r4g9CEO8fS5boP8XU196nyhye9Y1uyWr6qVB5Z3Glg2rFYWvM-HTVBl-FX8oWJi9DF3PIVgCzyVGz5gGZwePYA967JF_hONlshR7nRL2oF9JYrSD7QiNjjO6C9rSCvbkZJX/s320/7%20lesina%201918.png" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Lesina 18 novembre
1918. Accoglienza alle truppe italiane. Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera”
di Trieste nel decennio della sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe
Bugatto, esule da Zara a Udine<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table><br /><div><div>Giovanni Fio nacque a Lesina il 16 gennaio 1925 e morì a Udine il 2 febbraio 2005. Il suo funerale si celebrò nella chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Carmine in via Aquileia, assai nota agli esuli giuliano dalmati. Sua moglie Antonietta Fabris nacque il 3 ottobre 1925 e morì a Udine il giorno 11 novembre 2022. <span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Il loro esodo da Lesina
risale, probabilmente, al settembre 1943 dato che in seguito all’invasione comunista
jugoslava furono interrotti i collegamenti con la Puglia </span></div><div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Antonietta Fabris
raccontò varie volte ai figli e nipoti che la fuga da Lesina fu così
precipitosa “da lasciar la pentola de la pastasuta sul fogo”. Poi con una
barca si rifugiarono in un’isola vicina, nutrendosi per una settimana di sola
uva dalle viti, in mancanza di altro cibo, fino ad avere la possibilità di un’altra
imbarcazione diretta in Pugli</span>a.</span></div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><div><b>Esodi e fucilazioni </b>– Nel mese di novembre 1918 la gente italiana di Lesina, con bandiere bianco-rosso e verdi e la fanfara aspettarono sulla riva l’arrivo delle navi italiane, ma l’isola fu assegnata al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Diverse famiglie italiane di Lesina, con molte vestigia veneziane, allora dovettero affrontare un primo esodo nel 1920. In seguito a tali spostamenti forzati, gli italiani si riversarono nella vicina Lagosta, unica tra le grandi isole dalmate assegnata al Regno d’Italia dal trattato di Rapallo, oppure a Zara, unica città dalmata annessa al Regno d’Italia, o a Fiume. Nonostante le leggi antitaliane dei nuovi arrivati, nel 1927, si contavano sull’isola 509 italiani, concentrati soprattutto a Lesina città. Dal 1941 al 1943 Lesina fece parte del Governatorato della Dalmazia, pertinenza amministrativa del Regno d’Italia. </div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNygNa5qkJr1myAzTRCOLJeoNtUIF6LiptVINIaVCUXhGlq4B1bQwcI-aaghU0A7ZSA0VelG6XOgXx9iz-tjf6dyjzIMR5LQJPkG2BtReqD8vXLb6RlQHS3Xou9p1cCovb2ScG9vNyvlOPDafBOq9zlLVMO3dPQiYFERILV19udQImhjrRwGZdFd4E5oVV/s800/Udine,%20Hotel%20Cristallo,%20piazzale%20D'Annunzio,%20cartolina%20viaggiata%201965.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="555" data-original-width="800" height="222" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNygNa5qkJr1myAzTRCOLJeoNtUIF6LiptVINIaVCUXhGlq4B1bQwcI-aaghU0A7ZSA0VelG6XOgXx9iz-tjf6dyjzIMR5LQJPkG2BtReqD8vXLb6RlQHS3Xou9p1cCovb2ScG9vNyvlOPDafBOq9zlLVMO3dPQiYFERILV19udQImhjrRwGZdFd4E5oVV/s320/Udine,%20Hotel%20Cristallo,%20piazzale%20D'Annunzio,%20cartolina%20viaggiata%201965.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Udine, Hotel Cristallo,
piazzale D’Annunzio, cartolina viaggiata 1965<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table><br /><div>Altri dalmati italiani di Lesina furono costretti ad andar via con l’arrivo dei violenti titini, dopo il 1943, trasferendosi in Puglia o in altre regioni italiane. Non giovarono ai rapporti fra croati e italiani le rappresaglie partigiane, né il comportamento delle truppe italiane, come i reparti delle camicie nere.
Il giorno 11 settembre 1943 Guido Rocchi Lusic, di 68 anni, venne prelevato dai titini jugoslavi nella “Casa del Vecchio” e portato, insieme a una bara, nel cimitero di Lesina. Venne arrestata anche la figlia Dora di 24 anni. In piena notte, abbracciati, furono fucilati mentre gridavano: “Viva l’Italia”. Nello stesso cimitero venne fucilato Fortunato Marchi, dopo essersi scavato la fossa, come riportato da Wikipedia, alla voce “Lesina (isola)”.</div><div> L’isola di Lèsina (in croato Hvar, in dialetto locale ciacavo Hvor o For, in greco antico Phàros, Φάρος, in latino Pharia) è la più lunga fra le isole della Dalmazia, situata nel mare Adriatico tra le isole di Brazza, Lissa e Curzola. L’isola, ha 11.077 residenti (dati del 2015), che ne fanno la quarta più popolosa delle isole della Croazia. È una ricca fonte di turismo sin dai primi del Novecento.
L’esodo del 1943-1945 portò molti dalmati di Lesina verso la Puglia. Si sa che in terra di Bari c’erano ben otto Centri raccolta profughi. Come ha scritto Nico Lorusso “in terra di Bari i CRP erano otto”, per un totale di oltre due mila posti. Quello di via Napoli fu edificato verso il 1935, quando c’era la guerra d’Etiopia. Con l’arrivo degli alleati angloamericani prese il nome di “Campo Badoglio” e fu destinato a custodire i prigionieri tedeschi. Poi accolse gli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia come si vede dalla tabella n. 1.
<div><p align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><b><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Tab. n. 1 – Centri raccolta profughi a Bari e
vicinanze 1949-1956<o:p></o:p></span></b></p>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable" style="border-collapse: collapse; margin-left: 5.4pt; mso-padding-alt: 0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-table-layout-alt: fixed;">
<tbody><tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-firstrow: yes; mso-yfti-irow: 0;">
<td style="background: white; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><i><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Nome di CRP</span></i><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-left: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><i><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Anno </span></i><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-left: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><i><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Via o località </span></i><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-left: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><i><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">N° posti</span></i><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 1;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Piazza San Sabino</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1952</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Bari vecchia. Dietro la
Cattedrale, nello stabile di una caserma della Guardia di Finanza, poi
Facoltà di Teologia</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">146</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 2;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Santa Chiara</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p> </o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Bari vecchia. Qui c’era la
direzione dei CRP d Bari. Danneggiato nel 1945 da scoppio nave “Henderson”,
poi “Casa del Profugo”. Ora sede dei Beni culturali</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">270</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 3;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Positano</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p> </o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Bari vecchia. Caserma
“Regina Elena”, ex convento di San Francesco alla Scarpa, poi sede Soprintendenza</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">328</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 4;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Le Baracche</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1952</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Via Napoli, ex Campo
“Badoglio” per prigionieri tedeschi</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">420</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 5;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Lido Massimo a Fesca</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1952</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Colonia “Ferruccio Barletta”</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">240</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 6;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Altamura </span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1950</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p> </o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">500</span><span lang="it" style="mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 7;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Barletta <o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1950<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">ex Caserma “Ettore
Fieramosca”<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">200?<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="height: 0.05pt; mso-yfti-irow: 8; mso-yfti-lastrow: yes;">
<td style="background: white; border-top: none; border: 1pt solid black; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 97.55pt;" valign="top" width="130">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Santeramo in Colle<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 42.55pt;" valign="top" width="57">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1950<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 290.55pt;" valign="top" width="387">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p> </o:p></span></p>
</td>
<td style="background: white; border-bottom: 1pt solid black; border-left: none; border-right: 1pt solid black; border-top: none; height: 0.05pt; mso-border-alt: solid black .25pt; mso-border-left-alt: solid black .25pt; mso-border-top-alt: solid black .25pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 58.25pt;" valign="top" width="78">
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: center; text-autospace: none;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; mso-ansi-language: #0010; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">200?<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><span face=""Agency FB","sans-serif"" lang="it" style="font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010; mso-bidi-font-family: "Agency FB"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Fonti: N. Lorusso, “Quell’esodo dei mille dall’Egeo, Noi italiani, trattati
come stranieri”, «la Repubblica», 17 febbraio 2004. Katia Moro, “Il Villaggio
Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”, nel web
«Barinedita» dal 16 aprile 2015. Testimonianza di Sergio Servi, Bari, del
18.11.2017, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società
contemporanea 'Giorgio Agosti'. Messaggio in Facebook, del 24 ottobre 2019, nel
gruppo “Un Fiume di Fiumani!” di Giancarlo Straub, Castellaneta (TA); permesso
di diffusione nel blog del 15 dicembre 2022.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSKc-E10Z17b_pFeF2VYAgw0j_sRM4XzALp9ESSFeLoWBx6Frn_qUgvGJxNMsrNuue_jKmwbgPgoAQAwB1YO4MjmietFmnb65inyOlvJF0WscU1jYflc1eKxtierxhV02awCsDIZ1y-228ebntB6GErlE1wXvG9A9VwjXfOfpd9X15jIzI9PNz74dF-DL5/s452/Lesina%201912.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="287" data-original-width="452" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSKc-E10Z17b_pFeF2VYAgw0j_sRM4XzALp9ESSFeLoWBx6Frn_qUgvGJxNMsrNuue_jKmwbgPgoAQAwB1YO4MjmietFmnb65inyOlvJF0WscU1jYflc1eKxtierxhV02awCsDIZ1y-228ebntB6GErlE1wXvG9A9VwjXfOfpd9X15jIzI9PNz74dF-DL5/s320/Lesina%201912.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cartolina viaggiata
dell’Hotel “Elisabeth” di Lesina-Hvar, 1912. Editore B. Kovačević. Fotografo P.
Ruljančić. Collezione privata<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali, digitali e ringraziamenti</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> - Sergio Marino, Udine
1950, int. del giorno 11 novembre 2023 e 10 gennaio 2024 a Udine con e-mail del
18 maggio, 10 novembre 2023 e 17 gennaio 2024. Grazie a Sara Marino, figlia di
Sergio, per la ricerca genealogica familiare sui suoi nonni dalmati di Lesina. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">Grazie
al professor Guido Rumici, ANVGD di Gorizia, per la collaborazione alla ricerca.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Sergio Servi, Parenzo
1939, messaggi in Facebook del 18-20 novembre 2017.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezioni
private e archivi<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giuseppe Bugatto,
esule da Zara a Udine, cartolina del 1918.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Nico Lorusso,
“Quell’esodo dei mille dall’Egeo. Noi italiani, trattati come stranieri”, «la
Repubblica», 17 febbraio 2004.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Luciano Monzali, <i>Italiani di Dalmazia</i>, Firenze, Le
Lettere, 2007.<o:p></o:p></span></p>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">- Katia Moro, <a href="http://www.barinedita.it/inchieste/n1924-il-villaggio-trieste-di-bari-li-dove-trovarono-rifugio-mille-profughi">“Il Villaggio Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”</a>, nel web dal 16 </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">aprile
2015.</span></div><div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giuseppe Rizzo, <a href="http://bepperizzo.altervista.org/magnaccioni-dei-centri/">“I magnaccioni dei centri”</a>, on-line dal 13 luglio 2017.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Marzio Scaglioni, <i>La presenza italiana in Dalmazia, 1866-1943</i>,
Università di Milano, Facoltà di scienze politiche, anno accademico 1995-1996.
Tesi di laurea, relatore prof. Edoardo Bressan, correlatore prof. Maurizio
Antonioli.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– E. Varutti, <i><a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2017/11/campo-profughi-le-baracche-e-gli-altri.html">Campo profughi Le Baracche e gli altri CRP di Bari</a></i>, on line dal 21 novembre 2017 su eliovarutti.blogspot.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
del professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico
dell’ANVGD di Udine. Primo lettore: Sergio Marino. Altri lettori: Emilio
Fatovic, Livio Sessa,<span style="color: red;"> </span>Bruno Bonetti,<span style="color: red;"> </span>Claudio Ausilio,<span style="color: red;"> </span>i professori<span style="color: red;"> </span>Annalisa Vucusa, Ezio Cragnolini e Elisabetta Marioni.
Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano
dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricerche
e Networking</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio
Varutti. Copertina: Lesina 18 novembre 1918. Accoglienza alle truppe italiane.
Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera” di Trieste nel decennio della
sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine.
Altre fotografie dalle fonti citate e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRZE8WoZ-lZ894u0H1g6q-n4nKjVDA5AuOoGkVh2VfF6AUa-1Ny7HnFZP5p9gzZUiRc6HKVjmdJ5kuVI0AlmbW-sMtSVauieYZFLRuqqOg5ZjENf3Cdd0vLWijgqG0gC0w7OzoIa7hT6s10YjiuYZVKsCxtOFwXJGqtA2vZ_Ydlsxf57pB5OKe3CY6ODPE/s1443/Comunit%C3%A0%20Italiani%20di%20Lesina%20-Zajednica%20Talijana%20Hvar.%20da%20FB.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="969" data-original-width="1443" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRZE8WoZ-lZ894u0H1g6q-n4nKjVDA5AuOoGkVh2VfF6AUa-1Ny7HnFZP5p9gzZUiRc6HKVjmdJ5kuVI0AlmbW-sMtSVauieYZFLRuqqOg5ZjENf3Cdd0vLWijgqG0gC0w7OzoIa7hT6s10YjiuYZVKsCxtOFwXJGqtA2vZ_Ydlsxf57pB5OKe3CY6ODPE/s320/Comunit%C3%A0%20Italiani%20di%20Lesina%20-Zajednica%20Talijana%20Hvar.%20da%20FB.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Comunità Italiani di Lesina -Zajednica Talijana Hvar. Foto da Facebook</td></tr></tbody></table><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"></span></div></div></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-24596610346765757722023-12-22T09:39:00.000-08:002024-02-09T06:17:25.892-08:00Sognare l’Australia per i Basso di Fiume esuli a Brescia, poi 3 vanno in Venezuela, 1951<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Ecco un’altra storia
italiana di esuli di Fiume vogliosi di emigrare in Australia, come quella dei
Pillepich e di molti altri fiumani sparsi per il mondo. Perché fuggire da Fiume
dopo il 1945? Risposta facile: per evitare i picchiatori titini, oppure gli
arresti notturni dell’<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/OZNA">OZNA</a>, il servizio segreto di Tito e il grande terrore
jugoslavo comunista.</span></p><p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivVxq1CLe76WiOWkl_zaoxjLMRu1OQBF26yraMTVnPePooTnazJuR8-y8FhkLTySuurTi1tIbRZ8ohL-_w2xNGZI4UhrlVxzmet7BDR-6KJKuntz0uC01ofW02XAeSTgRYD_WKQ9Lz2IGpQb0ttciwRmXhbsY10_cykbCcHoi7F2BbZt4r5gvNFsKgMhSc/s1136/001%20copertina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="974" data-original-width="1136" height="274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivVxq1CLe76WiOWkl_zaoxjLMRu1OQBF26yraMTVnPePooTnazJuR8-y8FhkLTySuurTi1tIbRZ8ohL-_w2xNGZI4UhrlVxzmet7BDR-6KJKuntz0uC01ofW02XAeSTgRYD_WKQ9Lz2IGpQb0ttciwRmXhbsY10_cykbCcHoi7F2BbZt4r5gvNFsKgMhSc/s320/001%20copertina.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Domanda di assistenza IRO per l’emigrazione di Basso Silvio con fototessera assieme a quelle della moglie Maria Superina e del figlio Sergio, 7.1.1950 (Archivio di Arolsen)</span></td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ecco cosa scrisse,</span>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">il
7 gennaio 1950, il funzionario all’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">International
Refugee Organization</i> (IRO), agenzia delle Nazioni Unite dedita
all’emigrazione transoceanica in seguito al colloquio con Silvio Basso, di
Fiume. “Subject left country as he disliked that regime there” (Il soggetto ha
lasciato il paese perché non gli piaceva quel regime lì).</span> “<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">The
people are afraid of to express their own opinion, nobody is allowed to critizy
the living conditions which have been very bad” (La gente ha paura di esprimere
la propria opinione, a nessuno è permesso criticare le condizioni di vita che
sono pessime). “Every pass has been controlled by spies” (Ogni passaggio è
stato controllato da spie). </span><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">“The
people have been arrested for unknown reasons, and if left free, they have been
so frightened, that they did not want to speak” (Le persone sono state
arrestate per ragioni sconosciute e, se lasciate libere, erano così spaventate
che non volevano parlare). “The impression was that there all is based on the
fear” (L’impressione era che tutto si basasse sulla paura). </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">“Therefore
subject preferred to leave, as the never knew can happen him tomorrow” (Perciò
il soggetto ha preferito andarsene, poiché domani non avrebbe mai saputo che
gli sarebbe potuto succedere).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Meglio stare alla larga
dai nuovi violenti padroni di Fiume, descritti nei documenti per l’espatrio in
modo preciso.</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La presente ricerca si basa sui rari documenti
inediti nell’Archivio di Bad Arolsen (Germania), da poco tempo disponibili nel
web.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">È una famiglia numerosa
quella di Silvio Basso, nato a Fiume il 29 dicembre 1896, che fece domanda di
assistenza per emigrare in Australia all’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">International
Refugee Organization</i> (IRO) il 7 gennaio 1950. O, per meglio dire: con lui se
la son filata in tanti dal Golfo del Quarnaro. Nella scheda di registrazione a
lui intestata c’è la sua famiglia, quella del figlio Sergio e di vari parenti
ed affini. Ecco i suoi “begleitpersonen” (accompagnatori) a cominciare dalla
moglie: Basso Superina Maria, nata a Fiume il 23 ottobre 1900. Poi c’è il
figlio elettricista con la sua sposa: Basso Sergio, nato a Fiume il 19 settembre
1927 e Castelli Basso Elisabetta, nata a Fiume il 6 dicembre 1921. Poi la lista
contiene meno dati: “Basso od. Cavo Giulia” (in adozione?), nata a Fiume il 17
novembre 1941; Basso Umberto; Basso nata Satina Antonini; Superina Pietro;
Superina nata Segnan Maria; Kovach Giuliana in Gherovo, nata il 15 febbraio
1888 e Castelli Giovanni, nato a Fiume il 6 marzo 1921. È un elenco di 11
nominativi.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZoWcbp5jE3qq5XJRPFl9pTugH_OVT1gACzBpD-nOQ9vi-K766VFtKw7-D4nZq2R2kawXy0CsY8lhOZpDpRuT_GYhRF3DNF_pYtUXe3Vp1LqmxSgrOhtvFKW1oVModB4cB6WaL8ZDzpmgz-hWPpSWJuzfyogtCXhFvqbJlDemxZkboLR5pDIVmGnPosCpI/s1176/001%20(2)%20Referto%20del%20funzionario%20IRO%20sulle%20dichiarazioni%20di%20Basso%20Silvio%20riguardo%20alla%20situazione%20di%20Fiume%20dopo%20l'occupazione%20degli%20jugoslavi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="523" data-original-width="1176" height="142" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZoWcbp5jE3qq5XJRPFl9pTugH_OVT1gACzBpD-nOQ9vi-K766VFtKw7-D4nZq2R2kawXy0CsY8lhOZpDpRuT_GYhRF3DNF_pYtUXe3Vp1LqmxSgrOhtvFKW1oVModB4cB6WaL8ZDzpmgz-hWPpSWJuzfyogtCXhFvqbJlDemxZkboLR5pDIVmGnPosCpI/s320/001%20(2)%20Referto%20del%20funzionario%20IRO%20sulle%20dichiarazioni%20di%20Basso%20Silvio%20riguardo%20alla%20situazione%20di%20Fiume%20dopo%20l'occupazione%20degli%20jugoslavi.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Referto del funzionario IRO sulle dichiarazioni di Basso Silvio riguardo alla situazione di Fiume dopo l’occupazione degli jugoslavi. Archivio di Arolsen</span></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Stando ai documenti
dell’Archivio di Arolsen Silvio Basso, diplomatosi nella locale scuola
secondaria, a conoscenza delle lingue di italiano, croato, tedesco e inglese,
nel periodo 1938-1941 visse a Fiume, lavorando come impiegato bancario alla
Cassa di Risparmio che, secondo la guida di Massimo Superina, aveva sede a
Palazzo Modello, in piazza Principe Umberto (</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal;">Superina
M 2023</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">). Nel 1941 fu richiamato in servizio militare per un breve
periodo a Sussak, in territorio occupato dal Regio Esercito, svolgendo le
mansioni d’impiegato all’Ufficio emissione passaporti (Archivi di Arolsen). Dal
mese di maggio 1941 fu di nuovo impiegato bancario fino al mese di dicembre
1946, quando la banca fu nazionalizzata dal Comitato Popolare. Allora Silvio
Basso chiese di andare in un'altra regione italiana, così riparò in aprile del 1947.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Molto probabilmente il
trasferimento avvenne con la corriera della CRI, oppure in treno, passando per
Trieste e per il Centro smistamento profughi di Udine, perché la sua nuova
destinazione fu: “Postbellica Camp at Brescia”. Secondo i dati dell’ANVGD un
Centro raccolta profughi di Brescia aveva sede presso la Caserma ‘Boito’ di via
Callegari. Bassi restò, da disoccupato, nel Campo profughi fino al mese di
ottobre 1948, quando fu assunto al Credito bancario di Brescia, ottenendo il
certificato di cittadinanza del Comune di Brescia dal mese di luglio 1948, dopo
l’accettazione delle autorità jugoslave ad optare per l’Italia. Il figlio
Sergio e la nuora Elisabetta, di nazionalità jugoslava, optarono nel 1948,
ottenendo nel mese di settembre dello stesso anno l’assenso dalle autorità
jugoslave.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhM3_xIM5zz5xc2cZMr0dg1IzT9YcSkUjUVfJq1Da3VBiTFPBaUDe5KIrEpmP2nWrQrkAv2m2lF_RJg1enuvAoq_tlXqH4cOVtllCIDuCGgnzqN1i2avDVRojL6Csgu4fN3559oyuRYW7PpGiBxV53VzQvfBdrJAOtwdG6BRl51V9-vw9WcrNHvybW8vofL/s822/Immagine1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="526" data-original-width="822" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhM3_xIM5zz5xc2cZMr0dg1IzT9YcSkUjUVfJq1Da3VBiTFPBaUDe5KIrEpmP2nWrQrkAv2m2lF_RJg1enuvAoq_tlXqH4cOVtllCIDuCGgnzqN1i2avDVRojL6Csgu4fN3559oyuRYW7PpGiBxV53VzQvfBdrJAOtwdG6BRl51V9-vw9WcrNHvybW8vofL/s320/Immagine1.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Cartolina di Fiume, Palazzo Modello, viaggiata nel 1920; qui aveva sede la Cassa di Risparmio, dove fu impiegato Silvio Basso. Collez. privata</span></td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">L’analista dell’Ufficio
IRO concesse l’espatrio come precisa il timbro per tale nucleo familiare vista
la situazione che è di “care and maintenance legal and political protect” (cura
e manutenzione protezione legale e politica). In data 7 gennaio 1950 la famiglia
Basso risiedette a Brescia in via Lamarmora 43. Il supervisore dell’Ufficio IRO
di Milano, S. J. Todorovic, firmò l’approvazione ad emigrare, ma dai documenti
analizzabili negli Archivi di Arolsen, pare di dedurre che solo in tre
partirono il 22 gennaio 1951 per il Venezuela: Sergio Basso, sua moglie
Elisabetta e la nipote Giulia. Essi prima passarono per l’ultimo Campo profughi
a Bagnoli (NA), da dove salpavano le grandi navi transoceaniche. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Lasciò Fiume pure
l’alpino Idalco Zamò, classe 1926, dove lavorava sin da giovane. Con la seconda
guerra mondiale fu inquadrato nella Brigata “Julia”, Battaglione di Frontiera
di stanza a Fiume. Dopo l’8 settembre 1943 i nazisti circondarono la caserma
imponendo l’arruolamento nelle truppe nazifasciste. Al suo rifiuto, seguì
l’arresto e la deportazione nella Risiera di San Sabba a Trieste. Il suo treno
per i campi della morte fu bombardato dagli alleati, perciò restò in Risiera.
La notte del 30 aprile fu liberato prima dell’occupazione jugoslava. Con la
divisa di alpino, Idalco cercò di ritornare a Fiume, ma fu intercettato dai
titini che lo rinchiusero in un loro campo di prigionia da cui, tuttavia,
riuscì a scappare. Passato l’Isonzo, raggiunse certi parenti in Friuli,
stabilendosi a Manzano (UD), dove morì nel 2023 (<span style="font-variant: small-caps;">Dissegna T 2023</span> : 32).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Pure Giusto Mihalić
(1920-2005), dopo i primi di maggio 1945, tornò ad Occisla di Erpelle-Cosina (ex
provincia di Pola, oggi Slovenia), suo paese natale, “ma fu arrestato dai
titini che lo incarcerarono per un certo tempo – ha detto Enrichetta Del Bianco,
sua nuora – da quella volta non è più ritornato là, il suo esodo verso il
Friuli è del 1947, anche suo fratello Rodolfo, detto ‘Ruda’ del 1918, scappò
dai comunisti ed emigrò in Australia, morendo a Melbourne nel 2003”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Sono dunque tanti gli
italiani partiti da Fiume, dopo l’occupazione jugoslava del 3 maggio 1945. Sono
circa 54 mila i cittadini in fuga, su 60 mila abitanti, stando ai dati
ministeriali delle <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Linee Guida per la
didattica della Frontiera Adriatica</i>.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRDVAADdgFIdgAjWE48kE0uALV3cLis4sg_z_HzBD1v7F5s0pxXYXh1mWotYTYxLPcH9zpgmfw4D0sa8YL82gCsFd1OqNXsOWLbQoKmNfre3xu0Fvv0wU3-o-uf7BUAmZ64cC1CShnnlvop-EczcoD_f6GnXDb5wZxbZOpPFj5TNQKbrcufWmyZVGRG_8B/s1952/Scheda%20di%20registrazione%20di%20Basso%20Silvio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1348" data-original-width="1952" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRDVAADdgFIdgAjWE48kE0uALV3cLis4sg_z_HzBD1v7F5s0pxXYXh1mWotYTYxLPcH9zpgmfw4D0sa8YL82gCsFd1OqNXsOWLbQoKmNfre3xu0Fvv0wU3-o-uf7BUAmZ64cC1CShnnlvop-EczcoD_f6GnXDb5wZxbZOpPFj5TNQKbrcufWmyZVGRG_8B/s320/Scheda%20di%20registrazione%20di%20Basso%20Silvio.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Scheda di registrazione di Basso Silvio all’IRO, facciata anteriore. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Archivio di Arolsen</span></td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Fonti archivistiche</span></b><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;"> - Arolsen Archives, Archiv zu den Opfern und
Überlebenden des Nationalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Basso
Silvio, geburtsdatum 29.12.1896, in Fiume.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Fonte
orale</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"> – Enrichetta Del Bianco, Udine 1951, int. del 10.2.2006
e del 11.11.2023 a Udine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Timothy Dissegna. “È
morto a 97 anni Italco Zamò. Fu prigioniero di nazisti e titini”, «Messaggero
Veneto», Cronaca di Cividale, Tarcento, Remanzacco, 13 dicembre 2023, p. 32.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Marino Micich, “Il
lungo esodo dall’Istria, Fiume e Zara (1943–1958)”, in: Giovanni Stelli, Marino
Micich, Pier Luigi Guiducci, Emiliano Loria, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Foibe, esodo, memoria. Il lungo dramma delle terre giuliane e dalmate</i>,
Roma, Aracne, 2023, pp. 67-177.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Ministero dell’Istruzione
e del Merito, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Linee Guida per la
didattica della Frontiera Adriatica: laboratorio di contemporaneità per
affrontare le complesse vicende del Confine Orientale</i>, 2022, nel web.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Massimo Superina, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Fiume a lavoro. Industrie, negozi e mestieri
tra Ottocento e 1946</i>, Padova, Associazione Fiumani Italiani nel Mondo, 2023.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://varutti.wordpress.com/2023/11/05/i-pillepich-di-fiume-esuli-in-friuli-e-trentino-col-sogno-dellaustralia-1950/">I Pillepich di Fiume, esuli in Friuli e Trentino, col sogno dell’Australia, 1950</a></i>, on line dal 5 novembre 2023 su</span>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">varutti.wordpress.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://evarutti.wixsite.com/website/post/altri-pillepich-via-da-fiume-guerrino-elvira-e-raul-a-genova-poi-verso-l-australia-1950">Altri Pillepich via da Fiume: Guerrino, Elvira e Raul a Genova, poi verso l’Australia, 1950</a></i>, on line dal 29
novembre 2023 su evarutti.wixsite.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQB8jrg-UetpY0TB677gwWGwgJ_bGoDSQ6aC_452YQR359SY2g4YT_gPnU7bTopRpsMKN617M7tuOX-TtSrW6FYM-JlEWNXxR6MGF0Mc8ESlgfLmaPZYbhvb9h9eSfKctWFCykk6JJPd2bPhoa-nor3tBlecVzxYcmKEm_T7Ohx1pdD5pBiTC3tYZoQNV7/s896/001%20(3).jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="608" data-original-width="896" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQB8jrg-UetpY0TB677gwWGwgJ_bGoDSQ6aC_452YQR359SY2g4YT_gPnU7bTopRpsMKN617M7tuOX-TtSrW6FYM-JlEWNXxR6MGF0Mc8ESlgfLmaPZYbhvb9h9eSfKctWFCykk6JJPd2bPhoa-nor3tBlecVzxYcmKEm_T7Ohx1pdD5pBiTC3tYZoQNV7/s320/001%20(3).jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 18.4px; text-align: justify;">Scheda di emigrazione in Venezuela di Basso Sergio e famiglia sulla “S/s Lugano” del 22 gennaio 1951. “Steamship Lugano” : ovvero piroscafo, battello a vapore o nave.</span><span style="font-family: "Times New Roman"; text-align: justify;"> </span><span style="font-size: 12pt; line-height: 18.4px; text-align: justify;">Archivio di Arolsen</span></td></tr></tbody></table></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti
</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">-
Oltre agli operatori e alla direzione degli Archivi di Arolsen (Germania) e dei
siti web menzionati, si ringraziano l’architetto Franco Pischiutti (ANVGD di
Udine) e Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo) per la collaborazione alla ricerca.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Progetto
</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">e
attività di ricerca di: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro
storico-scientifico dell'ANVGD di Udine. Networking di Girolamo Jacobson e E.
Varutti. Lettori: Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo), Sergio Satti (ANVGD di
Udine) e i professori Enrico Modotti, Ezio Cragnolini e Stefano Meroi.
Copertina: Domanda di assistenza IRO per l’emigrazione di Basso Silvio con
fototessera assieme a quelle della moglie Maria Superina e del figlio Sergio,
7.1.1950 (Archivio di Arolsen).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ricerche</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">
per il blog presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via
Aquileia, 29 - primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. - orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
Vicepresidente: Bruno Bonetti. </span><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Segretaria:
Barbara Rossi. Sito web: </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><a href="https://anvgdud.it/"><span lang="EN-GB" style="mso-ansi-language: EN-GB;">https://anvgdud.it/</span></a></span><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;"><o:p></o:p></span></p><br /><p></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-57993456237390956822023-11-12T08:50:00.000-08:002023-11-18T09:11:40.145-08:00Teodorico Goacci, legionario a Fiume e terzino della Olympia calcio, esule a Bologna<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">Ecco una storia fiumana
poco nota del “terzino valanga”. Teodorico Goacci nacque ad Ancona il 21
febbraio 1898 e seguì a Fiume la famiglia, per il lavoro del babbo al silurificio
Whitehead. Il padre era Cesare e la madre Rosina Moroni, una parente del
compositore <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Pergolesi">Pergolesi</a>. Avevano dieci figli, come ha scritto Giacomo Bollini nel
2019. Abitavano</span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">nelle case destinate agli impiegati del
silurificio in viale Italia.</span></p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFf40cCpEavCm0p7FtZnkBUmTqN4fSFpkwItbL-v6JhzoRwEqUSeUZMtlfPOeqe4JreehaSX8f4cLy32ni60S4FTFrg8qVIvJXFpvi5Yi2oVyt_da0xMl-aQL3NivdlCPm8bPEvfqurvNthmZagVMk_lvfcTVxyFOXPN_Lb8MMSZox6sxYeL6F00zdP8lX/s349/teo%20Goacci.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="349" data-original-width="325" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFf40cCpEavCm0p7FtZnkBUmTqN4fSFpkwItbL-v6JhzoRwEqUSeUZMtlfPOeqe4JreehaSX8f4cLy32ni60S4FTFrg8qVIvJXFpvi5Yi2oVyt_da0xMl-aQL3NivdlCPm8bPEvfqurvNthmZagVMk_lvfcTVxyFOXPN_Lb8MMSZox6sxYeL6F00zdP8lX/s320/teo%20Goacci.jpg" width="298" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Teodorico Goacci, da "La Voce di Fiume", 1977</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Nel 1914 con la Prima
guerra mondiale la famiglia, come molti altri italiani, venne internata in Bassa
Austria, a Sankt Pölten, dove esisteva un grande campo di raccolta per italiani.
Al momento dell’internamento Teodorico, affermato calciatore a Fiume, fu notato
da </span><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Hugo_Meisl" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Hugo Meisl</a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">, una della maggiori personalità del calcio austroungarico,
calciatore e poi allenatore, ed ideatore del famoso Wunderteam, la nazionale
austriaca delle meraviglie degli anni ‘30. Meisl lo prese sotto la sua ala
protettrice e lo fece entrare addirittura nel giro della nazionale austriaca
del periodo di guerra, menomata dalle tante assenze per cause belliche.
Teodorico addirittura giocò al Prater di Vienna indossando la maglia del </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-bidi-font-style: normal; text-align: justify;">Rapid Wien</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> una partita amichevole contro
l’MTK di Budapest, vinta 2-0 dai padroni di casa. Il trattamento privilegiato
della famiglia era dovuto alla sua bravura calcistica. Di ruolo difensore, fu
definito dalla stampa “il terzino valanga” (</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; text-align: justify;">Pamich
C</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> 1977, p. 4). Gli internamenti di triestini, istriani e fiumani non
avvennero solo in Slovenia e Austria. È il fiumano Rodolfo Decleva che ha
trattato gli internamenti di sudditi italiani del Quarnaro in Ungheria (</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; text-align: justify;">Decleva R 2017</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> : 18).</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Alla fine della guerra
la famiglia Goacci rientrò Fiume. Teodorico, per anni nel <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Villaggio operario</i> di Sankt Pölten, era stato percorso dal
desiderio di arruolarsi nel Regio Esercito italiano e dare il suo contributo
alla guerra, decise di partecipare all’impresa di Fiume dannunziana: desiderando
con tutto il cuore l’annessione della sua città adottiva all’Italia. Nel 1919 fu
tra i primi italiani di Fiume a mettersi al servizio di D’Annunzio ed
evidentemente la sua personalità e la sua intraprendenza si fecero subito
notare. Divenne una delle quattro guardie del corpo del poeta-vate tanto che,
anche in vecchiaia, amava ripetere con quel suo tipico accento: “Chi voleva
andar dal comandante doveva passare sul mi corpo!”, come ha aggiunto Giacomo
Bollini. Di notte lui e gli altri tre suoi compagni, letteralmente dormivano
fuori dalla porta della camera di D’Annunzio, stesi per terra, a turno, pronti
ad intervenire in caso di bisogno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Una ricerca di Bollini
fra il materiale del Vittoriale, che conserva gli archivi della <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Reggenza_italiana_del_Carnaro">Reggenzaitaliana del Carnaro</a>, ha dato risultati sorprendenti che confermano in tutto e
per tutto la storia che da anni, in famiglia, si tramanda. Teodorico è
legionario fiumano (<span style="font-variant: small-caps;">Elenco Ufficiale dei
Legionari</span>, p. 74), ma viene denunciato il 23 gennaio 1920 per non aver
risposto alla chiamata alle armi del Regno d’Italia. A marzo risulta già
inquadrato fra i volontari fiumani, nella Compagnia Noferi. Nelle carte
dell’Associazione Nazionale Combattenti, Ufficio Stralcio Milizie Fiumane, è
chiaramente scritto il suo percorso all’interno delle milizie fiumane: dapprima
arruolatosi nel “Sursum Corda”, in data 7 giugno 1919, passò poi al battaglione
Baccich-Ipparco– Annibale Noferi, Polizia militare e addetto alla persona del
comandante Gabriele D’Annunzio. Il suo arruolamento nelle milizie fiumane è
datato 12 settembre 1919. Molti dei suoi documenti sono sottoscritti da una
firma eccellente del fiumanesimo: <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Host-Venturi">Giovanni Host Venturi.</a><span style="font-variant: small-caps;"><o:p></o:p></span></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEQg6zGVHEQ0atiFPVDaX7qeykodhTnoQNd4wg6ScCXiZJKz2_LCOJx3tVHaP-KW0KuLMw2vap2a-Ce7durJc5_Ld4Gbf4aJqody0gTpz9Dg9sZVOsl9J-tIDxlYyWBMel_IvrEmoUH2x2sFM5VH6CKWmoHx3jeG_KEzql8WEHYsz3sL-5cEHp0iWF_GZt/s201/Immagine1%20Goacci%20teodorico.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="201" data-original-width="179" height="201" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEQg6zGVHEQ0atiFPVDaX7qeykodhTnoQNd4wg6ScCXiZJKz2_LCOJx3tVHaP-KW0KuLMw2vap2a-Ce7durJc5_Ld4Gbf4aJqody0gTpz9Dg9sZVOsl9J-tIDxlYyWBMel_IvrEmoUH2x2sFM5VH6CKWmoHx3jeG_KEzql8WEHYsz3sL-5cEHp0iWF_GZt/s1600/Immagine1%20Goacci%20teodorico.jpg" width="179" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Teodorico Goacci in età matura. Foto dal blog di Giacomo Bollini</td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Proprio durante il
periodo della Reggenza del Carnaro, Teodorico si sposò, giovanissimo. Al suo
matrimonio con l’amica di infanzia Margherita Parenzan partecipò anche
D’Annunzio che vergò sulla foto ricordo dello sposalizio un suo autografo
accompagnato da un “Eia Eia!”. Pochi sanno che a Fiume, durante il periodo
dell’impresa dannunziana, si giocò molto a calcio. Il “vate” ne era molto
appassionato e Teodorico non poteva che farsi notare anche in questo frangente.
Lo stesso D’Annunzio, nell’intervallo dello storico match dell’8 febbraio 1920
fra la rappresentativa cittadina e il Comando militare dei Legionari, lo chiamò
a sé, quale capitano della squadra e gli disse apertamente che, per il suo
stacco superbo, pareva avesse “la testa di ferro”. Il 17 agosto 1919 fu in
campo come capitano contro la Milanese, una delle partite ancora oggi ricordate
dagli annali del calcio fiumano, ha precisato Giacomo Bollini.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Alla fine
dell’avventura dannunziana, trovò impiego in ferrovia. Continuò, ovviamente, a
giocare a calcio con i colori bianconeri dell’Olympia Fiume per diverse
stagioni, fino al 1925. Coma ha scritto Rodolfo Deceva, la prima società
calcistica sorta a Fiume fu il Club Sportivo “Olympia” che venne costituita nel
1904, alla quale seguirono successivamente il “Gloria” nel 1917, il Club
Sportivo “Fiume” nel 1919 e nel 1920 il Club Sportivo “Tarsia” (<span style="font-variant: small-caps;">Decleva R</span> 2020).</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
2 settembre 1926 il Club sportivo “Olympia” si fuse con il concittadino Club “Gloria”
nell’Unione Sportiva Fiumana.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La grande passione di
Teodorico per lo sport non era ristretta al calcio: eccelleva anche nel
canottaggio (con la società Eneo) e nell’atletica leggera dove si specializzò
nel salto in lungo e nel triplo. A Fiume nacquero le sue due figlie, Laura
(deceduta il 4 novembre 2023 e molto attiva nell’ANVGD di Bologna) e Verbena.
Si ricorda che, nel 1943, dopo l’8 settembre, Teodorico aiutò molti soldati
italiani sbandati che tentavano di rientrare in Italia, fornendo loro tute da
ferrovieri per poter dismettere la divisa grigioverde e passare inosservati ai
numerosi controlli. Non aderì al fascismo, continuando la sua vita di
tranquillo lavoratore e padre di famiglia. I “fasti animosi” della sua gioventù
ormai erano alle spalle. Quando a fine guerra Fiume venne ceduta alla
Jugoslavia, non volendo vivere da estraneo in un paese straniero, trasferì
tutta la famiglia, che oramai si era allargata, in Italia, raggiungendo prima
uno dei fratelli, Omero, a Ferrara, e poi raggiungendo Bologna, dove aveva
trovato nuovamente un impiego in ferrovia. La sua famiglia visse per breve
tempo nel Villaggio dei Profughi giuliano dalmati, trovando poi presto una sua
sistemazione cittadina decorosa. Nonostante i tanti racconti terrificanti fatti
sul primo trattamento riservato agli esuli giuliano dalmati a Bologna, nella
famiglia Goacci non risulta alcun tipo di maltrattamento ai loro danni da parte
dei loro nuovi concittadini bolognesi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Oramai in pensione,
Teodorico a Bologna fece ancora l’allenatore del settore giovanile di alcune
squadre, fra cui l’Unione Sportiva Compressori Grazia-Secchiarapita. Un infarto
fulminante lo portò via all’affetto dei suoi cari il 28 giugno 1977, all’età di
79 anni.<o:p></o:p></span></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">Ruolino del terzino destro Teodorico Goacci – 7° nella
classifica di tutti i tempi delle presenze nell’olympia con 57 partite<o:p></o:p></span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;"></span></p><table border="1" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable" style="border-collapse: collapse; border: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-insideh: .5pt solid windowtext; mso-border-insidev: .5pt solid windowtext; mso-padding-alt: 0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-yfti-tbllook: 1184;">
<tbody><tr style="mso-yfti-firstrow: yes; mso-yfti-irow: 0;">
<td style="border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Britannic Bold","sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Periodo <o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-left: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Britannic Bold","sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Squadra <o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-left: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Britannic Bold","sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nazionalità <o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="mso-yfti-irow: 1;">
<td style="border-top: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">1917-1919<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Libertas St. Pölten<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Austria<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="mso-yfti-irow: 2;">
<td style="border-top: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">1919-1921<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Olympia Fiume<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Reggenza del Carnaro<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="mso-yfti-irow: 3;">
<td style="border-top: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">1921-1925<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Olympia Fiume <o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">III e II Divisione,
Italia<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="mso-yfti-irow: 4;">
<td style="border-top: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">1925-1927<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopolavoro
Ferroviario<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Unione Libera
Italiana del Calcio<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
<tr style="mso-yfti-irow: 5; mso-yfti-lastrow: yes;">
<td style="border-top: none; border: 1pt solid windowtext; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 104.65pt;" valign="top" width="140">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">1927-1929<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 148.85pt;" valign="top" width="198">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fiumana B<o:p></o:p></span></p>
</td>
<td style="border-bottom: 1pt solid windowtext; border-left: none; border-right: 1pt solid windowtext; border-top: none; mso-border-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-left-alt: solid windowtext .5pt; mso-border-top-alt: solid windowtext .5pt; padding: 0cm 5.4pt; width: 235.4pt;" valign="top" width="314">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Italia<o:p></o:p></span></p>
</td>
</tr>
</tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonte: Giacomo Bollini,
2019<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Una
precisazione necessaria</span></b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> - Da un altro contributo scritto non
risulta che a Sankt Pölten vi fossero campi di internamento per italiani nella
Grande guerra. Come ha precisato Igor Mandich, piuttosto le famiglie delle
maestranze del silurificio furono là trasferite in conseguenza del trasloco del
silurificio di Fiume, avvenuto nel 1915, per proteggerlo dai bombardamenti
italiani, che infatti colpirono dal 1916. È con il massimo rispetto nei
confronti dei famigliari che hanno trasmesso il loro ricordo su Teodorico
Goacci che si propongono le seguenti precisazioni.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBpOJRmCtRwl_tCRzt85vHjNzSlRpLAsnvEPQhLgkwVbnfMrsr3fJyRZbzYj3cBGH1CSEWDqHTWEiAAVPKhTuT83gBfPIzt45E9iwpQCRaaB0a-6eInVLRafLD1Nm3U8nO0hIJQVlJpKUNgbKzmkbR7GRMrjlqAlV89KLCg8_0ZUug0DfyFFGJBbBZDSKs/s631/1918%20Levassich%20Emilio%20St%20Polten.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="631" data-original-width="473" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBpOJRmCtRwl_tCRzt85vHjNzSlRpLAsnvEPQhLgkwVbnfMrsr3fJyRZbzYj3cBGH1CSEWDqHTWEiAAVPKhTuT83gBfPIzt45E9iwpQCRaaB0a-6eInVLRafLD1Nm3U8nO0hIJQVlJpKUNgbKzmkbR7GRMrjlqAlV89KLCg8_0ZUug0DfyFFGJBbBZDSKs/s320/1918%20Levassich%20Emilio%20St%20Polten.jpg" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Levassich Emilio a Sankt
Pölten nel 1918. Collez. Igor Mandich</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">“La stessa sorte – ha aggiunto
Igor Mandich – capitò al mio bisnonno materno Emilio Levassich, di famiglia triestina, ma originaria dall’isola
di Brazza, che mi accomuna all’amico Bruno Bonetti. Il bisnonno lavorò presso
il silurificio a Sankt Pölten nel periodo 1915-1918. Come si vede dalla
cartolina allegata, che lui spedì a casa per salutare la famiglia, le
condizioni non erano certo quelle di un prigioniero o di un osservato speciale,
ma semplicemente quelle di un impiegato in trasferta, trattato anche piuttosto
bene direi”.</span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLEVmFbfi-NTRx7yOJ4iSE36w6WzdERQrT3Vta7Qu1G3dJENWolq2rT2GgnfeOpR0xMz-0TkivB8OwSgzaN5fITzCg2MofjBQRNw2e52P7KAeyMtd9cTiVq2di0eEQHCBZx_7IoJAJS6qlLGH_wDionUYFUHVoi3DWrZ1JYWLCkEsLlW1EHXI9M6qDENOg/s631/restro%20Sankt%20P%C3%B6lten%20Levassich%20Emilio%201918.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="631" data-original-width="473" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLEVmFbfi-NTRx7yOJ4iSE36w6WzdERQrT3Vta7Qu1G3dJENWolq2rT2GgnfeOpR0xMz-0TkivB8OwSgzaN5fITzCg2MofjBQRNw2e52P7KAeyMtd9cTiVq2di0eEQHCBZx_7IoJAJS6qlLGH_wDionUYFUHVoi3DWrZ1JYWLCkEsLlW1EHXI9M6qDENOg/s320/restro%20Sankt%20P%C3%B6lten%20Levassich%20Emilio%201918.jpg" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Retro foto Sankt Pölten, Levassich Emilio 1918. Collez. Igor Mandich</td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Sono molto chiare
invece le condizioni nei campi di prigionia Austriaci e Ungheresi, attivi durante
la prima guerra mondiale – ha concluso Mandich – che non lasciavano certo lo
spazio per coltivare il giuoco del calcio: Tápiósülyi (149 morti), Wagna (2.920),
Pottendorf (650) e Wurmberg (90). Conosco bene questa parte di storia, in
quanto Compassi Guido, nato a Fiume nel 1899 (fratello di mio nonno Compassi
Gustavo) fu rinchiuso a 16 anni a Tápiósülyi (Ungheria) e tornò vivo, ma si
trascinò tutta la vita con grossi problemi polmonari che lo uccisero a soli 43
anni (anche in questo caso allego cartolina che i suoi genitori, Gustavo Sr. e
Margherita, gli indirizzarono presso il campo in cui era confinato). All’inaugurazione
del monumento che ricorda i morti italiani, avvenuta nel 1996, era presente mio
padre Alfio Mandich, di Fiume”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKt0wtx-6-8H7Q0bm-LXiidDl8HC_SRtuRW4l9OTN8_UZv2kErDK4J_R_YtwBsDvI08KkDXYFxPLp0ecXBvOg8s59Er8iZyK3_L3qdkXlpg_6UAIlKBP0262VH4iHX2jDF_vL71yfiMHwUvzssgHIP8MPOB-YqesybcR0K5Lu-Fv6FdRA_TYEgF08FprLs/s973/Margherita%20Bursa%20e%20Gustavo%20Compassi.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="631" data-original-width="973" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKt0wtx-6-8H7Q0bm-LXiidDl8HC_SRtuRW4l9OTN8_UZv2kErDK4J_R_YtwBsDvI08KkDXYFxPLp0ecXBvOg8s59Er8iZyK3_L3qdkXlpg_6UAIlKBP0262VH4iHX2jDF_vL71yfiMHwUvzssgHIP8MPOB-YqesybcR0K5Lu-Fv6FdRA_TYEgF08FprLs/s320/Margherita%20Bursa%20e%20Gustavo%20Compassi.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Margherita Bursa e Gustavo Compassi. Collez. Igor Mandich</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Proprio </span><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alfio_Mandich" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Alfio Mandich</a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">, nato
a Fiume il 9 ottobre 1928 e deceduto a Genova l’11 gennaio 2006, è stato un
grande calciatore italiano, di ruolo jolly difensivo. Come molti fiumani, dopo
l’esodo, fu accolto nel </span><a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2018/03/oltre-4-mila-ospiti-al-centro-raccolta.html" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Centro raccolta profughi di Laterina,</a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> in provincia di Arezzo.</span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPfRpbhqV0t79tr7q6SWlUeFd1mpoEjcm6tl2lxjSCg3-IldGfDy3fQjb4WT10sOX2cCqVM7JRxWyYRPX1zGn4EXINRXyNdyrzKMePQTNH-KOo6Y-iUd4LrJUhFwAj9ywW2DKfrUH4EMcxzVVTmIXVgDTZUlD2PZnt_Hui3FVo7hPiuj-DAI_kD069Jnf-/s981/Margherita%20Bursa%20e%20Gustavo%20Compassi%20retro.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="631" data-original-width="981" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPfRpbhqV0t79tr7q6SWlUeFd1mpoEjcm6tl2lxjSCg3-IldGfDy3fQjb4WT10sOX2cCqVM7JRxWyYRPX1zGn4EXINRXyNdyrzKMePQTNH-KOo6Y-iUd4LrJUhFwAj9ywW2DKfrUH4EMcxzVVTmIXVgDTZUlD2PZnt_Hui3FVo7hPiuj-DAI_kD069Jnf-/s320/Margherita%20Bursa%20e%20Gustavo%20Compassi%20retro.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Margherita Bursa e Gustavo Compassi, retro. Collez. Igor Mandich</td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici<o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giacomo Bollini, <i><a href="https://emiliaromagnaalfronte.com/2019/08/12/storie-di-famiglia-il-nonno-di-mio-zio-teodorico-goacci-legionario-fiumano/">Storie di famiglia: il nonno di mio zio Teodorico Goacci, legionario fiumano</a></i>, on line dall’8 agosto 2019 su
emiliaromagnaalfronte.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Rodolfo Decleva, <i>Piccola storia di Fiume 1847 – 1947</i>, ilpigiamadelgatto,
II edizione, Sussisa di Sori (GE), 2017.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Rodolfo Decelva, <i><a href="https://www.facebook.com/photo?fbid=634823450553420&set=gm.10158783732390148">Calcio fiumano. Il Club sportivo “Tarsia”</a>, </i>post
in Facebook del 19 settembre 2020.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Luca
Di Benedetto, <i>El balon fiuman quando su
la Tore era l’Aquila</i>, Borgomanero (NO), Litopress, 2004.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- <i>Elenco ufficiale dei legionari fiumani depositato presso la fondazione
del Vittoriale degli italiani in data 24/6/1939</i>, PDF.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Igor Kramarsich, “Olympia.
Così il pallone si racconta”, «La Voce del Popolo», 25 novembre 2021.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Igor Mandich, lettera
e-mail all’Autore del 10 novembre 2023.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Cesare Pamich,
“Teodorico Goacci”, «La Voce di Fiume», 3 marzo 1977, p. 4.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Altri
riferimenti nel web<o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Fernando Pellerano,
“<a href="https://www.pressreader.com/italy/corriere-di-bologna/20150602/page/1">Il Villaggio dimenticato con gli eredi degli esuli</a>”, «Corriere della Sera,
Corriere di Bologna» 2 giugno 2015, p. 1.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Elio Varutti, <i><a href="https://varutti.wordpress.com/2020/10/05/antologia-del-calcio-a-fiume-1904-1956/">Antologia del calcio a Fiume, 1904-1956</a></i>,
on line dal 5 ottobre 2020 su varutti.wordpress.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti
–</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
Gran parte dell’articolo presente è liberamente ripresa dalle parole di Giacomo
Bollini, discendente del “terzino gladiatore” Teodorico Goacci. Ringraziamo
sentitamente, quindi, il blog di Bollini per la pubblicazione in queste pagine.
Si ringrazia pure Igor Mandich per le precisazioni qui contenute.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
e ricerche a cura di Elio Varutti. Networking a cura di Sebastiano Pio
Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Chiara Sirk (ANVGD Bologna), Claudio Ausilio
(ANVGD Arezzo), Igor Mandich (Genova), Sergio Satti (ANVGD Udine) e i
professori Enrico Modotti ed Ezio Cragnolini. Fotografie da collezioni private
citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia
e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via
Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;"><br /></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-20595991057528331752023-10-06T09:14:00.002-07:002023-10-08T09:18:34.924-07:00Istria 1948, Narciso Chersin issa la bandiera italiana sulla boa tra Brioni e Fasana<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">In Istria c’erano
italiani che non mollavano nel 1948. Il regime titino ormai stava prendendo
piede, dopo il trattato di pace del 10 febbraio 1947, che assegnava gran parte
dell’Istria alla Jugoslavia. C’erano fotografie di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Josip_Broz_Tito">Tito</a> sulle vetrine dei
negozi privi di merce e bandiere jugoslave in ogni dove. “</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Sucedeva che Narciso Chersin sul Canal de Fasana</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> – ha detto Armida
Villio – </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">de note meteva la bandiera
italiana sulla boa tra Fasana e Brioni, cussì i titini e quei dell’<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/OZNA">OZNA</a> se
inrabiava, anche Narciso Barattin ga messo la bandiera italiana sul campanil de
Fasana, perché tanti i pensava che tornava l’Italia</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">”.</span></p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ8ugbb_O6omNveExfNHGZFImJ7wkONkxarghqi0d82IrTjbtWOCr0mz_kdLnQKUAHs5G4pg6-HrpwPhMzuxMzlttRlEcUJ8bx9Yd2KshCGn52feF4LsqZzbEJlWP1LhAXiTRGIUGYxwyGP9sYxbqrk-GFHNvcpTzI_WnSIMUzcDVpI8g42U3PvaTpKarR/s774/fasana%20di%20marincovich.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="497" data-original-width="774" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ8ugbb_O6omNveExfNHGZFImJ7wkONkxarghqi0d82IrTjbtWOCr0mz_kdLnQKUAHs5G4pg6-HrpwPhMzuxMzlttRlEcUJ8bx9Yd2KshCGn52feF4LsqZzbEJlWP1LhAXiTRGIUGYxwyGP9sYxbqrk-GFHNvcpTzI_WnSIMUzcDVpI8g42U3PvaTpKarR/s320/fasana%20di%20marincovich.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cartolina di
Fasana, primi del ‘900. Proprietà: J.M. Marincovich, Fasana<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table><p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Tutte quelle bandiere
italiane issate, con eroismo, in vari posti persino sul campanile e sulle boe
del tracciato marittimo erano una vera spina nel fianco per l’OZNA (poi <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/UDBA">UDBA</a>), il servizio
segreto di Tito, che proprio a Fasana aveva una delle sue roccaforti. Dovevano
sloggiare dall’Istria quegli italiani che non si piegavano alla dittatura
comunista e al tricolore jugoslavo. Così fu fatto. Come mai restare, se molti
italiani invece partirono col <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Toscana_(transatlantico)">piroscafo ‘Toscana’</a>?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Noi semo vignudi via coi documenti nel 1947 col ‘Toscana’ per andar al
Silos de Trieste </i>[Centro raccolta profughi]<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, ma in pratica semo stadi caciadi via</i> – ha spiegato Armida – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">invece mia cugina Anna xe restada, perché
pensava che no restava Tito, cussì dopo i ghe gà portà via tuta la roba de la botega
e anche l’oro de famiglia, la xe finida in preson a Dignan, i ghe portava via
col camion la lana, la xe morta a Trieste, forse nel 1950. Mio papà iera
Bartolomeo Villio, nato a Fasana nel 1903, el contava che i antenati Villio nel
Seicento iera tagliapietre vignudi de Verona, infatti gò parenti a Muggia,
Dignan e Rovigno, dove cualchedun fa de cognome Tagliapietra Vilio”.<o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhKxdGUam-zELS3WfG8RLFIa16EUyy7z1cLnHENttMK_9Hh-gIqea6Si5-ynR9ecsWLD4mq-4TzhinguhV_hItX1iWtB0sa9xJNR_K_4Ki-cOIiUDcOfBWh0aikFJbD2KbfgQ7ud97lp0s4LSlhhzMAK2HEdSNng9cBlEN83fD-j26yISNZbBKeBDZE2Vk/s2949/Armida%20Villio%20ritaglio.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2785" data-original-width="2949" height="302" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhKxdGUam-zELS3WfG8RLFIa16EUyy7z1cLnHENttMK_9Hh-gIqea6Si5-ynR9ecsWLD4mq-4TzhinguhV_hItX1iWtB0sa9xJNR_K_4Ki-cOIiUDcOfBWh0aikFJbD2KbfgQ7ud97lp0s4LSlhhzMAK2HEdSNng9cBlEN83fD-j26yISNZbBKeBDZE2Vk/s320/Armida%20Villio%20ritaglio.JPG" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Armida Villio a Gorizia per un raduno ANVGD. Foto Varutti</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="font-size: 12pt;">Un’altra testimonianza
è quella di Marcela Perich, di Umago, esule al Campo profughi di Padriciano
(TS), poi emigrata nel 1956 con la famiglia in Argentina. La Perich ha scritto
in Facebook il 30 settembre 2023: “</span><i style="font-size: 12pt;">Mio
marito Gianni Giobbe era piccolino di 7 o 8 anni, lo hanno portato alle ‘Casarmete’ di
Gorizia </i><span style="font-size: 12pt;">[Campo profughi]</span><i style="font-size: 12pt;"> con la mamma
e tre fratelli. Loro sonno stati 4 o 5 anni di campo in campo. Tratati pegio
che le bestie. Li hanno portati per tanti campi di Italia, hanno pasato abastanza
male, racontava sempre la mia suocera. Le cose che contava essa ti veniva da
piangere e anche tanto. Un caro saluto a tutti li Istriani pure li esuli, come
me, con un grande dolore nel mio cuore. Con tutto quello che abbiamo sofferto. Moltissimo</i><span style="font-size: 12pt;">”.</span></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Si ringrazia, per la collaborazione
riservata, la signora Alda Devescovi, nata a Rovigno ed esule a Grado (GO). Le
interviste sono state condotte da Elio Varutti con penna, taccuino e macchina
fotografica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Marcela Perich, Umago
(PL) 11.4.1940, esule a Buenos Aires (Argentina) Post in Facebook del 19
ottobre 2022. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Armida Villio, Fasana
(PL) 1933, esule a Grado (GO), int. a Gorizia del 1° ottobre 2023.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieElvfeJA1tZuFZ0jezwKwkLRiWgNxwrHcaB_iAcS044KtL4J0Zbk6rx6OopfpxLWGRDe2LwNile1ppCLsy9OIh__ycyhl-xJSEEl6DhG1QhAtuRDAEDcHKd-IQbtesMp_Xe1USi0dC8uOj3QGBytY1C7hwmZ-See3qxexkUkJTsdWpqcfrljo8mh6TrfB/s972/Marcela%20Perich%20con%20Gianni%20sx.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="729" data-original-width="972" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieElvfeJA1tZuFZ0jezwKwkLRiWgNxwrHcaB_iAcS044KtL4J0Zbk6rx6OopfpxLWGRDe2LwNile1ppCLsy9OIh__ycyhl-xJSEEl6DhG1QhAtuRDAEDcHKd-IQbtesMp_Xe1USi0dC8uOj3QGBytY1C7hwmZ-See3qxexkUkJTsdWpqcfrljo8mh6TrfB/s320/Marcela%20Perich%20con%20Gianni%20sx.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'istriana Marcela Perich, al centro, con Gianni a sinistra in Argentina</td></tr></tbody></table><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La
famiglia Giobbe di Fasana esule a Gorizia e in Argentina</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
- Nell'immagine sottostante c'è il ritratto in esterno a figura intera dell’emigrante istriano Giacinto Giobbe
(Fasana 1935) il giorno della sua cresima (il primo seduto a destra) assieme ad
un gruppo di parenti, tra i quali si riconosce sua mamma Marcella Coslovich
(Umago 1916), seduta al centro ed i fratelli Ferruccio (Fasana 1939) e Giovanni
Giobbe (Fasana 1938 - marito di Marcela Perich) seduti accanto alla mamma. La fotografia è scattata a
Gorizia, pochi mesi dopo l’esilio della famiglia dalla loro casa natale di
Fasana (Istria). Luogo e data dello scatto: Gorizia, 1947. Emigrazione,
provenienze dall’attuale Croazia, Istria, Fasana. Emigrazione, destinazioni
finali extraeuropee: Argentina, Provincia di Buenos Aires, Partido di La
Matanza, San Justo. Fonte: Ente Regionale Patrimonio Culturale della Regione
Friuli Venezia Giulia (ERPAC), Scheda F 5748, che si ringrazia per la diffusione nel blog.</span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlhpr76fZULE1a9L3yYW1oavmkdPSZF0lYCAEIZ77aM8dHBpVJbaOR0hP79YJxukzLbUFm-wl11hj6S562VhX9rIBS_bRu2ZVGOZSJ9Xiv7fCz2JNWb9VhpRhpa0hXtW9Dbic5odxc8CMCdZ5cEjzR50RzcZ_tCOTTU7mtOpDRbvQ9Kg0nKL2kxqdLrDKX/s640/ritratto%20di%20famiglia%20Giobbe%20di%20Fasana,%20esuli%20a%20Gorizia%201947.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="406" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlhpr76fZULE1a9L3yYW1oavmkdPSZF0lYCAEIZ77aM8dHBpVJbaOR0hP79YJxukzLbUFm-wl11hj6S562VhX9rIBS_bRu2ZVGOZSJ9Xiv7fCz2JNWb9VhpRhpa0hXtW9Dbic5odxc8CMCdZ5cEjzR50RzcZ_tCOTTU7mtOpDRbvQ9Kg0nKL2kxqdLrDKX/s320/ritratto%20di%20famiglia%20Giobbe%20di%20Fasana,%20esuli%20a%20Gorizia%201947.jpg" width="203" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico
dell’ANVGD di Udine. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E.
Varutti. Lettori:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Armida Villio, Alda
Devescovi (ANVGD di Gorizia), Tulia Hannah Tiervo e Sergio Satti (ANVGD di
Udine). Fotografie di Elio Varutti. Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer
e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Adesioni al progetto:
Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e la
delegazione provinciale dell’ANVGD di Arezzo. Ricerche d’archivio
all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o
ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-69079125326226318652023-09-16T00:33:00.001-07:002023-09-18T07:47:05.088-07:00Memorie del viaggio a Zara nel 2000 con 160 esuli, partiti da Mestre<p><span style="background-color: #f3f3f3;"><span face="Arial, "sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">Siamo lieti di ospitare un
articolo di Franca Balliana Serrentino per un resoconto di una visita turistica
e di sentimenti a Zara, effettuata nel 2000 da 160 esuli dalmati. La signora
Franca è la moglie dell’avvocato Pietro Serrentino (1921-2010), figlio dell’ultimo
Prefetto italiano di Zara, fucilato a Sebenico nel 1947 dai titini. Oltre alla
visita della città il gruppo si è soffermato per alcuni riti religiosi molto sentiti
dagli zaratini. La devozione mariana non si ferma alla Pasqua di Borgo Erizzo,
di antica etnia albanese, e i suggestivi rituali con cui veniva festeggiata
dalla comunità. È la festa della</span><span style="text-align: justify;"> </span><span face="Arial, "sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">Nostra Signora (“Gospa naša
- Zonja Jon”), dedicata alla Madonna di Loreto, cui è intitolata la chiesa del rione,
celebrata ancora oggi con grande afflusso popolare e con la tradizionale
processione. È un racconto nostalgico di una gita in tre pullman, partiti da
Mestre. Noi lo dedichiamo alla gioventù della parte alta di Borgo Erizzo, allontanatasi
per sempre con l’esodo. In parentesi riquadrate vi sono rare spiegazioni del
curatore. (a cura di Elio Varutti, per la redazione del blog).</span></span></p>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaU9J07Ykptt6cW6pseCd43eQoHLBbDfZhejXi-QL3nQhbbcWNl2JWbtPzkagg4Q_x3jIzO7MCigLz1lumjH3QPzG4MNKsGuBq48FY4BWqi6xOAOPerRpMzQpFi00SzWRkfYaZLIJJ9VrbfGK9yfXukGO8EfHDFgt-_LeXEcBGfmTdE5K4XsBxHA98iJls/s856/Zara%20in%20una%20pittura%20di%20Mariani.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="732" data-original-width="856" height="274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaU9J07Ykptt6cW6pseCd43eQoHLBbDfZhejXi-QL3nQhbbcWNl2JWbtPzkagg4Q_x3jIzO7MCigLz1lumjH3QPzG4MNKsGuBq48FY4BWqi6xOAOPerRpMzQpFi00SzWRkfYaZLIJJ9VrbfGK9yfXukGO8EfHDFgt-_LeXEcBGfmTdE5K4XsBxHA98iJls/s320/Zara%20in%20una%20pittura%20di%20Mariani.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Menego Mazzoni?, <i>Zara,</i> pittura, collezione Silvio
Cattalini<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il nostro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">grand-père</i> Ulisse Donati anche
quest’anno si è fatto carico di organizzare il viaggio a Zara; che fatica! [Ulisse
Donati era nato il 6 agosto 1913 a Zara e scomparve il 20 marzo 2013 a Venezia,
NdR]. In gran numero, lunedì 8 maggio di buon’ora, noi tutti partecipanti siamo
pronti ai punti di partenza alla stazione di Mestre-Venezia. Sotto una pioggia
torrenziale provvediamo, aiutati dai bravi autisti della Ditta Faresin, a
sistemare i nostri bagagli per poi salire sul pullman tutti bagnati dalla testa
ai piedi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Naturalmente le signore
a bordo brontolano pensando ai loro capelli bagnati: alla cosiddetta “messa in
piega”. Noto invece che io sto pensando ai miei piedi bagnati ed al possibile
raffreddore che mi potrebbe colpire, date le molto ore che dovrò passare in
pullman. Una volta sistemati ai propri posti incominciano i saluti: “Oh, ciao,
ci sei anche tu! E Piero?”. Questa è una domanda che mi verrà rivolta ogni
qualvolta che uno zaratino mi saluterà: quindi sempre.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Miriam Paparella,
assessore del libero Comune di Zara, provvede a fare l’appello di tutti i
passeggeri presenti leggendo i nomi dall’elenco fornitole dal bravo Ulisse,
tutto battuto a macchina ed in ordine alfabetico. Sì, sembra che ci siamo
proprio tutti! Ed alla fine si può partire anche se la pioggia continua a
cadere inesorabile, ma noi sappiamo che niente ci fermerà, arriveremo a Zara
all’ora stabilita. L’interno del pullman subito si anima ed incominciano i
chiacchierii. Sembra di essere con una scolaresca in vacanza. Chi domanda
questo, chi domanda quello. Chi chiede quanti chilometri dista Trieste, chi
quanti alla frontiera. Chi vuole essere informato sul tempo che farà a Zara.
Chi sul cambio e sul valore delle Kune, chi sul mangiare Bonkulovich. [I
dalmati erano, secondo Enzo Betttiza, buongustai o, meglio, «bonculovich» come
si diceva in quelle terre].<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dal posto di comando
del pullman veniamo informati dal nostro Ulisse, organizzatore-navigatore, che
stiamo per arrivare alla frontiera, quindi bisogna preparare i documenti.
Subito un grande aprire e chiudere borse e una guardatina alla fotografia del
proprio documento: “Eh, gli anni passano!”<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Prima sorpresa del
viaggio, il nostro bravo assessore Miriam, sempre perfetta, questa volta ha
dimenticato i documenti personali. “Oh, non è possibile, guarda bene</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">–
dice qualcuno – Zitti, zitti, non fate confusione, lasciate che Miriam guardi
bene”. Ogni zaratino in quel momento era disposto a dividere il suo di
documento, anche a pagare una gabella, purché servisse a far passare la nostra
Miriam. Ma no, niente da fare. L’assessore deve scendere dal pullman e
ritornare con i propri documenti – impresa ardua, ma non difficile conoscendo
Miriam. Per fortuna con noi è rimasta un’altra autorità di questo Comune: il “Ministro
degli Esteri, onorevole Pitamitz”. Il pullman riparte e questa volta l’unico
rumore che si sente è quello del motore. Gli zaratini sono tutti in silenzio:
cosa assai rara!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I nostri occhi
continuano a guardare dai finestrini. Finalmente il cielo è più azzurro, la
costa e il mare sono clami. Tutto prosegue come da programma. Sosta a Buccari,
panini, caffè e quant’altro: tutto bene. La nostra attenzione è sempre
catturata da questo meraviglioso mare e dalla costa dura ed accogliente alo
stesso tempo. Notiamo che qualche lavoro di sistemazione della strada percorsa
due anni or sono è stato fatto e ci sentiamo più sicuri. Lara è più vicino e i
tre pullman corrono uno di seguito all’altro. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Finalmente, verso le
ore 18, si leva una voce per avvertirci che siamo in arrivo a Zara.
Immediatamente tutti i passeggeri si alzano in piedi e vengono abbagliati da un
sole infuocato. Ulisse chiede all’autista di fare un giro della città per farci
ammirare il tramonto. Per tanti viaggiatori è un tramonto che non vedono da più
di 55 anni. Mi vengono in mente le parole di Piero: “Vedrai Franca, i tramonti
di Zara sono più belli di quelli sul Bosforo”. Devo ammetterlo anche questa
volta Piero aveva ragione. Il mare, la città, le palme, le barche, il cielo,
tutto è un colore arcobaleno: azzurro, rosa, rosso, arancione, il buon Dio non
si è risparmiato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tutti noi siamo senza
parole e all’interno del pullman regna un rispettoso silenzio. Finalmente
approdiamo all’Hotel Kolovare, dove ognuno di noi viene adeguatamente
sistemato. Ulisse ha scelto bene, come sempre. Ormai è fatta: siamo a Zara,
dove ci attendono giorni molto intensi. Tutti hanno molte cose da rivedere, tanti
posti da rivisitare e doni da consegnare a parenti ed amici. È un ritornare…
con il cuore in gola.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’indomani mattina,
dopo un’abbondante colazione e tanti, tanti saluti – finalmente tutti i 160
zaratini sono insieme e le loro voci si sentono tutte – la nostra prima
mattinata è dedicata ai nostri Cari Defunti. Davanti al Cimitero c’è un certo
fermento, ad attenderci troviamo il nostro Vanni Rolli con Donna Vittoria [Maria
Vittoria Barone, del Madrinato dalmatico] che vorrei ringraziare a nome di
tutti per il generoso e nobile impegno, qui lo si vede tutto, che Donna
Vittoria ed altri continuano a portare avanti senza mai lamentarsi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un caro saluto
zaratino.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Franca Balliana Serrentino</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg5FgRAGU9T4L2hjq1GBI7AFwGX3D8WixuX4QdDcnQaf3WNtYxIdVZryp0WTgHXVuXgl3-EePHmCefRJIbEGi3o3dgqeBuWOG9LiY-OcxoAr0WR-K1lo0nxS2y8WpZexQVuCLl1ZYSTVjF74mJDK8JrmlcTVHQhHVaxg-412fkYn80G8qsV_T-vvtN67xr/s914/zara%20viale%20ghisi,%20primi%20del%20'900.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="521" data-original-width="914" height="182" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg5FgRAGU9T4L2hjq1GBI7AFwGX3D8WixuX4QdDcnQaf3WNtYxIdVZryp0WTgHXVuXgl3-EePHmCefRJIbEGi3o3dgqeBuWOG9LiY-OcxoAr0WR-K1lo0nxS2y8WpZexQVuCLl1ZYSTVjF74mJDK8JrmlcTVHQhHVaxg-412fkYn80G8qsV_T-vvtN67xr/s320/zara%20viale%20ghisi,%20primi%20del%20'900.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Zara viale Ghisi, primi del '900. Collezione provata</td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Documento
originale - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Franca Balliana Serrentino, “III Maggio
zaratino (8-14 maggio 2000). Nostra Signora di Borgorizzo”, testo in Word, pp.
3.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici del curatore</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Enzo Bettiza, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Esilio</i>, Milano, Mondadori, 1999.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– Gabriella Vuxani,
“<a href="https://anankenews.it/recensione-del-libro-borgo-erizzo-scritti-dedicati-al-quartiere-albanese-della-citta-di-zara/">Recensione del libro ‘Borgo Erizzo. Scritti dedicati al quartiere albanese della città di Zara</a>”, on line dal 3 maggio 2023 su anankenews.it<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nota
di cronaca</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Non c’è più Miriam Paparella Bracali, assessore
del libero Comune di Zara in esilio. Sua figlia, Donatella Bracali, è presidente
del Comitato provinciale di Pescara dell’ANVGD.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Antonio Pitamitz, nato
a Zara il 23 agosto 1936, è deceduto nel 2022. A</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">metà del 1983,
pubblicò sulle pagine del mensile «Storia Illustrata» la prima inchiesta seria
e documentata sulle foibe e sugli eccidi commessi da partigiani italiani e
titini sul fronte orientale. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel 1982 nacque il
Madrinato Dalmatico per la Conservazione del Cimitero degli Italiani di Zara
fondato dalle donne dalmate che decisero di occuparsi delle tombe, tra le quali</span>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Maria
Vittoria Barone Rolli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti
</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">–
La redazione del blog, per il saggio presente, è riconoscente alla signora
Franca Balliana Serrentino, che vive a Jesolo (VE), per aver cortesemente
concesso, il 15 settembre<span style="color: red;"> </span>2023, la diffusione e
pubblicazione dei suoi materiali d’archivio. Si ringrazia per la collaborazione
riservata Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR) delegato
provinciale dell’ANVGD di Arezzo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note generali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Autrice principale: Franca Balliana Serrentino. Ricerca e Networking di
Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Lettori: Franca Balliana Serrentino,
assessore alle Attività promozionali del Libero Comune di Zara in Esilio, Bruno
Bonetti, Bruno Stipcevich, Claudio Ausilio e la professoressa Annalisa Vucusa
(ANVGD Udine). Aderisce il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo
giuliano dalmata, Udine e ANVGD di Arezzo. Copertina: Menego Mazzoni?, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zara</i>, pittura, collezione Silvio
Cattalini. Altre fotografie da collezioni citate nell’articolo e dall’archivio
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o
ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a
venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><span style="color: red;"><o:p></o:p></span></span></p><br /><p></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-80487438029598554802023-06-02T10:44:00.006-07:002023-06-28T23:33:58.877-07:0025 aprile 2023: Patrioti o Partigiani. Igino Bertoldi denuncia<div style="text-align: left;"><span style="background-color: #eeeeee;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Riceviamo e volentieri
pubblichiamo una lettera di Igino Bertoldi, nato a Tavagnacco (UD) nel 1926. È stato
partigiano, o meglio come scrive lui: patriota. Nomi di battaglia: </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Ercole, Bogomiro, o Ragamir. Già </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Volontario della libertà</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">, verso il 1948
è stato uno dei </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Volontari Difesa Confini
Italiani VIII</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> (VDCI-VIII). Al Bosco Romagno, in Comune di Cividale del
Friuli (UD), il 21 giugno 2015, ha ricevuto, assieme ad altri partigiani
osovani superstiti, la medaglia appositamente coniata dal Governo a ricordo del
settantesimo anniversario della Liberazione. Si ricorda che le Brigate
Osoppo-Friuli furono formazioni partigiane autonome fondate presso la sede del
Seminario Arcivescovile di Udine, il 24 dicembre 1943, su iniziativa di
volontari di ispirazione laica, socialista e cattolica. I partigiani osovani
furono spesso contrastati dai partigiani comunisti delle Brigate Garibaldi. Il culmine
delle ostilità fu l’ecidio di Porzûs, del 7 febbraio 1945, quando un centinaio
di gappisti comunisti filo-titini fucilò, o uccise barbaramente, diciassette
partigiani (tra cui una donna, loro ex prigioniera) delle Brigate Osoppo. La redazione
del blog riproduce l’intervento scritto di Igino Bertoldi, senza apportare
alcuna modifica. In parentesi riquadrate ci sono delle brevi spiegazioni. L’autore
polemizza con certi “professori” che scrivono dei fatti di Porzûs a sfondo
ideologico, persino in forma romanzata, senza aver vissuto quei tragici momenti
ma, soprattutto, tirando l’acqua al proprio mulino. (a cura di Elio Varutti).</span></span></div><div style="text-align: left;"><span style="background-color: white; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">--<br /></span></div><div style="text-align: left;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnMFqzQB4uFUAOuA6cB8fDmbojdx1pgcBfsGo3OMrXQ4l1UkFYnOkdH8WpXunb0rbbFrNQq13XpYErF7yMVqrhy0cL2ffIDSfrlKHJHUDAwPrYaSucEmky0lyCS-EWW2PjJHg6ObFll-r_5-LPLkE-GXN29CBaBgF1VuwhzRhLDp0dooE4wcINu8Sp4g/s3968/IMG_0468%20Ercole%20patriot.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2281" data-original-width="3968" height="184" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnMFqzQB4uFUAOuA6cB8fDmbojdx1pgcBfsGo3OMrXQ4l1UkFYnOkdH8WpXunb0rbbFrNQq13XpYErF7yMVqrhy0cL2ffIDSfrlKHJHUDAwPrYaSucEmky0lyCS-EWW2PjJHg6ObFll-r_5-LPLkE-GXN29CBaBgF1VuwhzRhLDp0dooE4wcINu8Sp4g/s320/IMG_0468%20Ercole%20patriot.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Igino Bertoldi</td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Sono andato a sfogliare
il vocabolario Zingarelli per verificare l’esatto significato dei due termini. </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-bidi-font-style: normal; text-align: justify;">Patriota</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">: chi ama la patria e lo
dimostra lottando e sacrificandosi per essa. </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-bidi-font-style: normal; text-align: justify;">Partigiano</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">: fautore, seguace o difensore di una parte o di un
partito.</span></div><div style="text-align: left;">
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nella grande confusione
di stampa e manifestazioni, grandi interventi, grandi discorsi per dimenticare
la verità dei fatti che noi combattenti osovani abbiamo dovuto sostenere. Non mi
rincresce rivangare la storia che ci ha coinvolti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bandiere rosse,
berretti con la stella rossa (di Tito), camice rosse… viste a Udine! questa la
piazza del 25 aprile! Non si parla di foibe, semmai si negano, non si parla di
Porzûs, semmai lo si riduce a uno scontro fra fazioni avversarie!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ma poi quelli “nati
dopo” gli eventi e che la storia l’hanno vista sui giornali o sui libri di
parte dicono: “Dobbiamo parlare di più con i giovani e raccontare loro i valori
della storia”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ma di che storia,
questi “nati dopo”, possono parlare ai giovani? Possono parlare per sentito
dire o per aver letto notizie di una parte, o di partiti sulla carta stampata. Partigiani,
secondo il vocabolario Zingarelli!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Noi, invece, testimoni
dei fatti, fortunatamente ancora viventi, patrioti, siamo qui a testimoniare
ciò che abbiamo vissuto sulla nostra pelle e ci sentiamo preoccupati del fatto
che questi “nati dopo” vogliano raccontare ai giovani una storia che noi
abbiamo fatto e che loro, senza alcun merito e soprattutto senza alcuna
cognizione di causa vogliono tramandare come verità.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Noi non possiamo
dimenticare le grida di dolore degli abitanti di Nimis, Faedis, Attimis e
Barcis, paesi bruciati per rappresaglia agli atti di qualcuno che aveva gli
obiettivi da raggiungere, incurante delle sofferenze della povera gente!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Non possiamo e non
vogliamo dimenticare il terrore di quelle persone che si sono trovare nella
lista che i “Compagni” dovevano eliminare perché non la pensavano come loro! Il
mio nome e quello di mio padre era su quella lista!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Erano tre le dittature
nel conflitto: due vennero sconfitte, la terza risultò vincitrice e, in
seguito, si persero i territori della Dalmazia e dell’Istria. i comunisti
locali si fecero forti della vittoria. A noi non rimanevano che due scelte: o
lasciarsi sottomettere o reagire. Con l’aiuto degli alleati abbiamo reagito non
accettando la nuova dittatura, mettendo a repentaglio la nostra vita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Diversi gruppi
minacciavano i nostri territori e noi osovani: i fascisti, i “Diavoli Rossi”,
il IX Corpus di Tito e i GAP, la Garibaldi e il Partito Comunista: dico a voi
che andate sulle piazze alzando la voce come nuovi profeti depositari della
verità, ma la realtà era quella.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Chi furono i veri
resistenti? Noi Volontari della Libertà che abbiamo penato fino al ’48 quando
con elezioni libere vinse la democrazia. Però restava ancora un problema: non c’era
esercito italiano in Friuli e noi ragazzi ci siamo offerti come volontari per
la difesa dei confini orientali d’Italia. Il comunismo forte si era già impadronito
della Slovenia, Dalmazia, Istria e il Friuli era molto appetibile.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il sangue dei nostri
martiri ci spronò e con grande forza abbiamo resistito. Fermi sulla linea del
fuoco. Con noi anche ufficiali e alpini della Divisione Julia. Una verità
storica che però i “Compagni” hanno cercato di nascondere con ogni mezzo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel ’54 l’esercito
italiano era pronto ad entrare a Trieste e gli alleati ci aiutarono a
costituire la “Gladio”, sentinella fra i due blocchi. Vorrei rammentare al <i style="mso-bidi-font-style: normal;">professore</i> l’incontro di Campoformido:
dopo due ore di lezione, per dimostrare le falsità su Porzûs con pochissime
parole del mio intervento è fuggito andando a nascondersi in mezzo ai suoi
compagni del pubblico.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Porzûs era un avamposto
di confine tenuto da patrioti osovani, comandato da un ex ufficiale degli
alpini del Battaglione Tirano, Francesco De Gregori, con lo scopo di impedire a
Tito di impadronirsi del nostro Friuli. Ora ho visto di nuovo il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">professore, </i>non più con filmati ma con
libri romanzati e trattati filosofici per coprire la verità: il sangue e il valore
dei nostri martiri non si tocca. A proposito della Turchetti [Elda], splendida
ragazza uccisa nell’eccidio di Porzûs, a Povoletto l’hai decantata, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">professore</i>. In realtà fu usata come una
doppia esca. La prima: ai gappisti risultava essere una spia tedesca, “ve la
portiamo a giudicare”, così salirono e controllarono il posto. Pochi giorni
dopo fecero il colpo. La seconda: “siamo saliti a fare giustizia perché avevate
una spia tedesca”. Esecuzione a sangue freddo. 120 gappisti contro 20 osovani. Ecco
caro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">professore</i> come si sono svolti i
fatti!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pasolini [Guido], uno
dei martiri di Porzûs, al Bosco Romagno: due giorni sotto i cadaveri dei
compagni denudati e uccisi a randellate perché non si dovevano riconoscere i
corpi, né sentire i colpi delle armi da fuoco nel vicino abitato. Pensavano di
averlo colpito a morte, ma rinvenne e fuggì. Venne ritrovato ai Quattroventi [frazione
di Corno di Rosazzo, UD]. In questo luogo una signora lo accompagnò, credendo
di fare del bene, proprio in mano ai “Compagni” gappisti che lo uccisero con un
colpo di piccone, dopo avergli fatto scavare la fossa!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ecco <i style="mso-bidi-font-style: normal;">professore</i>, la storia che lei vuole
romanzare è un racconto non di uomini, ma di belve feroci. Ecco perché non
possiamo parlare né di perdono, né di riconciliazione. Se lei avesse letto di
Tarcisio Petracco, edito da Ribis e anche “Il ribelle” del professor Nilo D’Osualdo
edito da Gaspari, forse non sarebbe ricaduto in simili leggerezze. Tarcisio
Petracco e Nilo D’Osualdo erano mei compagni d’arme: la nostra divisa era il
cappello alpino e il fazzoletto verde, in battaglia non portavamo bandiere rosse
o bandiere con la stella rossa, ma portavamo il tricolore italiano: eravamo
patrioti osovani!.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cavaliere Igino
Bertoldi. Nome di battaglia “Ercole”<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">---<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
e ricerca di Elio Varutti, Docente di “Sociologia del ricordo. Esodo giuliano
dalmata” – Università della Terza Età (UTE), Udine. Networking a cura
Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Marco Birin. Copertina: Igino
Bertoldi, 2023. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione
sull'esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni private citate
nell’articolo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtRAxiY9xHljPDpG8VJcIEFwBDYn6ZsVYOmw6hq-YyRnxTKOp9_MEkcgS5Pqb2IJ32EKOWYdkrvN2ZwPFJY5Fo3Vjr8Nuk3XmiUM4tv35QcMzFWfzqz07OeI-VrLi1zJNLm9nPU5OchEWl1XpDQo1M2MnfmT3KNaARyEUH1TGfwEB-dewzp5VS4Fjz9Q/s1600/foiba%20di%20norma%20cossetto.jpg"><img border="0" data-original-height="1163" data-original-width="1600" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtRAxiY9xHljPDpG8VJcIEFwBDYn6ZsVYOmw6hq-YyRnxTKOp9_MEkcgS5Pqb2IJ32EKOWYdkrvN2ZwPFJY5Fo3Vjr8Nuk3XmiUM4tv35QcMzFWfzqz07OeI-VrLi1zJNLm9nPU5OchEWl1XpDQo1M2MnfmT3KNaARyEUH1TGfwEB-dewzp5VS4Fjz9Q/s320/foiba%20di%20norma%20cossetto.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La
foiba di Norma Cossetto 1943</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">, collage su cartone,
cm 23 x 31, 2015. Gruppo di studio sull'Ultimo Risorgimento, Gruppo creativo
interclasse per l’inclusione dei soggetti diversamente abili e classe 4^ C Enogastronomia, anno scolastico 2014-2015:
allievi Gianfranco D.A. ed altri cinque. Coordinamento a cura dei professori
Maria Carraria (Italiano e Storia), Elio Varutti (Diritto e Tecniche
Amministrative della Struttura Ricettiva).
Dirigente scolastico: Anna Maria
Zilli. Istituto Statale d'Istruzione Superiore "B. Stringher" Udine.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p><span style="background-color: #eeeeee;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"></span></span></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-43182222622407822022023-04-02T07:25:00.003-07:002023-06-02T07:27:40.720-07:00Antonio e Antonietta di Valle d’Istria tra esodo, Crp di Laterina, Torino e ritorno in terra avita<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“Son venuta via da
Valle nel mese di agosto 1949 – ha detto Antonietta Manzin – poi ci hanno
tenuto 2, o 3 giorni al Campo profughi del Silos di Trieste, siamo passati per
Udine con destinazione al Centro raccolta profughi di Laterina, in provincia di
Arezzo, dove siamo rimasti fino al 1951”. Quanti eravate a partire?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Eravamo in undici – è
la risposta – mio papà Giovanni, suo padre, mia mamma Domenica, mio fratello
Feliciano sposato con moglie e un bimbo, oltre agli altri miei fratelli:
Marina, Francesco, Faustino e Antonietta”. Com’era la vita nelle baracche del
Crp di Laterina?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglnQW3gQKRX5WyqdcJH1Z0klw-AeWDvxPjlAjEd1m2FMKKbv7Ez_TPFKj15ztuPqnlSWXSiyWfJSAxJHIDS785dy3_QtlQvjlMSZnL0dTgYzxL_zrKH2hbuyPS7a8Yk6kmnuXIDHvn_NP7JtR3dZw7KqHXq8l_DUOvCJe3-R9PLNA6mYAO2g62_Xjneg/s823/anno%201950_prima%20comunione%20Antoniet%20Manzin%20don%20Pasquale%20Cacioli.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="516" data-original-width="823" height="201" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglnQW3gQKRX5WyqdcJH1Z0klw-AeWDvxPjlAjEd1m2FMKKbv7Ez_TPFKj15ztuPqnlSWXSiyWfJSAxJHIDS785dy3_QtlQvjlMSZnL0dTgYzxL_zrKH2hbuyPS7a8Yk6kmnuXIDHvn_NP7JtR3dZw7KqHXq8l_DUOvCJe3-R9PLNA6mYAO2g62_Xjneg/s320/anno%201950_prima%20comunione%20Antoniet%20Manzin%20don%20Pasquale%20Cacioli.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">Primia
comunione di Antonietta Manzin, a
sinistra di Mons. Emanuele Mignone, vescovo di Arezzo, con don Pasquale Cacioli
vicino alla Chiesa del Crp di Laterina, 13 maggio 1950. Collezione famiglia
Barbieri Manzin.</span></td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">“Soffrivano tanto gli
adulti – ha spiegato Antonietta Manzin – noi bambini, io sono nata nel 1941, si
giocava insieme, si andava a scuola, mi ricordo che tutte le mattine ci davano
una pastiglia di olio di fegato di merluzzo, ma alcuni miei compagni di classe
la buttavano sul fuoco, così nell’aula baracca c’era una puzza che arrivava dalla
stufa. La mia famiglia stava nella baracca n. 5, avevamo le brande in ferro
beh, erano pochi metri di spazio per 11 persone”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’olio di fegato di
merluzzo negli anni ’50 era un rimedio contro il rachitismo. Dopo il 1951 siete
andati in qualche altro Campo profughi? “Certo, in quello di Torino fino al
1956 circa – ha replicato – in via Veglia 44, dove per dormire c’erano le
tavole, i pagliericci e… le cimici, allora mia madre ha avvertito e sono venuti
a disinfestare tutto poi, per fortuna, sono arrivati i nostri materassi, così
si stava meglio”. Ho sentito dire che gli istriani sono abituati ai campi
profughi sin dalla Grande Guerra; è possibile?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Beh insomma! Le dirò
che mia mamma, nel 1915, è stata internata a Wagna, in Stiria, con la sua
famiglia – ha aggiunto Antonietta Manzin – là è morta la madre di mio nonno,
che si chiamava Domenica Fabris, poi certi miei parenti, due uomini invalidi,
dopo la seconda guerra mondiale, sono stati destinati al Centro raccolta
profughi di Termini Imerese, presso Palermo, dove è morto lo zio Giuseppe
Barbieri. Era il fratello di Domenica Barbieri”. Ho sentito parlare anche di emigrazione istriana in Argentina. Che
cosa sa?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirmCQw3Pu9hB6F25QjQv9mINsZ9dUpKFMN2ODmnYHx1wrDihNsmzBbzvXZlK0yFbbn2TflHxe2ILivkfsY0pJDhtN4xI4CQd5TVeihulGCOoAbaQuaJ1kv-6tXsHbDPNjgcyUXRxXsCm2t-WJaLg6wHLj28UQvSzJ3VcMqVbMOnrjeug2piec3acoxvQ/s333/Bambini,%20Antonella%20Barbieri_Laterina%201950.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="333" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirmCQw3Pu9hB6F25QjQv9mINsZ9dUpKFMN2ODmnYHx1wrDihNsmzBbzvXZlK0yFbbn2TflHxe2ILivkfsY0pJDhtN4xI4CQd5TVeihulGCOoAbaQuaJ1kv-6tXsHbDPNjgcyUXRxXsCm2t-WJaLg6wHLj28UQvSzJ3VcMqVbMOnrjeug2piec3acoxvQ/s320/Bambini,%20Antonella%20Barbieri_Laterina%201950.jpg" width="320" /></a></td></tr></tbody></table><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bambini al Crp di
Laterina, 1950. Collezione di Antonella Barbieri.<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">“Sì, mio papà nel 1922
andò a lavorare in Argentina per otto anni – ha detto la signora Manzin – così,
quando è ritornato in Istria, nel 1930, ha comprato dei terreni e lavorava
sodo. Dopo il 1947, abbiamo perso tre case e 65 ettari di campi coltivabili
perché ce li hanno nazionalizzati gli jugoslavi e nessuno ci ha mai risarcito i
beni perduti. Siccome c’era poco lavoro a Torino mio papà, verso il 1953, è
tornato ad emigrare in Argentina per qualche tempo”. Signora Antonietta, lei
parla in dialetto istriano?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Sì, ma mio marito
Antonio, per scherzo – ha concluso – dice che parlo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">istrian in cichera</i>, per intendere che lo parlo poco ben”. Com’era
la vita in Istria dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Al tempo del Ribalton
– ha risposto Antonio Barbieri, marito della signora Antonia Manzin – c’era
poca acqua in paese perciò, con mio papà Antonio, si andava a prenderla coi
carri e le botti al Palù e vedevamo tanti militari italiani sbandati, che
domandavano i vestiti ai contadini in coda per l’acqua, così alla fine della
giornata i vallesani vestivano delle belle divise da ufficiale o di truppa
italiane. Poi ho visto una trentina di soldati italiani sulla riva che volevano
raggiungere la costa opposta e undici di loro si sono messi a nuotare, peccato che
in linea d’aria c’è il Delta del Po a 120 km, o oltre 60 miglia nautiche,
perciò saranno tutti morti”.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sa di
qualche uccisione nelle foibe da parte titina?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b style="text-align: left;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Carabinieri gettati nella foiba - </span></b>“Sì, in Istria ho visto
portare via dai partigiani titini – ha replicato Barbieri – sei carabinieri e
il loro maresciallo, che mi pare si chiamasse Doto, era di Bergamo, li hanno
portati a morire nella foiba dei Ronchi, in quella stessa cavità facevano il
nido i colombi, ma i cacciatori non sono più tornati a sparare ai volatili,
perché là c’erano i morti”. Signor Antonio, quando è venuto via dall’Istria?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOH6Ax9-_Wc7h92th4zmsH_yyajovzYgcACTdkVlQ0l6NrP78cDIAo2pJiae_0R0yztZgaAdyxVbOrzz3_7REvPrr7kS71LLs9zJYhbHWQgJYbuH2jVuCRrUdlyDE7grncmFDNxjOo3In2CMl1BH__1mj8Bq2I-T-RLlLO3aw1pg3Al92T8gM9h8ESKQ/s821/anno%201951_prima%20comunione_mamma%20di%20%20Antonella%20Barbieri_01.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="532" data-original-width="821" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOH6Ax9-_Wc7h92th4zmsH_yyajovzYgcACTdkVlQ0l6NrP78cDIAo2pJiae_0R0yztZgaAdyxVbOrzz3_7REvPrr7kS71LLs9zJYhbHWQgJYbuH2jVuCRrUdlyDE7grncmFDNxjOo3In2CMl1BH__1mj8Bq2I-T-RLlLO3aw1pg3Al92T8gM9h8ESKQ/s320/anno%201951_prima%20comunione_mamma%20di%20%20Antonella%20Barbieri_01.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">Processione
al Crp di Laterina, Don Angelo Matteini è vicino all’icona sacra e don Pasquale
Cacioli tra le bambine. Si notino gli altarini sulla parete delle baracche (non
intonacate) con addobbi vari oltre ai candidi vestiti da prima comunione in
onore della Madonna, 1951. Collezione famiglia Barbieri Manzin.</span></td></tr></tbody></table><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">“Son venuto via nel
1963 col passaporto da emigrante – ha aggiunto – dopo aver fatto un anno di
prigione a Zagabria per renitenza alla leva jugoslava, dato che avevo provato a
uscire nel 1958 con altri ragazzi, ma mi hanno preso al confine con Muggia, mi
hanno sbattuto a fare il militare a Skopje, fino in Macedonia, poi in Italia mi
son fatto il Campo profughi di San Sabba a Trieste, dove facevo da interprete
per tanti altri fuggitivi e, infine, a Torino, presso dei parenti”. Siete mai
tornati in Istria?</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Sì, certo, pur di
stare in Istria – ha ribattuto Antonio Barbieri – ci siamo ricomprati una casa
a Valle, veniamo via da là a dicembre e ci ritorniamo a marzo, o aprile,
malattie permettendo. C’erano tante ingiustizie in Jugoslavia, ci facevano il
lavaggio del cervello. Mi ricordo che, finita la scuola a Valle, avrei dovuto
andare a Rovigno, ma i primi in graduatoria erano i figli degli iscritti al
partito, o dei burocrati jugoslavi, così sono stato escluso perché ero orfano
di guerra <i style="mso-bidi-font-style: normal;">italiano</i>”. Però, non sapevo
della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pulizia etnica scolastica</i>. Si
ricorda qualcosa di Pola? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Abitavo a pochi
chilometri da Pola, andavo a prendere il pane a Pola a piedi negli anni ’40 e
‘50, ma ho saputo della strage di Vergarolla solo alcuni anni fa. Avevo tanta
confusione. Non si sapeva nulla. Ho sofferto molto. A sette anni, in Istria,
seminavo in campagna i ceci, la fava e il granoturco con i miei familiari, poi
ho lavorato come elettricista alla Fiat al Lingotto”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">A conferma delle fughe
di italiani e di persone d’altra etnia dalla Jugoslavia, negli anni 1957-1960,
ecco cosa dice un’altra fonte. “Ricordo che abitavo vicino al Centro
smistamento profughi di via Pradamano a Udine, che accolse oltre 100 mila esuli
– ha detto Carlo Dilena – e alla fine degli anni ’50 sapevamo che ospitava
certi fuggiaschi jugoslavi anticomunisti, oltre ai profughi d’Istria, Fiume e
Dalmazia, i bambini dei quali giocavano vicino al mio cortile”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmE3Vl6mAwO3wuI29CP-2PUbN5AiAjIsZLGocozNyrTddgmfCnosiskf_h40_-Odi4DAahd2WUZEPO7FIAK6bBFs0uYwUPa3oV6gvb_OZX2cti5lRlPBScZpfyaZ7FH1MAoEMSUe8ULwvCXg0wmUAus3OuXuCbD_0ByXMlBp6-1WXciOP77Aov2mSYcw/s820/anno%201950_prima%20comunione_mamma%20di%20Antonella%20Barbieri_03.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="820" data-original-width="523" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmE3Vl6mAwO3wuI29CP-2PUbN5AiAjIsZLGocozNyrTddgmfCnosiskf_h40_-Odi4DAahd2WUZEPO7FIAK6bBFs0uYwUPa3oV6gvb_OZX2cti5lRlPBScZpfyaZ7FH1MAoEMSUe8ULwvCXg0wmUAus3OuXuCbD_0ByXMlBp6-1WXciOP77Aov2mSYcw/s320/anno%201950_prima%20comunione_mamma%20di%20Antonella%20Barbieri_03.jpg" width="204" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Laterina, Centro raccolta profughi. Prima comunione di Antonietta Manzin, 1950</td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Dalla collezione della
famiglia Barbieri Manzin si sa che, come è scritto nel </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Libretto del Crp di Laterina,</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> il nonno dell’intervistata si
chiamava Antonio Barbieri, figlio del fu Antonio e di fu Domenica Fabris, vedovo e con
casa in via S. Nicolò 5. Egli è nato a Valle d’Istria il 20 settembre 1874. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ha la qualifica di: </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">profugo giuliano.</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> Ha esercitato il diritto d’opzione come dal
decreto dell’Autorità Jugoslava n. 48.241 del 9 ottobre 1948. Ha richiesto ed
ottenuto dal Consolato italiano di Zagabria il passaporto provvisorio (di sola
andata) n. 18.234 in data 31 marzo 1949. Con i familiari è stato rimpatriato
(in treno) via Monfalcone il 26 luglio 1949, come emerso dal racconto dei
testimoni. Tale Antonio Barbieri, del 1874, pur possedendo il citato </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Libretto del Crp di Laterina,</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> con tanto
di sussidi ricevuti tra il 1952 e il 1953, non è segnato nell’</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Elenco alfabetico profughi giuliani</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> del
Comune di Laterina. Ciò significa che i documenti d’archivio talvolta non sono
esaustivi, non contengono cioè tutti i nomi dei profughi passati al Crp, come
sostiene Claudio Ausilio. Sono 4.693 i nominativi riportati nel suddetto </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Elenco, </i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">considerate pure due
cancellature, ma il totale delle persone transitate tra quelle baracche è di
oltre 10 mila unità, secondo altre ricerche svolte nell’Archivio di Stato di
Arezzo nel 2021 (vedi: Bibliografia).</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Da ultimo si nota che
il nominativo di vari Manzin compare nell’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Elenco
alfabetico profughi giuliani</i> del Comune di Laterina, al fascicolo n. 369 e
risultano usciti dal Crp il 27 aprile 1951 per Torino. C’è Andrea Manzin,
nonno della signora Antonietta. Come pure c’è qualche nominativo dei Barbieri,
ma non Antonio, classe 1874, di cui i discendenti possiedono il suo citato</span>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Libretto del Crp di Laterina</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">.
La scolara Antonietta Manzin compare, inoltre, nel registro della scuola
elementare del Campo profughi di Laterina. È nella classe 2^ A mista, nell’anno
scolastico 1949-1950, condotta dalla maestra Emma Vannelli Cassioli con 30
iscritti e 25 frequentanti provenienti da Fiume, Pola e Zara. La buona notizia
è che furono tutti ammessi agli esami finali e poi promossi con molti bei voti.
Sempre la giovane Antonietta Manzin risulta, infine, cresimata nella chiesa del
Campo profughi da Monsignore Emanuele Mignone, vescovo di Arezzo, con don
Pasquale Cacioli parroco, il 13 maggio 1950, in base alla relativa rubrica
della Parrocchia dei Santi Ippolito e Cassiano, Laterina (APLa).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-IrWwTgmlEDKzyklDC49aoI5jaxaq9OWAuiSXzOpTnm54Foo06bWzIrIc_AG0hU60rR8ZS7eMUEc9zbaGV5qFzbIsoyTGbh5iyNa2YamuKaMzhw8WlPXoNDEUSqapYLdw6ALYBTS476aDnKorZoq90OX2WiOMclthxgNxMVI4ZHkGcdNCmom0lomwEw/s554/Donne%20della%20famiglia%20Manzin%20al%20Crp%20di%20Laterina%201950.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="554" data-original-width="386" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-IrWwTgmlEDKzyklDC49aoI5jaxaq9OWAuiSXzOpTnm54Foo06bWzIrIc_AG0hU60rR8ZS7eMUEc9zbaGV5qFzbIsoyTGbh5iyNa2YamuKaMzhw8WlPXoNDEUSqapYLdw6ALYBTS476aDnKorZoq90OX2WiOMclthxgNxMVI4ZHkGcdNCmom0lomwEw/s320/Donne%20della%20famiglia%20Manzin%20al%20Crp%20di%20Laterina%201950.jpg" width="223" /></a></td></tr></tbody></table><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Donne e bimbi al Crp di Laterina, 1950</td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">: per la gentilezza riservata all’indagine
storica si ringraziano le seguenti persone, intervistate da Elio Varutti il 18
marzo 2023 al telefono, con contatti preparatori di Claudio Ausilio, la
collaborazione di Antonella Barbieri e le sue e-mail del periodo 17 marzo-1°
aprile 2023 allo scrivente, se non altrimenti indicato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Antonio Barbieri,
Valle d’Istria 1938, vive a Torino e a Valle d’Istria (oggi Croazia). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Carlo Dilena, Udine
1952, int. del 19 marzo 2023 a Udine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Antonietta Manzin in
Barbieri, Valle d’Istria 1941, esule a Torino e soggiorna a Valle d’Istria.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezione
privata</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Famiglia Barbieri Manzin, fotografie, Libretto
del Crp di Laterina e documenti di famiglia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Archivi
consultati</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> - La presente ricerca è frutto della collaborazione
fra l’ANVGD di Arezzo e il Comitato Provinciale dell’ANVGD di Udine. La
consultazione e la digitalizzazione dei materiali d’archivio aretini è stata
effettuata nel 2015 e 2022 a cura di Claudio Ausilio. Per la collaborazione
riservata si ringraziano don Mario Ghinassi, parroco di Laterina nel 2015,</span>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">gli
operatori e le autorità del Comune di Laterina e dell’Istituto Comprensivo
“Francesco Mochi” di Levane (AR),<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Comune di Laterina
(AR), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Elenco alfabetico profughi giuliani</i>,
1949-1961, pp. 1-78, ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Istituto Comprensivo
“Francesco Mochi” di Levane (AR), Comune di Laterina, Scuole elementari,
Direzione Didattica di Montevarchi, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Registro
degli scrutini e degli esami, Scuola di Campo Profughi, Classe 2^ diretta
dall’insegnante Emma Vannelli Cassioli</i>, anno scolastico 1949-1950, pp. 12,
stampato e ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Parrocchia dei Santi
Ippolito e Cassiano, Laterina (APLa), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Laterina
CRP Cresimati dal 1950 al 1962, Attestati di cresima vari 1949-1957</i>,
Lettere, dattiloscr., stampati e ms.<o:p></o:p></span></p>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBZz-DvAH8ttDLk9CZ54W-_KeJqXzTBKP2tq3BkgiYg7ZcW2jJtuPIjTUTBmHUdtpQjN4eRqBjHaBPBD9Hcuq-kr5l7dGo1H6Ni0jXVvPZjq4UdkFgNokoD828wG28t6IuIRG5KhaE8z8nDkDkXLxn870dPaMRVYYk6S32_BXD5GXuxxSDszOTbUlnSg/s519/Crp%20di%20Laterina,%20foto%20di%20gruppo%20dei%20Manzin.%201950.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="379" data-original-width="519" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBZz-DvAH8ttDLk9CZ54W-_KeJqXzTBKP2tq3BkgiYg7ZcW2jJtuPIjTUTBmHUdtpQjN4eRqBjHaBPBD9Hcuq-kr5l7dGo1H6Ni0jXVvPZjq4UdkFgNokoD828wG28t6IuIRG5KhaE8z8nDkDkXLxn870dPaMRVYYk6S32_BXD5GXuxxSDszOTbUlnSg/s320/Crp%20di%20Laterina,%20foto%20di%20gruppo%20dei%20Manzin.%201950.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Crp di Laterina, foto
di gruppo dei Manzin. 1950. Collezione famiglia Barbieri Manzin.<o:p></o:p></span></p></td></tr></tbody></table>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- FABIO LO BONO, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Popolo in fuga. Sicilia terra d’accoglienza.
L’esodo degli italiani del confine orientale a Termini Imerese</i> (1^
edizione: 2016), Lo Bono editore, Termini Imerese (PA), 2018, 2^ edizione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– GIULIANA PESCA –
SERENA DOMENICI – GIOVANNI RUGGIERO, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tracce
d’esilio. Il C.R.P. di Laterina 1948-1963. Tra esuli istriano-giuliano-dalmati,
rimpatriati e profuganze d’Africa</i>, Città di Castello (PG), Biblioteca del
Centro Studi “Mario Pancrazi”, Edizioni NuovaPrhomos, 2021.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">-<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ELIO VARUTTI, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il campo profughi di via Pradamano e l’associazionismo giuliano dalmata
a Udine. Ricerca storico sociologica tra la gente del quartiere e degli
adriatici dell’esodo 1945-2007</i>, Udine, Comitato di Udine dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Udine, 2007.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– E. VARUTTI, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La patria perduta. Vita quotidiana e
testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina
1946-1963</i>, Firenze, Aska, 2021. In formato e-book dal 2022. E seconda
ristampa dal 2023.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnIfd1KcvkXm0vr3_TEmPwpUEdGkpmdfNrLP-ccuXFloiKMXG-LvhP2XVt6rcpdprH5Ujs9j4z5AVBtuyVWHzLy58O3CRo092QpLqQirVtqKSh8Yj0HbsvpkvPbjk4-nZb3XSWkGxd2jWsjAOp1VrFPt72d0LGtX0sZwSUZJmyBv0MQEHakmV8vtzsWA/s2851/IMG-20230318-WA0035%20Barbieri%20Antonio.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2095" data-original-width="2851" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnIfd1KcvkXm0vr3_TEmPwpUEdGkpmdfNrLP-ccuXFloiKMXG-LvhP2XVt6rcpdprH5Ujs9j4z5AVBtuyVWHzLy58O3CRo092QpLqQirVtqKSh8Yj0HbsvpkvPbjk4-nZb3XSWkGxd2jWsjAOp1VrFPt72d0LGtX0sZwSUZJmyBv0MQEHakmV8vtzsWA/s320/IMG-20230318-WA0035%20Barbieri%20Antonio.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px; text-align: justify;">Tessera di Antonio Barbieri (1874) dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra con fotografia e firma del titolare. È il nonno dell’intervistata e padre di Barbieri Domenica.</span></td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto
e ricerca</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> di Claudio Ausilio, delegato provinciale dell’ANVGD
Arezzo. Interviste di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro
storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio
Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Antonietta Manzin, Antonio Barbieri,
Antonella Barbieri, Claudio Ausilio, professor Stefano Meroi (Udine). <b>Copertina</b>:
Prima comunione di Antonietta Manzin, a
sinistra di Mons. Emanuele Mignone, vescovo di Arezzo, con don Pasquale Cacioli
vicino alla Chiesa del Crp di Laterina, 13 maggio 1950. Collezione famiglia
Barbieri Manzin.<span style="color: red;"> </span>Adesioni al progetto: ANVGD di
Arezzo e Centro studi, ricerca e documentazione sull'esodo giuliano dalmata,
Udine. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o
ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30. Presidente
dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti.
Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVvSHXcBIQnCo_zCC2tJGpubqTfy-ezNdT_FdoQhuvuVGcrS0JFzU_qPMBtHGRBnE_5EiRVImmldxRBjfNJNA3YRh0kiLnt3oAOFzD-bOL8pPBkgACvcxnvlMaLaxOLLxfJUVHR68XarukAqbX9tNIUbNauRH2nDsBtVobYwcRwPlDOjFbOR8X8kvgaw/s3351/IMG-20230318-WA0029.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2150" data-original-width="3351" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVvSHXcBIQnCo_zCC2tJGpubqTfy-ezNdT_FdoQhuvuVGcrS0JFzU_qPMBtHGRBnE_5EiRVImmldxRBjfNJNA3YRh0kiLnt3oAOFzD-bOL8pPBkgACvcxnvlMaLaxOLLxfJUVHR68XarukAqbX9tNIUbNauRH2nDsBtVobYwcRwPlDOjFbOR8X8kvgaw/s320/IMG-20230318-WA0029.jpeg" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Libretto del Campo
profughi di Laterina intestato al <i style="mso-bidi-font-style: normal;">profugo
giuliano</i> Antonio Barbieri, classe 1874. Collezione famiglia Barbieri
Manzin.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7ohPCKnd5chVLwkvUNYXC6JDkUdCQL5kv7QNZsB6wYdV1Rb9uHkdFSxi8l4tq1-GoE1l2T8XMA1TfIb0Fc5YLlZEoz3aCfW9Flq9hI1JMaX8XE7lY0Zt8D_RgYQ2rqctag7N8rGgJfXGt-pVHz20J_NNxn6k1wQEoCaVIeCsLyT8YqO146GtXkfXzPg/s3229/IMG-20230318-WA0038.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2152" data-original-width="3229" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7ohPCKnd5chVLwkvUNYXC6JDkUdCQL5kv7QNZsB6wYdV1Rb9uHkdFSxi8l4tq1-GoE1l2T8XMA1TfIb0Fc5YLlZEoz3aCfW9Flq9hI1JMaX8XE7lY0Zt8D_RgYQ2rqctag7N8rGgJfXGt-pVHz20J_NNxn6k1wQEoCaVIeCsLyT8YqO146GtXkfXzPg/s320/IMG-20230318-WA0038.jpeg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pagine interne del <i>Libretto del Campo profughi di Laterina</i>
intestato al profugo giuliano Antonio Barbieri,</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">coi sussidi
ricevuti tra il 1952 e il 1953. Collezione famiglia Barbieri Manzin.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMSz7ErOAWcK9kqEEodx53nGy0b281JM9m5wn67iOE98pSBYKHwKHI0JsP4MnE1VH48_llJ2Bq2JumsFnrsupBTzXPWS6iUZGjfU0Sbdv7fp9JCxgr3y25Qk4o_s8vGyu_MFeGfXCoiFvzfadC6qU_IEKd8kzIbCgRIYtt9I-NrlnSE95hiO_iDFtJGw/s1616/WhatsApp%20Image%20Barbieri%20Giuseppe.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1616" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMSz7ErOAWcK9kqEEodx53nGy0b281JM9m5wn67iOE98pSBYKHwKHI0JsP4MnE1VH48_llJ2Bq2JumsFnrsupBTzXPWS6iUZGjfU0Sbdv7fp9JCxgr3y25Qk4o_s8vGyu_MFeGfXCoiFvzfadC6qU_IEKd8kzIbCgRIYtt9I-NrlnSE95hiO_iDFtJGw/s320/WhatsApp%20Image%20Barbieri%20Giuseppe.jpeg" width="214" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Passaporto provvisorio
di Giuseppe Barbieri emesso il 31 marzo 1949 dal Consolato italiano di
Zagabria; il profugo morì nel Crp di Termini Imerese (PA). Si noti la ricevuta del
cambio di dinari.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilH9YpCc8NiNK8BEtUnS0VH9BZ2N79OleK63WK3zsNi-u4TZhDv5iUrtsMv0RfV8M-vHSVrtn-MbNXJmJX7ZKklNfgDlO-MyftO9B2SXCRDVGwYLPFNqegNIslGn4CR3COqeFUql9ZyavopeQ-aYwBRKUToz2TE9iu2KxA7wDGQFvRo6lJlopgi6nTtg/s1340/WhatsApp%20Image%202023-03-24%20at%2009.20.07.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1340" height="258" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilH9YpCc8NiNK8BEtUnS0VH9BZ2N79OleK63WK3zsNi-u4TZhDv5iUrtsMv0RfV8M-vHSVrtn-MbNXJmJX7ZKklNfgDlO-MyftO9B2SXCRDVGwYLPFNqegNIslGn4CR3COqeFUql9ZyavopeQ-aYwBRKUToz2TE9iu2KxA7wDGQFvRo6lJlopgi6nTtg/s320/WhatsApp%20Image%202023-03-24%20at%2009.20.07.jpeg" width="320" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il santino per le Sante
Missioni e per le Quarantore al Crp di Laterina, 3-11 marzo 1951. Collezione
famiglia Barbieri Manzin.<o:p></o:p></span></p></span><p></p><div style="text-align: center;"><br /></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-59595999020482867492023-01-29T08:33:00.001-08:002023-04-19T01:22:53.894-07:00La Porporela de Zara<p><span style="background-color: #f3f3f3; font-family: georgia;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">Riceviamo e volentieri
pubblichiamo un articolo di Ulisse Donati, zaratino “<i>patoco”</i>. Inviatoci da Franca Balliana Serrentino, è intitolato “La
Porporela”. Fu da lui diffuso</span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">ai suoi corrispondenti con un
cartoncino d’auguri per le festività natalizie 2003-2004. Il vocabolo veneziano
“<i>porporèla”</i> significa “scogliera
artificiale”, ben documentato nel XVI secolo. Ha per sinonimi “<i>sesame, nafo, poto, mula, barìgola”</i> ed
altri, come ha scritto Franco Crevatin, di Trieste, in “Etimi Istriani”, pubblicato
su < academia.edu > nel web. Il vocabolo è utilizzato in altri porti
dell’Istria e della Dalmazia, per secoli “Stato da Mar” dei Dogi. Riguardo
all’etimologia, c’è un’ipotesi. La barriera frangiflutti è costituita da massi,
o conci di pietra carsica chiara, che assume facilmente i colori dell’alba e
del tramonto, rosa, rosso e rosso porpora, da cui: Porporela.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="background-color: #f3f3f3; font-family: georgia;">Nel proporre qui il
testo di Ulisse Donati, nato il 6 agosto 1913 a Zara e scomparso il 20 marzo
2013 a Venezia, si è cercato di rispettare la grafia originale del
dattiloscritto, pur sciogliendo alcune abbreviazioni. In parentesi riquadrate
si sono inserite rare note redazionali, o traduzioni in italiano dal dialetto
zaratino. A cura di Elio Varutti, per la redazione del blog.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ56_aLJD2JRuhhWiHqi6wtmSCMrA4yiWHeH3A60baLvEWjjYO0Ym0x9l0ThJsXep9FMilzWHdD4aNOozAZ40emsS0b73iQZrtRkdoUzBv4NYFLAVrxeLEM8ris2eEcm46WAg0no1w75K0DEArmK8HswOOJuSkavo1Mt3g9eFjuh9qrDe1-YAyJpJnpQ/s900/321-Fabbrica-Luxardo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="581" data-original-width="900" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ56_aLJD2JRuhhWiHqi6wtmSCMrA4yiWHeH3A60baLvEWjjYO0Ym0x9l0ThJsXep9FMilzWHdD4aNOozAZ40emsS0b73iQZrtRkdoUzBv4NYFLAVrxeLEM8ris2eEcm46WAg0no1w75K0DEArmK8HswOOJuSkavo1Mt3g9eFjuh9qrDe1-YAyJpJnpQ/s320/321-Fabbrica-Luxardo.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Cartolina di
Zara con la Fabbrica Luxardo, anni 1930-1940. Collez. privata.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per quei che no xe [non
sono] Zaratini, devo precisar che con questo nome se vol indicar quela diga che
se trova quando che se entra nel porto de Zara, e se gà in zima [cima] una
lanterna con luce rossa. L’altra, con luce verde, xe [è] su la ponta de la riva
Derna.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mi, che gò un zerta
età, ve posso parlar de do [di due] Porporele. Quela vecia, costruida da la
Serenissima, jera fata de grossi sassi. Scopo principal de ‘sti sassi jera de
spacar le onde che le forti ponentade e maestraloni alzava [onde dei venti
Ponente e Maestrale]. E come i xe riussidi a farla tanto longa e grossa? Se
dixe che Venezia gaveva obligado i Scojani [abitanti delle isole vicine a Zara],
che veniva in porto, de portarse adrio [dietro], come biglieto de entrada, un
grosso sasso. E così, sasso su sasso, xe saltà fora la diga che mi me ricordo
da mulo [ragazzo].<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Quela che vedè oggi, xe
quela che el Genio Civil gà fato nei anni 1926, ’27 e ’28. La xe longa 175
metri, in fondo la gà quatro scalini per poder montar in barca e passar su la
riva de fronte. Podè veder la zima de la Porporela, a destra, su la foto che
ghe sul cartonzin de auguri [qui mancante]. Xe un bon posto per ormegiar barche
e navi de una zerta grandezza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricordo che dopo la
Prima Guera Mondial, se gaveva ligado el cacciatorpediniere “Missuri”.
Comandante da sempre, e per sempre, el maressiallo De Franceschi, a Zara per
anni e anni. Magro, alto con la sua divisa squasi in bon stato. Però, quando
che jera qualche giorno de festa, el tirava fora la divisa bela con
decorazioni. El fazeva, alora, la sua bela figura.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Altra barca granda jera
la “Croce del Sud”. El suo paron jera Graneli, de la Magnesa San Pelegrino.
Jera un tre alberi, fato, su disegno de l’ingegner Gino Treleani, a
Lussinpicolo. No so se la xe ancora in vita, ma ogi la podaria far ancora
invidia a qualchedun. Altro cuter [cutter= parola inglese per barca a vela con
una randa e due fiocchi], el “Corsaro”, con rispeto parlando, jera un vero
casson [grande cassa]. No gò mai avudo el piazer de vederlo con le vele alzade.
Po’ el gà cambiado posto, metendose davanti la casa Gilardi. A un zerto momento
se gà parlà ch’el Corsaro andava in crociera. Preparativi a non finir,
rifornimenti de viveri, de spagnoleti e acendini. El giorno che i doveva
partir, i gà trovà la barca a fondo, unica coxa visibile la zima de l’albero.
Non se gà mai savudo coxa jera nato. Se parlava de tapi no ben streti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ligado proprio vizin el
Circolo Canottieri Diadora, el motoscafo de la Polizia, el P9. Comandante,
motorista e marinaio el solo agente Fiorucci, venezian. De quei che frequentava
la Canotiera el saveva tuto de tuti, da bon polizioto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">A Zara la Canotiera
jera ciamada “Ponton”. Nome ciapado da un poton fisso inclinado, che aiutava i
vogatori de meter le barche in mar. El Ponton, sempre pien de giovani pieni de
vita, el gaveva de fianco la Porporela, dove sfilava la gente che andava a
ciapar la barca per andar a Zara [nel centro città].<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Gò sempre presente
quando passava la Rosy Ledwinca, sorela de un bon canotier, el Nico Ledwinca
che nel 1926, con Menego Brazzani, Giulio Colombani e Mario Bina, timonier
Massi Cettineo, gà vinto a Pola. Xe stà l’unico armo [equipaggio], a quatro,
che gà battudo la famosa “Pulino” de Isola d’Istria [Società nautica ‘Giacinto
Pullino’, sorta nel 1925]. Po’ per anni e anni, la Pulino gà vinto tuto: gare
nazionali, internazionali e Olimpiadi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Davanti passava un
mucio [mucchio] de gente, ma ghe jera uno che, quando el passava, el meteva in
rivoluzion tuto el Ponton. Jera el Bek (Böck), basso, squasi inoservado, coi
cavei rossi e un naso a pissinboca [volgare: piscio in bocca]. El portava
pegola, se dixeva. El primo che lo vedeva, el dava un urlo: “el Bek!”. E ‘sto
nome passava de boca in boca, come una eco. Zà, quando ch’el passava, el girava
la testa verso Val de Ghisi, come voler parar ‘sta valanga de urli. E in
Ponton, al primo urlo “Bek”, tuti se portava le man avanti per scongiurar
l’efeto “Bek”. Povero Bek, quanto semo stai cativi con ti!<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; font-size: 12pt; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaBk_dJLyxT9kHF8lWFt_583OiRQXRe-ObKgEKu4YevAx4hw_iUxzLYXCxtn9ITj_138-6_re5GU6PXp0fq2i9uxYMntJqb5Ia5N3MCaja0W3D6vkhhTwgolqnkNrTK1BEJNITdlbV22ylrO2Jff7DKbvkA3qTsBXXMMeYNekon3H4wu8tPNW69kCIOQ/s300/Francobollo%20occupazione%20tedesca%20di%20Zara%201943.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="259" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaBk_dJLyxT9kHF8lWFt_583OiRQXRe-ObKgEKu4YevAx4hw_iUxzLYXCxtn9ITj_138-6_re5GU6PXp0fq2i9uxYMntJqb5Ia5N3MCaja0W3D6vkhhTwgolqnkNrTK1BEJNITdlbV22ylrO2Jff7DKbvkA3qTsBXXMMeYNekon3H4wu8tPNW69kCIOQ/s1600/Francobollo%20occupazione%20tedesca%20di%20Zara%201943.jpg" width="259" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Francobollo emesso sotto l'occupazione tedesca di Zara, 1943.</div></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">E no ghe jera solo el
Bek che passava dananti el Ponton, ghe jera una signora che andava a ciapar la
barca, in fondo a la Porporela, ogni matina. Ma el belo jera che ogni matina la
coreva, per arivar prima de le oto, e pagar zinque centesimi inveze de diexe
[dieci]. Se vede che la sortiva tardi da casa, e per tuta la Porporela jera una
corsa. Ti vedevi ‘ste masse de carne che se spostava da l’alto in basso, da
destra a sinistra e viceversa. La jera un donon, sempre vestia de nero. Qualche
volta mi con la bici, con discrezion, la seguivo a debita distanza per veder se
la ciapava la barca o se la ciapava un colpo. La gà sempre ciapà la barca. Ma
conveniva ris’ciar, ghe jera zinque centesimi de sparagno [risparmio]. E no
jera poco!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ghe jera, po’, un
momento che la Porporela cambiava el suo muxo [muso], e jera quando veniva a
Zara la Squadra Naval de la Regia Marina. Le navi grosse come la “Duilio” e la
“Cavour”, se fermava nel Canal de Zara, mentre le picole, i caciatorpedinieri,
veniva a ligarse a la Porporela. Ti vedevi, alora, ‘sti sete o oto cacia
[cacciatorpedinieri] tuti alineadi, come soldatini, ligadi a le colone de la
diga. I Cacia i jera pituradi di un grigio ciaro ciaro. Le corde de un cacia
andava a incrosarse con quele de l’altro cacia vizin, così da formar una
ragnatela de corde.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Standoghe vizin ti
sentivi quel particolar odor de catrame de le corde, missiado a quelo de le
cuxine [cucine] e de qualche motor sempre impizado [acceso]. ‘Sto insieme de
odori jera un vero profumo, el “profumo de nave”. Su le pupe [poppe] ghe jera
el nome del cacia, scrito in letere de oton, sempre lucido, filetado de color
rosso, per fa risaltar meo [meglio] el nome. E tuto quelo che ghe jera a bordo
de oton e rame, sluxava [luccicava]. Ma el belo jera veder quela selva de
stendardi dai vivi colori che i dava un senso de gioia. Me sentivo fiero de
esser italian. A pupa la grande bandiera bianco, rosso e verde che tocava
squasi el mar. Al centro el stema sabaudo con la bela corona. I stendardi no
gaveva in zima el solito pomolo, ma una corona intajada de legno. E, quando mi
jero in brodo de sixole [giuggiole] nel amirar le nostre bandiere, no jera
ancora nato quel italian che gavaria dito de butar in cesso la bandiera
italiana. Me usavo sentar, per meze ore, su una colona piena de corde del cacia
ligado.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Guardavo senza secar
nissun, come se svolgeva la vita a bordo. A pupa jera el solito Guardiamarina,
ne la sua imacolada divisa bianca con una fassa azura de traverso. I marini, ne
le divise bianche, che i se moveva a bordo senza dar l’idea che i fazessi
qualcosa che i doveva far. I soliti marinai de cuxina con le maie a meze
manighe, de estate e de inverno, e la traverseta [grembiule] davanti, che i
butava in mar i resti del rancio. I marinai che i andava in libera uscita,
prima de prender el pontil per andar a tera, i salutava la bandiera.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">A proposito de bandiere,
mi conosso uno che, fato prigioniero da le SS de la Panzer Divisionen “Prinz
Eugen”, davanti a la Corte Marzial che ghe fazeva zerte proposte, le rifiutava
dixendo che lù se sentiva ancora ligado dal giuramento fato su la bandiera. La
Corte Marzial gaveva fato fucilar 49 sui coleghi, inveze lù se la gà cavà con
soli do anni de lager tedeschi. El xe tornà da la prigionia pele e ossi, ma
drento forte. Tornando ancora a le bandiere, co ti me posso confidar: a mi
quele bandiere de i cacia ligadi su la Porporela, le me xe rimaste nel cor
[cuore]. Le jera una lezion de amor de Patria al solo guardarle. Se qualchedun
me sentissi dir ‘ste coxe [cose], ogi, el me daria sicuro del fassista, coxa
che no me ofende. Me ofendaria se i dixesse che son comunista.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La Porporela, el Ponton
e la Fabrica de Maraschino Luxardo ghe stava tuti in un fazoleto, tanto jerimo
vizini. Quando finiva el lavoro in Fabrica, i operai sortiva e i se sparpajava,
chi da una parte, chi da l’altra, a pie o in bici. No i gaveva le machine, parchegiade
fora, come se vede ogi ne le fabriche. E pur se viveva ben e tuti jera contenti
e felici. De vista li conosevo tuti. Per no parlar po’ de le done che andava in
fabrica per cior la paja [paglia]. Le sortiva co muci de paja soto el brazo in
bici. A casa le preparava el rivestimento de le famose botilie impajade de
maraschino de Zara.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Se uno volaria parlar
de el Ponton, el dovarìa spender una vita, tanto ghe sarìa de scriver. Per
tanti giovani el xe stado una vera scola [scuola]. Drento ghe jera gente de
tuti i colori che, squasi per magia, se amalgamava tra de lori. No xe nato, in
tanti anni, nissun incidente, no xe mai mancado niente. Inveze a chi ghe xe
venudo a mancar qualcoxa xe stada la Fabrica de Maraschino Luxardo, quando
arivava le marasche [ciliegie]. Noi muli del Ponton ne butajmo [ci buttavamo]
su le marasche come mosche su el zucaro [zucchero]. Per dir la verità, i
Luxardo no ne scazava via, podejmo magnar quanto volejmo, però “sul posto”,
senza portar via gnente. Quando finivimo de magnar, cambiavimo de speto. Ve
ricordè che tanti anni fa jera sortidi do film americani: “El cantante del Gez”
e “El cantante mato” con Al Gionson? [<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il
cantante di jazz,</i> “The Jazz Singer”, film del 1927, diretto da Alan
Crosland e interpretato da Al Jolson]. Lù, negro, el se gaveva fato, in bianco,
una granda boca e le man anca bianche con do ocioni [occhioni] spalancai. Nojaltri,
inveze, co le marasche gavejmo una granda boca nera e le man nere. Adesso no
ricordo ben, ma credo che, andajmo a far pipì, fazejmo amarena. Senza zucaro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Adesso la Fabrica, a
vederla, la xe come prima. Al zentro, in alto, la grande scrita: “Maraska”. Xe
scrito “Marasca”, ma se leze: Luxardo. Ve podaria scriver ancora tante coxe, ma
mi gò rispetto per i mii amizi e no li vojo anojar e farghe perder tempo. Tanto
più che ogni anno i me lassa scriver de monade su Zara. E mi de questo ghe son
grato. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Adesso mi devo
confessar una coxa: ve gò parlado de la Porporela, ma mi no so dove xe saltà
fora ‘sto nome. No so se za i Veneziani la ciamava così, lori che la gà
costruida. O chi xe stà el primo. Sarìa grato a chi me lo savessi dir. Sarìa
grato anca a chi me savessi dir coxa vol dit “garofolin”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Quelo che ve volevo
dir, xe che ne sentiremo el prossimo anno, sempre sperando che…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; margin-left: 141.6pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ulisse</span></b></p><p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcRUxwbzTO9CnEx_l3kcMzNLAXNTaluMifqGyAPqm6MEdea3N1f-VYO3FZ0_Q2z9m7jLGDaJXJdMBuYix6MBr2LAH62cmr_yzViNF6vF6Q6E_HIn99M1tx0xnM91_ktXFKa8q7LV1x5ZcRTmQ5-FMDUzCojpMp6sVyfkau_BY97qM0hf4UCQMQAsWIGg/s1600/Zara,%20il%20porto%201921.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1034" data-original-width="1600" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcRUxwbzTO9CnEx_l3kcMzNLAXNTaluMifqGyAPqm6MEdea3N1f-VYO3FZ0_Q2z9m7jLGDaJXJdMBuYix6MBr2LAH62cmr_yzViNF6vF6Q6E_HIn99M1tx0xnM91_ktXFKa8q7LV1x5ZcRTmQ5-FMDUzCojpMp6sVyfkau_BY97qM0hf4UCQMQAsWIGg/s320/Zara,%20il%20porto%201921.jpg" width="320" /></a></div><b style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Nota
finale</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;"> – Bruno Stipcevich il 29.1.2023 ci ha scritto che: “Non so dire
di preciso se ancora oggi si accende la luce rossa alla lanterna e quella verde
sulla ponta della riva Derna, come si sa, adesso, c’è il porto a Gaseniza [Gaženica,
in croato]. Alla lanterna c’è ancora il barcaiolo per andare alla fabbrica
Luxardo”.</span><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><div><b style="font-size: 12pt;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici</span></b><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Ruggero Botterini, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Parlavimo e scrivevimo cussì in casa Mocolo.
Vocabolario del dialetto polesano-istriano</i>, Mariano del Friuli (GO), Edizioni
della Laguna, 2014.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giovanni (Nino)
Bracco, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Piccolo dizionario dell’antica
parlata slava di Neresine</i>, 2009.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Franco Crevatin,
“Etimi Istriani”, on line su academia.edu <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Edizione
originale</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Ulisse Donati, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La porporela</i>, dattiloscr., s.l. [Venezia], 2003, pp. 2.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezione privata </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">- Franca Balliana
Serrentino, dattiloscr.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– La redazione del blog, per il saggio presente, è riconoscente alla signora Franca
Balliana Serrentino, che vive a Jesolo (VE), per aver cortesemente concesso, il
16 gennaio 2023, la diffusione e pubblicazione. Si ringraziano per la
collaborazione riservata Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR)
delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo e Bruno Stipcevich, esule di Zara a
Meldola (FC).</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; font-size: 12pt; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ4AtMCPLjN0BjiJbuwoT9Pay_6Ju6-VvB3mAaLpIXsxtt5UkRPkV3Ny_QZAE7HnhwwhvGWsqZ_QCRlnEWn2nf3vUbbVQcjUOoWszh3kjDRcU8SEvCfFns-tp7C_B3BbDSpIlGXByuJSLUGj7EHsW7YFo2Hup5f-uOq6XNB4f89CKBwntqZ8JF6lb1lw/s960/Zara,%20la%20Porporela,%20in%20alto%20a%20destra,%201930-1940.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="644" data-original-width="960" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ4AtMCPLjN0BjiJbuwoT9Pay_6Ju6-VvB3mAaLpIXsxtt5UkRPkV3Ny_QZAE7HnhwwhvGWsqZ_QCRlnEWn2nf3vUbbVQcjUOoWszh3kjDRcU8SEvCfFns-tp7C_B3BbDSpIlGXByuJSLUGj7EHsW7YFo2Hup5f-uOq6XNB4f89CKBwntqZ8JF6lb1lw/s320/Zara,%20la%20Porporela,%20in%20alto%20a%20destra,%201930-1940.jpg" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Zara con la Porporela, in alto a destra, 1930-1940</div></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note varie</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Autore principale: Ulisse Donati. Lettori: Franca Balliana Serrentino,
assessore alle Attività promozionali del Libero Comune di Zara in Esilio. Altri lettori: Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, i professori Annalisa Vucusa e</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Marcello
Mencarelli. Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo
giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricerche
</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">e
Networking di Girolamo Jacobson e Elio Varutti. Copertina: Cartolina di Zara
con la Fabbrica Luxardo, anni 1930-1940. Collez. privata. Altre fotografie da
collezioni citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><span style="font-size: 12pt;"><span style="background-color: #f3f3f3; font-family: georgia;"></span></span><p></p></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-58997430303155098842023-01-11T01:26:00.001-08:002023-01-12T10:56:12.912-08:00BENEDETTO XVI: FEDE RAGIONE E SPERANZA<p><span style="background-color: #f3f3f3; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><i>Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo di
Carlo Cesare Montani, esule di Fiume, dedicato alla figura di Papa Benedetto
XVI (in latino: Benedictus PP. XVI, in tedesco: Benedikt XVI; nato Joseph
Aloisius Ratzinger (Marktl, 16 aprile 1927 – Città del Vaticano, 31 dicembre
2022), è stato il 265º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma). A cura
di Elio Varutti, per la redazione del blog.</i></span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoHsLtaVGfXlZTHyCOJia04vwvjaJKzacFIbDqfsGu3UO-cjA97xoL-3hINQHqcvB8BsafN_rkNpzLBGbqlVsYYFeCfmiG3N7aYWHebZTSCkbEWqBRVux-GrTg-lRCjDflQRwHNaFesUrXGSk3JVd1JEOyo0fdpJ9GhTf27XntKhBQnBBttSxTqzMSfw/s253/benedetto.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="253" data-original-width="203" height="253" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoHsLtaVGfXlZTHyCOJia04vwvjaJKzacFIbDqfsGu3UO-cjA97xoL-3hINQHqcvB8BsafN_rkNpzLBGbqlVsYYFeCfmiG3N7aYWHebZTSCkbEWqBRVux-GrTg-lRCjDflQRwHNaFesUrXGSk3JVd1JEOyo0fdpJ9GhTf27XntKhBQnBBttSxTqzMSfw/s1600/benedetto.jpg" width="203" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><br /></span></div><div><span style="font-size: 12pt;">Nel momento in cui è tornato alla Casa del Padre,
proprio alla fine del 2022 che appare simbolicamente come quella di un’epoca,
il grande Pontefice di Santa Romana Chiesa si è imposto alla comune riflessione
circa il Suo straordinario ruolo di pastore e di pensatore, esercitato in una
lunga vita dedicata a fede e ragione, e nello stesso tempo, all’impegno per la
loro ardua ma necessaria sinergia, nell’ambito di una sintesi all’insegna
insopprimibile della speranza cristiana. </span></div></span><div><p></p><p>
</p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Papa Ratzinger è stato un grande teologo, oltre che
demiurgo di pace e di conciliazione, ma nello stesso tempo, con singolari
visioni profetiche. In proposito, basti rammentare la Sua visione del futuro
illustrata nelle celebri lezioni del 1969, quando si espresse in termini
oltremodo chiari sul processo di scristianizzazione che stava già coinvolgendo
il mondo occidentale, la Chiesa cattolica e non solo quella, e che lo avrebbe
fatto ancor più nell’avvenire, togliendole tanti residui poteri mondani e
riducendola, come da profezia dello stesso Ratzinger, a un’eletta schiera di
fedelissimi, se non anche di Martiri, da cui trarre gli spunti e gli auspici
necessari per un’autentica rifondazione: vaticinio solo apparentemente
pessimista ma conforme all’intenso spiritualismo delle origini e tanto più
degno di riflessione a mezzo secolo da quella profezia, tristemente verificata
nella “realtà effettuale” di oggi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Essendo nato nel 1927, aveva vissuto gli anni del potere
nazionalsocialista in età giovanile, ma aveva fatto in tempo a mutuarne
esperienze indimenticabili, a cominciare da quelle di un potere cieco e
assoluto, e di una tragica distruzione della propria terra, traendone motivi di
sicura e forte opposizione, tanto più convinta, anche alla luce di quella che
si “respirava” in casa, per opera categorica e prioritaria del padre. Come ha
scritto con dovizia di particolari nella lunga autobiografia (1) avrebbe
rischiato più volte la vita salvandosi, da un lato per la sostanziale
rassegnazione all’incipiente sconfitta da chi avrebbe potuto essere suo
persecutore, e dall’altro per il mero dileggio riservato alla fede cattolica
già professata alacremente;<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>meglio
ancora, per una sorta di intercessione divina che lo protesse nei momenti
peggiori.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Non è un caso né tanto meno un mistero, che il Santo
Padre avesse scelto il proprio Nome di Papa ispirandosi a San Benedetto da
Norcia con il grande invito a “pregare e lavorare” per farsi apportatori di
pensiero e di meditazione, ma nello stesso tempo, di presenza attiva nel mondo
fatto a immagine e somiglianza di Cristo, e quindi, di Dio. D’altro canto,
quella scelta si era ispirata anche a Benedetto XV, il Pontefice che durante il
primo conflitto mondiale aveva bollato la guerra con la celebre definizione di
“inutile strage” tanto più pertinente nel cuore dei credenti, secondo cui i
dissidi fra gli uomini e gli Stati si possono risolvere non già con le armi, ma
con la riflessione e la cooperazione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Alcuni esegeti sembrano scoprire soltanto oggi che
Papa Ratzinger è stato un grande “incompreso” ancor prima di essere entrato
nell’occhio di talune opposizioni sorte persino nell’ambito della Chiesa, in
chiara antitesi a un corretto e beninteso tradizionalismo interpretato come autentica
fedeltà alle origini, ben lungi dall’essere un qualsiasi orpello formale. In
tal senso, quella di Papa Benedetto XVI è la ricerca di una rinnovata
semplicità e di un adeguamento alle mutevoli esigenze del mondo sempre più
piccolo, ma nello stesso tempo, impegnato ad accogliere una popolazione
crescente con progressioni sempre più accelerate, al pari dei problemi sociali.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Nell’omelia del 18 aprile 2005, pronunciata il giorno
precedente l’ascesa al pontificato, il Cardinale Ratzinger aveva attirato l’attenzione
del Sacro Collegio sulla “necessità di essere animati da una santa
inquietudine”: quella di essere paladini di fede e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“dell’amicizia con Cristo” per donarla agli
altri con un atto di servizio dal fondamentale rilievo nella missione
sacerdotale. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Tutti gli uomini, proseguiva il Cardinale, hanno il
desiderio di lasciare “una traccia che rimanga, ma bisogna fare in modo che
diventi anche un frutto: ebbene, non sono tali il denaro, gli edifici, i beni
materiali, persino gli amatissimi libri. In un tempo breve o lungo, ma comunque
ineluttabile, tutto ciò scompare, mentre l’anima rimane nell’eternità col
patrimonio di amore e di conoscenza che abbia potuto sviluppare nell’impegno
cristiano e nella fedeltà a Dio, anche attraverso l’opera della Chiesa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Non a caso, aveva scelto come motto episcopale quello
di “collaboratori della verità” che riteneva tanto più pertinente perché nel
mondo contemporaneo la ricerca del vero è quasi scomparsa, essendo “troppo
grande per l’uomo” e creando il presupposto di un vero e proprio crollo
dell’ethos. Accanto a quel motto aveva posto due simboli: quelli della
conchiglia e dell’orso. Il primo intende richiamarsi alla natura dell’uomo, che
è quella di essere pellegrino sulla terra, nel senso che “non abbiamo qui una
stabile dimora”, non senza richiamarsi alla parabola di Sant’Agostino circa il
bimbo che giocava sulla spiaggia con una conchiglia per attingere l’acqua del
mare e trasferirla in una piccola buca, laddove quest’ultima “tanto poco può
contenere l’acqua del mare, quanto la ragione può afferrare il mistero di Dio”.
Il secondo simbolo, invece, si richiamava alla leggenda di San Corbiniano
che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dopo l’uccisione del suo mulo da
parte dell’orso,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>aveva costretto
l’assassino, per espiazione del crimine, a farsi carico del fardello rimasto a
terra, al pari di quanto accade all’uomo quando diventa “animale da tiro” al
servizio del Signore, perché “chi sta dalla parte di Dio non sta
necessariamente dalla parte del successo” (2).<i> <o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Il momento politico contemporaneo non ha mancato di
esternare un vasto campionario di commenti non appena Benedetto XVI è salito
alla Casa del Padre. Fra i tanti, piace ricordare quello di Giorgia Meloni, cui
si deve la definizione di “Gigante” proprio per la singolare capacità di
pensiero manifestata da Papa Ratzinger nel promuovere la convergenza della
ragione nell’ambito della fede. Ciò, si potrebbe aggiungere, non solo nella
dottrina, ma nello stesso tempo, con l’impegno attivo in un mondo sempre più
piccolo, ma non per questo meno caro al Signore dell’Universo, tanto da essersi
immolato sulla Croce per la salvezza degli uomini (3).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Benedetto XVI era consapevole di quanto sia importante
il progresso tecnico, ma riteneva che non fosse accompagnato da quello morale e
civile, vista la permanenza se non anche la crescita di grandi “problemi
planetari” come quelli della “disuguaglianza nella ripartizione dei beni della
terra” con tutto il corollario di povertà, sfruttamento, fame e malattie, per
non dire dello “scontro fra le culture”, come avrebbe detto a Subiaco, nel
Monastero di Santa Scolastica, quando fu insignito del Premio per la
“promozione della vita e della famiglia in Europa”. Purtroppo, “la forza morale
non è cresciuta come lo sviluppo della tecnica, anzi è diminuita”, tanto che il
pericolo maggiore dell’età contemporanea è costituito proprio da questo
squilibrio, matrice non ultima, fra l’altro, della tentazione di un fallace
“anarchismo distruttivo” se non addirittura del terrorismo. Carattere
essenziale dell’odierna congiuntura etica e politica è la contrapposizione, non
già fra diverse culture religiose, ma soprattutto quella di una “radicale
emancipazione dell’uomo da Dio”, ancor più visibile nel mondo occidentale,
all’insegna di un relativismo che finisce paradossalmente per tradursi in un
nuovo dogmatismo “che si crede in possesso della definitiva conoscenza della
ragione” mentre “abbiamo bisogno di radici per sopravvivere e non dobbiamo
perdere di vista Dio, se vogliamo che la dignità umana non sparisca”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Tutto ciò era motivo di sofferenza tanto più viva
nella consapevolezza di quanto la vera gioia sia perseguibile nel Nome del
Signore e delle tante lezioni di vita cristiana, di cui è ricca la storia della
Chiesa, ma nello stesso tempo non escludeva la speranza: al contrario,
ravvisava nell’impegno che ne scaturisce, e quindi nella preghiera, uno
strumento idoneo a contrastare le suggestioni di un razionalismo fine a se
stesso, senz’altra prospettiva all’infuori di un arido nichilismo. A volte,
quella sofferenza morale diventava un vero e proprio dolore, come quello che
Papa Ratzinger avrebbe sperimentato con l’abolizione del latino liturgico nelle
cerimonie ordinarie, ravvisando in tale provvedimento l’abbandono di una
tradizione importante, e nello stesso tempo, di un simbolo di fedeltà alla
Chiesa di Roma, pur comprendendo la necessità di farsi intendere in ogni luogo
del pianeta con il “contemperamento” delle espressioni linguistiche. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Oggi si rende necessaria un’attenta rilettura di
questo grande Pontefice nella sua straordinaria umiltà, non disgiunta dalla
riservatezza e dal rispetto per tutte le creature, e dalla Sua capacità di
dialogo con chiunque, dai grandi della Terra ai “lavoratori nella vigna del
Signore”, come volle definirsi nel momento in cui fu chiamato al Soglio di Pietro.
Nello stesso tempo è altrettanto fondamentale la fedele adesione ai “Valori non
negoziabili” - come da Sua felice allocuzione - che il popolo cristiano onora,
ringraziando per le intercessioni e le preghiere in favore di un mondo mai
tanto lontano da tali Valori, ma proprio per questo chiamato a nuova vita
morale, nel segno di fede, ragione e speranza. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-left: 72pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-indent: 36pt; text-justify: inter-ideograph;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Carlo Cesare Montani<i><o:p></o:p></i></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">Annotazioni:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">(1) - Joseph Ratzinger, <i>La mia vita. Autobiografia,
</i>traduzione dal tedesco di Giuseppe Reguzzoni, Edizioni San Paolo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>orino 2005, pagg. 154 (ristampa dal testo
iniziale del 1997 con aggiunta di due testi successivi: <i>L’Europa nella crisi
delle culture, </i>e l’Omelia del 18 aprile 2005 nella Basilica di San Pietro,
prima del Conclave da cui sarebbe uscito Papa).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">(2) - Per maggiori ragguagli sui fondamenti dottrinari
dell’opera in questione, cfr. Marco Tosatti, <i>Il dizionario di Papa
Ratzinger, </i>con bibliografia essenziale,<i> </i>Baldini Castoldi Dalai
Editore, Milano 2005, pagg. 128.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">(3) - Non meno notevole, pur nella sintesi, è stato il
giudizio conclusivo proposto da un’umile Suora africana, nella breve intervista
televisiva del 5 gennaio 2023, concessa al termine delle esequie di Papa
Ratzinger in piazza San Pietro: “<i>I Santi non muoiono mai”! </i>In tale
occasione, la sola Cupola fu lungamente circonfusa da un sottile velo di
nebbia, rendendo vagamente sfumata la sua percezione: soltanto un caso meteo, o
un segnale di riservata e pronta accoglienza?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;">--</span></p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: #0010;"><b>Autore principale</b>: Carlo Cesare Montani. Networking di
Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro
storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Fotografia dal web. L’archivio dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, ha
la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">– orario: da lunedì a venerdì</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara
Rossi. Sito web:</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><a href="https://anvgdud.it/" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">https://anvgdud.it/</a></p><p></p></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-64199672225751747162023-01-03T08:07:00.003-08:002023-05-08T09:38:00.041-07:00I “muli” della Portuale. Storia del calcio a Fiume, 1945-1946<p><i style="text-align: justify;"><span face=""Arial","sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Riceviamo
e con piacere pubblichiamo un esclusivo articolo di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alfio_Mandich">Alfio Mandich</a> (Fiume
1928-Genova 2006), campione di calcio, intitolato “Ricordi Sportivi. In
Belveder xe nata la Portuale”, dattiloscritto verso il 1987. È un pezzo di
storia del calcio a Fiume, in “dialeto fiuman”, completa di nomi e di toponimi.
Nel proporre il testo dell’Autore in questa sede si è cercato di rispettare la forma originale del dattiloscritto, che è stato diteggiato al computer dal figlio
Igor Mandich nel mese di dicembre 2022, poi generosamente inviato all’ANVGD di
Udine. Alla fine del brano originale, che presenta alcuni comprensibili errori di punteggiatura,
si è proposta la traduzione in lingua italiana, per i lettori poco pratici del
dialetto fiumano. In parentesi riquadrate si sono inserite certe note
redazionali, sciogliendo le sigle e abbreviazioni. Nel 1947 era di Fiume anche
uno dei primi presidenti dell’ANVGD di Udine, l’architetto <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Leopoldo_Conighi">Carlo Leopoldo Conighi</a>. Allora il sodalizio si chiamava: Associazione Nazionale per la Venezia
Giulia e Zara. Ricordiamo, infine, lo zaratino <a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2015/11/silvio-cattalini-da-zara-biografia.html">ingegnere Silvio Cattalini</a>, che
è stato presidente dell’ANVGD di Udine dal 1972 al 2017. Si ricorda che Alfio
Mandich ha collaborato con «La Voce di Fiume», edito a Padova dal Libero Comune di Fiume in esilio e, negli anni ’80, con la testata «In Corso Fiuman», all’epoca pubblicazione di
riferimento dei Fiumani di Melbourne (Australia). A cura di Elio Varutti, per
la redazione del blog.</span></i></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fotografia qui sotto – La
Portuale di Fiume - Tullio Sincich, Sergio Udovicich, Umberto Vecchietti,
…Mersich, Iginio Brunettti, Raul Licheri, Ennio Ghersevich, Antonio Miletich,
Mario Morsi “Ciusca”, Alfio Mandich, Vittorio Tomasini, Arrigo Rocchetta,
Bulgarelli I (Renato) e Bulgarelli II (Luciano). Portuale ragazzi – Albona
4-a-0. Agosto 1946. [Didascalia originale di Alfio Mandich ]. Collezione Igor
Mandich. L'immagine è del Campo di Cantrida, come ci ricorda Massimo Speciari, fiumano a Itatiba, San Paolo, Brasile. <o:p></o:p></span></p><p><i style="text-align: justify;"></i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i style="text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYnZMOf7yYIh_Yiou7Zd2bpTNczQkhNuAomnSpVNWd7rakLVfGII81_STvT37shBZKje1fEBaxP59prQ67qoP1HNjNlxxf30DwLIhhXqXveqfMMHgRvO-uTbWIfp-C8OOl-cfgRogeLgLjLXXikpoNj3NGdpmA3HUx2_PQdeSuGi0lJsqlV8XIlf3law/s3946/La%20Portuale%20Fiume%20piu%20luce.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2702" data-original-width="3946" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYnZMOf7yYIh_Yiou7Zd2bpTNczQkhNuAomnSpVNWd7rakLVfGII81_STvT37shBZKje1fEBaxP59prQ67qoP1HNjNlxxf30DwLIhhXqXveqfMMHgRvO-uTbWIfp-C8OOl-cfgRogeLgLjLXXikpoNj3NGdpmA3HUx2_PQdeSuGi0lJsqlV8XIlf3law/s320/La%20Portuale%20Fiume%20piu%20luce.jpeg" width="320" /></a></i></div><i style="text-align: justify;"><br /></i><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricordi
Sportivi. In Belveder xe nata la Portuale<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tuti se ga meso scriver
e anche mi me go deto: “perché non buto xo qual’cosa de quel che me ricordo?” E
cussi eccome qua, con la pena in man fin che la memoria non me abandona del
tuto. Naturalmente, mi come ex, ve parlarò de robe de fott ball e in particolar
de una squadra: la “Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Era apena finida la
guera 1945 e dopo un torneo de RIONI, quatro per la verità, non me ricordo chi
lo gaveva vinto, i responsabili dela “Fiscultura” gaveva organizado un torneo
per squadre de Aziende o de fabriche. L’unica, almeno inizialmente, che inveze
rapresentava un RION era quela che doveva diventar la Portuale. E questa la era
nata in Belveder.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le nostre mule, con in
testa la Carmela Stoppani, che dopo trentazinque aneti e forsi più, la go
incontrada a Cremona (xe cose che te pol capitar solo ai “Raduni”), con un
grande, ma grande piazer, la ne ga fato le maie, che poi iera camise o casache
come meio credè, de vecie bandiere. La gaveva recuperà solo el toco verde e le
camisete iera verdi con una picia spigheta rossa che ne serava un pochetin el
colo, braghete come vegniva, calzetoni lo steso e scarpe anca rote, andava tuto
ben.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Devo ricordar che mi
col Bruno Slavez, Sergio Giacich e Mario Morsi deto “Ciusca” a Fiume (credo che
iera in pochi a conoserlo col suo vero nome) podemo dir de esser stadi i
fondatori, e per questo, per mi la “Portuale” xe come el primo amor “Non se
scorda mai!” E per di più nata in Belveder dove son nato e sario anca morto se
sariimo rimasti tuti a casa nostra, ma non xe deta ancora l’ultima parola! Xe
anche per questo che mi ghe voio ricordar a chi se ricordarà de la ”Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La prima partida in
“Casa Balilla”, cussi noi mularia ciamavimo el “Campo Cellini”, contro i
“Magazzini Generali”, squadra che gaveva già fato la serie “C” ben atrezada,
sia come tenuta de giogo e sia come giogadori (ala fine del Campionato i sarà
lori i vincitori). In quela prima partida, la squadra “Portuale” esordiva in
questa formazion: Zilli, Sergio Giacich, Dante Plazzotta, Alfio Mandich, Legan,
Dal Barco, Antak, Morsi (Ciusca), Ezio Giacich, Benussi e Ovidio Ghersevich.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per i “Magazzini
Generali” doveva eser la solita pasegiada, ma la mularia de Belveder, meno
Antak e Nini Legan, sto ultimo de Cosala (brosquar), insoma un nostro bon confinante,
erimo tuti nati e cresudi in Belveder, ghe gavemo fato veder i “sorci verdi” e
solo per un sbaglio (che se poderia dir de gioventù), gavemo perso a cinque
minuti dala fine per uno a zero, con un gol de Ginetto Persich, altro amico e
mio compagno de squadra nela “Fiumana Ragazzi”. Anca a lui lo go rivisto dopo
moltissimi ani a Torino e a Cremona.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopo questa gara, xe
nata la “Portuale”. Era sucesso che fra el publico presente, era due dirigenti
della “Compagnia Portuale” un zerto Pezzulich e un altro, uno rosso de cavei e
de fede, che non me ricordo più come che el se ciamava e che i voleva
partecipar al campionato; i gaveva la possibilità, ma ghe mancava i omini. I ne
ga tanto zinganado fin che i ne ga convinto, perché noi non volevimo molar, ma
povereti gavevimo bisogno de tuto. E cussì de Belveder semo diventadi la
“Portuale S.C.F.”, penseve che ierimo tanto malmessi, che in quela prima
partida gavevo giogado con un per de scarpe alte tedesche con la “potkova” de
fero attorno al taco.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Sti due dirigenti, (che
Dio ghe brazi l’anima) i ne ga vestido e calzado, adeso i li ciama “sponsor”. In
un primo tempo (ma per poco) gavevimo le maie nere con scrito sul peto S.C.F.
“Portuale” ma dato che in quei momenti el nero no iera più de moda, i ne ga
cambià con nove e più bele maie bianche sempre con scrito “S.C.F. Portuale”,
braghete bianche e calzetoni neri, che in un secondo tempo i ne ga cambiado
anca quei con calzetoni bianchi, cussì ierimo come i fioi dela prima Comunion,
mancava solo la fasetta bianca con le franxe de oro in te la maniga.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">E no iera gnanca pasado
tanto tempo de quando gavevimo fato la prima comunion se pensè che el più vecio
dela formazion gaveva venti ani e el più giovane (classe 1929) sedici, el mulo
Mario Dal Barco, grande temperamento, grande grinta, adeso el vive in Canada e
el sta ben, cussì me ga deto le sue sorele Maria e Giannina che go visto a
Vicenza, due superstiti assieme anca al Mario, perché anca lui abitava là,
nella famosissima “Casa Din-Don” e chi xe de Belveder e dixe che non sa dove
che xe la “Casa Din Don” xe come uno che dixe che xe de Pisa e nol sa dove che
xe la tore pendente Per chi non xe de Belveder, ghe digo che questa casa famosa
la iera da l’altra parte del campo de fott ball, de Via Cellini vis a vis alla
Casa Balila, dal Campo non se podeva non vederla.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ma tornemo ala
“Portuale”, squadretta simpatica e battagliera, che in quel periodo ghe gaveva
roto le togne a molte squadre de nome, come el “Torpedo”, che gavemo s-ciocado
uno a zero contro ogni pronostico, e le grandi partide de fogo contro i
“Magazzini Generali”, nostri tradizionali nemici, sul campo, perché fori se volevimo
tuti ben. Le altre squadre che partecipava al campionato iera: “R.O.M.S.A. –
Cantier – A.S.P.M. – Ditta Skull (che poi se ciamava Metalurgica) – Lignum –
Dinamo”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Era nove squadre de
numero e se giogava sempre in “Casa Balila”, meno qualche rara volta che se
gavemo giogà a Cantrida. Se giogava due partide de matina e due de dopopranzo e
el pubblico iera sempre numeroso. Naturalmente la “Portuale” xe nata giovine,
per l’età dei sui muleti e la xe morta giovine perché la ga durà poco tempo
dato che dala selezion de tute quele nove squadre che ve go nominà, xe nata la
“Quarnero” e pian pianin no se la ga sentì più nominar.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Oltre ai nomi dela
prima formazion voio ricordar anche el Nevio Baccarini, el portier Rena che
gaveva sostituido el Zilli che iera partido per l’Italia e Nini Benussi, Ovidio
Ghersevich, Mario Dal Barco, Antak, tuti esodanti che a sua volta era stadi
sostituidi da: Rocco, Gino Valconi, Betto Lenaz, Nino Zatelli, Darino
Bartolaccini e per ultimo un grande e carissimo amico Mici Mare, morto per la
tremenda disgrazia che xe stada quando ga scopià el vagon de munizioni in
Braida, devo anche ricordar el Felice Maligoi nostro alenador, Nereo Vecchietti
che oltre al foot ball el giogava benissimo anca pallacanestro e del nostro
atrezista (cussì i li ciama adeso) uno dei quattro fondatori: el Bruno Slavez
emigrado asieme a Enzo Antak, el nostro canonier, nela lontana Australia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per ultimo go lasado
uno dela vecia guardia, che el gaveva sostituido subito dopo la prima partida
el Dante Plazzotta (fradel del famoso maestro de musica dei “Gatti Selvatici”)
che el iera partido per l’Italia. Alzeve in piedi ragazzi!! Adeso voio parlar
del nostro capitano, del Rudi Devescovi, uno che gaveva qualche anetto più dei
noi, una persona cara e educada, mi penso che più de uno de noi muletti, gavemo
imparà qual’cossa de lui, un grande combattente in campo, un grande esempio per
tutti noi che in quei tempi gavevimo ancora molto de imparar.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mi non so dove che el
xe, ma voio abraziarlo anche a nome de tuta la mularia che ga avudo la
sodisfazion de gaverghe giogado asieme. Sarà molto dificile, ma mi la buto
losteso. Saria assai bel, se almeno una parte de questa gente se podessi
incontrar, per ricordar tuti asieme, fin che non sarà tropo tardi, questa
belissima storia che xe sta per mi e credo anca per i altri: la “Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-left: 106.2pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Alfio Mandich</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
1987 circa<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVNco8w3sWx_uTll5lScOHz7lEnhmi8LmCGVW5QVjsOE40fPHt1Mv4__nXzz5SsAZTOGrNXeLTCOiuF4-WZW8Wj1WZteMsWshVK5nDOLxQ0HJHXCwz5Xd_PLecqVre-MV3lLNyIkP0n3R-DC4f_GiSvS4bjGO8K-RJsPt_H-A1c2EiUGgNMcq0ifiXmw/s3769/1946%20Fiume%20Portuale%20Romsa.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2689" data-original-width="3769" height="228" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVNco8w3sWx_uTll5lScOHz7lEnhmi8LmCGVW5QVjsOE40fPHt1Mv4__nXzz5SsAZTOGrNXeLTCOiuF4-WZW8Wj1WZteMsWshVK5nDOLxQ0HJHXCwz5Xd_PLecqVre-MV3lLNyIkP0n3R-DC4f_GiSvS4bjGO8K-RJsPt_H-A1c2EiUGgNMcq0ifiXmw/s320/1946%20Fiume%20Portuale%20Romsa.jpeg" width="320" /></a></b></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fotografia qui sopra – Fiume
10.II.1946 - Campo Cellini, Romsa-Portuale. Da sinistra a destra in alto:
Maligoi all.re [allenatore], Giacich, Legan, Baccarini, Outak, Benussi, Marsi,
Devescovi cap. [capitano], Bruno Slavez. A terra: Dal Barco, Zilli, Mandich,
Gersevich, Nereo Vecchietti. S.C.F. Portuale.</span> [<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Didascalia
originale di Alfio Mandich]. Collezione Igor Mandich.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Traduzione
- </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricordi
Sportivi. In Belvedere è nata la Portuale<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tutti si sono messi a
scrivere e anche io mi son detto: “perché non butto giù<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>qualcosa di quello che mi ricordo?” E così
eccomi qua, con la penna in mano finché la memoria non mi abbandona del tutto.
Naturalmente, io come ex, vi parlerò di robe del football [calcio, in inglese]
e in particolare di una squadra: la “Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Era appena finita la
guerra, nel 1945 e dopo un torneo dei Rioni, quattro per la verità, non mi
ricordo chi lo aveva vinto, i responsabili della “Fiscultura” avevano organizzato
un torneo per squadre delle Aziende o delle fabbriche. L’unica, almeno
inizialmente, che invece rappresentava un rione era quella che doveva diventare
la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Portuale</i>. E questa era nata in
Belvedere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le nostre ragazze, con
in testa la Carmela Stoppani, che dopo trentacinque anni e forse più, l’ho
incontrata a Cremona (sono cose che ti possono capitare solo ai “Raduni” [dei
Fiumani esuli, NdR]), con un grande, ma grande piacere, ci ha fatto le maglie,
che poi erano camice o casacche come meglio credete, da vecchie bandiere. Aveva
recuperato solo il pezzo verde e le camicette erano verdi con una piccola fettuccia
rossa che ci chiudeva un pochino il collo, braghette come capitava, calzettoni
lo stesso e scarpe anche rotte, andava tutto bene.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Devo ricordar che io col
Bruno Slavez, Sergio Giacich e Mario Morsi, detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ciusca</i>, a Fiume (credo che erano in pochi a conoscerlo col suo vero
nome) possiamo dire di esser stati i fondatori, e per questo, per me la
“Portuale” è come il primo amore: “Non si scorda mai!”. E per di più nata in
Belvedere dove son nato e sarei anche morto se fossimo rimasti tutti a casa
nostra, ma non è detta ancora l’ultima parola! È anche per questo che io voglio
rimembrare a chi si ricorderà della ”Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La prima partita in
“Casa Balilla”, così noi ragazzi chiamavamo il “Campo Cellini”, contro i “Magazzini
Generali”, squadra che aveva già fatto la serie “C”, ben attrezzata, sia come
tenuta di gioco e sia come giocatori (alla fine del Campionato saranno loro i
vincitori). In quella prima partita, la squadra “Portuale” esordiva in questa
formazione: Zilli, Sergio Giacich, Dante Plazzotta, Alfio Mandich, Legan, Dal
Barco, Antak, Morsi (Ciusca), Ezio Giacich, Benussi e Ovidio Ghersevich.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per i “Magazzini
Generali” doveva essere la solita passeggiata, ma i ragazzi del Belvedere, meno
Antak e Nini Legan, questo ultimo di Cosala (brosquar) [Brosquar = persona provinciale.
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Broskva</i>, in croato-illirico
significa: verza, cibo umile], insomma un nostro buon confinante, eravamo tutti
nati e cresciuti in Belvedere, abbiamo fatto vedere loro i “sorci verdi” e solo
per uno sbaglio (che si potrebbe dire di gioventù), abbiamo perso a cinque
minuti dalla fine per uno-a-zero, con un gol di Ginetto Persich, altro amico e
mio compagno di squadra nella “Fiumana Ragazzi”. Anche lui l’ho rivisto dopo
moltissimi anni a Torino e a Cremona.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopo questa gara, è
nata la “Portuale”. Era successo che fra il pubblico presente, c’erano due
dirigenti della “Compagnia Portuale” un certo Pezzulich e un altro, uno rosso di
capelli e di fede [politica], che non mi ricordo più come che si chiamava e che
volevano partecipare al campionato;<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>avevano
la possibilità, ma mancavano loro gli uomini. Ci hanno tanto raggirato finché non
ci hanno convinti, perché noi non volevamo mollare, ma poveretti avevamo
bisogno di tutto. E così da Belvedere siamo diventati la “Portuale S.C.F.”
[Società di Calcio Fiume], pensatevi che eravamo tanto malmessi, che in quella
prima partita avevo giocato con un paio di scarpe alte tedesche con la
“potkova” di ferro attorno al tacco. [potkova = ferro di cavalo, in croato].<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Questi due dirigenti
(che Dio abbracci loro l’anima) ci hanno vestito e dato le scarpe da gioco, adesso
li chiamano “sponsor”. In un primo tempo (ma per poco) avevamo le maglie nere
con scritto sul petto S.C.F. “Portuale”, ma dato che in quei momenti il nero non
era più di moda, ci hanno cambiato con nuove e più belle maglie bianche sempre
con scritto “S.C.F. Portuale”, braghette bianche e calzettoni neri, che in un
secondo tempo ci hanno cambiato anche quelli con calzettoni bianchi, così eravamo
come i bambini della prima Comunione, mancava solo la fascetta bianca con le
frange d’oro nella manica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">E non era neanche passato
tanto tempo da quando avevamo fatto la prima Comunione se pensate che il più vecchio
della formazione aveva venti anni e il più giovane (classe 1929) sedici, il
mulo Mario Dal Barco, grande temperamento, grande grinta, adesso vive in Canada
e sta ben, così mi hanno detto le sue sorelle Maria e Giannina, che ho visto a
Vicenza. Due superstiti assieme anche al Mario, perché anche lui abitava là, nella
famosissima “Casa Din-Don”. Chi è di Belvedere e dice che non sa dov’è la “Casa
Din-Don” è come uno che dice che è di Pisa e non sa dov’è la torre pendente.
Per chi non è di Belvedere, dico che questa casa famosa era dall’altra parte
del campo di football, di Via Cellini, vis-a-vis alla Casa Balilla, dal Campo
non si poteva non vederla.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ma torniamo alla
“Portuale”, squadretta simpatica e battagliera, che in quel periodo aveva rotto
le uova nel paniere a molte squadre di nome, come la “Torpedo”, con cui abbiamo
giocato [vincendo] uno-a-zero contro ogni pronostico, e le grandi partite di
fuoco contro i “Magazzini Generali”, nostri tradizionali nemici, sul campo,
perché fuori ci volevamo tutti bene. Le altre squadre che partecipavano al
campionato erano: R.O.M.S.A. [Raffineria di olio minerale Società Anonima],
Cantieri, A.S.P.M. [Azienda Servizi Pubblici Municipalizzata (ASPM): è l’Azienda
comunale che gestisce i servizi di acqua e gas di Fiume. Sotto Tito diventa “Vodovod
Plinara (Voplin)” – Impianti idraulici e a gas – con le stesse funzioni], Ditta
Skull (che poi si chiamava Metallurgica), Lignum e Dinamo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Erano nove squadre di
numero e si giocava sempre in “Casa Balilla”, meno qualche rara volta che abbiamo
giocato a Cantrida. Si giocava due partite di mattina e due di dopopranzo e il
pubblico era sempre numeroso. Naturalmente la “Portuale” è nata giovane, per
l’età dei suoi ragazzi ed è morta giovane, perché è durata poco tempo dato che
dalla selezione di tutte quelle nove squadre che vi ho nominato, è nata la
“Quarnero” e pian pianino non la si è sentita più nominare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Oltre ai nomi della
prima formazione voglio ricordare anche il Nevio Baccarini, il portiere Rena
che aveva sostituito lo Zilli che era partito per l’Italia e Nini Benussi,
Ovidio Ghersevich, Mario Dal Barco, Antak, tutti in esilio che a loro volta erano
stati sostituiti da: Rocco, Gino Valconi, Betto Lenaz, Nino Zatelli, Darino
Bartolacicini e per ultimo un grande e carissimo amico Mici Mare, morto per la
tremenda disgrazia che c’è stata quando è scoppiato il vagone di munizioni in
Braida. Devo anche ricordare il Felice Maligoi, nostro allenatore, Nereo
Vecchietti che oltre al football <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>giocava
benissimo anche a pallacanestro e il nostro attrezzista (così li chiamano adesso),
uno dei quattro fondatori: il Bruno Slavez emigrato assieme a Enzo Antak, il
nostro cannoniere, nella lontana Australia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per ultimo ho lasciato
uno della vecchia guardia, che aveva sostituito subito dopo la prima partita il
Dante Plazzotta (fratello del famoso maestro di musica dei “Gatti Selvatici”)
che era partito per l’Italia. Alzatevi in piedi ragazzi! Adesso voglio parlare
del nostro capitano, di Rudi Devescovi, uno che aveva qualche annetto più dei
noi, una persona cara e educata, io penso che più di uno di noi ragazzi, abbiamo
imparato qualcosa da lui, un grande combattente in campo, un grande esempio per
tutti noi che in quei tempi avevamo ancora molto da imparare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Io non so dove sia, ma
voglio abbracciarlo anche a nome di tutti i ragazzi con cui ho avuto la soddisfazione
di averci giocato. Sarà molto difficile, ma io la butto lo stesso. Sarebbe
assai bello, se almeno una parte di questa gente si potesse incontrare, per
ricordar tutti assieme, finché non sarà troppo tardi, questa bellissima storia
che è stata per me e credo anche per gli altri: la “Portuale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-left: 141.6pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Alfio Mandich</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
1987 circa<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIcF39JevUyv7fXqPusiS4DwJJRupLAryN1E-QmbLpk8-rDnsoyxcLOqcP2GNhBdm2TnltScp-1R22WZfhsbiw8T6YSk3rsJzzVgwKBqOnXNbuZ7GFGDU29_2N37oua2fzxKhMEei_NWYkRHstxqJmzE6q_10Moz_pyfotlwjalAXUOPONeormHjtHCA/s3806/1946%20Fiume%20Portuale%20Rapp.va%20Nova%20Inglese%20.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2449" data-original-width="3806" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIcF39JevUyv7fXqPusiS4DwJJRupLAryN1E-QmbLpk8-rDnsoyxcLOqcP2GNhBdm2TnltScp-1R22WZfhsbiw8T6YSk3rsJzzVgwKBqOnXNbuZ7GFGDU29_2N37oua2fzxKhMEei_NWYkRHstxqJmzE6q_10Moz_pyfotlwjalAXUOPONeormHjtHCA/s320/1946%20Fiume%20Portuale%20Rapp.va%20Nova%20Inglese%20.jpeg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Foto qui sopra – Campo
Cellini. Fiume, 31.XII.1946. portuale - Rapp.va “Nave Inglese”
[Rappresentativa]. I componenti della Portuale in maglia bianca da sinistra a
destra: Rena, Rocco, Giacich, Marre, Lenaz. In basso sempre da sinstra a
destra: Devescovi cap. [capitano], Valconi, Marsi, Zatelli, Bartolaccini,
Mandich. [Didascalia originale di Alfio Mandich]. Collezione Igor Mandich.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bibliografia
e sitologia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Roberto Palisca (a
cura di), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Un omaggio ad Alfio Mandich</i>,
«La Voce del Popolo», 2006.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Salvatore Samani, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dizionario del Dialetto Fiumano</i>, a cura
dell’Associazione Studi sul dialetto di Fiume, Venezia – Roma, 1978.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Nicola Sbetti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giochi diplomatici. Sport e politica estera
nell’Italia del secondo dopoguerra</i>, Treviso / Roma, Fondazione Benetton Studi
Ricerche / Viella, 2020.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://varutti.wordpress.com/2020/10/05/antologia-del-calcio-a-fiume-1904-1956/">Antologia del calcio a Fiume, 1904-1956</a></i>,
on line dal 5 ottobre 2020 su varutti.wordpress.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMMzhPYsr6Z1K9QR32ounUPQZP6gPyc7kU30K-l1qeWKnEjlQfF4bvyoWQ7jaZUPM34K347iGBUpYvYrgBcwocw3DgcULbCIUtQPESCLI7-fuD1188OZFrh1OsO6bmB8w_MAgZAwaJ0Nfah4keMAEjMo6rljJB6PHNWbZSh_IihwXqhteINiZi48Pv_g/s2048/b%207)%20Empoli%201954-55%20Stadio%20di%20Bari.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1283" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMMzhPYsr6Z1K9QR32ounUPQZP6gPyc7kU30K-l1qeWKnEjlQfF4bvyoWQ7jaZUPM34K347iGBUpYvYrgBcwocw3DgcULbCIUtQPESCLI7-fuD1188OZFrh1OsO6bmB8w_MAgZAwaJ0Nfah4keMAEjMo6rljJB6PHNWbZSh_IihwXqhteINiZi48Pv_g/s320/b%207)%20Empoli%201954-55%20Stadio%20di%20Bari.jpg" width="200" /></a></b></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Foto qui sopra – Alfio
Mandich con la maglia dell’Empoli allo Stadio di Bari, 1954-1955. Collezione
Igor Mandich.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Testo
originale</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">: Alfio Mandich, <i>Ricordi
Sportivi. In Belveder xe nata la Portuale</i>, dattiloscr., 1987 ca. Trascrizione
in formato WORD e collezione di Igor Mandich, Genova.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– La redazione del blog, per l’articolo presente, è riconoscente al signor Igor
Mandich, figlio di Alfio, che vive a Genova, per aver cortesemente concesso, il
31 dicembre 2022, la diffusione e pubblicazione del testo originale. Si
ringraziano, infine, per la collaborazione riservata Bruno Bonetti, vicepresidente
dell’ANVGD di Udine e Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR),
delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
di Igor Mandich (ANVGD di Genova). Lettori: Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, i
professori Marcello Mencarelli e Daniela Conighi, di Udine. Aderiscono il
Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e la
delegazione provinciale dell’ANVGD di Arezzo. Networking di Sebastiano Pio
Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie della collezione di Igor Mandich. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricerche</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD),
Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo
piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario:
da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><i style="text-align: justify;"><span face=""Arial","sans-serif"" style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></i><p></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-30179073306428530132022-10-16T07:26:00.001-07:002022-10-16T07:32:29.974-07:00Udine, conferenza di Valter Lazzari su Holodomor, l’olocausto ucraino del 1922 voluto in URSS<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Il vocabolo in Italia è
ancora pressoché sconosciuto. </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Holodomor</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">
è</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">la terribile carestia procurata del
1932-33 che mieté sette milioni di morti e che colpì soprattutto l’Ucraina.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Ne ricorrono i novant’anni quest’anno.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Lo scorso 12 ottobre
2022, presso il centro culturale “Il Pellicano”, in viale Venezia a Udine,
promossa dall’Associazione Partigiani Osoppo-Friuli (Apo), con la
partecipazione della Associazione culturale Ucraina-Friuli, si è tenuta sul
tema una conferenza con immagini<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e
filmati. È un lavoro prodotto dal Raggruppamento Ingauno Volontari della
Libertà (relatore Valter Lazzari, Liguria) aderente, come l’Apo, alla Federazione
Italiana Volontari della Libertà (Fivl).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsnT7ZvYsr_WcS9kVW5frZZWIGnq0dP1WryktXYEYQe8LJQHoOU-6gxDwfIN7Pj5HnFvkv61iVjtx5It1JP3ynbSGzntt_wrpk2IIv2iVLb6D4zpsDwYY2vjcfD6QKllXRwRMiw_FyJfaiyUaMoz_flxyj58Al02Ch46Yj5JV_yH4fJ6UB4IdI_E37oQ/s1439/IMG_20221012_181628380_HDR%20copertina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="852" data-original-width="1439" height="189" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsnT7ZvYsr_WcS9kVW5frZZWIGnq0dP1WryktXYEYQe8LJQHoOU-6gxDwfIN7Pj5HnFvkv61iVjtx5It1JP3ynbSGzntt_wrpk2IIv2iVLb6D4zpsDwYY2vjcfD6QKllXRwRMiw_FyJfaiyUaMoz_flxyj58Al02Ch46Yj5JV_yH4fJ6UB4IdI_E37oQ/s320/IMG_20221012_181628380_HDR%20copertina.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 16px;"><div style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Valter Lazzari, in piedi, vicino a Roberto Volpetti e alla signora Lazzari.</span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Supportati dalle
documentate ricerche di storici<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>come
Robert Conquest, Nicolas Werth, Ettore Cinnella, Andrea Graziosi e Federigo
Argentieri, sono emersi gli elementi qualificanti di quel colossale crimine
dell’URSS.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Non solo non fu per cause
naturali ma neppure per sole inefficienze o negligenze: fu una carestia
pianificata. Fu genocidio di classe, per schiacciare i contadini indipendenti,
riducendo tutti a salariati, con fucilazioni o deportazioni per chi si
opponeva. E fu anche, per l’Ucraina, genocidio nazionale, per la contestuale
repressione degli intellettuali e delle chiese, ortodossa e cattolica. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Soprattutto<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la seconda<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>parte della serata ci interpellava come europei e come italiani: perché
per tanti decenni questa ignoranza e misconoscimento? Le cose si potevano
sapere ma c’è stata reticenza: col negazionismo fin che si è<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>potuto, poi con il riduzionismo (negando l’entità<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>numerica del disastro),<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>infine con il giustificazionismo (“ma era per
un bene superiore...”).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Si pensi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che del saggio principale che alzò il velo
del silenzio “Raccolto di Dolore”, uscito negli Usa nel 1986, una casa
editrice<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>italiana ne acquistò i diritti,
impedendo così ad altri la pubblicazione,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>ma lo tenne nei cassetti; poté uscire solo diciotto anni dopo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tra gli altri, in
riferimento alla crisi alimentare dell’Ucraina si ricorda che il romanziere Vasilij
Grossman, nel suo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tutto scorre...,</i> del
1971, ha scritto che: “facevano a pezzi i morti e li cuocevano, uccidevano i
propri figli e li mangiavano”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb0g-2_NiXz2BM3nvV42rQ3txu--DoNNFekOiUZMiu7DPSzOMvHQnYNWhOEmf8JD_pzJrUrcoLXBG16gqCepnTAtAiRaShU68Vla_xU77J4C8FhMi1crtXoEs2xipnnpcgOzKT1hJOOVjn_YVzGC2yICUCLbwZvDdmOmjk_4212Vbo1EGuIEh3BYjcWg/s1645/IMG_20221012_181659427_HDR%20pubblico.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="925" data-original-width="1645" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb0g-2_NiXz2BM3nvV42rQ3txu--DoNNFekOiUZMiu7DPSzOMvHQnYNWhOEmf8JD_pzJrUrcoLXBG16gqCepnTAtAiRaShU68Vla_xU77J4C8FhMi1crtXoEs2xipnnpcgOzKT1hJOOVjn_YVzGC2yICUCLbwZvDdmOmjk_4212Vbo1EGuIEh3BYjcWg/s320/IMG_20221012_181659427_HDR%20pubblico.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><div style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier; font-size: 12pt;">Udine, 12
ottobre 2022, conferenza presso il centro culturale “Il Pellicano”, in viale Venezia a
Udine, di Valter Lazzari su <i>Holodomor</i>, una parte del pubblico</span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">È stato, quello del 12
ottobre,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un evento di cultura e pure di
solidarietà fattiva: non solo beni materiali agli amici ucraini in Italia ma,
di più, aiutare gli italiani a conoscere<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>meglio la storia di quel paese.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Come dice lo storico Graziosi, lo Holodomor è l’evento identitario su
cui si fonda la legittimazione dello stato ucraino: ciò che per noi sono il
Risorgimento e la Resistenza.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quanto mai
pertinente, quindi, che l’organizzatore dell'evento fosse l'Associazione
Partigiani Osoppo-Friuli, presieduta da Roberto Volpetti, che ha aperto i
lavori della serata.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In sala, tra i
presenti, c’erano Bruno Bonetti, Sergio Satti, Luciano Bonifazi e Eda Flego,
dell’ANVGD di Udine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">---<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Testi di Bruno Bonetti
e Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico
dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti.
Lettori: Bruno Bonetti. Fotografie di Bruno Bonetti. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’archivio
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, ha sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI.
33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a
venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30. Presidente
dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti.
Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhae11sZmVEXriX_No4BQd9Mq66pgJqrBbtyOSmQ5qKvqFqjEXR_7wUxk2wLZMGvIXn1VUHRQR_ZB2Ftetji-TwZ6ouyzRttc9i76XiLaNiErqUnnINkbVQg3gQU5GaRSPPCkJn1J-hVRvrXK4Bm6ftyKdcz6VRoPZr8KrKyC-ojSLDuzbnNgkB8M4_Sw/s1645/IMG_20221012_180952408%20Volpetti.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="925" data-original-width="1645" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhae11sZmVEXriX_No4BQd9Mq66pgJqrBbtyOSmQ5qKvqFqjEXR_7wUxk2wLZMGvIXn1VUHRQR_ZB2Ftetji-TwZ6ouyzRttc9i76XiLaNiErqUnnINkbVQg3gQU5GaRSPPCkJn1J-hVRvrXK4Bm6ftyKdcz6VRoPZr8KrKyC-ojSLDuzbnNgkB8M4_Sw/s320/IMG_20221012_180952408%20Volpetti.jpg" width="320" /></a></div><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-66535732178794616502022-09-11T07:17:00.002-07:002022-09-15T01:29:51.453-07:00Maestri pionieri senza stipendio alla scuola sussidiata di Laterina, nel Campo profughi, 1956<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Ricordo che gli scolari del Campo profughi di Laterina avevano una gran
voglia d’imparare</i><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">”. Si apre con tali parole il racconto di Giulietta Del
Vita, maestra in baracca alle scuole elementari del Centro raccolta profughi
(Crp) di Laterina, provincia di Arezzo nell’anno scolastico 1956-1957. </span></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: center;"><span style="text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjxj_N_zBcCHkG9d5ACFoPnp71MtATDD-eoG5lT8-6lzR7ZMRXnWlvpLLSA4c7AOSr-ICj03jLCtfyYbgohJJ9wUqXqwzvQ8_lDzrOa1ae_l1w8zBK7utq1Wyz0B_rhSFMdupDXXmE6XMby4Bcqm_ch4Xwb4k3hBXJ8js0GA1_Rw4P_PTnr-TYeydvEg/s1576/anno%201960_Castiglion%20Alberti-Badia-Agnano_Bucine%20(AR)%20rit.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1385" data-original-width="1576" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjxj_N_zBcCHkG9d5ACFoPnp71MtATDD-eoG5lT8-6lzR7ZMRXnWlvpLLSA4c7AOSr-ICj03jLCtfyYbgohJJ9wUqXqwzvQ8_lDzrOa1ae_l1w8zBK7utq1Wyz0B_rhSFMdupDXXmE6XMby4Bcqm_ch4Xwb4k3hBXJ8js0GA1_Rw4P_PTnr-TYeydvEg/s320/anno%201960_Castiglion%20Alberti-Badia-Agnano_Bucine%20(AR)%20rit.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">La maestra Giuletta Del Vita, nel 1960, con gli scolari di Castiglion Alberti-Badia-Agnano-Bucine (AR). Collezione Giulietta Del Vita</div></span></span><p></p><p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Ho insegnato per solo un anno scolastico in
una stanzina</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> – ha aggiunto – </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">avevo
diciannove anni e mi sono trovata bene coi bambini e con le famiglie,
nonostante molti di loro avessero dei problemi con la lingua italiana, erano le
cosiddette scuole elementari sussidiate con maestri senza stipendio, lo si
faceva per avere punteggio nelle graduatorie del Provveditorato agli Studi.
Spesso erano delle pluriclassi, appena arrivavano i nuovi bambini al Campo li
si inseriva in una classe prima, perché si orientassero</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">”. La maestra Del
Vita aveva 34 iscritti, 11 maschi e 23 femmine con esami svolti dal 3 al 4
luglio 1957 e nel registro di classe ha annotato che il locale scolastico: “</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">ha un tetto resistente a tutto meno che alla
pioggia, mura disadorne, tre finestre che permettono di vedere una bella
campagna ed anche il vicino paese</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">”.</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-pZQGWnccNlSu47vcrk1PfkwtQiAnbhxeajmZxWgnTEq5LtZQ78ABIdOfHpUu3Tg6BtwOGdLdT7Pl7B8hr0yP2cyVhn9m6spFp-c4GYoyzFJtnNDS1BeZXSAp3Wb3WO-aVvfDH2emICap3NBAPp9WzWcezt5tMl4_bNO6cdG9NDb1yE25-FnEs0xuXw/s3025/Arezzo%201955,%20gare%20di%20Scuola%20Magistrale,%20Giulietta%20Del%20Vita%20%C3%A8%20la%20prima%20a%20sx.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1956" data-original-width="3025" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-pZQGWnccNlSu47vcrk1PfkwtQiAnbhxeajmZxWgnTEq5LtZQ78ABIdOfHpUu3Tg6BtwOGdLdT7Pl7B8hr0yP2cyVhn9m6spFp-c4GYoyzFJtnNDS1BeZXSAp3Wb3WO-aVvfDH2emICap3NBAPp9WzWcezt5tMl4_bNO6cdG9NDb1yE25-FnEs0xuXw/s320/Arezzo%201955,%20gare%20di%20Scuola%20Magistrale,%20Giulietta%20Del%20Vita%20%C3%A8%20la%20prima%20a%20sx.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Arezzo 1955, gare di
Scuola Magistrale, Giulietta Del Vita è la prima a sinistra. Collezione
Giulietta Del Vita.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Le hanno mai raccontato qualcosa
dell’esodo giuliano dalmata? </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">No, mai</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> – è la replica – </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">non
ho mai saputo nulla della loro vita precedente, per me era importante lavorare
e poi tornavo a casa col motorino di marca ‘Motom’ fino a Laterina stazione,
poi in treno fino a Montevarchi. Non sono mai entrata nelle baracche delle loro
famiglie. Avevo la lavagna, i banchi e le seggiole, non ricordo di aver patito
il freddo, come hanno scritto altri educatori</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">”. Ricorda il nome di qualche
maestro suo collega lì nel Crp di Laterina?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">C’erano la maestra Emilia Carmignani, proveniente</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">da
Loro Ciuffenna (AR), il maestro Romano Alfieri e Giuliana Stoppielli, da
Terranuova Bracciolini (AR)</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – ha risposto la maestra Del Vita
– <i style="mso-bidi-font-style: normal;">eh, tra colleghi si stava bene, si
scherzava, poi c’era il direttore didattico Elio Scala e quando ci facevano
visita il Direttore o l’ispettore, per gli allievi era una festa, dato che non
vedevano mai nessuno</i>”. Ha mai portato in gita i suoi scolari?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Più che altro facevano delle belle passeggiate vicino al Crp, alla
centrale elettrica, o lungo il fiume Arno</i> – ha concluso la maestra
Giulietta Del Vita – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ricordo che i
maschietti erano felicissimi e mi dicevano: Allora maestra, andiamo a ingrumar
fiori? E io, per l’ennesima volta, li dovevo correggere, avevano il dialetto
dentro di sé e in famiglia parlavano solo in quel modo</i>”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjI5Lqnu9G8fzt1eNP13u7XopkYcFebyWy_8wKGM62Ehgu0tCXmhTR6HswuZLHJHTYTFzfyvzN32qagUK_epQdDNtIiwDC8bDz1Z8kk6hi_5Tmq8OTQMp9UClre_LWVTcVCmKH2BF1vgEiGSfZ75U3FhdJYubbW-tsdWvfJW8RcHKQqar6FkyupseaGbQ/s981/nomina%20di%20Giulietta%20De%20Vita%20al%20Crp%20Laterina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="981" data-original-width="731" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjI5Lqnu9G8fzt1eNP13u7XopkYcFebyWy_8wKGM62Ehgu0tCXmhTR6HswuZLHJHTYTFzfyvzN32qagUK_epQdDNtIiwDC8bDz1Z8kk6hi_5Tmq8OTQMp9UClre_LWVTcVCmKH2BF1vgEiGSfZ75U3FhdJYubbW-tsdWvfJW8RcHKQqar6FkyupseaGbQ/s320/nomina%20di%20Giulietta%20De%20Vita%20al%20Crp%20Laterina.jpg" width="238" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Nomina
a insegnante di Del Vita Giulietta nella scuola sussidiata di Laterina Campo
profughi per l’anno scolastico 1956-’57</span></span></i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">, ciclost. e ms.
Collezione Giulietta Del Vita.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
Memoriale di Edoardo Radolovich, 2021<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un suo affezionato
allievo, Edoardo Radolovich, nel 2021, ha scritto che: “La nostra maestra non
solo era brava, ma anche carina oltre che simpatica e per questi motivi eravamo
molto legati a lei. Parlando del più e del meno una volta ci disse che abitava
a Montevarchi che era un paese a nord di Laterina e distava 12-13 chilometri” (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dvori. Breve storia di un bimbo Slavo con
genitori Italiani e nonni Austriaci,</i> p. 34).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Era una giornata
estiva e con il solito gruppetto camminavamo sulle sponde dell’Arno quando mi
venne un’idea malsana. Andare a trovare la maestra e facendo un piccolo calcolo
in due ore potevamo essere a Montevarchi. Oramai l’aritmetica e la logica erano
il nostro pane. Continuammo lungo il fiume ma non era molto agevole anche
perché ogni tanto c’era un torrentello che si immetteva e per noi era
impossibile attraversarlo se non andare in cerca di qualche ponticello. Così
però avremmo perso troppo tempo e già eravamo partiti a pomeriggio inoltrato.
Decidemmo altresì di raggiungere la strada statale che stava poco più su.
Camminammo molto ai bordi della stessa con qualche macchina che passava ogni
tanto ma a dire il vero erano pochissime in quel periodo. Dopo qualche ora
arrivammo alle porte del paese ovvero dove c’era il cartello stradale con su
scritto “Montevarchi”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tutti felici (eravamo
in tre) guardammo il cartello ma le luci stradali in quel momento si accesero e
ci rendemmo conto che era quasi sera. Invertimmo velocemente la marcia e
seguendo la strada ci incamminammo verso Laterina. Dopo un paio di ore era
completamente buio ed eravamo scoraggiati anche se non proprio impauriti.
D’altrocanto avevamo circa otto-nove anni ed impreparati a tutto o quasi.
Qualcuno di noi stava per disperarsi e minacciava di buttarsi sotto una delle
poche automobili che passavano di lì” (p. 35). Poi tutto finì bene perché un
passante, alla guida di una Topolino, accompagnò i tre scolari in Campo
profughi, dove erano attesi dagli allarmati genitori e dal personale del Crp
stesso. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb4kEZtZqtcuV2QwkjtYADnuUPOrGEUWMVXlR_j3tIuvAbs_5UOo9Xv9k08uuOcloss_0-q7M3Bear1u7zxkvqL00Pr3d5FUaB8pcc_0Z11TzXXQAkxEHm_k2PZ6vmz9Jyg4YYk5MGE2VH4qz5h0t00pFSNhQAJD72nfKbqC_3xI_cBTbA_R7hqdgi2Q/s966/Decalogo%20del%20bravo%20maestro.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="966" data-original-width="701" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb4kEZtZqtcuV2QwkjtYADnuUPOrGEUWMVXlR_j3tIuvAbs_5UOo9Xv9k08uuOcloss_0-q7M3Bear1u7zxkvqL00Pr3d5FUaB8pcc_0Z11TzXXQAkxEHm_k2PZ6vmz9Jyg4YYk5MGE2VH4qz5h0t00pFSNhQAJD72nfKbqC_3xI_cBTbA_R7hqdgi2Q/s320/Decalogo%20del%20bravo%20maestro.jpg" width="232" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Decalogo
di un bravo maestro</span></span></i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">, Montevarchi, 8 febbraio 1957, ciclost.
Collezione Giulietta Del Vita.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
Decalogo del bravo maestro ed altri atti scolastici<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Se non fosse autentico,
tale Vademecum potrebbe sembrare uno scherzo di Carnevale o del Primo di
aprile. È una curiosità. Veniva distribuito ad ogni maestro con la consegna della
nomina di insegnamento firmata dal Provveditore agli Studi della Provincia.
Questa sì, era ed è un pezzo di carta importantissimo per un insegnante
statale, perché significa che ha il lavoro. Poi la maestra Del Vita deve aver
iniziato a leggere. Il primo punto è: “Sii umile e modesto”. Punto 2: “Non
avere fretta nell’avanzare”. Punto 3: “Non essere sollecito nel giudicare male
gli alunni”. Punto 4: “Sii allegro e ottimista”. Punto 5: “Guarda con simpatia
e ammirazione le cose degli alunni”. Punto 6: “Sii di costante esempio” e così
via, sull’onda del libro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cuore</i> di
Edmondo De Amicis. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Molto interessante,
invece, in chiave pedagogica è il documento del 1° febbraio 1957 firmato da
Elio Scala, Direttore didattico di Montevarchi (AR), diretto agli insegnanti
della scuola elementare del Crp di Laterina. L’oggetto della lettera
dattiloscritta è: la scuola sussidiata del Crp di Laterina. Si legge che il
Provveditore agli Studi “ha istituito una seconda Scuola sussidiata nella sede
del Crp [ossia: in baracca, NdR], onde poter impiegare la maestra Benvegnù
Pasqua nel recupero degli alunni da poco immigrati dalle Scuole croate dei
territori italiani occupati dalla Iugoslavia (…)”. Gli altri maestri coinvolti
nell’insegnamento, oltre alla Giulietta Del Vita, sono: Anna Maria Fratini,
Giuliana Stoppielli, Emilia Carmignani e Romano Alfieri. Quattro classi fanno
lezione al mattino, mentre le altre nel pomeriggio. Con la pluriclasse della
maestra Pasqua Benvegnù, in tutto si contano sette classi. Dai registri dei
maestri si vedono gli elenchi che contano 25-35 iscritti, talvolta fino a 40
bambini e passa, per un totale complessivo di oltre 250 scolari. In altri anni
scolastici aumentano le pluriclassi e c’è un ricambio di bambini dietro i
banchi, per i nuovi arrivi e per le emigrazioni di altri. I trasferimenti in
alcune classi sono il 20 per cento degli iscritti, subito rimpiazzati dai nuovi
ingressi provenienti dalle scuole croate. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHBocPRNgcyPB0A1CUfl0-FjnPCidwxQLEfb_ST17eg-13UwPx5qh3JYu-WuGFAmlnVY7rqiYyqPk5WuZIAJnAQoGkS5PMP0CB8goTif_xuNrVTJJUVEmCjktAKmCbi-HeETGouG3mrU4eMN8VXiF7eYT59Dlatc_X3XEj5Q0jVAHBPqCLaGVdfxkw5A/s3451/Senzanome%2011.1%20x%20copertina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2683" data-original-width="3451" height="249" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHBocPRNgcyPB0A1CUfl0-FjnPCidwxQLEfb_ST17eg-13UwPx5qh3JYu-WuGFAmlnVY7rqiYyqPk5WuZIAJnAQoGkS5PMP0CB8goTif_xuNrVTJJUVEmCjktAKmCbi-HeETGouG3mrU4eMN8VXiF7eYT59Dlatc_X3XEj5Q0jVAHBPqCLaGVdfxkw5A/s320/Senzanome%2011.1%20x%20copertina.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Disegno di una allieva della classe 1^ elementare del Crp di Laterina, anno scolastico 1956-1957;
collezione privata.<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I
disegni e i pensierini dei bambini delle baracche<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Da una collezione
privata si sono esaminati diversi disegni e pensieri scritti degli scolari del
Crp di Laterina negli anni ‘50, talvolta dedicati alla maestra o al direttore
“che ci ha portato un bel libro”. Si notano, tra i disegni, molti animali
domestici, come l’asino, la pecora, oche e galline, ben noti ai figli dei
contadini istriani, liburnici e dalmati. Certe bambine disegnano case, pulcini,
ciliegie, frumento, farfalle, cardellini, canarini e variopinti fiori. Sia i
maschietti che le femmine non scordano di dipingere una grande nave, avendo
forse il babbo in marineria. Un certo Gino Sincich disegna perfino un torchio,
non si sa se per olive o uva, comunque un residuo della cultura agreste
dell’Istria. Disegnano colline e il fiume Arno che passa nelle vicinanze del
Crp. Dovendo vivere in baracche tutte uguali e andando a lezione in una
baracca, la sagoma della casa o della scuola sono simili, c’è chi disegna la
fontana all’esterno, come effettivamente dovevano fare i profughi per
approvvigionarsi dell’acqua per uso personale e domestico. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4Y1D7C6rZki1o6N_vpG_tj6oqETZpYdzckh4AxT3SQU_pCVCmP5ffUDpa1txk50KzhVkam_qPiPZE3PTG0OAquTV2oO4vTgX-D1ZK6sW-pNrzhztRs17yRldSZbPmDD0UYlz10WaxZXDnkEqeS-mgDDbMK-0D29Kxj-CLc54PpYSWuR1u-M0oXuHvgA/s921/nomine%20maestri%20Crp%20Laterina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="921" data-original-width="732" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4Y1D7C6rZki1o6N_vpG_tj6oqETZpYdzckh4AxT3SQU_pCVCmP5ffUDpa1txk50KzhVkam_qPiPZE3PTG0OAquTV2oO4vTgX-D1ZK6sW-pNrzhztRs17yRldSZbPmDD0UYlz10WaxZXDnkEqeS-mgDDbMK-0D29Kxj-CLc54PpYSWuR1u-M0oXuHvgA/s320/nomine%20maestri%20Crp%20Laterina.jpg" width="254" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Lettera di Elio Scala, Direttore
didattico a Montevarchi (AR), Scuola sussidiata nella sede statale di Crp
Laterina, 1° febbraio 1957, dattiloscr. Collezione Giulietta Del Vita.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Conclusioni</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Con i circa 250 scolari già citati, includendo poi i bimbi dell’asilo
infantile, si può affermare che i bambini che frequentano le istituzioni
scolastiche del Crp a Laterina sono tra i 400 e i 500 individui all’anno. Poi
ci sono quelli delle scuole medie e superiori. Così tanto per aggiornare, per
l’ennesima volta, i dati del primordiale censimento, chiuso nel 1956, da Amedeo
Colella per conto dell’Opera per l’assistenza ai profughi giuliano-dalmati,
edito nel 1958, che riportava esserci in tutta la provincia di Arezzo solo “588
profughi dislocati”. Nel Crp di Laterina, dal 1946 al 1963, invece transitano circa
10 mila profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia, oltre a certi italiani espulsi
dalle ex colonie d’Africa (Pesca G… 2021) (Varutti E 2021).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Giulietta Del Vita, Montevarchi (AR), 1938, int.
al telefono a cura di Elio Varutti e Claudio Ausilio del 31 agosto 2022, in
presenza di Fabio Rossi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
originali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> - Edoardo Radolovich, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dvori. Breve storia di un bimbo Slavo con genitori Italiani e nonni
Austriaci</i>, testo in PDF con fotografie, 2021 pp. 42.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhm_EWeNhRETczElg-72nZd5W0gg7GrK4fu8lPEiYS4d19h0xIKMpTiCSE4zAItZGufG-p2U8ly6sDgd-c95Gb_yhpH1CEu1KPm2yxR-aOPomx9cSmKRHs82aoC6XZPPCQFXGs8UvoVKwhu93y1ur9FKRxG_SgCjLipUAKOJVmxBAaOqo_naOx-Ff6iJg/s4811/Blasich-Renata%204.0.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4811" data-original-width="3447" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhm_EWeNhRETczElg-72nZd5W0gg7GrK4fu8lPEiYS4d19h0xIKMpTiCSE4zAItZGufG-p2U8ly6sDgd-c95Gb_yhpH1CEu1KPm2yxR-aOPomx9cSmKRHs82aoC6XZPPCQFXGs8UvoVKwhu93y1ur9FKRxG_SgCjLipUAKOJVmxBAaOqo_naOx-Ff6iJg/s320/Blasich-Renata%204.0.jpg" width="229" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Pensierino dell’alunna
Renata Blasich di Pola, del 10 aprile 1957, sulla lunga casa-baracca del Crp di
Laterina non intonacata e priva di grondaie. Notare i mattoni rossi a vista nel
disegno, come nella realtà. Collezione privata.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezioni
private<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giulietta Del Vita,
Montevarchi (AR), documenti scolastici stampati, ciclostilati e ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Collezione privata,
Arezzo, disegni e scritti scolastici, ms colorati.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
d’archivio<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Premesso che potrebbero
esserci alcuni errori materiali di scrittura, ecco i testi raccolti da Claudio
Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo presso l’Istituto Comprensivo “Francesco Mochi”
di Levane (AR).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Provveditorato agli
studi di Arezzo, Comune di Laterina, Scuole elementari, Direzione Didattica di
Montevarchi, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Relazione finale, Scuola di
Campo Profughi, Classe 1^ insegnante Del Vita Giulietta</i>, anno scolastico
1956-1957, pp. 30, stampato e ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Amedeo Colella (a
cura di), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’esodo dalle terre adriatiche.
Rilevazioni statistiche</i>, Roma, 1958.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giuliana Pesca,
Serena Domenici, Giovanni Ruggiero, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tracce
d’esilio. Il C.R.P. di Laterina 1948-1963. Tra esuli istriano-giuliano-dalmati,
rimpatriati e profuganze d’Africa</i>, Città di Castello (PG), Biblioteca del
Centro Studi “Mario Pancrazi”, Edizioni NuovaPrhomos, 2021.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Elio Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La patria perduta. Vita quotidiana e
testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina
1946-1963</i>, Aska edizioni, Firenze, 2021.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivoxhMag7USbmZxxo-MPWNf546MRGmewRCEmJGcdusD9VYhFGjR65bY_rQYrDBaw95g0Cax6NBysiQFbwAqZ19AZztV_E-D6mOAOsPk2M0ktjSjDua1InLVNaqWhPOInkhUE7K7GPehvG0kg0Sa8-IAQUBlVdLQEcDIqDGcDVEEyVWKVJGXNaiQ_qoKQ/s3221/Stifanich-Oriana%203.0.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3221" data-original-width="2345" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivoxhMag7USbmZxxo-MPWNf546MRGmewRCEmJGcdusD9VYhFGjR65bY_rQYrDBaw95g0Cax6NBysiQFbwAqZ19AZztV_E-D6mOAOsPk2M0ktjSjDua1InLVNaqWhPOInkhUE7K7GPehvG0kg0Sa8-IAQUBlVdLQEcDIqDGcDVEEyVWKVJGXNaiQ_qoKQ/s320/Stifanich-Oriana%203.0.jpg" width="233" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Una delle tante navi
disegnate dagli alunni della scuola elementare al Crp di Laterina. Qui con
pensierino di Oriana Stifanich, di Parenzo (PL), 11 marzo 1957. Collezione
privata.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Progetto
e ricerca</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> di Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo). Interviste di
Claudio Ausilio e Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro
storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio
Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Giulietta De Vita, Claudio Ausilio e Marco
Birin. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e
documentazione sull'esodo giuliano dalmata, Udine. Si ringrazia Fabio Rossi, di
Montevarchi, per la collaborazione alla ricerca.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fotografie da
collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che
ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara
Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikCAQ0a1OdBxq6cTwnApL8vnwVVeD9Ev3IU2IYj165RSpznDFn2QY-MjIyrFKXj2dnYnNJ4xTFoSxvMR4bMM0DyUM_kyUMyp5KVoMUGFoa754_920vTFZN957L4kFiDYwTuM9rWaIKNroeatDOQ2DK0zua9r1gpqltRslme6FU5XoXLVF3F-yba0QNEw/s2997/Arezzo%201955%20Giulietta%20Del%20Vita%20taglia%20il%20traguardo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1870" data-original-width="2997" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikCAQ0a1OdBxq6cTwnApL8vnwVVeD9Ev3IU2IYj165RSpznDFn2QY-MjIyrFKXj2dnYnNJ4xTFoSxvMR4bMM0DyUM_kyUMyp5KVoMUGFoa754_920vTFZN957L4kFiDYwTuM9rWaIKNroeatDOQ2DK0zua9r1gpqltRslme6FU5XoXLVF3F-yba0QNEw/s320/Arezzo%201955%20Giulietta%20Del%20Vita%20taglia%20il%20traguardo.jpg" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Arezzo 1955, la
studentessa magistrale Giulietta Del Vita taglia il traguardo in una gara scolastica. Collezione
Giulietta Del Vita.<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQYRQha6HspLW3IEhfi04DzMIx9lGg-ZSzl87knwNC0JpeHQPSWkT4hZf2MZw-EWs-4AD-tJ-q2MquPvDxoIpGFvcTR7Gu4befad66xt3JLWMRn0ofTQOqXNrdflrjOX7xKzO0x6AbBBo_25T8kChjHz9CUdnEvmzMweayh9zSHh7DsS91QpMnqJKv1Q/s4733/Gelleni-Nevia%2001.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4733" data-original-width="3477" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQYRQha6HspLW3IEhfi04DzMIx9lGg-ZSzl87knwNC0JpeHQPSWkT4hZf2MZw-EWs-4AD-tJ-q2MquPvDxoIpGFvcTR7Gu4befad66xt3JLWMRn0ofTQOqXNrdflrjOX7xKzO0x6AbBBo_25T8kChjHz9CUdnEvmzMweayh9zSHh7DsS91QpMnqJKv1Q/s320/Gelleni-Nevia%2001.jpg" width="235" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Attestato di affetto
per il Direttore didattico di Montevarchi con farfalla gigante e baracca da
parte della scolara Nevia Gelleni, di Gimino (PL). Collezione privata.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPi7bKnD6OqCmos77n2hRve1kCZQAEVwdUr6rkV1NE9kk9ESUpyg4qF_VPlGPlKOlwkgHvW5I4Xzoz8WEv7j5k6-hEU8UJLWt4vGh6DJbd-YneyUIU6tXRwGgdvw9Tfsm0VsIzIefQGcx9uA4SeFdtiJTSNQgci3Dy3WZwzQyZiOizDyx7mNVSo1FdIg/s3216/Vescovi-Liliana%202.1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2309" data-original-width="3216" height="230" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPi7bKnD6OqCmos77n2hRve1kCZQAEVwdUr6rkV1NE9kk9ESUpyg4qF_VPlGPlKOlwkgHvW5I4Xzoz8WEv7j5k6-hEU8UJLWt4vGh6DJbd-YneyUIU6tXRwGgdvw9Tfsm0VsIzIefQGcx9uA4SeFdtiJTSNQgci3Dy3WZwzQyZiOizDyx7mNVSo1FdIg/s320/Vescovi-Liliana%202.1.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Semplice riproduzione
di una disadorna baracca del Crp di Laterina della scolara Liliana Vescovi, di Pola.
Notare, a destra, la fontana all’aperto, dove approvvigionarsi d’acqua, come nella dura realtà. In cielo nere nuvole la dicono lunga sulla vita in Campo profughi. Collezione privata.<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><br /></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-21363440934085669152022-09-09T00:04:00.000-07:002022-09-11T07:19:08.367-07:00Papa Luciani, dalla Vigna del Signore alla Beatificazione del 2022<p><span style="font-family: "Bradley Hand ITC"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Riceviamo e volentieri
pubblichiamo un articolo di Carlo Cesare Montani, esule di Fiume, dedicato alla
beatificazione di Papa Giovanni Paolo I (in latino: Ioannes Paulus PP. I, nato
Albino Luciani; Canale d'Agordo, 17 ottobre 1912 – Città del Vaticano, 28
settembre 1978). A cura di Elio Varutti, per la redazione del blog.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">---<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3Y8kOiRgQ2lEhAnpv0t2CwUbXcCLNSzFPM9b-357Fb-rKHYaAzh76KBfiNnKhkRihCEwsOelYGyI-WetXPljTASbPb5JSYvCh3UCVCloKq6NzMdldzwc4airDN1lEZf0OOHhpNlR8sLlQCuGCPwRBq-l0-aoH1To4xT2b8_PHFsnoVskE-2Mmu3HGJg/s276/thumbnail.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="207" data-original-width="276" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3Y8kOiRgQ2lEhAnpv0t2CwUbXcCLNSzFPM9b-357Fb-rKHYaAzh76KBfiNnKhkRihCEwsOelYGyI-WetXPljTASbPb5JSYvCh3UCVCloKq6NzMdldzwc4airDN1lEZf0OOHhpNlR8sLlQCuGCPwRBq-l0-aoH1To4xT2b8_PHFsnoVskE-2Mmu3HGJg/s1600/thumbnail.jpg" width="276" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">PAPA LUCIANI: DE
MEDIETATE LUNAE (27 AGOSTO - 28 SETTEMBRE 1978)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">DALLA
VIGNA DEL SIGNORE ALLA BEATIFICAZIONE DEL 2022.</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">IL SANTO PADRE
PALADINO<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>DELL’ UMILTA’ NEL SEGNO DELLE
VIRTU’ TEOLOGALI: FEDE SPERANZA E CARITA’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La celebre profezia di
otto secoli orsono, che sarebbe stata opera di Malachia, costituisce quasi
certamente un falso storico ma conserva un fascino tutto suo, nella misura in
cui ha potuto attribuire a oltre cento Papi della Chiesa Romana alcune
indicazioni formali di specifici ruoli e vocazioni,, in cui non è difficile
riconoscere qualche attinenza sia pure casuale con la realtà storica dei
rispettivi pontificati. Si pensi a Pio IX come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Crux de Cruce</i> (con ovvio riferimento prioritario alla fine del
temporalismo), a Pio XII quale <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pastor
Angelicus</i> (nel ricordo dell’impegno umanitario durante il secondo conflitto
mondiale), a Giovanni XXIII come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pastor
et<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nauta</i> (quale riconoscimento di un
nuovo ecumenismo collegato ai tanti viaggi) e per l’appunto, a Giovanni Paolo
I, nel riferimento alla “Medietate Lunae” quale metafora dei 33 giorni di
presenza del Papa Luciani sulla Cattedra di San Pietro, e quindi, per il breve
tempo corrispondente al ciclo lunare.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Oggi, con la
beatificazione avvenuta in Piazza San Pietro il 4 settembre 2022 dopo una lunga
istruttoria (non a caso si è parlato di procedura senza sconti), le virtù di
questo grande Pontefice sono state riconosciute anche sul piano dell’ortodossia
ufficiale, a cominciare da quella prioritaria dell’umiltà, praticata sin dagli
inizi della vita nella nativa Canale d’Agordo, per proseguire con fede,
speranza e carità, basi altrettanto inderogabili della viva esperienza
cristiana di Papa Luciani. Non a caso, in ciascuna delle quattro sole udienze
generali tenute durante il breve pontificato del 1978, la “lectio magistralis”
che i fedeli presenti poterono ascoltare dal Sommo Pontefice avrebbe riguardato
progressivamente, a cominciare all’umiltà, proprio quelle quattro virtù, viste
come modello di comportamento per il popolo di Dio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Sono trascorsi
quarantaquattro anni dall’improvvisa e sconcertante scomparsa di Papa Albino,
avvenuta nella notte del 28 settembre, e non sono mancate congetture fantasiose
ma talvolta pervicaci, circa le possibili cause. Sta di fatto che, partendo da
Venezia per il Conclave di fine agosto, aveva manifestato la massima
tranquillità ritenendo che le preferenze degli Eminentissimi elettori si
sarebbero orientate verso altre candidature “eccellenti”. Ebbene, quando lo
Spirito Santo dispose altrimenti, facendo convergere sul nome del Patriarca il
91 per cento dei 111 voti,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la sua
emozione fu straordinaria, e si protrasse per tutta la “luna” del pontificato,
non senza dichiarazioni molto preoccupate per la nuova missione “ecumenica” in
luogo di quelle pastorali di Vittorio Veneto o della stessa Venezia. Non a caso,
al mattino del 28 settembre, quando ne fu scoperta la repentina scomparsa, fu
trovato con un foglio in mano, contenente appunti per la quinta udienza che non
ebbe luogo, e che avrebbe dovuto riguardare la virtù della prudenza.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Del resto, ormai da Papa,
avrebbe confessato di avere avuto un attimo di perplessità nel momento in cui
il “pericolo” dell’elezione al Soglio divenne certezza, ma di averlo superato,
sia pure con ovvia e naturalissima emozione, pensando che la volontà del
Signore corrisponde a disegni imperscrutabili. Probabilmente, in quello stesso
momento gli sarebbe stato di conforto il ricordo della visita pastorale resa a
Venezia dal predecessore Paolo VI in data 16 luglio 1972, quando Papa Montini
pose la propria stola sulle spalle del Patriarca Luciani con un gesto che parve
costituire un’investitura “ante litteram” e che ebbe un primo seguito tangibile
nella successiva elevazione al ruolo cardinalizio, sopravvenuta nel marzo
1973.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Fra le curiosità
collaterali si può aggiungere che il Conclave avrebbe visto - caso unico nella
storia -la “fumata” inizialmente nera, tanto da far credere che l’elezione non
fosse avvenuta, salvo diventare bianca nel breve termine. Era stato
semplicemente un errore nell’alimentazione del camino. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le cause di
beatificazione sono sempre lunghe, e quella del “Servo di Dio” Albino Luciani
non ha fatto eccezione alla regola, traducendosi in una lunga serie di
verifiche e di testimonianze, quasi tutte rese personalmente dagli interessati.
In ogni caso, anche nella fattispecie è stata accertata la realtà storica di un
miracolo documentato ufficialmente, con riferimento alla vicenda di Candela
Giarda, la piccola argentina guarita nell’estate dal 2011 da una grave forma di
epilessia maligna che l’aveva portata in punto di morte, e che fu
provvidenzialmente sottratta alla morte dall’intervento di Padre Juan José
Dabusti, nel momento in cui propose di pregare il Cardinale Luciani, da lui già
conosciuto nelle straordinarie virtù pastorali, non senza affermare che a dare questo
consiglio era stato lo Spirito Santo. Resta il fatto indubitabile che nel breve
volgere di due mesi a Candela fu riconosciuta clinicamente l’avvenuta
guarigione, e che nel 2022 ha inviato un video alla cerimonia di
beatificazione, quale testimonianza della sua storia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Attestazioni toccanti
sono state rilasciate anche da Suor Margherita Marin e da Suor Vincenza
Taffarel della Congregazione di Santa Maria Bambina, le Consorelle che
trovarono il Papa defunto alla mattina del 28 settembre, e che ne hanno narrato
con grata memoria, anche le attenzioni per il loro lavoro. Tra l’altro,
Margherita rammentava che Luciani la esortava a “non avere troppa attenzione
nello stirare le camicie” con perdita di tempo prezioso per lavori più
importanti: sarebbe stato più che sufficiente farlo per “collo e polsi”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il saluto dell’ultima
sera ebbe luogo col tradizionale augurio della buona notte e con l’arrivederci
all’indomani, accompagnato da un memento di sapore biblico: “Se il Signore
vuole ancora”!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Nell’ambito delle testimonianze
di famiglia, conviene citare quella di Lina Petri, figlia della sorella
Antonia, nel ricordo delle cartoline che lo “Zio” le inviava da Roma durante il
breve periodo del pontificato, e soprattutto delle importanti “chiacchierate”
su figure di massima rilevanza nella storia della Chiesa, con particolare
riguardo a grandi Santi del passato, senza dire degli aiuti che aveva dato e
continuava a dare per le persone in difficoltà.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Non trascurava, tra
l’altro, di ricordare che in occasione dei funerali di Pier Paolo Pasolini i
Vescovi friulani gli avevano chiesto lumi su come comportarsi: ebbene, lui
aveva umanamente risposto che tutti abbiamo bisogno della misericordia del
Signore e che lo stesso Pasolini, già da adolescente, “era attaccato alla Chiesa,
cosa davvero basilare”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ecco un esempio di
apertura e disponibilità, che peraltro non escludeva una forte intransigenza
sulle questioni generali. A quest’ultimo riguardo, conviene rammentare che nel
1974 assunse una posizione notevolmente forte sul referendum istituzionale in
materia d’interruzione degli effetti civili del matrimonio, fino al punto di
sciogliere la FUCI veneziana, ossia l’Organizzazione degli universitari
cattolici, a fronte dell’atteggiamento che aveva assunto in contrapposizione a quello
della gerarchia ecclesiastica. A maggior ragione intransigente fu sempre nella
difesa dei deboli, con particolare riguardo ai poveri, agli emarginati, ed
anche agli operai, in specie di Marghera, prendendo netta posizione contro i
licenziamenti, cercando di mediare alacremente, e compiendo parecchi gesti di
solidarietà personale, in analogia all’opera che nello stesso periodo andava
svolgendo Giorgio La Pira, il celebre “Sindaco Santo” di Firenze.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Per Papa Luciani, con
un richiamo che ricorda quasi paradossalmente quello di Gabriele d’Annunzio
durante la “Reggenza Italiana” di Fiume (1920), “la proprietà privata non
costituisce un diritto incondizionato e assoluto: nessuno è autorizzato a
riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri
mancano del necessario”. Analogamente, durante la sua Vice Presidenza della
Conferenza Episcopale Italiana, promosse la proposta di donare un punto
percentuale delle rendite acquisite dalle Chiese ricche, in favore di quelle
dei Paesi in via di sviluppo, dove diventava sempre più urgente “riparare il
peccato sociale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Last
but non least</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">, aveva una memoria eccezionale<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che gli consentiva di fare frequenti
citazioni, sia di testi ecclesiastici sia di fonti laiche, a supporto delle sue
esternazioni. Basti pensare, se non altro per la speciale particolarità del suo
destino, a quella evangelica e paolina: “Siate pronti, perché nell’ora che non
immaginate il Figlio dell’Uomo verrà” (Mt. 24-44).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">In politica
internazionale, era non meno attento alle ragioni della giustizia e al suo
permanente impegno contro l’iniquità, sulla falsariga della “Populorum
Progressio” di Papa Montini e di un convinto atto volitivo contro qualsiasi
conflitto, perché “ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile”.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ecco un’affermazione che conserva
sconcertanti valenze di attualità, e che merita l’attenzione comune quale
spunto di riflessione permanente, nell’ambito di comuni auspici dell’autentica
“pax christiana”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Nonostante i molteplici
impegni,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>viaggiò proficuamente
all’estero: al riguardo, si devono ricordare la presenza in Germania del 1975
per partecipare alla “Giornata del lavoratore italiano” in programma a Mainz,
quella in Svizzera del 1976 per incontrare gli emigrati; quella in Brasile del
medesimo periodo, anche per la laurea “ad honorem” riconosciutagli a Rio Grande
do Sul.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Soprattutto, si deve
ricordare la lunga visita pastorale fatta in Burundi (agosto-settembre 1966)
nell’ambito delle attenzioni per il Terzo Mondo che sarebbero emerse con forza
anche nel Concilio: in tale occasione, fu precursore della prassi di porgere
l’Eucarestia in mano (motivata da ragioni igienico-sanitarie) e di celebrare la
Santa Messa in lingua locale, che poi sarebbero diventate prassi ordinaria per
decisione vaticana.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le motivazioni della
beatificazione hanno visto nell’Amore una sorta di “costante universale”<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>cui il pensiero e l’azione del Santo Padre
Giovanni Paolo I furono incessantemente fedeli per tutta la vita, pur nella sofferta
consapevolezza degli effetti che avrebbero potuto indurre in termini di
“sacrificio, silenzio, incomprensione, solitudine” ma nella tranquilla
consapevolezza di onorare la volontà del Signore. Se non altro per questo, la
“lezione” di Papa Luciani si è giustamente tradotta nella determinazione di
proclamarne la beatitudine, non solo quale omaggio postumo a straordinarie
virtù, ma nello stesso tempo, come chiara indicazione di scelta etica e di
comportamenti umani, civili e sociali.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">In buona sostanza, il
Parroco Luciani, al pari dell’insegnante, del teologo, del Vescovo, del
Patriarca, dell’Eminenza e del Papa, fu sempre fedele al lavoro, allo stile
sobrio, alla solidale attenzione per gli umili, con una continuità e con una
convinzione che ne esaltano il ruolo missionario, e nello stesso tempo
indubbiamente maieutico, e ne suffragano “ad abundantiam” il senso
prescrittivo, se non anche messianico, dell’ultima beatificazione.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span>Carlo
Cesare Montani<o:p></o:p></span></b></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-62445715096474597952022-08-19T06:47:00.000-07:002022-08-19T06:57:35.300-07:00La commemorazione del 18 agosto 2022 a Trieste per la strage di Vergarolla<p><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Nel 76° anniversario della
strage di Vergarolla, volentieri pubblichiamo nel blog l’originale riflessione
di <b>Laura Brussi Montani</b> sull’attentato del 1946, a Pola e sulla cerimonia che
si tiene a Trieste ogni anno in San Giusto, dal 2011, data dell’inaugurazione
del Lapide in ricordo delle vittime; vedi le fotografie qui sotto. </span><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt;">Nel 2022 c’erano, oltre
alla Rappresentanza del Comune, il Generale Francesco Bonaventura, Presidente di Assoarma
e Grigioverde, vari commossi cittadini</span><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> (a cura di Elio Varutti).</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjx-aAm1ZFWv-kz7_gCzALMFuSyYWgLcWx-QJUVWXBDqttCEqeJdSKc-2QUMbNHX5kvxvxPnoKpqzzhGZeaKzQ1DUURIMTHJQ01dwYydvSbymybhHlVBJxE7qT1xH0nl8qTjXL7CdauKYYF7fTcTtXZ98KSpORheLbp-xKjaNVjQzRNwgKOxOy6P5-Fnw/s264/Trieste%20Cippo%20di%20Vergarolla.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="191" data-original-width="264" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjx-aAm1ZFWv-kz7_gCzALMFuSyYWgLcWx-QJUVWXBDqttCEqeJdSKc-2QUMbNHX5kvxvxPnoKpqzzhGZeaKzQ1DUURIMTHJQ01dwYydvSbymybhHlVBJxE7qT1xH0nl8qTjXL7CdauKYYF7fTcTtXZ98KSpORheLbp-xKjaNVjQzRNwgKOxOy6P5-Fnw/s1600/Trieste%20Cippo%20di%20Vergarolla.jpg" width="264" /></a></div><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">---</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La calda estate del
1946, pur avendo avuto inizio con le nuove speranze suscitate dagli accordi di
Belgrado intervenuti fra Tito e Alexander, sarebbe passata alla storia con la
tragedia di Vergarolla, a breve distanza dal centro di Pola, rimasta negli
annali d’Italia come la più grave, quanto a numero di Vittime, fra quelle che
ebbero luogo nel “secolo breve” in periodo di pace, per cause non naturali.
Infatti, la deflagrazione di una trentina di mine accatastate sulla spiaggia
dopo il necessario disinnesco, avvenuta in giorno festivo durante la
manifestazione natatoria organizzata dalla Società Pietas Julia, avrebbe
provocato almeno 64 Vittime accertate ed oltre un centinaio di feriti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le matrici
terroristiche e l’organizzazione criminale furono immediatamente chiare, anche
se le prove circa la responsabilità dell’OZNA sarebbero sopraggiunte dopo
parecchi anni con l’apertura degli Archivi del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Foreign Office</i>. A Pola, se qualcuno aveva ancora dubbi circa le
sorti della città, peraltro già chiare dopo gli orientamenti emersi dalla
Conferenza di pace in svolgimento a Parigi, si convinse<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>definitivamente<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dell’iniquo destino e della necessità di scegliere
la triste via dell’esilio: ne ebbe origine un vero e proprio plebiscito, che in
pochi mesi condusse allo svuotamento della città, forzatamente abbandonata da
oltre nove decimi dei suoi abitanti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Oggi, la memoria di
quella tragedia vive con la grande stele eretta a Trieste, nella Zona Sacra di
San Giusto, per iniziativa della Federazione Grigioverde e della Famiglia di
Pola in Esilio, recando l’elenco dei Caduti: in maggioranza, donne, bambini e
minori, per un’età media di ventisei anni.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Presso il monumento in Pietra del Carso, anche quest’anno ha avuto luogo
la cerimonia commemorativa, con l’intervento ufficiale del Comune e la presenza
delle Associazioni d’Arma<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e di quelle
patriottiche, ciascuna con i rispettivi Labari, e con l’intervento di molti
cittadini, a conferma della perenne, attenta sensibilità con cui quell’infausta
pagina di storia continua ad essere ricordata nello spirito della Legge 30
marzo 2004 n. 92, ma prima ancora, nella memoria delle Vittime innocenti e nel
rifiuto categorico di ogni violenza.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><b>Laura Brussi
Montani</b><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>-<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Esule da Pola.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Opera Nazionale per i
Caduti senza Croce.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWexFMeXkdK91y6iE-eGUyQHnwLHCiTLKIe2utvJn2V6e5Nwz_pOb4RU2L2g6Sk2lM-Lctw34w5rDFr9nlx10sB6GIQeWWmhLD6h8lCb57FSsgyGsVaWTqexxxcnwPoCL3fC6YjsK2htHJFojX4tpvPhHIb8mFKmiytst7JbJuI_NCIsZdkJ4qY8D-9A/s5472/IMG_6926.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3648" data-original-width="5472" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWexFMeXkdK91y6iE-eGUyQHnwLHCiTLKIe2utvJn2V6e5Nwz_pOb4RU2L2g6Sk2lM-Lctw34w5rDFr9nlx10sB6GIQeWWmhLD6h8lCb57FSsgyGsVaWTqexxxcnwPoCL3fC6YjsK2htHJFojX4tpvPhHIb8mFKmiytst7JbJuI_NCIsZdkJ4qY8D-9A/s320/IMG_6926.JPG" width="320" /></a></div><br />--<o:p></o:p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Autore principale Laura
Brussi Montani. Altri testi di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro
storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie: collezione di
Laura Brussi Montani e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia
Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede Via
Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a
venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30. Presidente
dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti.
Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-26806182503091636442022-08-01T11:02:00.005-07:002023-01-04T09:24:48.662-08:00I Zuccon di Carnizza infoibati, nonno e avi istriani del manager Sergio Marchionne<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“Mi ricordo che lo zio
Giacomo Zuccon arrivava per le feste a </span><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Mormorano</b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">
con la sua moto Guzzi – ha detto Carlo Varesco – mi teneva per mano e diceva:
vuoi un gelato?” Giacomo Zuccon è pure il nonno del noto manager <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Marchionne">Sergio Marchionne</a>. L’hanno preso i titini “nel settembre del 1943 e l’hanno ucciso nella foiba, infatti è stato trovato qualche mese dopo”. Chi si immaginava che volevano
eliminare gli italiani? È la frase che dicono molti dei testimoni dell’<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata">esodo giuliano dalmata</a>. “Io ero bambino – ha aggiunto Varesco – ma ricordo che
dicevano che c’era paura, c’era tanta paura dei partigiani”. Ricorda qualcosa
d’altro?</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTdlI5z1C0tvQCqgAvpzKnaNvd6CPe49Fpw8u29o9mehH9pVq8ZY8WP7sblnHqdVRQFdzJuBgSRvxoGr9TW2kEdn3sNFeun3XAUHRDKPw0sW99m6bjVUYG4A0LM7GwVATJ-DYa8FnJD03d-f9rhQ85VXHdC8h64zIEEAaaDO_wNCCPGLCSjPoWJLMyGg/s597/Giacomo%20Zuccon%20in%20foiba%201943.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="531" data-original-width="597" height="285" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTdlI5z1C0tvQCqgAvpzKnaNvd6CPe49Fpw8u29o9mehH9pVq8ZY8WP7sblnHqdVRQFdzJuBgSRvxoGr9TW2kEdn3sNFeun3XAUHRDKPw0sW99m6bjVUYG4A0LM7GwVATJ-DYa8FnJD03d-f9rhQ85VXHdC8h64zIEEAaaDO_wNCCPGLCSjPoWJLMyGg/s320/Giacomo%20Zuccon%20in%20foiba%201943.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Giacomo Zuccon, ucciso
in foiba nel settembre 1943 a 46 anni. Collezione Carlo Varesco.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Sì, Giuseppe Zuccon,
mio cugino e figlio di mio zio Giacomo – ha spiegato il testimone – era
militare del regio esercito, era ritornato a casa dopo l’8 settembre 1943, voleva
andare a cercare il papà catturato dai partigiani, ma i tedeschi lo hanno fermato
e ucciso come sospetto partigiano. In quel momento mia zia Mara era senza
marito, prelevato dai partigiani, mentre il figlio le era stato ammazzato dai
tedeschi, per lei è stata dura, molto dura, non è stata più lei”. Non è finita
qui, vero signor Carlo Varesco?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Proprio così – ha
replicato Varesco – perché nel 1944 i titini uccidono nella foiba un altro mio
zio, fratello di Giacomo e di Caterina, mia madre. Lui era Giuseppe Zuccon [I
nomi propri come “Giuseppe”, si ripetono, per tradizione di famiglia, NdR]. Poi
c’era un altro loro fratello e mio zio. È Romano Zuccon che si è salvato dalla
foiba ed è stato ricoverato in Ospedale a <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Pola
</b>fino alla fine della guerra. Poi Romano ha fatto l’operaio alla fabbrica di
cemento a Pola fino all’età di 75 anni, morendo in Istria all’età di 94 anni”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX51YTYaqI7x9VtZO7eM5RnaWbdSJnx0YzGaZV_ItAkoeTwoTd3SdwM_oLOybd4rcX5YpCXATxRMzVi4vMjVFLLF7tXoTa7v8EABSReYOIAJgrI616afTkf-GqpXFSUHeRUE5avw7gdj4aTkbFqx40AUGE8ynpElONt1Rao2ID2zK76IT-wzzmnCWeDA/s1202/Giuseppe%20Zuccon,%20in%20foiba%20nel%201944.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1202" data-original-width="763" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX51YTYaqI7x9VtZO7eM5RnaWbdSJnx0YzGaZV_ItAkoeTwoTd3SdwM_oLOybd4rcX5YpCXATxRMzVi4vMjVFLLF7tXoTa7v8EABSReYOIAJgrI616afTkf-GqpXFSUHeRUE5avw7gdj4aTkbFqx40AUGE8ynpElONt1Rao2ID2zK76IT-wzzmnCWeDA/s320/Giuseppe%20Zuccon,%20in%20foiba%20nel%201944.jpg" width="203" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Giuseppe Zuccon, fratello
di Giacomo, pure finito in foiba. Collezione Carlo Varesco.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Carlo Varesco, istriano
emigrato negli USA, è andato via da Mormorano nel 1950, passando per <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Trieste</b> “poi in treno al <a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2014/10/il-centro-di-smistamento-profughi.html">Centro
smistamento profughi di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Udine</b></a> – ha
detto – dove siamo stati destinati al Centro raccolta profughi (Crp) di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Laterina</b>, provincia di Arezzo”,</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">come
dall’intervista allo scrivente, citata in fondo. È il cugino del celebre
manager Sergio Marchionne, pure lui con ascendenze istriane. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">È dal libro pubblicato
nel 2022 da Rosanna Turcinovich Giuricin, col titolo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Esuli due volte dalle proprie case, dalla propria patria</i>, edito
dalla Oltre Edizioni, che si hanno altre notizie sulla tragedia dei Zuccon. “La
famiglia gestiva un grande emporio nella piazza principale della piccola
località di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Carnizza</b>, presso Pola
[oggi in Croazia: Pula, NdR]” ha riferito la</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Turcinovich “che
forniva anche <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Castelnuovo d’Istria</b>
[oggi in Slovenia: Podgrad] ed i villaggi circostanti dove abitavano numerose
famiglie dei minatori” delle vicine miniere di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Arsia</b> e <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Albona</b>. “Nel
1943, dopo l’8 settembre vennero ad arrestare mio padre – ha raccontato Maria
Zuccon Marchionne, mamma di Sergio Marchionne – Non era gente del posto, anche
se i mandanti, chissà… Mio fratello, che era militare di leva [è: Giuseppe],
giunse a casa proprio in quei giorni e andò a cercare notizie di nostro padre.
Non fecero ritorno e di loro non si seppe più nulla, mai più… Quanto dolore,
che strazio per i parenti. Noi tre donne di famiglia, lasciammo Carnizza e ci
rifugiammo nella casa del nonno, in campagna. Furono anni difficili.
Dall’emporio venne portato via tutto, sequestrato dal potere popolare. Si fece
addirittura un processo sulla pubblica piazza affidato ad un funzionario che
non avevamo mai visto prima, mandato dai partigiani jugoslavi…”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJe6MGJh0BQlwHIRrjBBce7alGWU2uvmTc60RDmRt9Cgnk-vtjeLZuJzISjZ_jn9se6cTE4Th0_UeapeTJo5vfduQi1Kz3XKlA6nuzc2-eKQlg8Ukt5x5psAZRcnM4p00S-dRRkLNsT7TfGs8GriaqOB4FJ-we280MCPYWCiwC7uh4HI4ZUhljAfgq0g/s784/Romano%20Zuccon%20salvatosi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="784" data-original-width="527" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJe6MGJh0BQlwHIRrjBBce7alGWU2uvmTc60RDmRt9Cgnk-vtjeLZuJzISjZ_jn9se6cTE4Th0_UeapeTJo5vfduQi1Kz3XKlA6nuzc2-eKQlg8Ukt5x5psAZRcnM4p00S-dRRkLNsT7TfGs8GriaqOB4FJ-we280MCPYWCiwC7uh4HI4ZUhljAfgq0g/s320/Romano%20Zuccon%20salvatosi.jpg" width="215" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Romano Zuccon,
salvatosi dalla foiba, è un <i>rimasto</i>,
fratello di Giacomo e Giuseppe infoibati. Collezione Carlo Varesco.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I
Zuccon nella foiba, in letteratura</span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Si ricorda che Zucconi, in croato: Cokuni, è un villaggio istriano di poche case, tra Marzana
e Dignano, dove tutti gli abitanti fanno di cognome Zuccon. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Nella pubblicistica
solo il nome di Giacomo Zuccon, eliminato in una foiba, è citato da padre
Flaminio Rocchi. È nella foiba di </span><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-bidi-font-weight: normal;">Terli</b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">
che, il 1° novembre 1943, Arnaldo Harzarich, maresciallo dei pompieri di Pola,
coadiuvato dai vigili del fuoco Bussani, Paron e Giacomini, procede al recupero
di 55 salme, che vengono estratte dalla foiba, giù fino a 85 metri, a gruppi di
tre-quattro legate assieme. Tra questi poveri resti umani in decomposizione c’è:
“Zuccon Giacomo fu Giuseppe, anni 46, commerciante, di </span><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-bidi-font-weight: normal;">Medolino</b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">” (</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;">Rocchi F 1990</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">
: 26). Medolino (in croato: Medulin; in istro-veneto: Medolin) è un comune
vicino a Pola, odierna Croazia.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nell’elenco dei <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Caduti della RSI</i> compaiono sia Giacomo
Zuccon, con gli stessi dati già descritti, sia suo fratello Giuseppe, con
queste informazioni, con qualche lieve discordanza rispetto alla fonte orale: “Zuccon
Giuseppe, Civile, nato a <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Dignano</b>
(PL), data di morte presunta 05/10/1943”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVxNboDuBqLW8032lHGAxn8CJRNiba8UKbGT7S1sTvgWEZImNaDfgbH3dQGK-aqy91qu_TlKHzo5hTBjzU0sbiLYFd0gpwLkRT5QWmiKSfZN_axNtBS5u31jSHSWouJpYbRwjOYQSd0U2RvHKG3w8R_gX7MnRrLR54ljFLs5dJYhtUnCj1Ju6pH2PgHA/s839/Coro%20del%20Crp%20Laterina,%20anni%20'50.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="606" data-original-width="839" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVxNboDuBqLW8032lHGAxn8CJRNiba8UKbGT7S1sTvgWEZImNaDfgbH3dQGK-aqy91qu_TlKHzo5hTBjzU0sbiLYFd0gpwLkRT5QWmiKSfZN_axNtBS5u31jSHSWouJpYbRwjOYQSd0U2RvHKG3w8R_gX7MnRrLR54ljFLs5dJYhtUnCj1Ju6pH2PgHA/s320/Coro%20del%20Crp%20Laterina,%20anni%20'50.jpg" width="320" /></a></div><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Esodo
da Laurana dei Guastamacchia col babbo in Guardia di Finanza, 1944</span></b><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per qualcun’altro
l’esodo è stato facile e senza tragedie. “Mio papà era della Guardia di Finanza
– ha detto Giovanni Guastamacchia, nato a <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Fiume</b>
– e, visto quello che succedeva in Istria, ci ha detto che era meglio andar
via, sarà stato il 1944, così erano i racconti in famiglia. Con mia mamma Maria
Calcich, un nome istriano, siamo partiti con un camion caricato delle nostre
masserizie. Giunti alla curva sulla strada tra Fiume e Trieste, il motore
fumava, per fortuna che c’era un abbeveratoio animale nelle vicinanze, così con
l’acqua della vasca è stato spento il principio d’incendio. A <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Udine</b> siamo stati ospitati dal conte
Del Torso, in piazza Garibaldi per circa due anni, poi siamo andati a vivere in
una casa in affitto in via Baldissera. Ricordo che arrivati a Udine, la mia
famiglia ha dovuto scaricare il mobilio in viale Palmanova, presso un magazzino
di trasporti, perché non potevano entrare dove ci avrebbero ospitato”. C’è
qualche altro ricordo?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2Gww9YqT-3JbRSJ56O32eZABHlgefF6l3aosf5z5-95mpGy9x_ZeTcXm9Add6WFn-s2YhXgYX6PWbMZsVHIt7Nh-kr3qPn4R_ai-8GmY2Zx_tqtN-yJAJrK4EEf6srHniRnTfxFJGsMrAAbQIJQhWn9fj7Li5OsfvVguzfz05jdg2yc0_S0k2p4_q5w/s950/fiume%20porto%20franco%201929.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="950" height="194" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2Gww9YqT-3JbRSJ56O32eZABHlgefF6l3aosf5z5-95mpGy9x_ZeTcXm9Add6WFn-s2YhXgYX6PWbMZsVHIt7Nh-kr3qPn4R_ai-8GmY2Zx_tqtN-yJAJrK4EEf6srHniRnTfxFJGsMrAAbQIJQhWn9fj7Li5OsfvVguzfz05jdg2yc0_S0k2p4_q5w/s320/fiume%20porto%20franco%201929.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Fiume porto franco,
cartolina successiva al 1929. Collezione privata.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">“Mia mamma mi
raccontava che in Istria non avevo mai assaggiato lo zucchero – ha aggiunto Guastamacchia
– poi ricordo che si diceva che mio padre, di origine pugliese, dopo il corso
della Guardia di Finanza è stato assegnato in </span><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Istria</b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">, perché la città portuale di Fiume era un porto franco dal
1929 e necessitavano di tanto personale”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Conclusioni
<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fa male scrivere di
certi argomenti, eppure capita di farlo. Si opera nello spirito della</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Legge
italiana 30 marzo 2004, n. 92 istitutiva del “Giorno del ricordo” al fine di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">conservare e rinnovare la memoria</b> della
tragedia degli italiani<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e di tutte<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>le vittime<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>delle<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>foibe, dell’esodo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dalle loro terre<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo
dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Mi auguro che
il fatto di far conoscere certi eventi con rispetto e con onore sia più forte
del dolore suscitato nei parenti, invitati a raccontare dei loro cari uccisi
nelle foibe.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwZcxnrdKWvEDo0qb9N1ZGVlyMhYjds5ENchHWDox3_WuEFt2mLUWGYSJR2hH8YAgD3_u7qx-KKqfmXGfMrGNNvNbrbB9CbuC2MAcdahUp27nnJxttXyD8llsJcm7zLSHNsamJUWpHxlN1AW8XHkXjd47KqsKZft-axe9Rk4_N6XH0BOD6_FFohpXnpg/s604/296436146_10159949878855395_2218036306485916213_n%20Mio%20zio%20Benito%20Daddi%20nel%20campo%20profughi%20di%20Laterina%20forse%201952.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="604" data-original-width="466" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwZcxnrdKWvEDo0qb9N1ZGVlyMhYjds5ENchHWDox3_WuEFt2mLUWGYSJR2hH8YAgD3_u7qx-KKqfmXGfMrGNNvNbrbB9CbuC2MAcdahUp27nnJxttXyD8llsJcm7zLSHNsamJUWpHxlN1AW8XHkXjd47KqsKZft-axe9Rk4_N6XH0BOD6_FFohpXnpg/s320/296436146_10159949878855395_2218036306485916213_n%20Mio%20zio%20Benito%20Daddi%20nel%20campo%20profughi%20di%20Laterina%20forse%201952.jpg" width="247" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">“Mio zio Benito Daddi,
di Zara, nel Campo profughi di Laterina, forse nel 1952”. Didascalie e
collezione di Ettore Daddi. In seguito alle presenti ricerche, i Daddi e i
Varesco hanno scoperto di essere stati “vicini di baracca” al Crp di Laterina.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Contributi
dal web<o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Claudio Ausilio (ANVGD
Arezzo) ha diffuso su </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">WhattsApp</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> il presente articolo e Maria Grazia Ziberna,
presidente dell’ANVGD di Gorizia nonché Cavaliere dell’Ordine al Merito della
Repubblica Italiana, ha scritto le seguenti parole, aggiungendo certe immagini:
“La </span><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Foiba_di_Terli" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">foiba di Terli</a><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> (in croato Trlji) si trova nel comune di Barbana, un paesino
di circa 3 mila abitanti che si trova tra Pola (dove viveva a quel tempo mio
padre, ragazzino tredicenne) e Albona (dove viveva mia madre). Mio padre trascorreva
le vacanze estive a Carnizza, a circa 20 km da Pola (aveva dei parenti da parte
della mamma). Nella mappa il paesino è individuato da un puntino scuro. A Carnizza i partigiani, tra
gli altri, portarono via da casa, di
notte, Giacomo Zuccon, il nonno di Marchionne, portato via </span><b style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">con i polsi legati
con il filo di ferro</b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> (come ha
testimoniato la nuora, ultranovantenne, intervistata pochi anni fa). Giacomo Zuccon aveva 46 anni, era un commerciante che a Carnizza aveva un
piccolo negozio di alimentari, si trovava a poche decine di metri dalla casa
dei cugini di mio padre, che avevano invece un'osteria, lungo la strada
principale che dalla piazzetta del paese portava giù al piccolo porto”.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix5SDfRIW9I-XujeiLoWtV3aVWN7z-jwxl_nEzh4NNLMUDhEq2kc4xPyI4j8EPzaz6kgAWSXfzObcxOoIMnOGZXuNlptWcJXlc_ZDwJ8vnkE53UfQRi56CYDnUBU3w3JNTHr0PjY6dgcKnOMRF35w5hwgHAmJvrF5ax1MALZqWSrSNnFwj8yDf8h0AWg/s840/foiba%20di%20terli%20di%20maria%20grazia%20ziberna.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="474" data-original-width="840" height="181" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix5SDfRIW9I-XujeiLoWtV3aVWN7z-jwxl_nEzh4NNLMUDhEq2kc4xPyI4j8EPzaz6kgAWSXfzObcxOoIMnOGZXuNlptWcJXlc_ZDwJ8vnkE53UfQRi56CYDnUBU3w3JNTHr0PjY6dgcKnOMRF35w5hwgHAmJvrF5ax1MALZqWSrSNnFwj8yDf8h0AWg/s320/foiba%20di%20terli%20di%20maria%20grazia%20ziberna.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Immagini a cura di
Maria Grazia Ziberna, presidente ANVGD di Gorizia, che si ringrazia per la diffusione in questo blog</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezioni private </span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Ettore Daddi, vive a
New York, USA, fotografia del Crp di Laterina.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">- Carlo Varesco,
fotografie commentate, email a Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo) del 29 luglio
2022, inoltrata allo scrivente.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfEelopbDK2vk66TNB8421yq2HMOGzkG22AB9l5DnQEnX9o4N7HIy-O4T56xdwiLIdeNVw6cHx21n0oV6qJ4H34FsUTw44S_Zi42dA1aHYwwiMUBc7iFCmp6MdOFBPoQGmfrZXyZG2N_2INf0xjhh78ZqcV1_ukVCC0tm38YWFgVf9DQGFfSDgr63V3w/s2004/301497792_608726797282510_779656164171776385_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2004" data-original-width="1128" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfEelopbDK2vk66TNB8421yq2HMOGzkG22AB9l5DnQEnX9o4N7HIy-O4T56xdwiLIdeNVw6cHx21n0oV6qJ4H34FsUTw44S_Zi42dA1aHYwwiMUBc7iFCmp6MdOFBPoQGmfrZXyZG2N_2INf0xjhh78ZqcV1_ukVCC0tm38YWFgVf9DQGFfSDgr63V3w/s320/301497792_608726797282510_779656164171776385_n.jpg" width="180" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">I cugini Sergio
Marchionne e Carlo Varesco a Chicago nel 2010. Collezione Carlo Varesco</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali</span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giovanni
Guastamacchia, Laurana (PL) 1942, int. a Udine del 27 luglio 2022 dello
scrivente con la collaborazione di Franco Pischiutti, dell’ANVGD di Udine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Carlo Varesco,
Mormorano (PL) 1931, esule in Florida (USA), videochiamata in Messenger del 30
luglio 2022 ed email del 31 luglio con lo scrivente, grazie ai contatti
preparatori di Claudio Ausilio.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Maria Grazia Ziberna, Gorizia 1958,
messaggio su </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">WhattsApp </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">del 3 agosto 2022 nel gruppo "Noi dei Ricordo".</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici e sitologia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">-
Elenco “Livio Valentini”, Caduti della Repubblica Sociale Italiana</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
disponibile nel web.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Flaminio Rocchi, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e
dalmati</i>, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica, 1990.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Rosanna Turcinovich, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Esuli due volte dalle proprie case, dalla
propria patria</i>, Sestri Levante (GE), Otre Edizioni, 2022.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://evarutti.wixsite.com/website/post/carlo-varesco-elettricista-istriano-dal-campo-profughi-di-laterina-agli-usa-1950-1956">Carlo Varesco, elettricista istriano dal Campo profughi di Laterina agli USA, 1950-1956</a></i>, on line dal 2 maggio 2022
su<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>evarutti.wixsite.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://varutti.wordpress.com/2022/07/25/discendenti-di-esuli-di-zara-passati-al-campo-profughi-di-laterina-ricordano-i-loro-cari-avi/">Discendenti di esuli di Zara, passati al Campo profughi di Laterina ricordano i loro cari avi</a></i>, on line dal 25 luglio
2022 su<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>evarutti.wixsite.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Produzione culturale
del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine, coordinato dal
prof. <a href="https://www.linkedin.com/in/elio-varutti-01223b41/?originalSubdomain=it">Elio Varutti</a> e con la collaborazione di Claudio Ausilio (ANVGD di
Arezzo). Testi e Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti.
Lettori: Carlo Varesco, Marco Birin, Franca Pividori, Claudio Ausilio, oltre a
Daniela Conighi e Sergio Satti (ANVGD di Udine). Fotografie: Collezione Carlo
Varesco. Adesioni: il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo
giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo. Siamo grati a Maria Grazia Ziberna, presidente dell'ANVGD di Gorizia, per il suo gradito intervento scritto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricerche presso l’archivio
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o
ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente
dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti.
Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUNcHXn-ixpnvX8kS_WY0KzxQtMaS_iKXerJzOHAf8VnftKKw4t8aXfPYrSrXXJhaarnBH6OZ11Df04lQO2pnOknLE505WgabT2oY68_1flf0duwTNXNRrL2fDdXz4mZN6H5sVnsMAxQhLDGQGRqEFEYYj8Hp3DY724nq2XyGppXbcuL7Ylt0iqq2i6A/s443/s-l500%20%20laurana.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="271" data-original-width="443" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUNcHXn-ixpnvX8kS_WY0KzxQtMaS_iKXerJzOHAf8VnftKKw4t8aXfPYrSrXXJhaarnBH6OZ11Df04lQO2pnOknLE505WgabT2oY68_1flf0duwTNXNRrL2fDdXz4mZN6H5sVnsMAxQhLDGQGRqEFEYYj8Hp3DY724nq2XyGppXbcuL7Ylt0iqq2i6A/s320/s-l500%20%20laurana.jpg" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Cartolina di Laurana,
virata in azzurro, anni ’30. Archivio ANVGD Udine.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-47191007050330922742022-07-05T11:00:00.006-07:002022-10-12T03:54:42.380-07:00Carlo Mihalich, pittore veneziano nato a Fiume, nel Quarnaro<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Chi è il pittore Carlo
Mihalich? Nasce a Fiume il 9 aprile 1934 da genitori di tradizione e cultura
mitteleuropea. Fin dalla tenera età dimostra una grande e marcata
predisposizione per il disegno e il colore. Trascorre l’infanzia e la
fanciullezza tra le dolci e profumate colline del Carso e l’azzurro del mare
del Quarnaro.</span></p>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">Col 6 aprile 1941 le truppe tedesche, italiane,
bulgare e ungheresi, invadono la Jugoslavia, abbattendo il regno jugoslavo dei
Karageorgevich e spartendosi le zone occupate. Le autorità militari di Fiume e
di Zara, nel Regno d’Italia, fanno evacuare le città. <span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">C’è
chi finisce sfollato nelle Marche, come la famiglia di Silvio Cattalini, di
Zara, o in Sardegna, come ha raccontato Miranda Brussich in Conighi, riguardo a
certe famiglie di Fiume. </span>E a Carlo Mihalich cosa succede? “Con la
famiglia mi trovo sfollato a Oriago di Mira (Ve) – ha detto Mihalich – dopo un
mese si rientra a Fiume, ma le giornate si fanno sempre più tristi per la
guerra e perché il padre è alle armi”. </span><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu3qGCKXm0HCgAM7g6bt7_mgMr5FiRmw14V-ownAp0Jd_jVI2NDIMdCiHX9j_zGKoj0eUVVO9Ip2M7Y-Xil8tMPOuh6BmGN4Sp-FqLkTn9mpZDyHcGi6XYhobA8asZLz_ZQBQRCy2gFDql6BP9utl7rQX3Cho1-9Kk36J3GXP0cVILdz9CImffE8l2Zw/s830/288770329_740558900706324_2956801400438477073_n%20da%20Carlo%20Mihalich.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="662" data-original-width="830" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu3qGCKXm0HCgAM7g6bt7_mgMr5FiRmw14V-ownAp0Jd_jVI2NDIMdCiHX9j_zGKoj0eUVVO9Ip2M7Y-Xil8tMPOuh6BmGN4Sp-FqLkTn9mpZDyHcGi6XYhobA8asZLz_ZQBQRCy2gFDql6BP9utl7rQX3Cho1-9Kk36J3GXP0cVILdz9CImffE8l2Zw/s320/288770329_740558900706324_2956801400438477073_n%20da%20Carlo%20Mihalich.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><div style="text-align: center;"><span style="font-family: courier; font-size: 12pt;"><span style="color: #3d85c6;">Venezia 1949, la famiglia Mihalich. Il padre Nereo e la madre Ida con in
braccio la figlia Rita, nata a Venezia. Carlo è il primo a sinistra, sotto i
fratelli Mauro e Alfio. A fianco della madre, il fratello Vittorio. Collezione
Carlo Mihalich.</span></span></div></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopo l’8 settembre 1943
i tedeschi occupano Fiume, l’Istria e la Dalmazia. Iniziano i bombardamenti
angloamericani su Fiume, Zara e Pola. Il 3 maggio 1945 entrano a Fiume i
titini, dopo che i tedeschi hanno fatto saltare con l’esplosivo gli impianti
ferroviari e portuali. Che fanno i Mihalich? “Dopo la fine della seconda guerra
mondiale e con l’occupazione slava – è la risposta – in attesa del trattato di
pace tutta la famiglia, nell’ottobre del 1946 si trasferisce a Venezia, ospite
di conoscenti veneziani. Oltre a papà Nereo e alla mamma Ida Africh, siamo noi
fratelli: Carlo, Mauro, Alfio e Vittorio.</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Più tardi, a Venezia,
nascerà la sorella Rita”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Poi cosa succede? “Poi
mio fratello Vittorio ed io veniamo accolti all’Istituto Artigianelli di don
Orione – ha concluso il testimone – dove passiamo dei momenti di angoscia e di
tristezza, senza la presenza dei genitori e degli amici d’infanzia”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La famiglia conosce
anche Centro raccolta profughi ‘Luigi Foscarini’ di Venezia. Nel 1948 Carlo
entra nel convitto ‘Fabio Filzi’ di Grado (GO), ritrovando la cultura e
l’educazione mitteleuropea dell’infanzia. Col 1950 frequenta per qualche tempo
l’Istituto d’Arte dei Carmini di Venezia senza trovare soddisfazione, mentre si
appassiona in Piazza San Marco agli acquerelli di Carlo Cherubini e studia da
autodidatta.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihuJeIpOm05wzZyiUoReFI2ZY2JVggRcOKqUTZzNhQ2EsmTprgzp1YJ6CEsSbjNUzNI0kZxtRVmGrtZLdSSoRAQcpxBohwJ140ZY1A8BhOWiHJF5pWk2HI7GJF9h2ukMZbXTrlHe4WthZwEVfnE7SI-K3m9kUEW_vYaySD32tm1EY8hjrxz8Ry0rU4lw/s1177/287657397_705016050571847_5283625158742068866_n%20%20%20Vendette%20sociali,%20politiche%20e%20personali%20del%201945%20punto%20H.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1177" data-original-width="1008" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihuJeIpOm05wzZyiUoReFI2ZY2JVggRcOKqUTZzNhQ2EsmTprgzp1YJ6CEsSbjNUzNI0kZxtRVmGrtZLdSSoRAQcpxBohwJ140ZY1A8BhOWiHJF5pWk2HI7GJF9h2ukMZbXTrlHe4WthZwEVfnE7SI-K3m9kUEW_vYaySD32tm1EY8hjrxz8Ry0rU4lw/s320/287657397_705016050571847_5283625158742068866_n%20%20%20Vendette%20sociali,%20politiche%20e%20personali%20del%201945%20punto%20H.jpg" width="274" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Carlo Mihalich, <i>Vendette sociali, politiche e personali del
1945</i>,</span> </span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">incisione
su lamiera di zinco, acquaforte, cm 19,5 x 20, 1988</span>. Courtesy del'artista.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel 1955 Carlo Mihalich
lavora alla Montedison, ma continua a dipingere e sposa Mariagrazia, che gli dà
tre figli: Roberto, Rossella e Susanna. È proprio la moglie a stargli vicino,
nella seconda metà degli anni ’50, quando nella sua pittura alterna varie
tecniche dagli acquerelli agli oli su tela.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Negli anni ’70
frequenta l’ambiente culturale veneziano, dove conosce il poeta Mario Stefani,
che apprezza i suoi acquerelli e lo incoraggia a continuare a dipingere. Espone
dal 1976 in varie località del Veneto. Negli anni ’90 è in mostra pure in
Friuli Venezia Giulia, Piemonte, in altre regioni d’Italia, oltre che
all’estero: Toronto, Parigi, Londra, Melbourne, Città del Messico e Stoccolma.
A Mestre, dal 9 settembre al 20 novembre 2021, si è tenuta la mostra antologica
“Emozioni della vita nell’arte pittorica di Carlo Mihalich” nelle sale
espositive della Galleria d’Arte D’EM Venice Art Gallery. L’artista vive a
Martellago (VE).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
critici sul maestro Carlo Mihalich - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dei suoi mirabili acquerelli
veneziani hanno scritto in molti. Sin dal 1988, Domenico Bon riporta nei suoi
riguardi le seguenti parole: “L’abilità tecnica di Mihalich si fonda sulla
padronanza del segno, ora espanso in vivaci pennellate nelle tempere, ora
incisivo e scarno negli acquarelli. Ciò dimostra che l’impianto costruttivo d’insieme
ha solida base. Autenticità, verità ed espressività sono le qualità che
definiscono l’indole artistica di Carlo Mihalich” (<span style="font-variant: small-caps;">Bon D 1988</span> : 6). In questo artista, come ha scritto Angelo Dolce
“con un percorso diverso dal solito, parte dal figurativo per giungere
all’astratto, tale è la ricchezza d’impulsi, di stati d’animo e di sintesi che
si addensano nel tema proposto tanto nelle opere ad acquerello, quanto nelle
tempere e i quadri a olio” (<span style="font-variant: small-caps;">Dolce A 2021</span>
: 8). <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwIwdRTfep6Q4JHS2I4ElaSXGjO1oc1ARZ9lo6HmvcXaWs6Tu0QKR7lFLAk_dxSjWooY1L2Q-_at05YEecvL4iA6lXdzBZFfrGPidRV-wUu3O_6O5lIwBdrhGnDM5qUG31Iocmo1JEW3QkJ_eEVkh4Y7mns8VJDWc58nG3s_pu9rszBcHbkXMnKoiV_g/s2048/288228085_318802790463967_6477487108116183420_n%20%20Esodo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1223" data-original-width="2048" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwIwdRTfep6Q4JHS2I4ElaSXGjO1oc1ARZ9lo6HmvcXaWs6Tu0QKR7lFLAk_dxSjWooY1L2Q-_at05YEecvL4iA6lXdzBZFfrGPidRV-wUu3O_6O5lIwBdrhGnDM5qUG31Iocmo1JEW3QkJ_eEVkh4Y7mns8VJDWc58nG3s_pu9rszBcHbkXMnKoiV_g/s320/288228085_318802790463967_6477487108116183420_n%20%20Esodo.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Carlo Mihalich, <i>Esodo</i>, olio su tela, cm 120 x 80, 1977. Courtesy dell'artista.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt;">Ritengo a questo punto
che Mihalich possa essere avvicinato ad altri grandi pittori di Fiume. Un nome
per tutti: Romolo Venucci (1903-1976). Anch’egli ha saputo spaziare tra il
figurativo ed altre suggestioni pittoriche, come il futurismo ad esempio e
l’astrattismo (</span><span style="font-size: 12pt; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;">Rocchi I 2022</span><span style="font-size: 12pt;"> :
38).</span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Non nascondo che nelle
pagine presenti mi interessi parlare delle opere di Mihalich riguardanti
l’<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata">esodo giuliano dalmata</a>, poiché vissuto dall’artista in prima persona. Inizio
con la sua acquaforte del 1988 intitolata “Vendette sociali, politiche e
personali del 1945”. Nell’opera grafica c’è una gran confusione, com’era nel
momento delle uccisioni nelle foibe da parte dei titini. Filo spinato, mani
legate dietro la schiena, teschi, corda, tanta corda. Opera netta, cruda e
piena di verità, non lascia spazio a interpretazioni varie. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Passo a esaminare la
pittura a colori intitolata “Esodo”, del 1977, opera esposta in una mostra a
Mestre (VE). Ha fatto venire un tuffo al cuore a vari esuli giuliano dalmati.
Quella fila indistinta di persone in cammino in salita da destra verso
sinistra, sotto un cielo plumbeo, anzi scuro è presagio di tempi bui. Sulla
stessa onda si pone anche un olio su tela del 1977 intitolato “Profughi”, che
mostra una coppia traballante in cammino verso l’orizzonte, verso il resto
d’Italia. Verso quella patria agognata che non saprà accoglierli se non con
degli insulti e, solo in seguito, con un minimo di decenza.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFry9X1cLqttnG1jBgxFfdtSdxxLdqUBc23i1oxI4GK8mCmo278AjzKHl2Y3tD0uGtV7t-al5_ZtxEJNkOSGTVmTwS0bYUpFO6M-H3ib3FqcPgIl1jdoIXpz0B84am14Hjq7z4snSI0kYqJvg37U8EpJiSGxCQ_FIGQo6K8lu02ogC14G3qI1wwnHPvQ/s2048/289355191_318802713797308_1336271982146438469_n%20Profughi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1309" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFry9X1cLqttnG1jBgxFfdtSdxxLdqUBc23i1oxI4GK8mCmo278AjzKHl2Y3tD0uGtV7t-al5_ZtxEJNkOSGTVmTwS0bYUpFO6M-H3ib3FqcPgIl1jdoIXpz0B84am14Hjq7z4snSI0kYqJvg37U8EpJiSGxCQ_FIGQo6K8lu02ogC14G3qI1wwnHPvQ/s320/289355191_318802713797308_1336271982146438469_n%20Profughi.jpg" width="205" /></a></div><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Carlo Mihalich, <i>Profughi</i>, olio su tela, cm 30 x 40, 1977. Courtesy dell'artista.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><span style="font-family: Times New Roman, serif;">Altre ombre indistinte
e figure schematicamente impresse possiamo trovare nella pittura a colori
intitolata “Attesa per il rancio” e come sottotitolo: “In C.R.P. Marco
Foscarini di Venezia”. Il gruppo è in coda, appunto, perché dovevano mangiare
così in ogni Centro raccolta profughi. L’Italia matrigna ne ha aperti </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">oltre
cento di tali strutture disagevoli per gli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia. In
qualche caso è accaduto che qualcuno avvelenasse loro l’acqua, oppure il cibo,
perciò le autorità furono costrette a non fare la mensa per tutti, ma a
risolvere la questione col classico: ognun per sé e dio per tutti.<o:p></o:p></span></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un’altra opera del
maestro Mihalich, così lo definisce Elena Petras Duleba, è un’acquaforte <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dedicata a tutti i defunti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>profughi giuliano-dalmati in ogni parte del
mondo.</i> Si intravvedono alcune figure, forse dei sepolcri, ma la forma astratta è prevalente e dà un tono suggestivo e sublime all’insieme.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">C’è, infine, un’opera
composita, come intricato e tortuoso è stato l’esodo giuliano dalmata. Si
intitola “Fiume città... dolce... amara”, dal progetto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Frazioni di vita</i>. È un’originale amalgama di <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tecnica mista, olio e vernici su tela, del 2022.
È un quadro che dimostra una grande sensibilità e complessità visiva. Abbiamo
chiesto all’autore di descrivere la composizione che assomiglia alle deliziose
cartoline a mosaico, dei primi del Novecento. La sua combinazione è il
risultato di un travagliato collage di sentimenti per fare la sintesi di una
vita. Si possono scorgere varie immagini, come il mesto acquerello sul litorale
del Quarnero, oppure l’acquaforte del Carso, o la foto dell’asilo ‘Ai Gelsi’.
In basso a sinistra si intravvede uno <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spargher</i>,
la veccia cucina a legna; è la riproduzione di una sua acquaforte intitolata
affettivamente <i>Il nido</i>. Non potevano mancare la <i>Cittavecchia</i>, le vendette
politiche e personali del 1945, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">el
Cameron</i> del Centro profughi Foscarini di Venezia, o il Collegio per orfani
Artigianelli. Il tutto rivisto a olio e vernici. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXsJVhLlt3gvXd3wE6O3W289md2Lv0QGJXvs8gjD5WiCMYWL-RkSP_05pbf72NbK7Cqsu_N7fdy53BnQ--0lqLfqaPoYefzHettPVH0PfNv67AeH_4cwIO6rtFmuFZZUMUFifxOpf6uusQqepK_9iIOBjW3j-FV5CEuXKP4O7ETWmMifQh_OsnseVGCA/s2048/288343312_318802073797372_6572409238459804091_n%20%20%20Attesa%20del%20rancio%20(in%20C.R.P.%20Marco%20Foscarini%20di%20Venezia).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1699" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXsJVhLlt3gvXd3wE6O3W289md2Lv0QGJXvs8gjD5WiCMYWL-RkSP_05pbf72NbK7Cqsu_N7fdy53BnQ--0lqLfqaPoYefzHettPVH0PfNv67AeH_4cwIO6rtFmuFZZUMUFifxOpf6uusQqepK_9iIOBjW3j-FV5CEuXKP4O7ETWmMifQh_OsnseVGCA/s320/288343312_318802073797372_6572409238459804091_n%20%20%20Attesa%20del%20rancio%20(in%20C.R.P.%20Marco%20Foscarini%20di%20Venezia).jpg" width="265" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">Carlo Mihalich, </span><i style="font-size: 12pt; text-align: justify;">Attesa per il rancio</i><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">, sottotitolo </span><i style="font-size: 12pt; text-align: justify;">In C.R.P. Marco Foscarini di Venezia</i><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">,
olio su tela, cm 40 x 50, 1958. Courtesy dell'artista.</span></span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Hanno
scritto di lui - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tra i critici e gli esperti d’arte che
hanno scritto dell’opera di Carlo Mihalich troviamo: Elena Petras Duleba,
Angelo Dolce, Guglielmo Gigli, Renato Musetti, Guido Perocco, Filomena Spolaor,
Mario Stefani, Domenico Bon, Nereo Laroni, Fulgenzio Livieri, Oliviero Pillon e
Ferdinando Ranzato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Conclusioni</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– L’amore per la propria terra è assai forte tra le genti dell’esodo giuliano
dalmata. Ne è prova il seguente messaggio. “Sono Fiumana, padre Fiumano, madre
Istriana. Dalle scuole elementari fino alle superiori ho sempre frequentato la
scuola Italiana di Fiume. Poi ho continuato gli Studi Universitari a New York. Però
Fiume è sempre nel mio cuore. Un caro saluto, Iolanda Radovcich Ferri, da New
York”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Vorrei chiudere questo
elaborato con le sagge parole di un esule istriano. È l’ingegnere Sergio Satti,
classe 1934, esule di Pola e vicepresidente dell’ANVGD di Udine dal 1987 al
2015, ai tempi della presidenza dell’indimenticato ingegnere Silvio Cattalini,
esule di Zara. “Il mio messaggio di pace – ha detto Satti – è rivolto a tutte
le genti istriane, fiumane e dalmate; siamo italiani rimasti e sparsi in tutto
il mondo per ricordare e non dimenticare le tragedie della guerra che non
risparmia vittime, senza distinzione tra vincitori e vinti”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">---<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali – </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le interviste sono a cura di Elio
Varutti che ha operato a Udine con penna, taccuino, macchina fotografica, se
non altrimenti indicato.</span> <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Miranda Brussich vedova
Conighi (Pola 1919-Ferrara 2013), esule da Fiume, int. a Ferrara del 21 agosto
2013 con Daniela Conighi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Silvio Cattalini (Zara
1927-Udine 2017), int. del 10 febbraio 2016.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Carlo Mihalich, Fiume
1934, vive a Martellago (VE), messaggi in Messenger del 14-20 giugno e 6 luglio 2022.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Jolanda Radovcich
Ferri, Fiume 1937, esule a New York (USA), messaggio del 6 luglio 2022 in Messenger.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Sergio Satti, Pola
1934, esule a Udine, int. del 4 luglio 2022.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjYrkxPM35Tx1Xxk1qS0lgJtaL_oKxfB9_e9Fke3VHIF3-NOHLD4t-xy89bV3u7D3wIOh1rhnyI7htwseSNaSItgRYSPNea6Z1hmMIlSkmoVU1eBhleZ1Df8AgM_KfZ8XxlbgIsNwVztlOE8jVfu7Xg97vEZVgjhyvaPZy8OeRF8A27BYiU-PlU3Mhtg/s1305/rit%20287657405_385527553411944_2999543418056403096_n%20%20%20acquaforte%20dedicata%20a%20tutti%20i%20defunti%20%20profughi%20giuliano-dalmati%20in%20ogni%20parte%20del%20mondo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1020" data-original-width="1305" height="250" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjYrkxPM35Tx1Xxk1qS0lgJtaL_oKxfB9_e9Fke3VHIF3-NOHLD4t-xy89bV3u7D3wIOh1rhnyI7htwseSNaSItgRYSPNea6Z1hmMIlSkmoVU1eBhleZ1Df8AgM_KfZ8XxlbgIsNwVztlOE8jVfu7Xg97vEZVgjhyvaPZy8OeRF8A27BYiU-PlU3Mhtg/s320/rit%20287657405_385527553411944_2999543418056403096_n%20%20%20acquaforte%20dedicata%20a%20tutti%20i%20defunti%20%20profughi%20giuliano-dalmati%20in%20ogni%20parte%20del%20mondo.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span>Carlo Mihalich, <i>A tutti i defunti profughi giuliano-dalmati in ogni parte del
mondo, </i></span></span><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">incisione su lastra di
zinco, acquaforte, cm</span><i style="font-size: 12pt; text-align: justify;"> </i><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">19,5 x 14,5,
1990. Opera ispirata ascoltando la Messa da Requiem K 626 di Mozart.</span><span style="font-size: 12pt;"> Courtesy dell'artista.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Documenti
originali<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Carlo Mihalich, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Biografia e note critiche degli acquerelli</i>,
testo in Word con fotografie, 2021, pp. 6.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Domenico Bon, “L’opera
pittorica di Carlo Mihalich”, «L’Arena di Pola», 3 dicembre 1988, p. 6.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Angelo Dolce, “Saggio
sull’arte di Carlo Mihalich”, in Elena Petras Duleba et alii, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Carlo Mihalich pittore fiumano di origine
veneziana…, cit.</i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Guido Perocco et alii, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Carlo Mihalich, opere 1970-1990</i>, Provincia
di Venezia, Assessorato alla Cultura, Comune di Venezia, Assessorato alla
Cultura, Venezia 1991, p. 40.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Elena Petras Duleba et
alii<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, Carlo Mihalich pittore fiumano di
origine veneziana tra le pietre d’Istria e i silenzi veneziani. Catalogo
antologico delle opere</i>, D’EM Venice Art Gallery, Venezia Mestre, 2021, pp.
228.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Ilaria Rocchi, “Romolo
Venucci maestro fiumano ed europeo”, «Panorama», Rjieka-Fiume, LXX, 11, 15
giugno 2022, pp. 37-39.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Filomena Spolaor,
“Nelle opere di Carlo Mihalich angoli e colori della laguna”, «Il Gazzettino»,
Cronaca di Venezia, 11 gennaio 2022.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzLZ84ExMhwYZUCyKATkYGc3pwFq_vHaxiztXAEMYjMvT-gIsjoideQUF8nQnbCKqOGvL5DfHF0mSQWYcONTosrgRSw-mrQiRmAROfYiU7gvfGwVrzawdHtLdYJVkjF8cjaNBsvMlp0qwd_eDlaAdBuFGucm0DVt34FSCxuqesGteOF7UDsYK3cgKzjQ/s720/287294522_518830950027862_2316834249550049185_n%20%20Carlo%20Mihalich.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="485" data-original-width="720" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzLZ84ExMhwYZUCyKATkYGc3pwFq_vHaxiztXAEMYjMvT-gIsjoideQUF8nQnbCKqOGvL5DfHF0mSQWYcONTosrgRSw-mrQiRmAROfYiU7gvfGwVrzawdHtLdYJVkjF8cjaNBsvMlp0qwd_eDlaAdBuFGucm0DVt34FSCxuqesGteOF7UDsYK3cgKzjQ/s320/287294522_518830950027862_2316834249550049185_n%20%20Carlo%20Mihalich.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Carlo Mihalich, <i>Fiume città... dolce... amara</i>, tecnica
mista, olio e vernici su tela, cm 120 x 80, 2022. Courtesy dell'artista.</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Recensione di Elio
Varutti, Docente di “Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata” –
Università della Terza Età, Udine. Testi di Carlo Mihalich. Ricerca e Networking
a cura di Girolamo Jacobson, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie
della collezione di Carlo Mihalich, che si ringrazia per la gentile concessione
alla pubblicazione delle sue opere; si è riconoscenti, in particolare, alla
“D’EM Venice Art Gallery” di Mestre (VE) per la valorizzazione artistica dello
stesso Mihalich. <o:p></o:p></span><span style="font-size: 12pt;">Lettori: Carlo
Mihalich, Sergio Satti (ANVGD di Udine), Jolanda Radovcich Ferri, Daniela
Conighi e Silvia Zanlorenzi (ANVGD di Venezia).</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Altri materiali
dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD),
Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo
piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario:
da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWpkENF4Kv1ugXJzmGlgM4ic3h5I83iPUAjQul1MGnwi0DptFe8cLFgCmSCon-hYUNg5-74hn6hXckBSgJLQ6zvk8o0hRk6nHxpxdHcfoi2udgTkpJWI8JYgh8xSPIL3keEgFZ9dwG8Jb9qMti82y0m7qjLnsmyHZaXx244V48YmNDGwRBCK7Phr6vrw/s886/287153548_309323754745204_2117963854395266445_n%20ritaglio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="651" data-original-width="886" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWpkENF4Kv1ugXJzmGlgM4ic3h5I83iPUAjQul1MGnwi0DptFe8cLFgCmSCon-hYUNg5-74hn6hXckBSgJLQ6zvk8o0hRk6nHxpxdHcfoi2udgTkpJWI8JYgh8xSPIL3keEgFZ9dwG8Jb9qMti82y0m7qjLnsmyHZaXx244V48YmNDGwRBCK7Phr6vrw/s320/287153548_309323754745204_2117963854395266445_n%20ritaglio.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="background-color: white; font-size: 12pt; text-align: justify; white-space: pre-wrap;">Carlo Mihalich, </span><i style="background-color: white; font-size: 12pt; text-align: justify; white-space: pre-wrap;">Rio della Toletta n. 1</i><span style="background-color: white; font-size: 12pt; text-align: justify; white-space: pre-wrap;">, acquerello, cm</span></span></div><span style="background-color: white; font-size: 15px; white-space: pre-wrap;"><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">30 x 22, 2000</span><span style="text-align: center;">. Courtesy dell'artista.</span></span></p><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPx72OsJoT6g8MoyVlSASId5o9LVWjW-JlWmsM7yMekGn-6H5359OZWjnBaJOGU3lwVMVo6K0uvvE3jiOJK31FikLHIprOQfTzEcAZWwSKnQrrJ3HBxfiAqn1DDlGvP9vGuHAxKDg6PW4cTVXhkHKx2i2XmARgp7iT4n28JozmHpJK-8Q5L_-ZKSDqNg/s546/Carlo-Mihalich.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="545" data-original-width="546" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPx72OsJoT6g8MoyVlSASId5o9LVWjW-JlWmsM7yMekGn-6H5359OZWjnBaJOGU3lwVMVo6K0uvvE3jiOJK31FikLHIprOQfTzEcAZWwSKnQrrJ3HBxfiAqn1DDlGvP9vGuHAxKDg6PW4cTVXhkHKx2i2XmARgp7iT4n28JozmHpJK-8Q5L_-ZKSDqNg/s320/Carlo-Mihalich.jpg" width="320" /></a></div><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Carlo Mihalich, 2021</span><br /><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;"><br /></span></div></span><p class="MsoNormal" style="font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: justify;"><br /></p><br /></span></div>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-7949585708579237082022-06-28T07:14:00.001-07:002023-06-13T22:44:41.006-07:00Dobri Memories. Esodo da Albona per Udine e il Campo profughi di Laterina, poi in Canada, 1956<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">A metà giugno 2022
ricevo questo messaggio in Messenger da Silvio Dobri: “</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Signor Varutti, sono stato molto sorpreso e felice di vedere la sua
ricerca sui profughi Istriani. Sono uno di loro. Siamo partiti dall'Istria nel
1956. Abbiamo viaggiato in treno da Pola a Lubiana, dove abbiamo cambiato treno
per Trieste e poi Udine. Abbiamo passato una settimana al <a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2014/10/il-centro-di-smistamento-profughi.html">Centro smistamento profughi di Udine </a>e 18 mesi al Campo profughi di Laterina, in provincia di
Arezzo. Dopo ci siamo trasferiti a Genova e la famiglia — papà, mamma e tre
figli — emigrò in Canada. Ho 75 anni e ricordo ancora il tempo trascorso a
Laterina, specialmente le estati nuotando nell’Arno</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">”.</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzFg6M2Fx4lgreUwQUOeSzh1OO0U0Mzvsm6xKjOg7jlgWWUCE6damTXSGrSnhY3SISivp2ARPGEGN5Y-VVYk1U4evokZX_7DokX2gFXsc3nwX2YYHKJvKI0trveBnpGDv-RBgSibk5hDu5BQFhL8XQz7qUSuWU1Jtpyu10JCavHBu8JpSdWxxPEJCGpQ/s268/Silvio%20Photo%20x%20copertina.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="215" data-original-width="268" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzFg6M2Fx4lgreUwQUOeSzh1OO0U0Mzvsm6xKjOg7jlgWWUCE6damTXSGrSnhY3SISivp2ARPGEGN5Y-VVYk1U4evokZX_7DokX2gFXsc3nwX2YYHKJvKI0trveBnpGDv-RBgSibk5hDu5BQFhL8XQz7qUSuWU1Jtpyu10JCavHBu8JpSdWxxPEJCGpQ/s1600/Silvio%20Photo%20x%20copertina.jpeg" width="268" /></a></div><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><div style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier; font-size: 12pt;">Laterina,
Crp, 19 maggio 1957 – Prima Comunione di Silvio Dobri, col papà Giuseppe e il
signor Ricco, a destra. Collezione Silvio Dobri.</span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Chiedo se sia disponibile
a raccontare ancora. Signor Dobri ha altri ricordi del Centro raccolta profughi
(Crp) di Laterina? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ho frequentato la
terza elementare nel campo di Laterina – </i>è la replica<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> – l’unico insegnante che ricordo è un giovane che era da Siena, però,
non ricordo il suo nome. Manderò una foto, una storia del nostro breve
soggiorno a Laterina e come mio padre è riuscito a tirarci fuori del campo in
18 mesi. Il mio italiano va bene per parlare ma non per scrivere, quindi
scriverò in inglese, la lingua che parlo dall’età di 12 anni, quando siamo
venuti in Canada. Sono un redattore di testi in pensione e ancora un pellegrino
irrequieto. La famiglia Dobri è di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Albona">Albona</a></i>”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nella classe 3^ del
Crp, nell’anno scolastico 1956-1957 la maestra è <a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2022/05/scolari-istriani-al-campo-profughi-di.html">Giuliana Stoppielli</a>, con 23
scolari, tra i quali c’è appunto Silvio Dobrich (Archivio dell’Istituto
Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane, AR). Niente male per un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cucciolo</i> dell’esodo, diventato un
importante giornalista canadese. Nei documenti scolastici lei, signor Silvio
Dobri, come mai è segnato così: “Silvio Dobrich”? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nel Campo profughi si usava il cognome Dobrich – </i>ha risposto
l’interessato<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> – come indicavano i
documenti rilasciati dalla Jugoslavia quando nel 1956 siamo usciti dall’Istria,
però mio papà preferiva usare il cognome italianizzato ‘Dobri’, dopo essere
usciti dal campo</i>”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Giuliana Stoppielli,
insegnante aretina della 3^ classe, scrive nel suo registro: “Sono piccoli
uomini e brave donnine, che guardano già all’avvenire con una certa serietà e
che, per la loro esperienza o per l’esperienza dei genitori, mostrano di
valutare in pieno quel senso di italianità per il quale hanno accettato di
vivere miseramente al campo”.</span> (<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Registro
della classe 3^ mista, insegnante Giuliana Stoppielli</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
anno scolastico 1956-1957).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Com’è stato il giorno
della sua Prima Comunione nel Crp di Laterina? Ha una fotografia?<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La
foto è stata scattata il 17 o 19 di maggio 1957, il giorno della mia Prima
comunione – </i>ha detto Silvio Dobri<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> – e
ricordo che mia madre mi portò da un sarto ad Arezzo per farmi il vestito. Mio
padre, Giuseppe (Beppo), nella foto è a sinistra. A destra è un vicino, che era
di Albona e si chiamava Ricco. Lui lasciò il Campo poco dopo la mia famiglia ed
emigrò in Francia</i>”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In effetti il 19 maggio
1957 è registrato il nome del comunicando e cresimando “Dobrich Silvano”
(anziché Silvio) assieme al suo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">santolo</i>,
o padrino “Bastianich Enrico”, come si legge nella <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rubrica, </i>conservata all’Archivio della Parrocchia dei Santi
Ippolito e Cassiano, Laterina (AR), col titolo: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Laterina CRP Cresimati dal 1950 al 1962</i>, ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Come vi siete integrati
in Canada? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ho lavorato nel giornalismo
per 40 anni nelle provincie di Ontario, Manitoba e Alberta – </i>ha concluso
Silvio Dobri<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> – ora sono in pensione. I
miei fratelli, Franko e Bruno, vivono a Port Hope, così come la sorella Mary
Susan, che è nata lì. I miei fratelli sono ingegneri, entrambi in pensione”.</i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Da ultimo si nota che Silvio
e Giuseppe Dobri, assieme a Bruno e Franco Dobri sono segnati al fascicolo n.
211 dell’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Elenco alfabetico profughi
giuliani, </i>custodito dal Comune di Laterina Pergine Valdarno. Risultano
emigrati il 26 gennaio 1959 per Calenzano (FI). Poi vanno a Genova e in Canada,
come emerge dal racconto dello stesso Silvio Dobri.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPUfA88SxGCg1cw1MuxDrLjsGYmEJKAPEYZdOmIJjg9Y2gZi2IaDRvi-lC3PLW3YA6kWLXasi13DAAXbpuZAOwJrLluMUEO5P8Pyt3TBYTbZMvBiaNBvcag5Nxf8IIMjgQ6wcVXl0hHxthUIEFdkc8C72eM4ZqnqkatCs6lFnjrajfDS_uod4sWiAVSg/s2537/000_Cresimati%20dal%201950%20al%201962.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2537" data-original-width="1861" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPUfA88SxGCg1cw1MuxDrLjsGYmEJKAPEYZdOmIJjg9Y2gZi2IaDRvi-lC3PLW3YA6kWLXasi13DAAXbpuZAOwJrLluMUEO5P8Pyt3TBYTbZMvBiaNBvcag5Nxf8IIMjgQ6wcVXl0hHxthUIEFdkc8C72eM4ZqnqkatCs6lFnjrajfDS_uod4sWiAVSg/s320/000_Cresimati%20dal%201950%20al%201962.jpg" width="235" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Copertina della rubrica
dei cresimati al Centro raccolta profughi, APLa, <i>Laterina CRP Cresimati dal
1950 al 1962</i>, ms</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Memoriale
di Silvio Dobri e la traduzione di Patrizia Pireni</span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Come in ogni memoriale
ci sono i racconti di vita vissuta, fatti tristi, momenti allegri e certe
opinioni personali. Il racconto è fluente, colorito e, a volte, con intensi
toni letterari. In parentesi riquadrate sono state inserite alcune spiegazioni
del redattore. Buona lettura con le parole di Silvio Dobri nel testo originale
in inglese e nella traduzione a cura della professoressa Patrizia Pireni, di
Udine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Dobri memories Laterina
refugee centre<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Laterina floats on a Tuscan hill, levitating lordly
over the flood plain of the Arno. The town’s ancient stones are set in the
fertile agricultural triangle with Firenze, Siena and Arezzo at its
points.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">I was 9 the year my brothers — Bruno and Franko — and
our parents — Giuseppe and Maria — set foot on Tuscan soil. Bruno was almost
six months old and squirming in mom’s arms, Franko was three years old; dad was
42 and mom was 32. Laterina was our first home in Italy. Surrounded by rolling
hills and vineyards fed by the eternaly-flowing Arno, you’d think Laterina an
idyllic and enviable locale. The scene held a lot of promise, even for refugees
like us. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Our first temporary pied-à-terre was a barrack. Grey
blankets hanging on wires were our walls that provided some privacy. Baby Bruno
was colicky, so our need for family quarters was dire. And before too long we
moved into a three-room unit located in another of the 20 barracks that capped
the flood plain. This was quite a contrast to the lush surrounding.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">A church, infirmary, public showers, a community
television room and general store were among the 30 buildings that completed
our place of refuge. The same buildings had previously housed prisoners of war,
and once PoWs were cleared out the camp was a re-indoctrination centre for the
disgraced acolytes of Benito Mussolini.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Whatever the condition of the <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Centro Raccolta Profughi Laterina</i> it was enough for the hardy
exiles from the Balkans to feel safe. The camp provided temporary housing for
about 5,000 refugees between 1948 and 1963. The residents were primarily a
diaspora from Istria and Dalmatia. The camp closed in 1963, after 15 years of
non-stop hosting of people looking for safety, freedom and a chance at a better
life.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">For children the camp was never a dreary place. The
camp provided opportunities for adventure, for devil-may-care games and plenty
of swimming in the Arno. Here, I saw a television for the first time. Watching
TV was a community event. There were times for access and kids would line up
early to get a good spot on the floor in front of the television. The Lone
Ranger, The Cisco Kid and show featuring cowboys and Indians were my favourite.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">As strange as this may sound, the classroom was
another place popular with kids. The resources were few, but the foreign
students were eager to learn and improve their stilted Italian, if they spoke
it at all. All joined the Dante Alighieri Society.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Movement at the camp was not restricted. I’d be sent
on errands to the medieval town often, and fondly remember a day I bought a
chocolate and walking out with two. As luck would have it, two chocolates stuck
together and the old man behind the counter did not notice it. I tried to
repeat the magic trick but got caught. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Dad had planted a vineyard near Valmazzinghi, the
cement factory town we lived in Istria. The field was abandoned when we left.
So to satisfy his nostalgia for what he left behind he would take us for Sunday
walks through the Tuscan countryside to admire the grapes and the work the
“contadini.” Knowing the hard work that went into cultivating the vineyards,
never would he take as mush as a grapes without first talking to the farmer. It
always worked and we would gorge ourselves. For me it was like being back in my
grandfather’s vineyards.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Not everyone was mindful of the hard working grape
growers. I recall a farmer whose vineyard was closest to the camp running, with
a bullwhip in hand, after a kid who had stolen his grapes. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Italy had a welcome mat for refugees flooding into the
country during the 1950s. Quite a contrast to the current situation. Anyone entering
Italy today faces a marathon of obstacles and often hatred for just considering
to step onto Italian ground. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">The mass exodus of Italian-speaking men, women and
children from Istria and Dalmatia was a result of the protracted internecine
struggle between the Communist and Fascist forces. For Italians the war and the
turbulent post war period raises the ugly and cruel spectre of the “foibe
massacres.” Finding hundreds of bodies in Istria’s “foibe” is proof enough for
them.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">A “foiba” is a deep sinkhole or karst, a natural
geological phenomenon throughout Istria. Many of the “foibe” were used by both
warring side as dumping grounds for the losers of the five-year war and the
settling of accounts after the war. The rocky village where I was born, had a foil
near the cemetery, but never did I hear of a local being thrown into the
sinkhole.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">In every village it was common knowledge who took what
political side, but the settling of political conflict was rarely discussed
after the war. Both sides of my family lost members in the war, or had members
spend time in concentration camps either in Germany or Greece.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj2LatXzqd2cy2JFKvvfAd-seuo0Enrwa2XanNcWf8n6cW5P4WOsuKLz-UYiWc0YbsPSbOMFjxYXrTZpET3sbqNQ6xBCTUjJXLEvn2fP98EXx75eyRqJn0i9bmBbf_vCJ_owlVXSyLpfzUSN94TB2t4J8ysXEfGSrKL3PUUMS6PWxI6VPCrVR5TJa4CA/s2028/003_Renato%20ROTTINGER_(retro).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1539" data-original-width="2028" height="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj2LatXzqd2cy2JFKvvfAd-seuo0Enrwa2XanNcWf8n6cW5P4WOsuKLz-UYiWc0YbsPSbOMFjxYXrTZpET3sbqNQ6xBCTUjJXLEvn2fP98EXx75eyRqJn0i9bmBbf_vCJ_owlVXSyLpfzUSN94TB2t4J8ysXEfGSrKL3PUUMS6PWxI6VPCrVR5TJa4CA/s320/003_Renato%20ROTTINGER_(retro).jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Crp di Laterina,
Istruzioni per la cresima, da un Attestato di cresima del 1949. APLa, <i>Attestati di cresima vari 1949-1957,</i>
stampati.<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Our family of five left Pula on a night train with no
more than two suitcases. A policeman at the house watched my parents pack and
made sure we did not take even one of Tito’s dinars over the amount allowed. Giuseppe,
Maria and their sons were processed at the Giuliano Dalmatian Refugee Sorting
Centre in Udine, and spent a week in an overcrowded apartment block before
getting train tickets to Tuscany. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">In Udine we saw cousin Gino, who had escaped from
Tito’s grip by rowing westward across the Adriatic. Gino made the journey to
freedom with a couple of friends a few months after all three completed their
military service. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">In Udine and Laterina the Italians provided some
assistance to the exiles, but it was up to each refugee to get a job and leave
the camp as soon as possible. My father was resourceful and hard working. He
got us out of Laterina some 18 month after our arrival. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Dad still had contacts in Italy. He was conscripted
into the Italian army in 1936. His unit was based in Piemonte, and before he
served in the army he was in the merchant marine. He sailed while still a teen
and often told us stories about his trips to India through the Suez Canal, and
other ports of call. Montenegro’s ports were the scariest place to stop, he
said. His intent was to resume his merchant marine career once he got his
military discharge, but that was not to be. Yugoslavia was rebuilding after the
war and workers were needed at the Valmazzinghi cement factory. He had no
political aspirations or affiliations, and no interest in taking part in any
the local Communist committee meetings or events at the factory. That meant he
never got permission his papers to return to sea.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Dad’s search for a way back into the merchant marine
and freedom, was a force that drove him to keep his Italian citizenship and he
applied for political asylum in Italy. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">A great many places in European had changed flags and
nationalities when the war ended. Istria was such a place and Tito agreed to
let all Italian citizens leave Yugoslavia. It was not an easy process. It took
my parents five years to get out from behind the Iron Curtain.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Getting out of the camp was a lot easier. Dad found
work on the autostrada the Italian government was building. He then started to
contact people he knew. He reached a relative on his mother’s side of the
family who worked in the Port Authority in Livorno, and through him signed us
on a ship that sailed out of Genova. He spent almost two years plying the
Tyrrhenian Sea hauling goods from Genova to Sardinia, to Corsica and to
Sicilia, before emigrating to Canada. He even took me along on one of his
voyages the last summer we spent in Italy.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Giuseppe was 45 when he walked down the gangway of the
Cristoforo Colombo in Halifax. His ultimate destination was Port Hope, Ontario,
where his brother lived. The train ride took several days. For a mariner, Port
Hope must have appeared to be full of promise. Maria and his three sons followed
10 months later, sailing on the ‘Irpinia’ from Genova to Montreal then making a
four-hour train trip to their Canadian home.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Two years after arriving in Port Hope, Mary Susan, was
welcomed into the family. Giuseppe and Maria raised their family and spent the
last 50 years of their life in Port Hope. Husband and wife reached the age of
94 when they passed away. Three of their children still reside in Port Hope,
while the oldest son went west and lives in Edmonton, Alberta. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">The four generations of the Dobri family — parents to
great-grandchildren — total 25 souls who live a comfortable life in freedom and
prosperity all because of the sacrifices Giuseppe and Maria made through their
lives. [Così finisce il testo originale di Silvio Dobri].<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdYzxmPDAkYnIg_7F3TMB85p-opiViMVrK1HEnVO3M0RLpIrjxCEJgTlgPPtnYhncxTuY5GG1C9CJghSIC9mxwMnLdYIJiJLVfsb0_RyBsl_bbWCpYk9xS0DMMlWCCLIInM_F10UEJ612snNILVK77kqWvOPJPeUNue2tpfOkx7bxH6KwRYby0-D9VCg/s2032/D_006.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2032" data-original-width="1518" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdYzxmPDAkYnIg_7F3TMB85p-opiViMVrK1HEnVO3M0RLpIrjxCEJgTlgPPtnYhncxTuY5GG1C9CJghSIC9mxwMnLdYIJiJLVfsb0_RyBsl_bbWCpYk9xS0DMMlWCCLIInM_F10UEJ612snNILVK77kqWvOPJPeUNue2tpfOkx7bxH6KwRYby0-D9VCg/s320/D_006.jpg" width="239" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Il nome “<b>Dobric
Silvano</b>”, per Silvio, è al tredicesimo posto della lista in questa rubrica di cresimati. Si
noti al secondo posto il cognome <b>Daicich</b>, di cui c’è una breve testimonianza
alla fine del presente saggio. APLa, <i>Laterina
CRP Cresimati dal 1950 al 1962</i>, ms</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
Centro raccolta profughi di Laterina nelle memorie di Dobri, traduzione<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Laterina fluttua su una
collina toscana levitando signorile sulla pianura alluvionale dell’Arno. Le
antiche mura della città sono situate nel fertile triangolo agricolo tra
Firenze e Siena ed Arezzo nei suoi punti cardinali. Avevo nove anni l’anno in
cui i miei fratelli Bruno e Franco e i nostri genitori Giuseppe [detto Beppo,
NdR] e Maria [nata Glavicich] misero piede sul suolo toscano [era l’anno 1956].
Bruno aveva quasi sei mesi e si contorceva nelle braccia di mamma, Franco aveva
tre anni, papà aveva 42 anni e la mamma ne aveva 32. Laterina era la nostra
prima casa in Italia. Circondata da colline ondeggianti e vigneti nutriti
dall’Arno eternamente fluente, tu avresti pensato a Laterina come a una
località idilliaca ed invidiabile. La scena era piena di promesse, persino per
dei rifugiati come noi. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il nostro primo
temporaneo pied-à-terre fu una baracca. Grigie coperte pendevano su dei fili ed
erano le nostre mura, fornendoci una certa privacy. Il piccolo Bruno aveva le
coliche e così la nostra necessità per un alloggio familiare era terribile e
dopo poco ci trasferimmo in una unità di tre stanze situata in un’altra delle
20 baracche che ricoprivano la pianura alluvionale. Questo costituiva un
contrasto notevole con i dintorni lussureggianti. Una chiesa, un’infermeria,
docce pubbliche, una stanza per la televisione comune e un magazzino generale
erano tra i 30 edifici che completavano il nostro luogo di rifugio. Gli stessi
edifici avevano precedentemente ospitato prigionieri di guerra e una volta che
i prigionieri di guerra se ne furono andati il Campo divenne un centro per il
re-indottrinamento degli accoliti di Benito Mussolini in disgrazia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Qualunque fosse la
condizione del Centro di raccolta profughi di Laterina, era comunque abbastanza
affinché i profughi provenienti dai Balcani si sentissero al sicuro. Il campo
fornì alloggio temporaneo a circa 5.000 rifugiati tra il 1948 e il 1963 [dalle
statistiche più recenti i profughi passati per il Crp di Laterina sono oltre 10
mila]. I residenti erano principalmente una diaspora proveniente dall’Istria e
dalla Dalmazia [e da Fiume e costa liburnica]. Il campo fu chiuso nel 1963 dopo
15 anni in cui ospitò senza sosta persone che cercavano salvezza, libertà e una
opportunità per una vita migliore. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per i bambini il campo
non fu mai un posto triste. Il campo forniva opportunità di avventura, di
giochi e un sacco di nuotate nel fiume Arno. Qui io vidi per la prima volta una
televisione. Guardare la TV era un evento comunitario. C’erano delle ore per
poter accedere alla televisione e i ragazzi erano soliti fare la coda presto
per poter ottenere una buona posizione sul pavimento davanti alla TV. The Lone
Ranger, The Cisco Kid e spettacoli con cowboy e indiani erano i miei preferiti.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Può sembrare strano ma
la classe [l’aula scolastica, in baracca] era un altro posto molto popolare tra
i ragazzi. Le risorse erano poche ma gli studenti stranieri erano desiderosi di
imparare e di migliorare il loro italiano pomposo, se addirittura riuscivano a
parlarlo. Eravamo tutti iscritti alla società Dante Alighieri. Muoversi e
uscire dal campo non era proibito e io ero spesso mandato per commissioni nella
città medievale e così ricordo che un giorno ho comprato una stecca di
cioccolata e uscendo dal negozio ne avevo due di stecche di cioccolata. Le due
stecche si erano appiccicate insieme e il vecchio dietro il bancone non l’aveva
notato. </span><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">Tentai di
ripetere quel trucco magico, ma venni preso. </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Papà aveva piantato un
vigneto vicino a Valmazzinghi [o Koromačno, presso Albona], la città di
industrie di cemento dove vivevamo in Istria. Il campo agricolo fu abbandonato
quando partimmo. Così per soddisfare la sua nostalgia per ciò che avevamo
lasciato dietro di noi lui era solito portarci la domenica a fare passeggiate
attraverso la campagna Toscana per ammirare l’uva e il lavoro dei contadini.
Poiché sapeva del duro lavoro che c’era dietro alla coltivazione dei vigneti,
lui non avrebbe mai raccolto un grappolo d’uva senza prima averlo chiesto al
contadino. E questo funzionava sempre perché così noi potevamo rimpinzarci. Per
me era come tornare indietro nel vigneto del nonno. Non tutti erano consapevoli
del duro lavoro che c’era dietro a una coltivazione d’uva. Ricordo un agricoltore
il cui vigneto era vicino al campo e lo ricordo mentre con una frusta in mano
rincorreva un bimbo che aveva rubato la sua uva. L’Italia aveva steso un
tappeto di benvenuto per i rifugiati che come una ondata avevano invaso il
paese durante gli anni ’50 [Secondo altre fonti l’accoglienza non fu così
rosea]. Una situazione completamente diversa da quella attuale. Qualunque
persona che entri in Italia oggi deve affrontare una maratona di ostacoli e
spesso di odio semplicemente per il fatto di aver messo piede sul suolo
italiano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’esodo di massa dall’Istria
e dalla Dalmazia di uomini donne e bambini parlanti italiano fu il risultato di
una lotta protratta e intestina tra le forze comuniste e quelle fasciste. Per
gli italiani la guerra e il turbolento periodo del dopoguerra solleva il
terribile e crudele spettro dei massacri delle foibe. Ne è prova l’aver trovato
centinaia di corpi nelle foibe istriane. Una foiba è una profonda dolina nel
Carso, un fenomeno geologico naturale presente in tutta l’Istria. Molte foibe
furono usate da entrambi le parti in guerra come terreni di discarica per i
perdenti di questa guerra durata cinque anni e per sistemare i conti dopo la
guerra. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il paese roccioso, dove
sono nato io [Santa Lucia d’Albona], ne aveva una vicino al cimitero, ma non ho
mai sentito di un solo abitante che fosse gettato nella voragine. In ogni
villaggio si sapeva chi parteggiava per una parte politica, ma dopo la guerra
raramente si è affrontato il tema della risoluzione politica del conflitto.
Entrambi i lati della mia famiglia hanno perso membri nella guerra o avevano
dei membri che hanno passato del tempo nei campi di concentramento sia in
Germania che in Grecia. La nostra famiglia di cinque persone ha lasciato Pola
con un treno notturno e non avevamo che due valigie. Un poliziotto controllava
che i miei genitori facessero le valigie e si assicurava che noi non
prendessimo nemmeno uno in più dei dinari di Tito oltre l’ammontare che ci era
concesso. Giuseppe, Maria e i loro figli furono sistemati nel Centro smistamento
dei rifugiati giuliano dalmati di Udine e trascorsero una settimana in un
edificio super affollato prima di ottenere i biglietti ferroviari verso la
Toscana. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsXLNTlMcbRRIHivplSXZ_z-reFmUcr0rDOg2ilGGOjNi0io6MlhAoXasdq6l4z911KaUQbYBJmgwC7j-XtzBCaHZVQplQoYjK_s_rOy0fNoyukG1-iN7JmtK6xxH0-2upSyApJPSaJQXxXHsS-xJHZdxq5M0z_ruoVBTPb_DBmq0snq5sHQbQS82ZCg/s763/Scorcio%20di%20Albona,%20anni%20'30.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="334" data-original-width="763" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsXLNTlMcbRRIHivplSXZ_z-reFmUcr0rDOg2ilGGOjNi0io6MlhAoXasdq6l4z911KaUQbYBJmgwC7j-XtzBCaHZVQplQoYjK_s_rOy0fNoyukG1-iN7JmtK6xxH0-2upSyApJPSaJQXxXHsS-xJHZdxq5M0z_ruoVBTPb_DBmq0snq5sHQbQS82ZCg/s320/Scorcio%20di%20Albona,%20anni%20'30.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Scorcio di Albona, anni
'30. Immagine dal web</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In Udine abbiamo
incontrato il cugino Gino che era sfuggito alla morsa di Tito navigando verso
occidente attraversando l’Adriatico. Gino aveva realizzato il viaggio verso la
libertà con una coppia di amici alcuni mesi dopo che tutti e tre avevano
completato il loro servizio militare. A Udine e anche a Laterina gli italiani
davano assistenza ai rifugiati, ma dipendeva poi da ciascun esule procurarsi un
lavoro e lasciare il campo non appena possibile. Mio padre era un uomo pieno di
risorse ed era un duro lavoratore e così riuscimmo ad uscire da Laterina 18
mesi dopo il nostro arrivo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Papà aveva ancora dei
contatti in Italia. Fu arruolato nell’esercito italiano nel 1936. La sua unità
era di base in Piemonte. Prima di entrare nell’esercito era nella marina
mercantile. Era solo un teenager e già viaggiava per mare e spesso ci
raccontava storie dei suoi viaggi verso l’India attraverso il Canale di Suez e
altri porti di scalo. Ci raccontava che i porti del Montenegro erano i posti
più insidiosi dove fermarsi. La sua intenzione era di riprendere la sua
carriera nella marina mercantile una volta ottenuto il congedo militare, ma ciò
non fu possibile. La Jugoslavia stava attraversando un periodo di ricostruzione
dopo la guerra ed erano necessari i lavoratori alla fabbrica di cemento di
Valmazzinghi. Papà non aveva né aspirazioni, né affiliazioni politiche e nessun
interesse a prendere parte agli incontri locali del Comitato comunista, oppure
agli eventi in fabbrica. Ciò significò per lui l’impossibilità di tornare a
lavorare in mare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La ricerca di papà di
un modo per poter tornare a lavorare nella marina mercantile e quindi avere
anche la libertà fu la forza che lo guidò a mantenere la sua cittadinanza
italiana e così fece domanda di asilo politico in Italia. Parecchi posti in
Europa avevano cambiato bandiere e nazionalità quando la guerra finì. L’Istria fu
uno di quei posti e Tito concesse a tutti i cittadini italiani di lasciare la
Jugoslavia. Non fu un processo facile. Ci vollero cinque anni perché i miei
genitori uscissero da dietro la Cortina di Ferro. Uscire dal Campo profughi fu
molto più facile. Papà trovò lavoro nell’autostrada che il governo italiano
stava costruendo. Poi iniziò a contattare persone che conosceva. Raggiunse un
parente dal lato di sua madre che lavorava nell’autorità portuale a Livorno e
tramite lui ci imbarcò su una nave che salpava da Genova. Trascorse quasi due
anni navigando per il mare Mediterraneo, trasportando merci da Genova verso la
Sardegna, Corsica e Sicilia, prima di emigrare in Canada. Mi portò persino con
sé in uno dei suoi viaggi l’ultima estate che passammo in Italia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Giuseppe aveva 45 anni
quando percorse la passerella della ‘Cristoforo Colombo’ ad Halifax [in
Canada]. La sua ultima destinazione fu Port Hope, nell’Ontario, dove viveva suo
fratello. Il tragitto in treno durò vari giorni. Per un marinaio, Port Hope doveva
essergli sembrato un posto pieno di promesse. Maria e i suoi tre figli lo
seguirono 10 mesi più tardi, viaggiando sulla ‘Irpinia’ [motonave] da Genova
fino a Montreal e poi facendo un viaggio in treno di quattro ore verso la loro
dimora canadese. Due anni dopo l’arrivo a Port Hope, nacque Mary Susan,
benvenuta nella nostra famiglia. Giuseppe e Maria crebbero i figli e
trascorsero gli ultimi cinquant’anni della loro vita a Port Hope. Marito e
moglie raggiunsero l’età di 94 anni quando poi morirono. Tre dei loro figli si
trovano tuttora a Port Hope, mentre il figlio più anziano [Autore delle
memorie] si trasferì a ovest e vive a Edmonton, nell’Alberta. Le quattro
generazioni della famiglia Dobri, dai genitori fino ai pronipoti, sono in
totale 25 anime, vivono una vita confortevole in libertà e prosperità, tutti
grazie ai sacrifici che Giuseppe e Maria fecero lungo il corso delle loro vite.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjV9Kv-d5iMhkl900WnmSRqnRvOyP7vjGtCl328vVoy2LAxwlnQaLb2v7YRioBR0Vh6SBSYORQe3sCMUD17uWUHz7jlU0oAydCawdewMDn1Xc6AwtvShX5-vRfSCbhSTZMUcvaCFuoJu0sZptBNrr-QYrM4doxar6AJymOtJKL1OeeF3k4jhcffZ2D8nA/s2048/290253998_393917619437023_3896483966092091478_n.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1417" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjV9Kv-d5iMhkl900WnmSRqnRvOyP7vjGtCl328vVoy2LAxwlnQaLb2v7YRioBR0Vh6SBSYORQe3sCMUD17uWUHz7jlU0oAydCawdewMDn1Xc6AwtvShX5-vRfSCbhSTZMUcvaCFuoJu0sZptBNrr-QYrM4doxar6AJymOtJKL1OeeF3k4jhcffZ2D8nA/s320/290253998_393917619437023_3896483966092091478_n.jpg" width="221" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cosa
succede alla scuola di Albona nel 1944<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Grazie alla diffusione
nel web dell’Archivio di Stato di Gorizia (ASGo) ecco un documento scolastico
della provincia di Pola (<i>vedi sopra</i>), allora amministrata dalle autorità germaniche di
occupazione nell’ambito della Zona di Operazioni Litorale Adriatico (OZAK). Il
13 giugno del 1944 Giuseppe Nider, direttore didattico ad Albona in Istria, trasmette
all’ispettore scolastico a Pola il rapporto sulla visita alla scuola di Pozzo
Littorio (dal 1943 “Piedalbona”; dal 1947 “Podlabin”), villaggio minerario
inaugurato il 28 ottobre 1942, a vent’anni dalla Marcia su Roma. Su 39 alunni
della classe seconda ben 22 sono rimasti a casa. Motivo delle assenze: “paura”.
Le “note ragioni” [ossia, la guerra] impedivano di prendere provvedimenti.
“Molto bene la lettura”, scrive il direttore, mentre tra vetri rotti e in
assenza di mezzi didattici procede il lavoro di Caterina Luciani e Maria Scopas
Potnik, insegnanti di una classe decimata dal terrore dei bombardamenti. ASGo, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Provveditorato agli studi di Pola
(1923-1951)</i>, b. 153, fascicolo “Maria Scopas Potnik”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Conclusioni<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Parliamo degli uni e
parliamo degli altri. Nel gennaio 2022 un mio amico di gioventù, Maurizio
Daici, a una presentazione pubblica a Udine del mio libro 'La patria perduta.
Vita quotidiana e testimonianze sul centro raccolta profughi giuliano dalmati
di Laterina 1946-1963', ha voluto dirmi che: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Anche mio padre, e prima ancora i miei nonni, avevano perso la patria.
Istriani di lingua croata, a loro furono italianizzati il nome e il cognome
negli anni ’30. Inoltre, mio nonno, ferroviere, non poté mai lavorare nella sua
terra, dove aveva una casa, e a causa dei continui trasferimenti da un luogo
all’altro si ritrovò con la famiglia in Friuli, decidendo di rimanervi anche
dopo la guerra, perché ormai qui i figli erano cresciuti e qui aveva il suo
lavoro. Lui e mia nonna parlavano un italiano ‘imparaticcio’, con alcune
inflessioni istro-venete, negandosi la lingua madre che il regime fascista
contrastava e che era un ostacolo all’assimilazione non solo nell’Italia del
Ventennio, ma anche in quella degli anni successivi. Sennonché, mia nonna sul
letto di morte non parlò altrimenti che in croato, circondata da figli e nipoti
che non potevano capirla. Il nonno non so in quale lingua pensò o urlò quando,
col terremoto del 6 maggio 1976, gli cadde addosso il tetto di casa</i>”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Per concludere questo
originale contributo riportiamo il pensiero dell’ingegnere Sergio Satti, nato
nel 1934, esule di Pola, componente del Comitato Esecutivo dell’ANVGD di Udine
e già vicepresidente dal 1987 al 2015. Il decano Satti, in riferimento al
travagliato Novecento istriano, ha affermato: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sono contento e felice che, dopo essere da 75 anni socio dell’ANVGD, la
memoria della nostra storia stia diventando patrimonio per tutti</i>”.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Rdw2ZrjdEnUvRyvuCCSV4TCTb2KIETCZAMyhd9XdorWkUxXUoXikXCpDaCcl7vbdd9J3e5qtVV8Kbe70_UxTDJPoVGmjAOA9C35nQO2nBPyZ9o2KZNQqk5lFN6EE6TAAn_iPpRirGODDiW23EgPkjMFzqNAWLPKQKfmIqzhSZBmLvxzB4J-aXxOdUQ/s1193/10%20Dobrich%20Silvio_7.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1193" data-original-width="877" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Rdw2ZrjdEnUvRyvuCCSV4TCTb2KIETCZAMyhd9XdorWkUxXUoXikXCpDaCcl7vbdd9J3e5qtVV8Kbe70_UxTDJPoVGmjAOA9C35nQO2nBPyZ9o2KZNQqk5lFN6EE6TAAn_iPpRirGODDiW23EgPkjMFzqNAWLPKQKfmIqzhSZBmLvxzB4J-aXxOdUQ/s320/10%20Dobrich%20Silvio_7.jpg" width="235" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Compito di aritmetica
di Dobri Silvio, classe III, Laterina Crp, giugno 1957. Archivio Istituto
Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (AR)<o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
messaggio di Bruna Zuccolin<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La presente ricerca si
è svolta nello spirito della Legge 30 marzo 2004 n. 92 sul <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giorno del Ricordo</i>, per diffondere la conoscenza dei tragici eventi
del confine orientale che nel secondo dopoguerra colpirono gli italiani vittime
delle foibe, nonché gli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, preservando le
tradizioni di quelle comunità. “È importante ricordare in un clima di
collaborazione e di pace tra i popoli in dimensione europea – ha detto Bruna
Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine – perché così i giovani vengono a
sapere di fatti tragici che non dovrebbero più ripetersi”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Maurizio Daici, nato in
Friuli nel 1956, vive ad Artegna (UD), int. del 20 gennaio e del 28 giugno 2022.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Silvio Dobri, Santa
Lucia di Albona 1946, vive a Edmonton, Alberta, Canada; email allo scrivente
del 16-23 giugno 2022.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Sergio Satti, Pola 1934,
esule a Udine, int. del 23 giugno 2022.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Documenti
originali<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Silvio Dobri, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dobri memories Laterina refugee centre</i>,
testo in RTF, 2022, pp. 3. Collezione E. Varutti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
archivistiche<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Premesso che potrebbero
esserci alcuni errori materiali di scrittura nei manoscritti consultati, la
presente ricerca è frutto della collaborazione fra l’ANVGD di Arezzo e il
Comitato Provinciale dell’ANVGD di Udine. La consultazione e la digitalizzazione
dei materiali di studio presso l’Archivio Parrocchiale (APLa) e quello Comunale
di Laterina, oltre che all’Istituto Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane
(AR) è stata effettuata dal 2015 a cura di Claudio Ausilio, dell’ANVGD di
Arezzo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Archivio di Stato di
Gorizia (ASGo), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Provveditorato agli studi
di Pola (1923-1951)</i>, b. 153, fascicolo “Maria Scopas Potnik”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Comune di Laterina
(AR), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Elenco alfabetico profughi giuliani</i>,
1949-1961, ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Parrocchia dei Santi
Ippolito e Cassiano, Laterina (APLa), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Laterina
CRP Cresimati dal 1950 al 1962, Attestati di cresima vari 1949-1957</i>,
Lettere, dattiloscr., stampati e ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Provveditorato agli
studi di Arezzo, Comune di Laterina, Scuole elementari, Circolo Didattico di
Montevarchi, Scuola Elementare C.R.P., <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Registro
della classe 3^ mista, insegnante Giuliana Stoppielli</i>, anno scolastico [1956-1957],
pp. 30, stampato e ms.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr2d8tQ2Yf-GanXTBx3KiJiNQ6Lbnjdcly4FIvLj53Ly1IB9w6xdmzIMuC_U48Xvr6UkQMDn5Cq5RXtXpXCEfJcMrZFxfQ145CbHlxkaShqYqHln8cxrWINRTGCHJwp9ko1EJC_r_dwXwFh_CCaOuV8Xjf4t_d7w8LS8bidYsuPPFUoOqvDH5EhhYvZQ/s1189/10%20Dobrich%20Silvio_6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1189" data-original-width="881" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr2d8tQ2Yf-GanXTBx3KiJiNQ6Lbnjdcly4FIvLj53Ly1IB9w6xdmzIMuC_U48Xvr6UkQMDn5Cq5RXtXpXCEfJcMrZFxfQ145CbHlxkaShqYqHln8cxrWINRTGCHJwp9ko1EJC_r_dwXwFh_CCaOuV8Xjf4t_d7w8LS8bidYsuPPFUoOqvDH5EhhYvZQ/s320/10%20Dobrich%20Silvio_6.jpg" width="237" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #3d85c6; font-family: courier;">Dettato di Dobri
Silvio, classe III, Laterina Crp, 14 giugno 1957. Archivio Istituto Comprensivo
“Francesco Mochi” di Levane (AR)</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici e del web<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Giuliana Pesca – Serena
Domenici – Giovanni Ruggiero, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tracce
d’esilio. Il C.R.P. di Laterina 1948-1963. Tra esuli istriano-giuliano-dalmati,
rimpatriati e profuganze d’Africa</i>, Città di Castello, Biblioteca del Centro
Studi “Mario Pancrazi”, Edizioni NuovaPrhomos, 2021, pp. 224.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">E. Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://evarutti.wixsite.com/website/post/istriani-esuli-in-ontario-canada-la-lista-di-quelli-passati-prima-al-campo-profughi-di-laterina">Istriani esuli in Ontario, Canada. La lista di quelli passati prima al Campo profughi di Laterina</a></i>, on line dal 19
maggio 2022 su<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>evarutti.wixsite.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ringraziamenti - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">La redazione del blog
per l’articolo presente è riconoscente al signor Silvio Dobri, esule da Albona
in Canada e al signor Claudio Ausilio, esule da Fiume a Montevarchi (AR), socio
dell’ANVGD provinciale di Arezzo. In particolare Claudio Ausilio ha fornito con
la consueta cortesia i materiali per la ricerca presso l’Archivio Parrocchiale
e del Comune di Laterina, oltre a quello scolastico di Levane (AR), secondo la
tradizionale e collaudata collaborazione con l’ANVGD di Udine. Oltre alle fonti
orali, si ringraziano gli operatori e le autorità del Comune di Laterina e
dell’Istituto Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (AR), per la
collaborazione riservata all’indagine storica. Si è grati pure a don Mario Ghinassi,
parroco di Laterina nel 2015 e agli operatori dell’ASGo. Grazie per la
traduzione dall’inglese alla professoressa Patrizia Pireni, di Udine.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Autore principale
Silvio Dobri. Altri testi di Elio Varutti. Ricerche di Claudio Ausilio e E.
Varutti. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti,</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Coordinatore
del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Lettori: Silvio
Dobri, Patrizia Pireni, Sergio Satti, Annalisa Vucusa (ANVGD di Udine), Claudio
Ausilio (ANVGD di Arezzo) e il professor Enrico Modotti. Copertina: Laterina,
Crp, 19 maggio 1957 – Prima Comunione di Silvio Dobri, col papà Giuseppe e il
signor Ricco, a destra.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Altre fotografie da
collezioni citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30.
Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti.
Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmA31Zh4eIBZ8ebAfG5Dmg1-DSOBKTUE-80YSCSm6uxhOjficio9SjuBYQ_erZzR3JijxVZjMQYh1lR2NI6UjlUhAPaWlnQdMmE2KZmBDfbyAJuSkfrFSkEXBnsnii48B6PAqn3hTn8c9txTIt8Y5yre6in3oh1xjVQdxJsnLtA7Rv4JLqivelqUhg_g/s435/Silvio%20Photo.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="435" data-original-width="311" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmA31Zh4eIBZ8ebAfG5Dmg1-DSOBKTUE-80YSCSm6uxhOjficio9SjuBYQ_erZzR3JijxVZjMQYh1lR2NI6UjlUhAPaWlnQdMmE2KZmBDfbyAJuSkfrFSkEXBnsnii48B6PAqn3hTn8c9txTIt8Y5yre6in3oh1xjVQdxJsnLtA7Rv4JLqivelqUhg_g/s320/Silvio%20Photo.jpeg" width="229" /></a></div><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><br /><p></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-77127003391536198742022-05-05T01:13:00.006-07:002022-08-06T03:22:56.174-07:00Scolari istriani al Campo profughi di Laterina, 1956. Parla la maestra Giuliana Stoppielli<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">“Insegnavo nella
baracca scuola ad una ventina di scolari del Centro raccolta profughi (Crp) di
Laterina (AR) – ha detto la maestra Giuliana Stoppielli – tuttavia gli iscritti
variavano, c’era chi andava via e chi arrivava, chi partiva, chi veniva, perché
i genitori emigravano per lavoro in Italia e anche all’estero. Devo dire che i
nuovi arrivati, pur avendo frequentato le scuole jugoslave che erano solo in
lingua croata, imparavano molto presto e nel giro di una settimana li sentivo
parlare italiano”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel Crp c’era solo la
scuola elementare? “Sì, infatti per frequentare le scuole medie – è la replica
– gli studenti si recavano a Montevarchi, o a San Giovanni Valdarno”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cosa ricorda dei suoi
allievi al Campo profughi? “Ricordo che erano tristi, qualcuno piangeva – ha
risposto la maestra Giuliana – del resto con i genitori vivevano nelle
baracche, erano alloggi bui, umidi, disagevoli e senza riscaldamento”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1mNpLj7lc8EbT6iBt42Cj6eW3oRAK4gUPMPnGL0E0y8RW5LfAd8gh4XeZ6WqrWDnucxWvgL-dk9tSPRukUw7sTr8YmvUmQntf5h40kl-PAsiq-KEDZ9AxgTUG-6vncJYWt_z-ym12W7IHmoi7XbOUpymv_HzABHT2QaKzFfwHqHh9X1grMtNOU7e-bQ/s1395/anno%201958%20Maestra%20Giuliana%20STOPPIELLI-Ivo%20PAOLETTI%20(marito)%20eleganza.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1023" data-original-width="1395" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1mNpLj7lc8EbT6iBt42Cj6eW3oRAK4gUPMPnGL0E0y8RW5LfAd8gh4XeZ6WqrWDnucxWvgL-dk9tSPRukUw7sTr8YmvUmQntf5h40kl-PAsiq-KEDZ9AxgTUG-6vncJYWt_z-ym12W7IHmoi7XbOUpymv_HzABHT2QaKzFfwHqHh9X1grMtNOU7e-bQ/s320/anno%201958%20Maestra%20Giuliana%20STOPPIELLI-Ivo%20PAOLETTI%20(marito)%20eleganza.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">T</span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">erranuova Bracciolini,
1958 – La maestra Giuliana Stoppielli a spasso col marito Ivo Paoletti.
Eleganza italiana. Collezione Stoppielli</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricorda se c’è stato
qualche screzio fra i profughi e i laterinesi? “No, non ho mai visto, o sentito
di screzi tra la popolazione locale e i profughi”. La testimonianza conferma
quanto scritto nel 1980 dal parroco di Laterina, don Piero Cheli, entrato nel
1960. Il Crp, sotto il fascismo, è un Campo di concentramento per prigionieri
inglesi, sudafricani e canadesi. Poi per un anno il Campo è stato un reclusorio
sotto la sorveglianza nazista. Dopo la liberazione, avvenuta nel 1944, a cura
della VIII Armata britannica, si trasforma fino al 1946 in un campo di
concentramento per tedeschi e repubblicani della RSI catturati al Nord. Dal
1946 al 1963, per ben diciassette anni, funziona come Campo profughi per
italiani in fuga dall’Istria, Fiume e Dalmazia (per oltre 10mila persone),
terre assegnate alla Jugoslavia col trattato di pace del 10 febbraio 1947. Dal
1970 è una zona artigianale. Una curiosità emersa dal 2019 è che il Campo fosse
intitolato a Guglielmo Oberdan, martire triestino dell’irredentismo, come ha
detto Giovanni Nocentini a Claudio Ausilio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Signora maestra
Giuliana come si recava al lavoro, abitando a Terranuova Bracciolini, a circa
17 chilometri dal Crp? “Con un pullman andavo fino a Montevarchi – ha risposto
Stoppielli – dove prendevo un treno fino alla stazione di Laterina, poi avevo
cinque chilometri da fare sulla strada di sassi fino al Campo profughi. Per
fortuna dalla stazione di Laterina al Crp talvolta andavo in motorino guidato
da una collega. Sembrava più una bicicletta con un piccolo motore”. Sarà stato
un modello due ruote “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Bianchi Aquilotto</i>”,
degli anni ’50. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Signora Stoppielli
ricorda per caso i nomi dei suoi colleghi, che insegnavano al Campo profughi di
Laterina? “Ricordo con affetto i seguenti maestri: – ha concluso – Pasqua Benvegnù
Sponza, Giulietta Massini, Romano Alfieri, il Direttore didattico Ennio Scala e
la maestra Emilia Carmignani, da Loro Ciuffenna (AR)”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Anche se la maestra
Stoppielli non ricorda molti altri particolari della sua attività didattica vissuta
da precaria per un solo anno scolastico al Crp, sono rimasti i documenti
scolastici a illustrarci la vita nella classe della scuola baracca.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhswluFpuW6JNuZ5HmwkeOcTcbn-5EAO3kyNdNMWlt9UVfRfA3Cl6HVTfQnLbmvbeoNbx4nqgbrBoZzhjuyPyXwMRMwUofaxA8RjgGk7Me5lpqqVHA4jy5qSaBVnPBYnbN-OG1giVo44uAM414gf_ftGm8crAZbO0itJ4Y3ljVftDHTUYKSZqg4zWCA4Q/s1356/10%20Dobrich%20Silvio_8%20ritaglio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="844" data-original-width="1356" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhswluFpuW6JNuZ5HmwkeOcTcbn-5EAO3kyNdNMWlt9UVfRfA3Cl6HVTfQnLbmvbeoNbx4nqgbrBoZzhjuyPyXwMRMwUofaxA8RjgGk7Me5lpqqVHA4jy5qSaBVnPBYnbN-OG1giVo44uAM414gf_ftGm8crAZbO0itJ4Y3ljVftDHTUYKSZqg4zWCA4Q/s320/10%20Dobrich%20Silvio_8%20ritaglio.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Disegno dell’allievo
Dobrich Silvio, da Albona, evidentemente col papà in marineria. Archivio Istituto
Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (AR)</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La
classe 3^ del 1956-1957, cucciole dell’esodo - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dall’Archivio
scolastico si sa che Giuliana Stoppielli è insegnante della 3^ classe
elementare. Riguardo ai suoi scolari scrive nel suo registro: “Sono piccoli
uomini e brave donnine, che guardano già all’avvenire con una certa serietà e
che, per la loro esperienza o per l’esperienza dei genitori, mostrano di
valutare in pieno quel senso di italianità per il quale hanno accettato di
vivere miseramente al campo”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La maestra Giuliana
Stoppielli prende servizio il 17 dicembre 1956. Trova nell’aula: il mappamondo,
l’atlante, carte geografiche e la bandiera (p. 24 del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Registro</i>). È consapevole che la scuola di Laterina sia “un ambiente
particolare. I bambini sono in massima parte profughi d’Istria, ma ve ne sono
anche di altre parti (…)”. Verso la metà di febbraio la classe deve fare
lezione nel pomeriggio, poiché ci sono troppi iscritti nella scuola del Crp;
bisogna fare i turni. A marzo molti pargoli si ammalano di morbillo. Poi si
legge che: “Ancora una volta durante il mese di aprile abbiamo dovuto
abbandonare la nostra aula, ci siamo trasferiti in quella del M.o Alfieri,
poiché la nostra ha dovuto accogliere i bambini della signora Stifanich che
stanno diventando molto numerosi” (p. 21). Con ciò si viene a sapere che i
maestri esuli giuliano dalmati a Laterina sono una piccola pattuglia: Nicola De
Marin, nel 1949-1950, Pasqua Benvegnù Sponza e, appunto, la signora Stifanich
nel 1956-1957.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">A giugno, prima degli
esami, cuccioli e cucciole sognano di prendere dei bei voti. La maestra riporta
i loro pensieri: “magari prendessi dieci, mio padre mi regalerebbe un bel pallone
– ed una bambina – e a me un bel vestito!”. Ci sono le visite d’istruzione alla
Diga di Ponticino, alla Fornace Baglioni e al fiume Arno, mentre le lezioni di
Educazione fisica, mancando ovviamente la palestra, si svolgono all’aperto, nel
Campo profughi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il 15 giugno 1957, a
esami conclusi in presenza di Ennio Scala, Direttore didattico, la maestra
Stoppielli trascorre l’ultimo giorno “dentro la baracca della mia scuola”.
Inizia allora un’affettuosa processione di alunni che desiderano salutarla,
senza nemmeno sapere il risultato dell’esame. Le cucciole dell’esodo vogliono
starle vicino. “Sono qui seduta al mio tavolo – scrive nelle <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Note della Prova d’esami</i> – ed ogni tanto
sento bussare alla porta: sono i miei bambini che vengono a salutarmi, non
ricordano più nemmeno gli esami ora, si dimenticano anche di chiedermi l’esito,
hanno quasi tutti un foglio in mano per appuntare il mio indirizzo. Molti di
questi bambini devono partire fra qualche giorno: chi andrà in Francia, chi in
Belgio, chi in Argentina, chi in Brasile; partono insieme alle loro famiglie in
cerca di un lavoro che dia loro la possibilità di vivere discretamente. Ognuno
mi promette di scrivermi, di mandarmi tante cartoline illustrate”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhkdMz2YoNlfLjAVb6A5PbI6UCQRbUxDnwDIZfpOWFFvYUzpXH38_-WpvQgbAWYxpzNvdvHsEs5c60lLOOTqm30pXqn_STz4MAt4YkkC8NBaFLK3eCMnqQ_Arb94-NEWeb5KGugv1NdvVQ2AnZJ3xk7HKA33nAgukxvA7mPdyLTvfruCGduHOEw_eC-w/s1429/3%20Boban%20Graziella_9.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="987" data-original-width="1429" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhkdMz2YoNlfLjAVb6A5PbI6UCQRbUxDnwDIZfpOWFFvYUzpXH38_-WpvQgbAWYxpzNvdvHsEs5c60lLOOTqm30pXqn_STz4MAt4YkkC8NBaFLK3eCMnqQ_Arb94-NEWeb5KGugv1NdvVQ2AnZJ3xk7HKA33nAgukxvA7mPdyLTvfruCGduHOEw_eC-w/s320/3%20Boban%20Graziella_9.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">La semplicità del
disegno di Boban Graziella, da Zara (città italiana che ha subito 54 bombardamenti alleati su
suggerimento dei titini), scolara della classe 3^ mista.</span> <span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Archivio
Istituto Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (AR)</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Formata da 23 alunni la
lista inizia con: Bazzul Radoslavo, Castelverde, Pisino (PL); Bertetich Anna,
Lindaro, Pisino (PL); Boban Graziella, Zara; Bulessi Adriano, Pola; Bulich
Alfio, Zara; Canaletti Fiorella, Lussinpiccolo (PL); Canzian Vittorio, Tripoli;
Di Pasquale Mario, Tripoli; Diracca Nevia, Sussak (YU); Dobrich Silvio, Santa
Lucia, Pirano (PL); Gobbo Bruno, Valmazzinghi, Albona (PL); Mazzorana
Gabriella, Pachino (SR); Milotti Lucia, Pola; Milotti Claudia, Pola; Precali
Rosanna, S. Lorenzo del Pasenatico (PL); Rabar Giuliana, Pola; Ugussi
Gianfranco, Parenzo (PL); Ussich Emilia, Altura (TS); Valle Doreto,
Valmazzinghi, Albona (PL); Visconti Lucilla, Pola; Zanghirella Nadia, Pola;
Zvietich Anna Maria, Zara; Lanci Federico, Chieti. I 14 nati in provincia di
Pola sono la parte preponderante nella classe, rappresentando il 60,8 per cento
degli alunni, poi ci sono gli zaratini (13%), quelli di Tripoli (8,7%) ed
altri, inclusa Trieste, perché c’è chi scappa pure dal capoluogo giuliano, per
la pura dei titini, fintantoché non viene riannesso all’Italia, nel 1954. Questa
classe è di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cucciole</i> dell’esodo, dato
che 13 femmine rappresentano il 56,5 % della classe, mentre i 10 maschi sono al
43,5%. Tra i mestieri prevalenti del capofamiglia ci sono l’operaio, il
muratore, un paio di coloni, di imbianchini, di cuochi e una guardia di
finanza. Pur avendo 23 iscritti, gli scrutinati a fine anno sono 19, perché
sono 4 i trasferiti, mentre i promossi nelle due sessioni risultano 18 (11
femmine e 7 maschi). C’è un solo bocciato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnqrMhiPY0Uy7t_GLpQpvFRqgp2jD1y73sgf6jE4NwcycuLDqO-fu43rhr87oiY9e0-v8NxlE4b7Xs-R-Z9o8rDkXCsCNUfNQH6rF7sWgYB-uH1w7OexBgbfWIfjUWuV-Zg3_YL3deiV6nmABs-smKO6sCPZvni2qS7cvJG9nCsR6yDGeaR5ZPJtm8HA/s1214/21%20Zanghirella_3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1214" data-original-width="919" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnqrMhiPY0Uy7t_GLpQpvFRqgp2jD1y73sgf6jE4NwcycuLDqO-fu43rhr87oiY9e0-v8NxlE4b7Xs-R-Z9o8rDkXCsCNUfNQH6rF7sWgYB-uH1w7OexBgbfWIfjUWuV-Zg3_YL3deiV6nmABs-smKO6sCPZvni2qS7cvJG9nCsR6yDGeaR5ZPJtm8HA/s320/21%20Zanghirella_3.jpg" width="242" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Stupendo incipit del
tema di Nadia Zanghirella, da Pola, scolara della classe 3^ mista. Archivio
Istituto Comprensivo “Francesco Mochi” di Levane (AR)</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricordare
la maestra istriana Sponza esule in Toscana - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">“Mi
sono permessa di scrivere, dopo aver letto gli articoli sui bambini istriani
del Campo profughi di Laterina – ha comunicato Cristina Tassi, di Prato – in un
articolo è ricordata la signora Pasqua Sponza Benvegnù, che è stata per cinque
anni la mia amata maestra a Prato”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricorda qualcosa
d’altro? “Tanti sono i ricordi affiorati alla memoria – ha concluso la Tassi -
dalle canzoni che ci ha fatto cantare in coro prima su tutte <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il Piave mormorava</i>, poi c’erano <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ta-pum</i>, l’inno di Mameli. Ricordo la sua
pazienza e l’amorevole cura nei nostri confronti. Tutti qui a Prato la
ricordiamo con affetto. Probabilmente siamo stati i suoi ultimi alunni dal 1967
al 1972 e per anni ha risposto agli auguri che le mandavamo per Natale”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Verso il 1956, la
maestra Pasqua Sponza “nei Benvegnù di Rovigno”, come si diceva una volta, ha
insegnato ai suoi cuccioli dell’esodo nel Crp di Laterina, in base ai dati
dell’archivio scolastico. Risulta diplomatasi a Parenzo (PL) nel 1937. Dopo
l’esodo è domiciliata al Crp di Laterina e residente a Firenze. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nota</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
- Devo la terminologia di “cuccioli dell’esodo” a Michele Zacchigna, in un suo
piccolo, ma significativo libro del 2013, per riferirsi ai figli dei 350 mila
esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, fuggiti dalle violenze titine durante e dopo
la seconda guerra mondiale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh10bIO05A7S-ERzyX-WIWe2ZWV0h-Byt7OT1zlVV9COCsVzucYuqT8v6wRtiCslLhUihKlo6uMkuAaaM5TAPdR0hGZumn8DuOY-nK8qDVl_muLdDDRsp5XCSofXBdki5xNMVz9RJLBSaMRefo31GsliOtj326HHGcK_PNckz6ZcmtuEigP1MW5CFOEdA/s604/272032942_314317190653892_7526862615149448859_n.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="403" data-original-width="604" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh10bIO05A7S-ERzyX-WIWe2ZWV0h-Byt7OT1zlVV9COCsVzucYuqT8v6wRtiCslLhUihKlo6uMkuAaaM5TAPdR0hGZumn8DuOY-nK8qDVl_muLdDDRsp5XCSofXBdki5xNMVz9RJLBSaMRefo31GsliOtj326HHGcK_PNckz6ZcmtuEigP1MW5CFOEdA/s320/272032942_314317190653892_7526862615149448859_n.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Prato, scuola
elementare, la benvoluta maestra Pasqua Sponza Benvegnù con 27 scolari, tra i quali Cristina
Tassi. Collezione Cristina Tassi, Prato.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">: per la gentilezza riservata
all’indagine storica si ringraziano le seguenti persone intervistate da Elio
Varutti, con contatti preparatori di Claudio Ausilio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giovanni Nocentini,
Laterina (AR) 1929, int. di Claudio Ausilio del 23 aprile 2022 a Laterina.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giuliana Stoppielli,
Terranuova Bracciolini (AR) 1933, int. del 28 aprile 2022 di Claudio Ausilio a Montevarchi
(AR) con Elio Varutti al telefono. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Cristina Tassi, Prato, email
dell’8 febbraio 2022 allo scrivente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Collezioni
private</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Giuliana Stoppielli, fotografia. – Cristina
Tassi, fotografia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Archivi
consultati</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> - La presente ricerca è frutto della collaborazione
fra l’ANVGD di Arezzo e il Comitato Provinciale dell’ANVGD di Udine. La
consultazione e la digitalizzazione dei materiali d’archivio aretini è stata
effettuata nel 2018 a cura di Claudio Ausilio presso l’Istituto Comprensivo “Francesco
Mochi” di Levane (AR).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Provveditorato agli
studi di Arezzo, Comune di Laterina, Scuole elementari, Circolo Didattico di
Montevarchi, Scuola Elementare C.R.P., <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Registro
della classe 3^ mista, insegnante Giuliana Stoppielli</i>, anno scolastico
[1956-1957], pp. 30, stampato e ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Giuliana Stoppielli, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Note della Prova d’esami, 14 giugno 1957</i>,
allegato al Registro della classe 3^ mista, insegnante Giuliana Stoppielli,
anno scolastico [1956-1957], c. 1, ms.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Riferimenti
bibliografici</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Grazie a Pier Luigi Boschi, di
Laterina, per certi spunti bibliografici.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">- Consiglio
Pastorale Parrocchiale</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> (a cura del), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Memorie del preposto Cheli. 13 marzo 2011, 30° anniversario della morte</i>,
Laterina (AR), 2011.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">- Flaminio
Rocchi</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e
dalmati</i>, Edizioni Difesa Adriatica, Roma, 1990.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">- Michele
Zacchigna</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Piccolo
elogio della non appartenenza. Una storia istriana</i>, Trieste, Nonostante
Edizioni, con una Postfazione di Paolo Cammarosano, 2013.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqYptAjYLEQYWYvwLPWmbxe-i75CXq00uimpAqkUgzI3bEdxIFcQQ44DrNezqvpR9EIZwvN8I4rdOtuuRKfCGBocVGZEtTEloC9GRYhQw181gEDeP6DlzBHa20NrbttcK6ytgfY7o2JJOX8NyVN28Iv7sUIMdLwdjyFFvmO54HoMdfHNA37p4rfA3Rbw/s2416/anno%201958%20Maestra%20Giuliana%20STOPPIELLI-Ivo%20PAOLETTI%20(marito).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2416" data-original-width="1395" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqYptAjYLEQYWYvwLPWmbxe-i75CXq00uimpAqkUgzI3bEdxIFcQQ44DrNezqvpR9EIZwvN8I4rdOtuuRKfCGBocVGZEtTEloC9GRYhQw181gEDeP6DlzBHa20NrbttcK6ytgfY7o2JJOX8NyVN28Iv7sUIMdLwdjyFFvmO54HoMdfHNA37p4rfA3Rbw/s320/anno%201958%20Maestra%20Giuliana%20STOPPIELLI-Ivo%20PAOLETTI%20(marito).jpg" width="185" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Terranuova Bracciolini 1958, la maestra Giuliana Stoppielli a passeggio col marito Ivo Paoletti. Collezione Giuliana Stoppielli</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">.</span></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><br /></span></span></div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><b>Progetto e ricerca </b>di
Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo). Interviste di Claudio Ausilio e Elio Varutti,
coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine.
Networking a cura Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Claudio
Ausilio e Marco Birin. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e
documentazione sull'esodo giuliano dalmata, Udine.</span><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fotografie da
collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che
ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario: da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara
Rossi. Sito web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-18104373354211376062022-04-23T06:57:00.001-07:002022-08-05T09:41:39.910-07:00Preso dai titini, papà si toglie la vera e la dà alla mamma. La fine del finanziere Giuseppe Covella<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">Mi racconta Vittorio
Covella, che suo papà Giuseppe Covella, detto <i>Pino</i>, classe 1905 finanziere, è stato catturato dai titini e
portato in un campo di concentramento jugoslavo</span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify;">in Croazia,
nella zona tra Ogulin e Karlovac, nel 1945. “Sono entrati in casa armati,
avevano la stella rossa sul berretto – ha detto Vittorio Covella – e hanno
preso mio padre per portarlo via, allora lui si è tolto la vera dal dito e l’ha
consegnata a mia madre, neanche sapesse la fine tragica che poteva fare”.</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioU7Gx8lcZFJwi-Sxps8YxgR-kVLFWyDMDBiT_SpvsA6p-dAhf3xMWI0OduSGjQNwhis2GGfLVxb6-smECxHqnJfMQMewVQCzN_k9QAlPYEk38CaIKrF1PDO0l80KMqmV1y3TwXeRXTlySit2kJ-3pKg1LNMuJNbPC2QQa4hTL-bKaDglnJXeZoiX0ag/s743/Giuseppe%20Covella%201905-1947%20ritaglio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="625" data-original-width="743" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioU7Gx8lcZFJwi-Sxps8YxgR-kVLFWyDMDBiT_SpvsA6p-dAhf3xMWI0OduSGjQNwhis2GGfLVxb6-smECxHqnJfMQMewVQCzN_k9QAlPYEk38CaIKrF1PDO0l80KMqmV1y3TwXeRXTlySit2kJ-3pKg1LNMuJNbPC2QQa4hTL-bKaDglnJXeZoiX0ag/s320/Giuseppe%20Covella%201905-1947%20ritaglio.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;"><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Giuseppe Covella,
1905-1947. Collez. fam. Covella</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p><span style="font-family: Times New Roman, serif;">Poi cosa accade? “Mia
mamma, con l’aiuto di una conoscente </span></span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">drugariza</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">
(partigiana slava) – ha aggiunto Vittorio Covella, </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Zebi</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> per gli amici – è riuscita a vederlo nel campo di concentramento
titino, ma, uscito dal gulag slavo, è morto di stenti nel 1947 e ora i suoi resti riposano a Sissano, comune
di Lisignano, in Istria”.</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La signora che riceve
l’anello nunziale è Maria Garboni (1918-2007), mamma di Vittorio e Federico. Loro,
nel 1945, lasciano Fiume per rientrare a Sissano e a Pola. Il loro esodo
dall’Istria risale al mese di agosto del 1946. Fanno tappa a Trieste, passando
per il Centro raccolta profughi del Silos. Altri loro parenti vanno al Crp di Padriciano.
Poi dal Territorio Libero di Trieste giungono a Cervignano del Friuli, in
provincia di Udine, accolti nella caserma della Guardia di Finanza. Uno zio del
signor Vittorio, Bruno Garboni parte per Melbourne, in Australia. Resta a
Sissano, in Istria, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il suocero di
Vittorio, di nome Michele Gabrović, detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Miho.
</i>Le famiglie si rifrequentano e si scrivono sin dagli anni 1949-1950, ma
sulla corrispondenza che giungeva dalla Jugoslavia a Cervignano c’era la gara a
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">sbregar el bolo col muso de Tito</i>”.
Il signor Vittorio studia e si diploma all’Istituto Tecnico Industriale “A.
Malignani” di Udine. Poi inizia a lavorare con successo in Estremo Oriente.
“Sono rientrato da poco dal Congo – ha spiegato Covella – ma ho lavorato in
tante parti del mondo, anche con la Danieli di Buttrio, nel settore del
metalmeccanico, come in Arabia Saudita, Siria, USA, Canada, Argentina e
Gibilterra. Pensi che il mio primogenito Luca è nato in Svezia e lavora in
Giappone, mentre mia figlia Francesca è nata in Alabama, negli Stati Uniti”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Siete mai ritornati in
Istria? “Sì, dai parenti sin dagli anni 1949-1950, assieme a mio fratello
Federico e, dagli anni 1980-1985, mia moglie Daniela Bradaschia, una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">furlanuta</i> dell’ex Friuli austriaco – ha spiegato
Vittorio Covella – tornava coi bambini nella casa avita a Sissano, io li
raggiungevo quando ero libero dal lavoro, così lei si è appassionata all’Istria
e a Fiume più di me che ci sono nato e ho vissuto là, come il mio padre,
contadino di mestiere, che da ragazzo, nel 1922, si trasferì da Bari, fino
quassù al Confine orientale, volendo entrare nella Guardia di Finanza a Pola,
ma lo respinsero poiché ancora diciassettenne, così si mise ad aiutare nel
lavoro dei campi la gente di Sissano e si innamorò di mia mamma, Maria, poi
divenne finanziere con compiti di servizio da Pola a Fiume. Negli anni 1980-1990,
siamo andati regolarmente a Sissano, con i miei figli. Pure loro sin da bambini
piccoli, quindi, senza interruzione”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKdv44Twf8wyooPFzfej9xIan3vCtSbSVW7nJsfbjNl0l-IROiVLtVK_jdmpUGliewm7GgfmKVUMHsRVltSlZQsBOQy-Cd90WOm1ULijyOjBAf4cnXWaJR3xzYt-toYKx_RZvLuNRwbzA7bGFDprBpqy3KVBc6cUqW8u6pEzoVSgbHfqf8eIGR3qH0zQ/s1104/Sissano%201939%20sposi%20Giuseppe%20Covella%20e%20Maria%20Garboni.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1104" data-original-width="719" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKdv44Twf8wyooPFzfej9xIan3vCtSbSVW7nJsfbjNl0l-IROiVLtVK_jdmpUGliewm7GgfmKVUMHsRVltSlZQsBOQy-Cd90WOm1ULijyOjBAf4cnXWaJR3xzYt-toYKx_RZvLuNRwbzA7bGFDprBpqy3KVBc6cUqW8u6pEzoVSgbHfqf8eIGR3qH0zQ/s320/Sissano%201939%20sposi%20Giuseppe%20Covella%20e%20Maria%20Garboni.jpg" width="208" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Sissano 1939 - sposi
Giuseppe Covella e Maria Garboni nella chiesa parrocchiale dei Santi Felice e
Fortunato. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 16px;">Collez. fam. Covella</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Signor Vittorio, posso
chiederle come ha affrontato la morte prematura di suo padre, ufficialmente
deceduto nel 1947, a causa della prigionia nel lager titino? “È evidente. Sono
rimasto scioccato – ha riposto il testimone – mio padre, fortunatamente, uscì
vivo dal lager titino, ma profondamente segnato nel fisico. Sarà per quel fatto
che, come dice mia moglie, non riesco a star fermo in un posto, come nel lavoro
che ho fatto sempre in giro per il mondo”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Storia
di una famiglia dalmato-pugliese, i Covella - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Erano
della Terra di Bari i Covella, secondo le ricerche di famiglia – come ha detto
Vittorio, assieme alla moglie Daniela Bradaschia – ma una parte della famiglia
nell’Ottocento e nei primi del Novecento viveva in Dalmazia, tra Spalato e
Ragusa, avendo intrecciato diverse relazioni nella regione absburgica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Intorno al 1920, almeno
una parte del ramo dalmata si trasferisce in Puglia. Ciò accade nel contesto di
quello che viene definito come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">primo
esodo dalmata</i>. Le condizioni socio-economiche nel periodo 1918-1921 sono
molto difficili per l’intera famiglia. Pino è un adolescente, non ha buoni
rapporti in famiglia. Conclude con successo le prime 4 o 5 classi elementari e
si forma come tappezziere, ossia lo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">stramazer</i>
in Istria, Fiume e Trieste. Lavora per qualche tempo nei dintorni in questo settore,
andando a bottega, oltre a continuare pure il lavoro agricolo, senza grandi successi
e stabilità. All’età di 16 anni, ancora minorenne, lascia definitivamente la
famiglia. Pima di compiere 17 anni, nel 1922, giunge da solo a Pola, utilizzando
tutti i miseri risparmi racimolati, dove trova una nuova dimora.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tenta ancora il
mestiere di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">stramazer</i> – hanno
spiegato i testimoni – e ottiene qualche occasionale impiego e lavoretto, ma di
lì a breve, evidentemente spinto dalla necessità, entra nella scuola della
Guardia di Finanza di Pola, arruolandosi giovanissimo tra le Fiamme Gialle. Una
volta entrato in servizio effettivo, resta per qualche tempo a Pola (città amata
da tutta la famiglia), per poi essere trasferito al distaccamento di Medolino,
poco distante da Pola, sulla punta meridionale estrema dell’Istria.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Lì svolge servizio di
finanza marittima. La caserma è sul mare, con un proprio molo. Il vecchio
edificio ed il pontile esistono ancora, sono tutt’oggi chiamati dai locali,
pure i croati: [La] <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Finanza</i>. La
struttura è all’interno di un campeggio turistico. La casa ospita da molti anni
un noto bar-ristorante sul mare dal nome <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Financa</i>
(traslitterazione croata / ciacava istriana di “Finanza”).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXC3yOEodu0K2Vl9lil3ZqPPv9BFl1N2DQawBykdB0zet4RH0hEIrdrnPMvZwR02-GudVgxHmAoO5BjSgwfx-qBf39-8FVOBhxjwBgNZGCQxUZHU-4hCG2xP6geP_5Laaz8LQ1t-4QMtsZn14yJJHdkrTyP2sORK4UH5UOwHMn8BYt3MPRuC2dxlETJA/s621/Maria%20Garboni%20cin%20i%20figli%20Federico%201940%20e%20Vittorio%201942%20fin%20anni%2040%20ritaglio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="478" data-original-width="621" height="246" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXC3yOEodu0K2Vl9lil3ZqPPv9BFl1N2DQawBykdB0zet4RH0hEIrdrnPMvZwR02-GudVgxHmAoO5BjSgwfx-qBf39-8FVOBhxjwBgNZGCQxUZHU-4hCG2xP6geP_5Laaz8LQ1t-4QMtsZn14yJJHdkrTyP2sORK4UH5UOwHMn8BYt3MPRuC2dxlETJA/s320/Maria%20Garboni%20cin%20i%20figli%20Federico%201940%20e%20Vittorio%201942%20fin%20anni%2040%20ritaglio.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Maria Garboni con i
figli Federico (1940) e Vittorio (1942) verso la fine degli anni ‘40. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 16px;">Collez. fam. Covella</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Il servizio di
finanziere del mio papà – ha aggiunto Covella – consiste nel pattugliare il
tratto di fascia costiera tra la baia-porto di Medolino a sud e Porto Badò a
nord, dove pure esiste tuttora sulla riva il vecchio edificio e molo già della
Finanza italiana. È un tratto di costa affacciato al Basso Quarnero, per la
maggior parte incontaminato e selvaggio. Il servizio giornaliero è svolto da
una coppia di due militi, a volte tre. Il più delle volte percorrono l’intero tratto
a piedi o in bicicletta, lungo i sentieri bianchi e polverosi della linea di
costa, circondati da campi e dal fitto bosco del Prostimo. Una squadra parte da
Badò, un’altra da Medolino, incrociandosi a metà percorso, presso Monte
Madonna. A volte effettuano pure il servizio in mare, su una delle piccole
imbarcazioni in dotazione dei due distaccamenti.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Durante questi anni di
servizio – ha spiegato Covella – Pino conosce e apprezza la località di Sissano
ed i suoi abitanti. È il paese di mia madre, posto all’interno della sua zona
operativa. Mia madre Maria, classe 1918, aveva 12 anni e mezzo meno di lui ed
era ancora giovane. È il parroco di Sissano a farli conoscere, tramite il padre
di lei, Michele, detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Miho o Micel
Strigo</i>, qualche anno più tardi, quando mia madre ha 15 anni. Si fidanzano
poco dopo. È una sorta d’unione combinata, voluta dal padre di lei e dal
parroco del paese. La coppia si sposa alla fine del 1939, in occasione del
trasferimento di Pino a Fiume. Nel 1940 nasce il loro primogenito Federico, per
tutti semplicemente <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rico</i>, che oggi è
pensionato, nonno e vive tra Miami (USA), l’Istria ed il Friuli. Nel 1942 nasco
io, Vittorio, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zebi</i> per gli amici. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pino e Maria si sposano
a Sissano nella chiesa parrocchiale dei Santi Felice e Fortunato. Per qualche
settimana vivono in una stanza nella casa familiare di lei, risalente al 1895,
subito fuori paese, sulla strada verso il mare. Nel dicembre 1939, per motivi
di servizio di lui, si trasferiscono<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in
pianta stabile a Fiume. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiargqpEJ1Dkk8EsSGfp4iC0jibQ6GbCD8dfDTUr6I0r5QpreDneA-QS8kqL9bfgRwai7hi8Yzpgp60OMYOMNuOC_K8aH3r3nAb7NWxf4OO_7ko7-wwDCI-KvXUc7A2DRP7DTK9-Tzs7XATPxzT-nhYDthsIJOknUOpVyYLPq0SIf1hsnRbBXzoIQ-FCA/s488/Nona%20Matia%20co%20i%20so%20do%20pici%20sameri,%20sun%20la%20cal%20de%20Monte%20Madona,%20devanti%20casa%20de%20famea%20a%20Sisan.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="488" data-original-width="433" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiargqpEJ1Dkk8EsSGfp4iC0jibQ6GbCD8dfDTUr6I0r5QpreDneA-QS8kqL9bfgRwai7hi8Yzpgp60OMYOMNuOC_K8aH3r3nAb7NWxf4OO_7ko7-wwDCI-KvXUc7A2DRP7DTK9-Tzs7XATPxzT-nhYDthsIJOknUOpVyYLPq0SIf1hsnRbBXzoIQ-FCA/s320/Nona%20Matia%20co%20i%20so%20do%20pici%20sameri,%20sun%20la%20cal%20de%20Monte%20Madona,%20devanti%20casa%20de%20famea%20a%20Sisan.jpg" width="284" /></a></b></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="color: #073763; font-family: courier;"><i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nona
Matia Zivolich, del 1887, co i so do pici sameri (asini), sun la cal de Monte
Madona, devanti casa de famea Covella Garboni a Sisan</span></i><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">.
Si chiamava proprio così: Mattia. Non
"Mattea", come taluni la chiamavano e come si trovava scritto su
alcuni documenti. Forse, al momento del battesimo, i genitori (e lo stesso
prete) non si preoccuparono troppo che quel nome fosse solitamente maschile.</span>
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">(didascalia
di famiglia). Primi decenni del ‘900. <o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 16px;">Collez. fam. Covella</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Bombardamenti
a Fiume, 1944 - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopo la prima residenza
a Fiume, a partire da dicembre 1939, al terzo piano di un palazzo in via E. De
Amicis (oggi: Dolac), in coabitazione col professor Ugo Terzoli e suo figlio,
la famiglia Covella si trasferisce in un alloggio più adatto e comodo per
l’aumentato numero dei componenti, visto che in quegli anni nascono i figli
Rico, nel 1940, e Vittorio nel 1942,</span> <span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">entrambi battezzati
nella Cattedrale di San Vito, come raccontano i Covella. Viene quindi assegnato
loro un alloggio a Cosala/Borgomarina, adiacente alla caserma della Guardia di
Finanza, dove Pino prestava servizio, proprio di fronte al mare.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Col 1944 iniziano i
bombardamenti aerei alleati, che bersagliano particolarmente Fiume. In effetti
si ritrova in letteratura la descrizione dei bombardamenti anglo-americani,
come da molte fonti orali. Col 7 gennaio 1944 (<span style="font-variant: small-caps;">Ballarini
A, Sobolevski M 2002</span> : 61) iniziano i ventisette bombardamenti aerei
alleati su Fiume, contro la ferrovia, il porto, il silurificio ed altro. Ciò
provoca vittime e danni agli impianti portuali e industriali, nonché agli
edifici civili (<span style="font-variant: small-caps;">Decleva R 2017</span> :
59). Erano arrivati di sorpresa quei maledetti, con gli aeroplani, anche il
giorno di Pasqua del 1945, anche se c’era ben poco d’importante da demolire
nella nostra povera Fiume. La contraerea taceva, eravamo inermi, dovevamo
subire e basta, non suonarono nemmeno l’allarme, tanto non ce n’era bisogno, ce
lo avevano dato gl’inglesi (<span style="font-variant: small-caps;">Tardivelli B
2015</span> : 1). Certi testimoni menzionano le “mastodontiche bombe che i
bombardieri alleati rovesciavano sulla zona industriale” (<span style="font-variant: small-caps;">Sabucco J</span> 1953 : 7).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fortunatamente i rifugi
antiaerei del rione erano poco distanti dall’abitazione dei Covella: devono
visitarli di frequente in quei mesi, con le sirene che suonano continuamente.
In occasione di uno di questi allarmi, Maria coi due figli piccoli si ripara in
rifugio assieme ad una moltitudine di altri residenti della zona, specie donne,
bambini ed anziani. Poco dopo li raggiunge fortunatamente pure Pino, che era
appena smontato dal servizio. Al termine dei bombardamenti durante quella
tremenda notte, quando possono finalmente uscire dal rifugio, li coglie una
triste sorpresa: la caserma della Guardia di Finanza (GdF) e la loro abitazione
adiacente sono ridotte ad un ammasso fumante di macerie.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tutto era distrutto,
tutte le loro cose perdute, ma loro erano tutti vivi, sani e salvi. Un aneddoto
di quei giorni di Rico è che in un precedente bombardamento che aveva colpito
poco distante, lui e Vittorio si sono protetti sotto il materasso del letto,
mentre attorno cadono calcinacci e s’alza la polvere. In quei giorni di
scarsissime provviste alimentari, vista l'estrema difficoltà a procurarsele,
quando pure tutte le verze e le patate sono state mangiate, il piccolo Rico in
un paio d’occasioni si riduce per fame a mangiare addirittura le radici delle
verze e le bucce delle patate! Dopo quel tragico bombardamento, la famiglia si
trasferisce quindi in un’ulteriore abitazione in periferia.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIYYRC-UZcOvMeo7aYGaMGEkyWAr6N7D6oMlJobk5QmA1AZk_e5kXGZOAPCZKRk_2LCdIFe2T0WoOLxMP38wMrn_59yoJqTql1OXzNAnIXCU-fImDh48theDibuih5Zom5yBpD4ZJRj3tYYfw6jxAQUeyGhha1_sPTuC_2YLtYiJMpG2dKOcM25-sG6g/s615/Vittorio%20Zebi,%20con%20zio%20Giovanin%20Recia.%20Sissano,%20primi%20anni%2070%20sul%20%20biroc%20col%20samer,%20sulla%20strada%20verso%20il%20mar.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="509" data-original-width="615" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIYYRC-UZcOvMeo7aYGaMGEkyWAr6N7D6oMlJobk5QmA1AZk_e5kXGZOAPCZKRk_2LCdIFe2T0WoOLxMP38wMrn_59yoJqTql1OXzNAnIXCU-fImDh48theDibuih5Zom5yBpD4ZJRj3tYYfw6jxAQUeyGhha1_sPTuC_2YLtYiJMpG2dKOcM25-sG6g/s320/Vittorio%20Zebi,%20con%20zio%20Giovanin%20Recia.%20Sissano,%20primi%20anni%2070%20sul%20%20biroc%20col%20samer,%20sulla%20strada%20verso%20il%20mar.jpg" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Vittorio, detto <i>Zebi</i>, con zio Giovanin <i>Recia</i>. Sissano, primi anni ‘70 sul <i>biroc col samer</i>, sulla strada verso il
mare (didascalia di famiglia). <o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 16px;">Collez. fam. Covella</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’arresto
di Pino e le ruberie dei titini - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Continua così il
racconto dei Covella. Dopo il bombardamento della casa a Cosala, sfollano fuori
città in un’abitazione a Laurana, dove rimangono per qualche tempo. Rientrano
quindi a Fiume, dove trovano un alloggio in una casa in periferia. Era una
bella villa signorile a due piani, d’epoca absburgica, con una gradinata
all’ingresso, orto e giardino.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">È davanti questa casa
che Pino viene prelevato dai militi titini il 3 Maggio 1945, lo stesso giorno
in cui gli jugoslavi occupano Fiume, debellando gli ultimi presidi tedeschi.
Gli jugoslavi hanno preso controllo e possesso della città già dal mattino.
Dopo mezzogiorno, forse l’una, Pino è fuori casa, dedicandosi a qualche lavoro
nell’orto, Maria è in cucina coi bambini e sta mettendo assieme qualcosa per
pranzo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un gruppetto (3 o 4) di
militi jugoslavi che percorre la via, si ferma davanti l’abitazione, nota Pino
e dopo un brevissimo scambio verbale, entrano di forza in casa, formalmente per
una “normale perlustrazione”, ma di fatto non fanno altro che derubare la
famiglia dei pochi soldi contanti trovati in casa. Gli unici miseri risparmi
posseduti che permettono ai Covella di sopravvivere di giorno in giorno, nonché
tutta una serie di effetti personali, alcuni molto cari a Pino e Maria,
lasciando tutto a soqquadro. Decidono quindi di arrestare Pino e portarlo via
con sé.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il finanziere ha solo
il tempo di levarsi la fede di matrimonio, affidandola di nascosto alla moglie.
Poi bacia e rassicura un po’ i due bambini di 5 e 3 anni, prima di essere sequestrato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Maria ha raccontato che
Pino mentre lavorava nell’orto indossava una vecchia camicia della GdF. Tale
indumento forse ha attirato l’attenzione dei miliziani titini in transito
davanti casa. La verità è molto meno accidentale. Lo conferma la testimonianza
rivelata, molti anni dopo, da zio Carlo di Sissano. Carlo Garboni, classe 1927,
all’inizio del 1945, pochi mesi prima della fine del conflitto, appena
diciottenne, si arruola nelle formazioni partigiane titoiste in Istria, più per
necessità e pressione degli stessi partigiani che per convinzione o affinità
ideologica, ma era certamente intimorito dai tedeschi e voleva combattere la
loro occupazione militare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Durante quei mesi tra i
partigiani, Carlo può visionare delle liste di proscrizione compilate dai
locali comandi partigiani e diffuse tra i miliziani con numerosissimi
nominativi di abitanti della regione da ricercare, arrestare (sequestrare) e,
se necessario, liquidare, poiché considerati fascisti, collaborazionisti,
criminali, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">nemici del popolo</i> ed altro.
Tra i molti nomi, Carlo nota subito pure quello di Giuseppe Covella. Il fatto
lo colpisce e preoccupa a tal punto, che appena ha l’occasione, si reca a Fiume
per informare del grave pericolo i suoi parenti Pino e Maria.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Non si sa esattamente come
andarono le cose: se Pino sottovaluta e vuole ridimensionare l’avvertimento del
cugino, o se c’è poco che lui possa fare, se non sperare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Si sa che in
quell’occasione risponde di aver la coscienza pulita, di non aver mai commesso
alcun<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>crimine o sopruso, di non aver mai
causato la morte di nessuno, di non aver alcun ruolo e coinvolgimento politico,
pur vestendo una divisa militare italiana. È solo un umile appuntato al tempo. Al
momento della morte, nel 1947, è appuntato scelto. È un pesce piccolo ed
anonimo insomma, non un comandante o una personalità in vista. Dice che non
sussistono davvero ragioni da parte di alcuno per arrestarlo, processarlo e
condannarlo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Questo significativo
precedente però potrebbe verosimilmente rivelarci che alcune settimane più
tardi, in quel 3 maggio 1945, quei partigiani che si fermano davanti casa loro,
non lo fanno per caso o solo perché attirati dalla camicia da finanziere, ma
proprio perché sono venuti lì a prelevarlo di proposito, evidentemente dopo
essere stati informati del suo indirizzo. Al di là della vicenda personale di
Pino, la testimonianza di Carlo Garboni è tutt'oggi preziosissima anche nel
contesto più ampio di quella guerra e del triste dopoguerra. Innanzitutto si
tratta della testimonianza diretta, non solo di un testimone contemporaneo, ma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">esterno</i>, civile ed estraneo ai fatti, ma
proprio di un partigiano, quindi una fonte <i style="mso-bidi-font-style: normal;">interna</i>.
È molto significativa pure nel dibattito storiografico odierno perché ci dà
conferma delle liste di proscrizione redatte dal movimento titoista già durante
la guerra. Esse includevano non solo criminali di guerra (reali o presunti),
comandanti ed ufficiali, personalità politiche, cariche istituzionali, convinti
ed impegnati fascisti e collaborazionisti dei tedeschi/nazisti, ma pure
centinaia e centinaia di comuni ed anonimi cittadini della regione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Secondo la famiglia
Covella è un fatto non da poco, se è vero che ancor oggi esistono alcune voci
giustificazioniste e riduzioniste, pure in Italia, che continuano a negare l’esistenza
di tali liste nere, spacciandole per pura <i style="mso-bidi-font-style: normal;">propaganda
fascista e reazionaria</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Sin dal Novecento certi
studiosi hanno dimostrato l’esistenza delle <i style="mso-bidi-font-style: normal;">liste
d’arresto</i> dei titini per effettuare la pulizia etnica contro gli italiani a
Fiume. È l’OZNA, la polizia segreta di Tito ad organizzarle con l’intervento
dei Comitati Popolari di Liberazione (CPL), talvolta più incarogniti degli
stessi duri agenti OZNA. Sono notori il furto e la rapina di soldi e preziosi,
prima dell’arresto del malcapitato destinato ad un gulag di Ogulin, o di
Karlovac, nonché la devastazione della casa italiana da parte slava (<span style="font-variant: small-caps;">Molinari F 1996</span> : 47-51). Si è saputo,
inoltre, del campo di concentramento titino di Vršac, in Vojvodina, dove sono
reclusi un centinaio di ufficiali italiani dal 1945 al 1947. È un campo di
rieducazione antifascista, ma la mortalità dei reclusi è del 14 per cento (<span style="font-variant: small-caps;">Varutti E</span> 2022 : 1).<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL7uZcXU6p9bQ8UcyD1U9OpdbFxYKitizPCaRhXCYvsGnE7VM0gZ1uyZYEaAf4NPMJRn1VmFItFnS9MYRTh2HcSmeSQpQk1EAHjsJWqvKN1QKOksq14r99F5r_EOQF8yVw5b3f3kD7_5O38QOm9KFeL8cu7t39u-FA2Mhgn6Agr5hiz-8_0nEuM-PydQ/s2048/Vittorio%20Covella%20nato%20a%20Fiume.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL7uZcXU6p9bQ8UcyD1U9OpdbFxYKitizPCaRhXCYvsGnE7VM0gZ1uyZYEaAf4NPMJRn1VmFItFnS9MYRTh2HcSmeSQpQk1EAHjsJWqvKN1QKOksq14r99F5r_EOQF8yVw5b3f3kD7_5O38QOm9KFeL8cu7t39u-FA2Mhgn6Agr5hiz-8_0nEuM-PydQ/s320/Vittorio%20Covella%20nato%20a%20Fiume.JPG" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Vittorio Covella, <i>Zebi</i>, nato a Fiume nel 1942, testimone
della vicenda. Fotografia del 12 febbraio 2022 in occasione del <i>Giorno del Ricordo</i> a Cervignano. Foto E. Varutti</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
gulag titino tra Ogulin e Karlovac - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">In seguito all’arresto
Pino è incarcerato a Fiume. Dopo, per qualche tempo, è a Sussak. È quindi
destinato ad un campo di prigionia-concentramento in Croazia, nella regione tra
Ogulin e Karlovac. Nelle memorie familiari si è perso il nome e la precisa
localizzazione di tale campo. A questo punto si svolge un’altra vicenda alquanto
sorprendente della storia familiare.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Maria non ottiene
alcuna risposta dalle autorità jugoslave in città. Non rassegnandosi all’arresto-sequestro
del marito e padre dei suoi piccoli figli, di cui non riusciva ad avere più
alcuna notizia, decide di portare i bambini al sicuro in Istria a casa dei
nonni e quindi di ripartire subito alla volta di Fiume alla ricerca del marito.
In questa coraggiosa ricerca si unisce ad un piccolo gruppo di altre donne
fiumane ed istriane, tutte alla disperata ricerca di mariti e figli. In
particolare è con lei una sua amica pure in cerca del marito prelevato dagli
jugoslavi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Grazie alle
informazioni passate loro da una conoscente <i style="mso-bidi-font-style: normal;">drugarica</i>
(una partigiana), si avviano all’interno della Croazia, tra mille impedimenti,
disagi, fatiche e pericoli, specie in quei giorni per un piccolo gruppo di
donne sole, disarmate, e considerate straniere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Di quei giorni Maria
ricorda il lungo tragitto a piedi in un territorio sconosciuto, l’estrema
difficoltà a reperire informazioni, indicazioni ed un po’ di cibo dai contadini
del luogo. Ci sono i rischi, il timore, la diffidenza ed il sospetto che
circola tra tutti, sia tra loro donne che tra i civili del luogo. Soprattutto
c’è il problema di scansare coloro che vogliono approfittarsi di loro. Una
donna del gruppo, in cerca di cibo e informazioni, viene minacciata, ricattata
e stuprata. Pure Maria rischia da vicino una tragedia simile. La salva la
prontezza. Un uomo cui lei aveva chiesto informazioni e del cibo le dice che può
aiutarla, che conosce il luogo in cui si trova il marito e che le avrebbe
fornito del cibo, incitandola a seguirlo verso dei casolari isolati poco più
avanti. Maria si tiene a debita distanza dall’uomo, capisce subito che c’è
qualcosa di sospetto e che in quei casolari non avrebbe trovato ciò che le era
stato promesso e con una scusa si allontana nella direzione opposta. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le aiuta invece il
fatto che sia Maria, sia ancor più la sua amica, parlano discretamente pure il
croato, o meglio: il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ciacavo istriano</i>.
Ciò permette loro di comunicare sufficientemente con le autorità e gli abitanti
croati, una volta uscite da Fiume. Questo coraggioso peregrinare dura alcune
settimane, ma infine Maria è capace di trovare il campo in cui era detenuto
Pino. Si separa quindi dalla sua amica, che prosegue in cerca del proprio
marito.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYn0XAypOs8Mww2na-yOji06vzFRMaTccpEVGtbGsuYULem7-kK1xTBjaBD-cO-RmMYYqfqfkrpihvt-xWuh_ne_N3aKM2-QaWN4vwhcWCH_7am5HMk3ptj5ZH3xJqZY8tdRDnI8H_w3i8rTCklWAbA4rgoUjs1sMeE_ez-t15EineAhvuR0KWd6PCFQ/s278/images%20archivio%20Arena%20di%20Pola.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="181" data-original-width="278" height="181" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYn0XAypOs8Mww2na-yOji06vzFRMaTccpEVGtbGsuYULem7-kK1xTBjaBD-cO-RmMYYqfqfkrpihvt-xWuh_ne_N3aKM2-QaWN4vwhcWCH_7am5HMk3ptj5ZH3xJqZY8tdRDnI8H_w3i8rTCklWAbA4rgoUjs1sMeE_ez-t15EineAhvuR0KWd6PCFQ/s1600/images%20archivio%20Arena%20di%20Pola.jpg" width="278" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Sissano, anni '40. Immagine Archivio Arena di Pola</span></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Maria
vede Pino nel gulag titino - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Una larga parte dei
prigionieri del campo sono o paiono italiani</span> <span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– ha continuato
la famiglia Covella. Quasi tutti sono
ridotti in pessime condizioni, ombre degli uomini che erano stati fino ad
alcune settimane o mesi prima. Per rancio mangiano una brodaglia e le
condizioni igienico-sanitarie del campo sono miserevoli.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il complesso è
circondato da una recinzione che almeno da un lato è circondata da un fossato
d’acqua torbida e maleodorante, dove venivano scaricati a cielo aperto le
latrine e tutti i rifiuti e scarti del campo. Attraverso la rete di recinzione,
diversi prigionieri supplicano Maria, chiedendo in italiano: “Prego, un poco di
pane”. La testimonianza è analoga alla tragica prigionia del tenente Raffaele
Covatta, scampato al gulag jugoslavo di Vršac (<span style="font-variant: small-caps;">Varutti
E</span> 2022).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Giusto il giorno prima
dell’arrivo di Maria, Pino, ormai esasperato e stremato, decide di lasciarsi
morire, ponendo fine a tale pena. Ha quindi smesso di bere l’acqua e di
mangiare. Maria lo avvista attraverso la rete, riconoscendolo appena. È riverso
a terra e di aspetto scheletrico. La vista di Maria naturalmente lo rinfranca
molto. Lei prova a rifocillarlo come può attraverso la rete, con quel poco che
ha nel suo sacco.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Deve stare attenta a
cosa dargli, i prigionieri in quelle condizioni sono infatti molto deboli e
debilitati, con gli stomachi chiusi e non possono mangiare immediatamente cibi
solidi e troppo sostanziosi. Alcuni infatti erano morti per essersi rifocillati
senza fare attenzione, mossi dalla fame estrema. Quel giorno gli dà solo un
uovo da bere. E in seguito un frutto tenero colto dagli alberi incontrati lungo
il tragitto. Maria poi tenta d’intercedere con alcune guardie per far liberare
il marito, ma senza successo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le informazioni che ha
la famiglia di questi frangenti sono abbastanza approssimative, ma fortuna vuole
che in quegli stessi giorni c’è un intervento della Croce Rossa, che
evidentemente aveva individuato e monitorava pure questo campo. Un certo numero
di prigionieri, tra cui Pino, vengono quindi liberati. È il principio di agosto
del 1945. Non essendo in grado di camminare speditamente e per lunghi tratti,
la coppia rientra lentamente a Fiume con mezzi di fortuna. Dal momento dell’arresto-sequestro
a Fiume il 3 maggio, Pino trascorre in prigionia 3 mesi circa. Esce dal campo pesando
solo 37-38 kg, col fisico e la salute estremamente provati.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnQRlOzK80MMocC7OJP1sNqVXM1D31cbX7_UE1mM0dXYf4gFVKj_k08dSM55i19i1p-usJJniOwbuPEkcYT6HEudTM2J6oExhNlLxXt19rPCdR93uiBtwKsErXMBee2PXrXVWROJlRDo9eXuA19enBcvZ70PbPgL1t862ulHG2PfvfaKqNqoCs6fIfQA/s992/276152465_514430566852046_7196956167400951856_n%20Silva%20Vellenich,%20Canal%20de%20Leme,%20Istria.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="992" data-original-width="744" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnQRlOzK80MMocC7OJP1sNqVXM1D31cbX7_UE1mM0dXYf4gFVKj_k08dSM55i19i1p-usJJniOwbuPEkcYT6HEudTM2J6oExhNlLxXt19rPCdR93uiBtwKsErXMBee2PXrXVWROJlRDo9eXuA19enBcvZ70PbPgL1t862ulHG2PfvfaKqNqoCs6fIfQA/s320/276152465_514430566852046_7196956167400951856_n%20Silva%20Vellenich,%20Canal%20de%20Leme,%20Istria.jpg" width="240" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Silva Vellenich, <i>Canal di Leme</i>, acrilico su carta, cm 56x76,
2022, courtesy dell’artista.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
ritorno a Fiume, in Istria e il trasferimento in Friuli - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">A Fiume restano poco,
giusto il tempo che Pino si rimetta in sesto. Rientrano quindi in Istria,
ricongiungendosi con i due figli a casa dei nonni a Sissano. Qui Maria ed i
suoi genitori si prendono cura di Pino come meglio possono: lui sembra molto
malato. Per rimettersi gradualmente, mangia solo frutta tenera, in particolare
fichi e susini maturi e beve latte e uova fresche crude, alimenti che non
mancano nella fattoria della famiglia.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Dopo poco tempo,
temendo di incorrere nuovamente nelle maglie dell’apparato politico-militare
jugoslavo che ormai controlla il territorio, decide di trasferirsi nell’enclave
di Pola, a pochi chilometri da Sissano. Pola è posta, allora, sotto occupazione
inglese nella Zona A dell’amministrazione militare Alleata della Venezia
Giulia: giugno 1945 - settembre 1947. Lì può stare più al sicuro da eventuali
azioni dei titoisti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Va a Pola da solo.
Moglie e figli restano invece nella casa dei nonni a Sissano, andando ogni
tanto a visitarlo in città, in particolare con la nonna, che quasi ogni mattina
di buonora, trasporta e vende a Pola il latte fresco di mungitura e qualche
altro prodotto, con un carretto a due ruote (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">biroc</i>’, in sissanese) trainato da un asino (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">samero</i>, in sissanese).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Da Pola Pino prende di
nuovo contatto con le autorità italiane ed il comando regionale della GdF. Gli
viene offerta la possibilità di essere reintegrato in servizio, esodando
dall’Istria verso una nuova destinazione italiana. Dopo un primo tempo,
raggiunge Trieste via traghetto e viene quindi assegnato al distaccamento della
GdF di Cervignano del Friuli (UD).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I suoi superiori del
Comando GdF gli avevano offerto la possibilità di scegliere tra più stazioni,
tutte dislocate nel Nordest. È Pino a scegliere proprio Cervignano, poiché è il
luogo più vicino all’Istria, posto lungo la ferrovia e la strada che conducono
direttamente a Trieste e da lì a Pola. A quel tempo possiede ancora un piccolo
porto fluviale con tradizionali collegamenti verso le località costiere
giuliane. Evidentemente in quei giorni è ancora vivo il proposito o la speranza
di rientrare presto in Istria in pianta stabile.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tanto più che Pino
aveva già molti anni prima confidato alla moglie che il suo desiderio era di
congedarsi un giorno dalla GdF e dedicarsi completamente al suo mestiere di
tappezziere (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">stramazer</i>) a Pola o
nella stessa Sissano, avvalendosi dell’aiuto di Maria come sarta. Contava di
farlo già al termine della guerra, se non fossero intervenuti la prigionia, gli
stravolgimenti politici e nazionali e l’esodo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricevute notizie della
sistemazione di Pino, nell’estate del 1946, verso tardo agosto, anche Maria,
Rico e Vittorio prendono la strada dell’esodo. Lasciano Sissano con pochissime
cose al seguito. S’incamminano a piedi e da soli verso Trieste. È un tragitto
lungo e faticoso sia per i bambini piccoli che per la madre e certamente non
privo di rischi e pericoli. Ma fortunatamente non s’imbattono in alcun
particolare imprevisto o pericolo. Da Trieste raggiungono quindi Cervignano col
treno. La parentesi friulana di Pino dura però solo poco più di un anno. L’uomo
non si era mai completamente rimesso dopo la prigionia, ma si era ammalato.
Maria in quei giorni lo ricorda sempre stanco e piuttosto debole. Torna a casa
ogni giorno con le camicie madide di sudore, cosa che non gli capitava prima
della prigionia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Una mattina di novembre
del 1947, mentre svolge il suo usuale servizio in bicicletta assieme ad un
collega, è verosimilmente colto da un infarto mentre percorrono una strada di campagna
subito fuori dal paese. Cade nel fosso di lato la strada, morendo sul colpo. Ha
appena compiuto 42 anni. È allora sepolto nel cimitero di Cervignano. In
seguito, negli anni ‘90, dopo la disgregazione della Jugoslavia, è stato traslato
nella tomba di famiglia del cimitero di Sissano, dove riposa tutt’oggi a fianco
della sua Maria, mancata alla fine del 2007.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">A Cervignano, dal 1946
la famiglia ha trovato un primo alloggio presso una casa contadina ai margini
sud del paese. Vi vive pure una famiglia contadina originaria del luogo di
solida fede comunista, alcuni dei cui membri avevano partecipato alla guerra
partigiana. Verso la fine della guerra c’è stato anche un caduto: un partigiano
fucilato dai tedeschi in ritirata sulla strada, proprio davanti la loro
abitazione. Sul luogo vi è oggi un cippo in memoria del fatto di sangue.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In quei primi anni dopo
il loro arrivo come profughi e dopo la morte di Pino, uno di questi nuovi
vicini di casa in più occasioni, forse scherzando con umore nero e forse in
preda all’alcol, indicando un grosso albero del cortile, ripeteva a Vittorio e
Rico, in friulano: “Lo vedete quell’albero? Lì ho trovato il ramo giusto dove
impiccheremo vostra madre esule”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La qual cosa fa
scoppiare in lacrime il piccolo Vittorio, già traumatizzato dalla recente morte
del padre e dallo stravolgimento della loro vita causato dall’esodo. A parte
questo episodio e qualche altra battuta di natura politico-ideologica, Maria e
i due bambini hanno sempre serbato belle memorie di quella famiglia contadina,
che ricordano in fondo come generosi, accoglienti e ben disposti. C’era un
aiuto reciproco, pur nella generale miseria del primo dopoguerra. Non hanno
contrastato, ma anzi forse pure contributo a favorire il non semplice
inserimento della famiglia esule nel nuovo ambiente sociale. Hanno così
mantenuto sempre buoni rapporti con loro anche dopo essersi trasferiti da
quell’abitazione, diversi anni più tardi.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOjDXK8whkrhbn7pVZbE3Yy_s9bIsYePSXBpRyZ9h0lwwb26JqtKFOYTZo_aeY5sHCt33G5CvBcusNK27mYJejpveiuzGZNqV3T21twehD0HcHbF2sS41I3ulxeo8-oJDV7tBKjTLOjUd7P3dl1e-Yy5hvmc4D4_fBaJ0P5Dw7eMaWniSC_fczBYzlcA/s828/273609506_497401675154861_1564574703904361767_n%20La%20Cala%20vcino%20a%20casa%20dei%20Covella%20rittt.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="828" height="309" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOjDXK8whkrhbn7pVZbE3Yy_s9bIsYePSXBpRyZ9h0lwwb26JqtKFOYTZo_aeY5sHCt33G5CvBcusNK27mYJejpveiuzGZNqV3T21twehD0HcHbF2sS41I3ulxeo8-oJDV7tBKjTLOjUd7P3dl1e-Yy5hvmc4D4_fBaJ0P5Dw7eMaWniSC_fczBYzlcA/s320/273609506_497401675154861_1564574703904361767_n%20La%20Cala%20vcino%20a%20casa%20dei%20Covella%20rittt.jpg" width="320" /></a></div><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">La Cala vicino a casa
dei Covella, a Sissano, in Istria. Foto del 2022. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 16px;">Collez. fam. Covella</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">L’eccidio
di Sissano, 1945 - </span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">La famiglia Covella
intende menzionare un episodio macabro dell’immediato dopoguerra accaduto
presso Sissano, non distante dalla casa di famiglia, di cui poco o nulla di sa
e che viene tutt'oggi citato da pochissime fonti.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel maggio del 1945 la
guerra in Europa era appena finita. Proprio in quel periodo, fine maggio-giugno
1945, Maria affida i due figli ai genitori per tornare a Fiume e continuare la
ricerca del marito. I partigiani titini, ovvero l’Esercito Popolare di
Liberazione della Jugoslavia, ormai dilaga in tutta l’Istria e prende il
controllo dell’intero territorio con poche eccezioni. Trieste, Muggia, Pola, sono
occupate dagli Alleati a partire dalla metà di giugno 1945. In Istria si è nel
pieno della caccia all’uomo, delle purghe, dei regolamenti dei conti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Tra le altre azioni, le
milizie titoiste operanti nell’Agro Polese, sezione più meridionale della
penisola istriana, sono così riuscite a rastrellare e catturare in quelle
settimane diverse decine di italiani e filo-italiani che pare avessero
costituito l’ultima resistenza/opposizione armata alla conquista jugoslava, o
avessero collaborato e sostenuto la stessa. Sono stati poi indicati
generalmente come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">fascisti</i>, o della Milizia
di difesa territoriale (MDT o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Landschutz-Miliz</i>,
come la definivano i tedeschi). Diversi di questi prigionieri tra giugno e luglio
sono trasportati a Sissano e rinchiusi temporaneamente, sotto stretta
sorveglianza, in un’abitazione del paese appartenente a
collaboratori/simpatizzanti degli jugoslavi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un giorno, ben legati
ed incolonnati, sotto scorta armata, sono condotti verso il mare, lungo la
strada di campagna che passa proprio davanti alle case della famiglia Covella.
Attraversando campi ed il bosco costiero, la strada conduce in Cala, una
baietta della costa sissanese ed al resto della costa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I prigionieri sono una
ventina, o trentina di uomini, per lo più giovani, alcuni pare abbiano solo
17-18 anni, quindi minorenni. Giunti sul fondo della Cala – hanno aggiunto i
Covella – in un luogo denominato dai sissanesi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La Tesa</i> (dove la stradina che costeggia la Cala, attraversa la
vallicola che scende dal bosco con un’ampia curva e presenta quindi un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rato</i>, una salita di alcuni metri, per
poi proseguire nel bosco), i prigionieri vengono legati in gruppi agli alberi
circostanti. Viene posizionato tra loro dell’esplosivo: dinamite o simile. Dalla
casa dei nonni, non più di 2 km a monte, si ode chiaramente il frastuono
dell’esplosione, grossomodo un’ora dopo aver visto transitare la colonna di prigionieri
davanti casa. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Stando alle poche
testimonianze, nessuno del paese ha il coraggio e la voglia quel giorno di
scendere in Cala a vedere cos’era successo. Uno dei primissimi a farlo, se non<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>proprio il primo, grazie pure alla maggiore
vicinanza al luogo della sua abitazione, è nonno <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Miho</i> (Micel), il mattino del giorno successivo. Non porta con sé
naturalmente i due nipotini, Rico e Vittorio. Quanto vede presso la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tes</i>a, in fondo alla Cala, è
impressionante e perturbante. Quel tratto di boschetto mediterraneo è stato
completamente sventrato dall’esplosione. C’è nell’aria un cattivo odore, misto
a bruciato. Sopra la risacca delle onde, si sente solo il rumore, lo stridio,
degli animali predatori. I gabbiani e altri uccelli, ratti ed altro si contendono
i sanguinolenti brandelli umani sparsi tutto attorno: sul suolo, sui sassi, o
penzolanti dai rami degli alberi. È tutto ciò che resta di quegli uomini. Nonno
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Miho</i> per diverso tempo non vuole
raccontare nulla a nessuno di quanto aveva visto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Lo dice a suo figlio
minore Bruno (allora diciottenne), un paio di settimane più tardi, quando
questo rientrò a casa, dopo una permanenza forzata tra i partigiani. Bruno,
molti anni dopo, ci ha raccontato questi dettagli, hanno concluso i Covella. Di
questa vicenda la ricerca storiografica non se ne è ancora occupata
dettagliatamente. Le uniche fonti sono le poche testimonianze del paese, dei
pochi non riluttanti a parlarne e con qualche cognizione sull’accaduto. Tanti
dettagli ancora non si conoscono, o sono vaghi e dubbi. Non si conoscono i nomi
delle vittime. Né quelli esatti degli esecutori. Pare solo che tra quelle
vittime non vi fossero sissanesi. Provenivano da altri paesi dell’Istria.</span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSeiQkIWWZhRDNuvsvcY5hpZ_yU6rjOCy2s6Lhf71cyXNCPFTb_pRHHa2fnwAEXKJFPNdtSqyXV2-D2Vm1Oy2Qa_IJ1bcQvm4TDXIws9YvHw0epfPOODZqd7i9eNzAkU9Snox-rBEIxvL3btZBZl68MXOLfsxaHRUufY4Ku3ls84W0-uxpLx4X4O0EQw/s904/Fiume%20foto%20diffus%20FB%20da%20Alessandro%20Filippo%20de%20Lisi%206.10.19.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="571" data-original-width="904" height="202" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSeiQkIWWZhRDNuvsvcY5hpZ_yU6rjOCy2s6Lhf71cyXNCPFTb_pRHHa2fnwAEXKJFPNdtSqyXV2-D2Vm1Oy2Qa_IJ1bcQvm4TDXIws9YvHw0epfPOODZqd7i9eNzAkU9Snox-rBEIxvL3btZBZl68MXOLfsxaHRUufY4Ku3ls84W0-uxpLx4X4O0EQw/s320/Fiume%20foto%20diffus%20FB%20da%20Alessandro%20Filippo%20de%20Lisi%206.10.19.jpg" width="320" /></a></div><span style="color: #073763; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Cartolina di Fiume, primi del '900. Foto diffusa da Alessandro Filippo de Lisi in Facebook</div></span>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="font-size: 12pt;">Da un rapporto del 30
dicembre 1946 del </span><i style="font-size: 12pt;">Central Intelligence Group</i><span style="font-size: 12pt;">
(CIG) degli USA, de-secretato nel 1999, inizia ad operare, con istruttori
sovietici, la missione “Juris”, diretta emanazione dell’OZNA, il servizio
segreto jugoslavo. “The aim of the ‘Juris’ Group is to terrorize the population
in Zone ‘A’ with a view to organizing a future terrorist policy in areas which
are predominantly Italian” (Lo scopo dei Gruppi Juris è di terrorizzare la
popolazione nella Zona A [della Linea Morgan, compresa tra Plezzo, Comeno,
Sesana, Trieste e l’exclave di Pola, NdR] al fine di organizzare una futura
politica terroristica nelle aree a predominanza italiana).</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonti
orali e digitali</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Per la sua intensa storia familiare
Vittorio Covella, con la collaborazione del fratello Federico e della moglie
Daniela Bradaschia, si è avvalso delle informazioni raccolte da sua madre Maria
Garboni (1918-2007) e da altri membri della famiglia, come Bruno e Carlo,
entrambi classe 1927. Poi c’erano lo zio Micel, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Miho,</i> del 1919, le zie Fume (1918), Maria (1921) e zia Lina (1928),
prima che scomparissero tutti. Ecco le persone intervistate da Elio Varutti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">– Vittorio Covella,
detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Zebi</i>, Fiume 1942, int. a
Cervignano del Friuli (UD) del 12 febbraio 2022. – Federico Covella, detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rico</i>, classe 1940 (figlio primogenito di
Maria e Giuseppe, fratello maggiore di Vittorio), residente tra Sissano, Miami -
Florida (USA) e Cervignano del Friuli, notizie raccolte dai familiari con email
del 15-22 aprile 2022. – Daniela Bradaschia, Cervignano del Friuli 1954, int. a
Cervignano del 12 febbraio 2022 e email del 18 febbraio 2022 con altri
familiari.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici e del web<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">-
Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> (a cura di), <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e
dintorni (1939-1947) / Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici
(1939.-1947.)</i>, Roma, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, 2002.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: 115%;">Central Intelligence Group</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> (CIG) degli USA, </span><i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US;">Intelligence report</span></i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">, 30 dicembre 1946, dda reg. 77/1763, dal web.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">-
Rodolfo Decleva</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Piccola
storia di Fiume 1847 – 1947</i>, II edizione, Sussisa di Sori (GE), impaginato
da ilpigiamadelgatto, 2017.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- <span style="font-variant: small-caps;">Fulvio Molinari</span>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo</i>, Milano, Mursia, 1996.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- <span style="font-variant: small-caps;">Janni Sabucco</span>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">…si chiamava Fiume</i>, Perugia, «Quaderni di Centro Italia», s.d.
[1953].<span style="font-variant: small-caps;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; font-variant: small-caps; line-height: 115%;">-
Bruno Tardivelli</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La
Pasqua di 70 anni fa, </i>testo in Word, 2015, pp. 2. Collez. privata.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- <span style="font-variant: small-caps;">Elio Varutti</span>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://eliovarutti.blogspot.com/2016/10/arrigo-di-giorgio-morto-fiume-nel-1944.html">Arrigo Di Giorgio, morto a Fiume nel 1944 sotto le bombe USA</a></i>, on
line dal 13 ottobre 2016 su<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>eliovarutti.blogspot.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- <span style="font-variant: small-caps;">Elio Varutti</span>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://evarutti.wixsite.com/website/post/tenente-raffaele-covatta-nel-gulag-titino-di-vr%C5%A1ac-in-vojvodina-1945-47-la-lista-dei-reclusi?fbclid=IwAR2yZ8LmeBPFEDZw8JqJ8eDAXueDcSRf0605TDfHseOE8fgKOoaurhpruDs">Tenente Raffaele Covatta nel gulag titino di Vršac, in Vojvodina,
1945-'47. La lista dei reclusi</a></i>, on line dal 12 aprile 2022 su<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>evarutti.wixsite.com<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">--<o:p></o:p></span></p><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Interviste a cura di Elio Varutti, docente di <i>Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata</i> all’Università della
Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia Hannah Tiervo,
Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Vittorio Covella, Daniela
Bradaschia e professor Enrico Modotti. Grazie all’artista Silva Vellenich, di
Pola, esule in Friuli. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e
documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni
private delle famiglie Covella e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web: <a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-76384548261844499562022-04-06T06:47:00.002-07:002022-04-06T06:51:04.851-07:00Chiasalp di Moimacco. Una ricerca di toponomastica friulana<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Il toponimo di
Chiasalp, in Comune di Moimacco (UD) è formato da </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Chiasa</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> e da </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">alp. </i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Si può
dire che </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Chiasa</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> è una forma friulana
del tipo comune diffuso in Italia (Caselle, Casette) derivante da </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Casa. </i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">In Friuli c’è, ad esempio,
Chiasottis in Comune di Mortegliano. Federico Vicario cita un “Pyeri di
Chyasottis” annotato nel </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Registro della
Confraternita dei Pellicciai di Udine</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> (</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; font-variant-caps: small-caps; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; text-align: justify;">Vicario
F 2010</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> : 507).</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><i>Chiasa</i> è un etimo trasparente
dal latino <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-variant: small-caps;">Casa.</span></i><span style="font-variant: small-caps;"> </span>In
friulano è: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cjase</i>. Nel contesto del
Comune di Moimacco sta ad indicare un insieme di dimore al di fuori del centro
abitato. La <i style="mso-bidi-font-style: normal;">villa rustica</i> romana era
costruita in aperta campagna, con adeguati spazi per gli addetti
all’agricoltura. La <i style="mso-bidi-font-style: normal;">domus</i> era abitazione
di un ricco patrizio dell’antica società romana, mentre le classi povere (i
plebei) risiedevano in edifici chiamati <i style="mso-bidi-font-style: normal;">insulae</i>.
Col termine <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alp-e </i>si intende la parte
più grande dell’altura di un paese, o di un agglomerato edilizio (<span style="font-variant: small-caps;">Cinausero Hofer B, Dentesano E 2011).</span> In
effetti i “Casali Chiasalp” sono citati nella tavola IGM di Cividale del
Friuli, Comune di Moimacco, come ha riportato Ermanno Dentesano nel 2005. La
zona è pianeggiante, con un’altitudine che varia dai m. 118 di Moimacco ai 125
di Bottenicco e ai m. 119 di Chiasalp. Ecco che con -<i style="mso-bidi-font-style: normal;">alp</i> deve intendersi in questo frangente un casolare invece di un
rilievo, pur mite, del terreno.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7ewDPcHGaV9UkhWU2OVMobZsnEyGi-cg__Igl8OHfJrG5DcQn5P4LJcluwPX_hFlZjc9pOfqw3TF8Ca4v7-Bn6IHYqiWFFnmBMw0UNL06bB1LGME_N1AUo6jDRuOeM3Vw9wcG_bMyyThaBC66YaGEkj6kMDk1_Qe-AtzZaCj3i2p65dd6_W_AdpBuKg/s1600/Moimacco%20Villa%20dei%20Conti%20De%20Puppi,%201931.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1021" data-original-width="1600" height="204" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7ewDPcHGaV9UkhWU2OVMobZsnEyGi-cg__Igl8OHfJrG5DcQn5P4LJcluwPX_hFlZjc9pOfqw3TF8Ca4v7-Bn6IHYqiWFFnmBMw0UNL06bB1LGME_N1AUo6jDRuOeM3Vw9wcG_bMyyThaBC66YaGEkj6kMDk1_Qe-AtzZaCj3i2p65dd6_W_AdpBuKg/s320/Moimacco%20Villa%20dei%20Conti%20De%20Puppi,%201931.jpg" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">A Moimacco la Villa dei Conti De Puppi è in una cartolina del 1931.</div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">È noto che Moimacco sia
un toponimo prediale formato da un patronimico latino e dal tipico suffisso
aggettivale celtico in <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–acco</i> (in
antico: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–accus</i>) invece della forma
latina <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mommejanus, </i>col suffisso in <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–ano</i>, o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–anus</i>, alla latina. Mommejus, oppure Mummius sarebbe il nome
dell’antico proprietario del podere, passato poi a designare, nella sua forma
di aggettivo, il paese intero (<span style="font-variant: small-caps;">Visintini
M 1980 : 12</span>). Si sa pure che la pronuncia più antica di Moimacco era: Momiaco.
Secondo Cornelio Cesare Desinan la dizione primigenia è mutata per una
“metatesi”, o rovesciamento fonemico (<span style="font-variant: small-caps;">Desinan
CC 2005</span> : 132).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La citazione più antica
di Moimacco rilevabile nei documenti medievali risale al XII secolo, come ha
notato Pio Paschini. Con una bolla del 24 novembre 1192 papa Celestino III
conferma i diritti e i possedimenti capitolari della Collegiata di Cividale;
fra le varie chiese ad essa sottoposte c’è proprio quella di Moimacco (<span style="font-variant: small-caps;">Gaberchek C 1980</span> : 77). Il toponimo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Moymas</i> è menzionato pure negli anni
successivi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le
scoperte del 1821 di Michele della Torre<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">È del 1821 la scoperta
di ampie vestigia romane a Chiasalp. Michele della Torre, a poca distanza di
una grande villa a Moimacco di tipo urbano-rustico affiorata dopo uno scavo di
decine di giorni, trova un secondo gruppo di costruzioni di epoca romana.
Precisamente tra Togliano e Moimacco, nel n. di mappa 1.553 presso i campi dei
conti de Puppi, detti “Chiasalp”, egli rileva due edifici separati dal torrente
Rucco. Rimane il disegno di quegli scavi archeologici conservato presso il
Museo Archeologico di Cividale del Friuli (Libro III, Tavola XIV, come annota
Maria Visintini, pag. 29). I due antichi edifici paiono suddivisi in vari vani.
C’è persino un’area con trenta sarcofagi accostati a coppie. Nello scavo furono
trovati frammenti di mosaici, di urne fittili, un frammento di macinino in
pietra, un’insegna militare di legione e ferro grossi ad uso di carro (<span style="font-variant: small-caps;">Visintini M</span> : 30).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">I frammenti musivi
fanno supporre l’esistenza di una villa signorile, mentre gli altri reperti
inducono a pensare a dimore di lavoranti e a locali di servizio. Potrebbero
essere l’una ipotesi e l’altra vissute in tempi diversi. C’è persino un locale
absidato a forma di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">exedra</i>, sorta
forse in una seconda fase della villa, dopo la metà del III secolo e il V
secolo d.C., come emerso in certe ville di Ostia; detta ipotesi è formulata
dalla Visintini. Altri rinvenimenti fanno avvalorare la tesi che si tratti di
una villa romana. Si è notato un settore riscaldato a <i style="mso-bidi-font-style: normal;">suspensurae, </i>analogo al <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tepidarium</i>
dello stabilimento termale pubblico di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Forum
Iulii</i>, nome romano di fondazione di Cividale del Friuli. Si sono trovate
varie monete e ciò porta a dire che fu abitata dal I secolo a.C. fino al IV
secolo d.C. La villa, a nord-ovest di Cividale, fu in un secondo tempo
destinata a sepolcreto. Fin qui la Visentini (p. 30).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Una interpretazione
assai suggestiva è proposta dallo stesso scopritore del sito archeologico:
Michele della Torre. Gli edifici di epoca romana di Chiasalp, a suo dire,
potrebbero essere niente meno che un tempio di Nettuno. “Egli giunse a questa
identificazione – ha scritto la Visintini – seguendo il parallelo topografico
Roma-Cividale, in base al quale l’acqua Vergine di Roma, che scorre presso il
Quirinale e sbocca a Campo Marzio, corrisponderebbe al Torrente Rucco, che
scorre ai piedi dei colli a nord-ovest di Cividale. Poiché presso l’acqua
Vergine sorgeva il Tempi di Nettuno, anche a Cividale si sarebbe ripetuta la
stessa topografia” (<span style="font-variant: small-caps;">Visintini M :</span>
31-32).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx3nct-ye7nscAW9E2KxYE09tbDkTKUHPtxJG3AU7gbB0jugxsIdp8Lb_XsNvhjVeYv9F57pLdDGjAyh9kiSRKLIazHhQu3MODf-boTlNpRyRdGCZZzrow6h-7tWJURUgZOv1E2S7ns67diIE-dSycKmQTUTcQJ0EWLqk6lW3LbM8Zml0aqeN9m3EBAQ/s875/Chiasalp%20romana.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="599" data-original-width="875" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx3nct-ye7nscAW9E2KxYE09tbDkTKUHPtxJG3AU7gbB0jugxsIdp8Lb_XsNvhjVeYv9F57pLdDGjAyh9kiSRKLIazHhQu3MODf-boTlNpRyRdGCZZzrow6h-7tWJURUgZOv1E2S7ns67diIE-dSycKmQTUTcQJ0EWLqk6lW3LbM8Zml0aqeN9m3EBAQ/s320/Chiasalp%20romana.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 16px;"><div style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Chiasalp romana. Tavola dalle ricerche archeologiche di Michele della Torre, vicino al torrente Rucco. Museo Archeologico di Cividale del Friuli, Libro III, Tavola XIV, riprodotta nel saggio di Maria Visintini.</span></div></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Per avvalorare la sua
teoria Michele della Torre, friulano illustre, sostiene che “le trenta
sepolture a cassa, ritrovate <i style="mso-bidi-font-style: normal;">in un’ala
del grade cortile del fabbricato</i> proverebbero l’esistenza del supposto
tempio di Nettuno poiché …per istituto di luoghi sacri alle Deità tenevansi
vicini i loro defunti, così è per il Direttore argomento di asserire con
maggior fiducia, che ivi possa essere stato il Tempio di Nettuno” (<span style="font-variant: small-caps;">Idem</span>).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Sempre ai tempi del
Regno Lombardo Veneto, sotto il dominio austriaco, c’è una notizia del 1831
riguardo ai beni e proprietà da vendersi nelle Provincie Venete, tratta dal <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Foglio d’Annunzj della Gazzetta privilegiata
di Milano</i>. Il giornale milanese comunica la messa in vendita del borgo
Chiasalp con la seguente dicitura: “Distretto di Faedis. Partita di Chiasalp di
7 case, 72 pezzi di terra di pertiche 739, con 124 annualità perpetue della
cassa di ammortizzazione” (pag. 1.302).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Riguardo al suffisso <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–alp, –alpis,</i> si aggiunga che Giovanni
Frau attesta in Svizzera, nel Vorarlberg, in luoghi di primitive regioni
celtiche, dal 1368 un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">alpis de Madrixio</i>.
La seconda parola è riconducibile alla base latina <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mater</i>, unita al suffisso <i style="mso-bidi-font-style: normal;">–is(i)us,
</i>ma è la prima che ci interessa (<span style="font-variant: small-caps;">Frau
G 2010</span> : 279).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">C’è un’ultima
considerazione da proporre come ipotesi di ricerca su Chiasalp. Sarà solo
un’assonanza, ma –<i style="mso-bidi-font-style: normal;">alp</i> si avvicina
alla parola friulana <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Aip, Laip, Agplus e
Alpis</i>. Come si vede nel vocabolario “Nuovo Pirona”, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">aip</i>, con le citate varianti, sta ad indicare un trogolo (parola non
a caso di origine longobarda), ovvero una vasca di abbeveraggio animale. Il
tutto ci porta al corso d’acqua (torrente Rucco) e al Tempio di Nettuno, dio
delle acque appunto, adombrato da Michele della Torre, ma non si vuol correre
troppo con la fantasia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Nome
strano e tante riflessioni<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Qui di seguito c’è il
gradito contributo di Barbara Cinausero Hofer e Ermanno Dentesano sul tema.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">“Chiasalp è un nome
alquanto strano, che si presta a molte riflessioni, senza con ciò escludere che
la soluzione possa essere delle più banali, nascosta dietro un angolo. Ovviamente
si tratta di un nome composto, come scritto poco sopra, la cui prima parte è
trasparente e probabilmente di origine moderna, che non si esita a collocare
nella prima metà del secondo millennio, se non ancor più tarda.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il problema è quell’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">alp</i> che compone la seconda parte sembra
avere proprio l’origine citata. La questione pone però qualche dubbio perché in
tal caso dovrebbe trattarsi di un toponimo originatosi in epoche veramente
molto antiche. La base ha infatti sì prodotto molti toponimi, anche in tempi a
noi più vicini, ma quasi sempre con riferimenti a luoghi pascolivi di alta
quota. A ciò si aggiunga che la diffusione di tale base pare essere avvenuta da
est con propagazione verso ovest, sfiorando dapprima a nord delle Alpi, per poi
valicarle e diffondersi a sud. In tale movimento avrebbe aggirato l’area più
orientale delle Alpi, lasciando scoperto il settore delle Giulie (<span style="font-variant: small-caps;">Rousset PL</span> 1991: 185). La spiegazione si
attaglierebbe quindi bene a <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Stavoli
Posalalp</i> di Ovaro, per esempio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">A ciò si aggiunga una
ulteriore difficoltà, legata a una base simile e parimenti antica, che però ha
valore idronimico (<span style="font-variant: small-caps;">Beretta C</span> 2003:
26, 37) e a tale proposito ci sovviene un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rio
Costalp</i> di Zuglio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Anche in assenza di
difficoltà del tipo appena indicato, è sempre preferibile avanzare ipotesi di
basi più recenti, ma in questo caso non è semplice.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Potremmo in effetti
pensare a un latino <i style="mso-bidi-font-style: normal;">albus</i> ‘bianco’,
ma con una forte limitazione: se si tratta di un aggettivo legato alla prima
parte, che è femminile, dovrebbe essere <i style="mso-bidi-font-style: normal;">alba</i>
che in forme più recenti e in alcune aree sarebbe diventata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">albe</i>. Poiché la vocale “a” non cade mai
nel passaggio al friulano, è impossibile che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">alba</i> sia diventato <i style="mso-bidi-font-style: normal;">alb</i>
con successivo assordamento della consonante <i style="mso-bidi-font-style: normal;">finale (>alp</i>). Non resterebbe allora che pensare a un maschile o
neutro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">album</i>, come aggettivo retto da
un appellativo, poi caduto. L’aggettivo si sarebbe così sostantivato e sarebbe
stato poi assunto come specificativo con l’introduzione del nuovo appellativo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cjase</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">A questo punto bisogna
dire che tale processo, benché possibile, è piuttosto arduo da sostenere. Un’ultima
possibilità, anch’essa piuttosto labile, è che la consonante finale del termine
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">alp</i> sia di restituzione, come è
successo con i termini <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lacum>lâc>lât,
stomachum>stomi(t)</i>, ma anche con toponimi come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Carpacco/Cjarpât, Casiacco/Cjasiât</i> e qualche altro. In questo caso
la difficoltà sta nel fatto che mentre le consonanti di restituzione di questi
nomi sono tutte precedute da una vocale, nel caso di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">alp</i> essa sarebbe preceduta da “l”, che però è liquida e
sostanzialmente semivocale. Ciò renderebbe possibile la realizzazione, ma è
chiaro che il processo formativo sarebbe complesso”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Con queste righe di
riflessione, composte da Barbara Cinausero Hofer e Ermanno Dentesano, si
conclude, per il momento la ricerca presente. Pare interessante accennare,
infine, al fatto che da qualche decennio il borgo Chiasalp è un accogliente
agriturismo, gestito dalla famiglia Nicolini<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Giorgio, i cui avi, come la famiglia Pontoni Giorgio, sono impegnati in
attività agricole dalla fine dell’Ottocento.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVEMuZ1MZ12a4kE4qPV82JjmyYd5GcOAZ1DwtEwSTOeQMDaIP4EpP860PW4stBb-lsHvp61JwEjDZyvaYjrpYeOw3LJuYVxmVMg3NGK-IcrU_x7HPt5qV2je94IbhN5WXaQjsQd6FRRvYgqn8At36AFXoPv9vZQQef7Of6WaJwjAbegUxeFYnSep4qyw/s851/999786_357688834368206_316050438_n%20da%20FB%20foto%20del%202013.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="851" height="118" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVEMuZ1MZ12a4kE4qPV82JjmyYd5GcOAZ1DwtEwSTOeQMDaIP4EpP860PW4stBb-lsHvp61JwEjDZyvaYjrpYeOw3LJuYVxmVMg3NGK-IcrU_x7HPt5qV2je94IbhN5WXaQjsQd6FRRvYgqn8At36AFXoPv9vZQQef7Of6WaJwjAbegUxeFYnSep4qyw/s320/999786_357688834368206_316050438_n%20da%20FB%20foto%20del%202013.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: 16px; text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">L'agriturismo Chiasalp, da una fotografia del 2013 dal sito web aziendale.</span></div></span>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Barbara Cinausero
Hofer, Ermanno Dentesano, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dizionario
toponomastico. Etimologia, corografia, citazioni storiche, bibliografia dei
nomi di luogo del Friuli e della provincia di Trieste</i>, con la
collaborazione di Enos Costantini e Maurizio Puntin [S.l., a cura dell’A.], Palmanova
(UD), Officine Grafiche Visentin, 2011.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Michele della Torre, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Prospetto storico</i>, V, cap. XLI, pp.
120-121, Archivio Museo Archeologico di Cividale del Friuli (UD).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- M. della Torre, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Libro III, Tavola XIV</i>, Archivio</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Museo
Archeologico di Cividale del Friuli (UD).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Ermanno Dentesano, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Raccolta dei toponimi del Friuli riportati
sulle tavolette IGM 1/25.000, </i>la bassa, Associazione per lo studio della
friulanità del Latisanese e del Portogruarese, Latisana (UD), S. Michele al
Tagliamento (VE), 2005.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Cornelio Cesare
Desinan, “Atôr atôr di Cividât”, in <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cividât</i>,
a cura di Enos Costantini, Claudio Mattaloni, Mauro Pascolini, Societât
Filologjiche Furlane, 76n Congres, 26 setembar dal 1999.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Foglio
d’Annunzj della Gazzetta privilegiata di Milano</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">,
vol. II, 23 novembre 1831.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Giovanni Frau,
“Rivisitazioni toponomastiche”, in: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il
mestri dai nons: saggi di toponomastica in onore di Cornelio Cesare Desinan</i>,
a cura di Franco Finco e Federico Vicario, Udine, Società Filologica Friulana,
2010, pp. 275-281.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Carlo Gaberschek, “Dal
Medio Evo ai giorni nostri”, in: Carlo Gaberscek, Maria Visintini, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Moimacco: storia e ambiente</i> [S.l. :
s.n.], Udine, Arti grafiche friulane, 1980, pp. 75-170.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Pio Paschini, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Storia del Friuli</i>, vol. I, Udine, Libreria
editrice “Aquileia”,1953.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Giulio Andrea Pirona,
Ercole Carletti, Giovanni Battista Corgnali,<i style="mso-bidi-font-style: normal;">
Il nuovo Pirona: vocabolario friulano</i> (1.a edizione: 1932), Udine, Società
filologica friulana, II ediz. II ristampa, 2011.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Federico Vicario, “In
lu lù chu si clama. Presenze toponomastiche nelle carte friulane antiche”, in: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il mestri dai nons: saggi di toponomastica
in onore di Cornelio Cesare Desinan</i>, a cura di Franco Finco e Federico
Vicario, op. cit., pp. 503-517.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">- Maria Visintini, “Un
angolo di Friuli romano riscoperto nei manoscritti di Michele Della Torre”, in:
Carlo Gaberscek, Maria Visintini, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Moimacco:
storia e ambiente,</i> op. cit., pp. 7-72.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibuBCxaA4Wah7OfAhz9BPCPWthSOvuNQSDDIEkKu_8_xFOJ01VMDF6P73UGvohZHm3D4NOULTH904rSjb_6xtov-S7OYsFfHBQzXBzLWManXmg_o19JvR6CTwR-mnv4j3FPWiYWuQ6AgXonUvlrancti7pn4BJE_MkBGvmvz7uGmXpmkQbe13H9SqqLQ/s351/s-l500%20Cividale%20del%20Friuli%201954.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="240" data-original-width="351" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibuBCxaA4Wah7OfAhz9BPCPWthSOvuNQSDDIEkKu_8_xFOJ01VMDF6P73UGvohZHm3D4NOULTH904rSjb_6xtov-S7OYsFfHBQzXBzLWManXmg_o19JvR6CTwR-mnv4j3FPWiYWuQ6AgXonUvlrancti7pn4BJE_MkBGvmvz7uGmXpmkQbe13H9SqqLQ/s320/s-l500%20Cividale%20del%20Friuli%201954.jpg" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Una cartolina di Cividale del Friuli, viaggiata nel 1954. Collez. privata.</div></span><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">---</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Note</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">
– Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, docente di Sociologia del
ricordo alla Università della Terza Età (UTE) di Udine. Networking di
Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Barbara Cinausero Hofer,
Ermanno Dentesano, che si ringraziano per il contributo scientifico portato
alla fine dell’articolo. Rivolgo i miei autentici ringraziamenti al personale e
alla direzione delle seguenti biblioteche per la collaborazione riservata:
Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi”, Udine e Biblioteca del Seminario
arcivescovile “Mons. Pietro Bertolla”, Udine. Grazie alla dott.ssa Katia
Bertoni, della Biblioteca della Società Filologica Friulana, Udine.<o:p></o:p></span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-34470070378263725872022-03-13T08:55:00.002-07:002022-03-14T07:04:21.622-07:00Ecco Mario Candotto, da Ronchi, sopravvissuto al Campo di concentramento di Dachau<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">È riuscito a
sopravvivere al lager perché lavorava in modo coatto per la BMW, vicino a
Monaco di Baviera. Ci sapeva fare col tornio, nonostante le sue conoscenze di
meccanica fossero dovute solo alla scuola, come ha raccontato. Solo così è
riuscito a portare a casa la ghirba. Si sa che a <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Flossenb%C3%BCrg">Flossenbürg</a> i tedeschi
realizzano uno stabilimento sotterraneo BMW per la produzione di motori per
mezzi corazzati, come ha scritto Maria Chiara Laurenti, nel 2007.</span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjOj4JWDj7cdMpoFi-BBey6L4vYqJAN3DSbyZIipmIpHtxWcfbdXhZsDkRF9DLtw1alr4s9CzGObD09bcb_9DcVy0IjYTaivBJpVCoU2td0Z02IKuAmjukSDns7PcdwKLP-llKnsZp2za63OMyhp8lA4QR5UaJ_6TEIzvA8e35UfHtT-G37jI__HXCvCQ=s1855" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1338" data-original-width="1855" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjOj4JWDj7cdMpoFi-BBey6L4vYqJAN3DSbyZIipmIpHtxWcfbdXhZsDkRF9DLtw1alr4s9CzGObD09bcb_9DcVy0IjYTaivBJpVCoU2td0Z02IKuAmjukSDns7PcdwKLP-llKnsZp2za63OMyhp8lA4QR5UaJ_6TEIzvA8e35UfHtT-G37jI__HXCvCQ=s320" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Lo scampato al lager è Mario
Candotto, da <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ronchi_dei_Legionari">Ronchi dei Legionari</a> (GO) - foto sopra -, che ha detto di aver<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">lavorato
per la BMW a Trostberg, un sotto-campo di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Dachau">Dachau</a> e, per tre mesi, dal 20 luglio
1944 in poi, anche a</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Markisch, in Bassa Lorena, annessa
al Terzo Reich, in francese è: Sainte-Marie-aux-Mine. Ovvero: Santa Maria delle
Miniere. La fabbrica là era in un tunnel ferroviario, per sfuggire ai
bombardamenti angloamericani. Io dipendevo da un ‘meister’ in fabbrica, che non
mi maltrattava, come invece facevano le guardie nel lager con baracche di 500
detenuti, anzi lui mi faceva trovare qualche pezzo di pane. L’ho rivisto nel
dopoguerra e faceva finta di niente, ero assieme ad un altro sopravvissuto di
Pola, che gli ha gridato: Ehi meister, così ci siamo messi a scambiare qualche
parola. Il turno di lavoro in fabbrica era di 12 ore e quello che subentrava al mio posto
era un croato del lavoro volontario, un ustascia, guai se avesse saputo che ero
stato catturato come sospetto partigiano, perché me gaveria copà</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mi vuol parare di
Dachau? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sì, i nazisti in Campo di
concentramento volevano cancellare l’essere umano </i>– ha risposto – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">eravamo più di 32.000 prigionieri, ma per
loro eravamo solo dei numeri. Negli appelli estenuanti al freddo io dovevo
dire, in tedesco, il n. 69.610. Era tutto un gridare. Nessuna guardia parlava
in modo normale. Il problema più grave era la fame. Poi le botte, il terrore,
le urla e la divisa a righe, che oggi… digo el pigiama. Nel dopoguerra no te
podevi parlar del Campo de concentramento neanche in famiglia. Iera robe che
pochi i credeva, sembrava esagerazioni. Me diseva: Basta parlar de guera </i>”. Foto sotto: cartolina di Ronchi dei Legionari, viaggiata nel 1935 foto G. Peluchetti, Monfalcone.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEipiogR2eU25qQas3uqbXKujoAdfNSflafupTvkcDejbBNEsk9_F6Qtunv5Be8SxR0CLtvCx1freOetOf9wogB-Wp_m8uG8J2QF-1uJbSINqmJQS8CkjxehZi2UFjVdo6z_EdwCTy9ZB0WF1OazFagLbZLjXw8RgCCSdtKOXYB7P0UwyPSngiJlIb3Ejg=s1600" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1030" data-original-width="1600" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEipiogR2eU25qQas3uqbXKujoAdfNSflafupTvkcDejbBNEsk9_F6Qtunv5Be8SxR0CLtvCx1freOetOf9wogB-Wp_m8uG8J2QF-1uJbSINqmJQS8CkjxehZi2UFjVdo6z_EdwCTy9ZB0WF1OazFagLbZLjXw8RgCCSdtKOXYB7P0UwyPSngiJlIb3Ejg=s320" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Quando è stato
arrestato a Ronchi dei Legionari e da chi? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Era
il 24 maggio del 1944</i> – ha detto Candotto – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">all’alba arrivano i camion di tedeschi con i repubblichini per un rastrellamento.
Hanno catturato una settantina persone, compresa la mia famiglia. Dopo si sa
che 32 ronchesi sono morti nei lager. A casa mia sono entrati i repubblichini e
sono andati a cercare in vari posti, compresa la vaschetta del water, dove
avevo nascosto una bustina partigiana con la stella rossa </i>[il copricapo è
detto: la titovka, NdR]. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ci hanno portati
via tutti. Con me c’erano mia mamma Maria Turolo, mie sorelle Ida e Fede, oltre
a mio papà Domenico Candotto, detto Muini </i>[in friulano],<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> o Monego </i>[in bisiaco, idioma di Ronchi
e Monfalcone, NdR],<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> perché era sagrestano
a Porpetto (UD). Ci hanno trasferito al carcere del Coroneo di Trieste. Dopo un
po’ di giorni ci hanno caricato sui carri ferroviari, non sapevamo perché, poi
abbiamo visto il campo di concentramento. I carri con i prigionieri erano
aperti, ma nessuno, per paura, tentava di scappare. Il grande rastrellamento
nazista a Ronchi è stato possibile perché due partigiani avevano fatto la spia:
erano un certo Florean, detto ‘Cicogna’ e il tale Soranzio, detto ‘Crock’,
oppure: ‘Cubo”.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Sono diversi i partigiani
doppiogiochisti, anzi troppi. Gli esperti ne parlano poco, forse perché la
polvere del salotto è meglio lasciarla sotto il tappeto. È stato Mario Tardivo,
presidente dell’ANED di Ronchi a fare i nomi di quelle due spie sulla Cronaca
di Gorizia de «Il Piccolo» del 5 maggio 1999; si tratterebbe di Ferruccio
Soranzio, nome di battaglia ‘Crock’ ed Umberto Florean ‘Cicogna’. Le cifre
degli arresti di Ronchi sono state pubblicate su «Il Piccolo» del 26 maggio
2016. Gli arrestati sono imprigionati dalla “SIPO Triest” (Archivi di Arolsen).
La <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Scherheitspolizei</i> (SIPO) è la
polizia di sicurezza tedesca di stanza a Trieste. Per i ronchesi ed altri
detenuti il 31 maggio 1944 è il giorno di partenza per i lager nazisti.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgPBYQ6MstYGLGAxocA9bbFbih1QvATVZBJ7DB9hhm9wLam_jO0RKyGqU7Y0z8-p2rildX29QwsOIpCTYvAdP3U6ZY1dFRnx8f2XRT483VB9AyILfEQ6ZaxVjFfyj6_isNnFkSpsWQTxkSqiT--EO_xyFNZem05TP-kwbxMukH-7kiqe3rjDns8K2xqyg=s536" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="416" data-original-width="536" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgPBYQ6MstYGLGAxocA9bbFbih1QvATVZBJ7DB9hhm9wLam_jO0RKyGqU7Y0z8-p2rildX29QwsOIpCTYvAdP3U6ZY1dFRnx8f2XRT483VB9AyILfEQ6ZaxVjFfyj6_isNnFkSpsWQTxkSqiT--EO_xyFNZem05TP-kwbxMukH-7kiqe3rjDns8K2xqyg=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #073763; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Lager di Dachau - Scheda di Candotto Mario, nato nel 1926 a Polpetto (sic, in realtà: Porpetto). <span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Arolsen
Archives (D).</span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Com’è stata la
liberazione a Dachau? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ci sono arrivato
il 2 giugno 1944 e alla fine pesavo circa 40 chili</i> – ha replicato Mario
Candotto –<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> un prigioniero russo
spilungone pesava solo 28 chili, la mattina del 29 aprile 1945 molte guardie SS
erano scappate con i kapò resisi colpevoli di violenze e assassini di detenuti.
Prima di quella giornata hanno preso 1.500 prigionieri dal nostro sotto-campo
per ammassarli a Dachau, volevano far sparire tutte le tracce della prigionia. Non
ci danno la sveglia alle 4,30 come al solito e c’era trambusto da qualche
giorno, poco dopo abbiamo visto una jeep coi soldati americani vicino al Campo,
era una grande gioia, ci hanno detto di stare calmi, per evitare spargimento di
sangue e vendette varie sulle ultime guardie arresesi agli alleati, così
abbiamo fatto, poi con i documenti in una decina di italiani ci siamo diretti
verso Salisburgo e lì abbiamo trovato un Campo per reduci, dove ci hanno
rifocillato e poi via verso Tarvisio e l’Italia. È a Salisburgo che una mia
sorella sopravvissuta pure lei ad Auschwitz, ha visto il mio nome scritto sul
registro del Campo di reduci, scoprendo che ero ancora vivo</i>”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Con quale mezzo
viaggiavate? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Son tornà a casa a pie in
più di dieci giorni!</i> – ha detto Candotto – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma mio papà e mia mamma non sono più tornati, mia mamma Maria Turolo
(1890-1945) ha finito di vivere in una Marcia della morte, così mi ha
raccontato una certa Brumat, detta Slavica, mio papà Domenico Candotto
(1886-1944) stava nella baracca dei preti per almeno due mesi, lavorava in
fabbrica ed è morto in una succursale del lager. L’ha sotterrato un altro
detenuto di Monfalcone nel piccolo cimitero del paese, mi disse che aveva un
anello di ferro al dito, prodotto da un chiodo</i>”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In effetti negli
Archivi di Arolsen (Germania), consultabili in Internet, si è trovato il
certificato di morte del padre di Mario Candotto. Il suo babbo Domenico
Candotto, di Porpetto (UD), risulta deceduto il: “23 novembre 1944 a Dachau
II”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgnXLEeougHZWDSgHJ4v-q6vNMVlQzyc8zA6vDeQCVCwz_MAJITq9IJ7GPNx60whAvOZaFnqeePxqbZ8Hlqae9OUw8QldPJMIwCL9YvT2WnWFVZC-iHFm-varxzkQdKutTHcqi7a2GLDGPgJ-mY3K3FZSe-sEh39MMoOX_jaLMXUZPAluVzxzH_xXBHBA=s1316" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="944" data-original-width="1316" height="230" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgnXLEeougHZWDSgHJ4v-q6vNMVlQzyc8zA6vDeQCVCwz_MAJITq9IJ7GPNx60whAvOZaFnqeePxqbZ8Hlqae9OUw8QldPJMIwCL9YvT2WnWFVZC-iHFm-varxzkQdKutTHcqi7a2GLDGPgJ-mY3K3FZSe-sEh39MMoOX_jaLMXUZPAluVzxzH_xXBHBA=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #073763; font-family: courier; text-align: center;">Lager di Dachau - Docuemtno di Candotto Mario, nato nel 1926 a Polpetto (sic, in realtà: Porpetto). </span><span style="color: #073763; font-family: courier; font-size: 12pt; line-height: 18.4px; text-align: center;">Arolsen Archives (D).</span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Come mai da <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Porpetto">Porpetto</a> la
sua famiglia è giunta a Ronchi dei Legionari? “</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Mio papà era</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">caligher</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> –
ha aggiunto Mario Candotto – </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">pensi che nel
1911 aveva fabbricato un paio di scarpine per la principessa Iolanda di Savoia,
ma non le sono state recapitate, perché qualcuno aveva introdotto un biglietto
contro i regnanti, così sono ritornate indietro con i carabinieri in casa.
Eravamo sette fratelli e il primogenito Massimo era un seminarista, ma poi ha
cambiato idea, così è stato uno scandalo per tutta la famiglia. Venivamo
segnati a dito per il paese; è per tale motivo che mio padre ha cercato lavoro
nei cantieri, ci siamo stabiliti a Ronchi e ha dovuto iscriversi al fascio per
lavorare. Due mie sorelle si sono sposate. Poi arriva la seconda guerra
mondiale, un mio fratello è militare in Jugoslavia e ci raccontava le
ingiustizie contro la popolazione che vedeva là</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">”</span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">.</i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Con l’armistizio dell’8
settembre 1943 cosa succede? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">In tre
fratelli, Lorenzo, Massimo ed io volevamo andare coi partigiani garibaldini</i>
– ha spiegato il testimone – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma a Vermegliano,
che fa parte del comune di Ronchi dei Legionari, i miei fratelli mi hanno
detto: Tu vai a casa, qui siamo già in due. Allora io son tornato a casa,
mentre loro sono andati a Doberdò del Lago (GO), dove era in corso
l’ammassamento delle reclute partigiane. Loro hanno partecipato alla
costituzione della Brigata proletaria. Dopo un comizio ai cantieri navali del
10 settembre, c’è stato l’invito agli operai ad unirsi ai partigiani titini.
Oltre 1.000 volontari si incamminano verso il punto di raccolta alle Cave di
Selz, frazione di Ronchi, per attaccare poi Gorizia, difesa dai nazifascisti.
La battaglia del 28 novembre 1943 segna l’annientamento della Brigata
proletaria, dove muore anche un mio fratello. Poi io ho fatto il portaordini
dei partigiani”. <o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjb4GxeA4C69aZUlB1hGVzoiVFiC0W6LqKLpudHVxinzA3fnccTm88r-QJXSKvDoURJz5LkSKrbi3FmCWfwjc8HyHxM5Pk8v1im8ZCwZG2fY5Tn6CWZckBc-IWKwau3-80RB8Hk68P_VkLj-aKxRW1jIEo74SDA-jJYrHfNDk_8TkGsH9aBIwnEZ_2-iw=s1264" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1264" data-original-width="904" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjb4GxeA4C69aZUlB1hGVzoiVFiC0W6LqKLpudHVxinzA3fnccTm88r-QJXSKvDoURJz5LkSKrbi3FmCWfwjc8HyHxM5Pk8v1im8ZCwZG2fY5Tn6CWZckBc-IWKwau3-80RB8Hk68P_VkLj-aKxRW1jIEo74SDA-jJYrHfNDk_8TkGsH9aBIwnEZ_2-iw=s320" width="229" /></a></div><span style="color: #073763; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Lager di Dachau - Certificato di morte di Domenico Candotto, padre di Mario. Archivi di Arolsen (D)</div></span><div style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-style: italic; text-align: center;"><br /></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Conteme la storia delle
due monete in Campo di concentramento. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quando
ero prigioniero a Dachau</i> – ha precisato Candotto – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">mentre si aspettava l’appello in cortile, spostavo la ghiaia con i
piedi e ho visto due monete da cinque marchi l’una, allora le ho ricoperte e,</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">dopo
la guerra, quando sono tornato a Dachau in un viaggio della memoria con l’ANED,
perché sa, io sono iscritto all’<a href="http://www.deportati.it/aned/le-sezioni/friuli/">ANED di Udine</a>, sono andato a cercare proprio quelle
monete tra la meraviglia e la curiosità dei presenti, ma non le ho mica più trovate</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">”.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nella primavera del
1947, dopo la firma del trattato di pace (10 febbraio) e il ritorno della
sovranità italiana nell’Isontino (Gorizia, Ronchi e Monfalcone), più di duemila
operai dei Cantieri navali di Monfalcone, uno dei principali del Mediterraneo,
lasciano il lavoro, le case e l’Italia per raggiungere i Cantieri di Fiume e
Pola e altre località ormai annesse alla Jugoslavia, dove sperano di vivere in
una società libera e più giusta. In seguito, la delusione per le condizioni di
vita e la scelta di appoggiare Stalin contro Tito dopo la “scomunica” del
partito comunista jugoslavo in seguito alla Risoluzione del Cominform del 28
giugno 1948, causarono una sconfitta bruciante che ebbe devastanti
ripercussioni sulle vite personali e familiari: dal ritorno a casa alla
detenzione nei gulag di Tito, tra i quali “l’inferno” di Goli Otok, l’Isola
Calva. (vedi: Chiara Fragiacomo, 2017).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ho saputo che è stato
uno dei ‘cantierini’ andati a rinforzare il cosiddetto paradiso socialista di
Tito. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sì, sono partito anch’io come
tanti qui di Ronchi e lavoravo in una autorimessa</i> – ha concluso Mario
Candotto – <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma sono ritornato in Italia
quattro mesi prima della Risoluzione del Cominform del 1948, così non mi hanno
recluso nel campo di concentramento titino. Che delusione un guerrigliero come
Tito, che poi pensa solo al potere, così ho gettato la tessera del partito comunista
e mi sono avvicinato al movimento anarchico</i>”<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.</i></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiL8yat0d-_G_24aDxtKMYKhtyzpx_QCWWdbNq4bs8xYWe03pSvtaD1n3oZbySz4W4mVhxdz3VVxclcwNshIT_sXX2nm3rTqmMdwwgVki-WBL3eb2Q4DWE54py5oBDFjJamRN0Q7JnQmJTDe1ipWcznWFn8_Fkq99m-YMhwWO0jgyQLt6OmeblKXGllNw=s1850" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1725" data-original-width="1850" height="298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiL8yat0d-_G_24aDxtKMYKhtyzpx_QCWWdbNq4bs8xYWe03pSvtaD1n3oZbySz4W4mVhxdz3VVxclcwNshIT_sXX2nm3rTqmMdwwgVki-WBL3eb2Q4DWE54py5oBDFjJamRN0Q7JnQmJTDe1ipWcznWFn8_Fkq99m-YMhwWO0jgyQLt6OmeblKXGllNw=s320" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fonte
orale</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Mario Candotto - foto sopra -, Porpetto (UD), 2 giugno 1926,
intervista di Elio Varutti del giorno 11 marzo 2022 a Ronchi dei Legionari
(GO), in presenza di Paolo Boscarol, Franco Pischiutti e di Zorzin.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cenni
bibliografici e del web <o:p></o:p></span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">(consultazione del 12.3.2022)</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Arolsen Archives,
<a href="https://collections.arolsen-archives.org/de/search?s=mario%20candotto">Archiv zu den Opfern und Überlebenden des Natio</a></span><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;"><a href="https://collections.arolsen-archives.org/de/search?s=mario%20candotto">nalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Candotto
Mario</a>, geburtsdatum 06.02.1926, prisoner 69.610.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="EN-GB" style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: EN-GB;">- </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Chiara Fragiacomo, </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><a href="http://www.novecento.org/dossier/italia-didattica/fuga-dallutopia-la-tragedia-dei-monfalconesi-1947-1949/">Fuga dall’utopia. la tragedia dei“monfalconesi”. 1947-1949</a>, </i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Novecento.org, n. 8, agosto 2017.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- Maria Chiara Laurenti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="http://www.itismajo.it/coalova/ebook/approfondimenti/at060.htm">L’economia tedesca e il lavoro dei deportati</a></i>,
Pinerolo (TO), aprile 2007.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">- </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Giovanni Melodia, </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><a href="http://www.deportati.it/archivio-storico/dachau_liberaz/">La liberazione di Dachau nelle parole degli
americani</a></i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><a href="http://www.deportati.it/archivio-storico/dachau_liberaz/">,</a> Archivio storico dell’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED).</span></p><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> <o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">--</span></p><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, docente di <i>Sociologia del ricordo. Esodo giuliano
dalmata</i> all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Networking di
Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Mario Candotto, Paolo Boscarol e il professor
Stefano Meroi. Grazie all’architetto Franco Pischiutti (ANVGD di Udine) per la
collaborazione riservata alla ricerca. Copertina: Mario Candotto. Fotografie di
Elio Varutti. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ricerche per il blog presso
l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD),
Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua in via Aquileia, 29 – primo piano,
c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da
lunedì a venerdì ore 9,30-12,30.
Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno
Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:
<a href="https://anvgdud.it/">https://anvgdud.it/</a><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-56859202768564440622022-02-23T09:51:00.005-08:002022-03-08T09:03:59.781-08:00Presentato ‘La patria perduta’ e assegnato a Elio Varutti il sigillo della città di Udine<p><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">È stato Pietro
Fontanini, sindaco di Udine, a consegnare il sigillo della città nelle mani di
Elio Varutti. L’evento si è svolto nel pomeriggio in sala Ajace il giorno 11
febbraio 2022 nell’ambito delle cerimonie per il </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo">Giorno del Ricordo</a>,</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> organizzate dall’Assessorato alla cultura con
l’assessore Fabrizio Cigolot, con la collaborazione del Comitato Provinciale di
Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD). Cigolot ha
aperto l’incontro, accennando all’importanza di parlare del </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Giorno del Ricordo</i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> e delle pubblicazioni
come quella che si presenta sulla vita quotidiana nel Centro raccolta profughi
di Laterina, in provincia di Arezzo, dopo la seconda guerra mondiale per gli
esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhzM3TcpO8VBGqB83AL2gNJl0u4HZ3DkkGXCMmGvL3b0Ru51hc1BR-rUJyW58q_ti6Qin9RGAkbKr3Kgz5FFvIfwbcXbfbU8UD-UeKa7iX05PAzPv-jinnjUceGO0Nr2orE4HudZqCmdh-g6LDwAJNXJvVHuxHgPLVrT6kvX-LhQb6KXsnrVP1qUM2aaw=s1024" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhzM3TcpO8VBGqB83AL2gNJl0u4HZ3DkkGXCMmGvL3b0Ru51hc1BR-rUJyW58q_ti6Qin9RGAkbKr3Kgz5FFvIfwbcXbfbU8UD-UeKa7iX05PAzPv-jinnjUceGO0Nr2orE4HudZqCmdh-g6LDwAJNXJvVHuxHgPLVrT6kvX-LhQb6KXsnrVP1qUM2aaw=s320" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">La professoressa
Elisabetta Marioni, assessore comunale all’Istruzione e socia dell’ANVGD, dopo
aver partecipato all’intitolazione del piazzale Norma Cossetto al mattino,
nella stessa serata ha detto che: “con l’amico e collega Elio Varutti per molti
anni ho collaborato in studi e ricerche sulla cultura materiale e immateriale
del Friuli, nonché sugli eccidi delle foibe e sul dramma dell’esodo giuliano
dalmata all’Istituto ‘B. Stringher’. Il sigillo della città conferitogli è un’onorificenza
meritatissima anche perché il professor Varutti ha coinvolto il mondo della scuola
nella divulgazione e nell’approfondimento di queste tematiche ancor prima dell’istituzione
del Giorno del Ricordo”. La Marioni ha voluto citare i libri sul tema
dell’esodo giuliano dalmata da Varutti, come </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif";">Il campo profughi di via Pradamano e l’associazionismo giuliano dalmata
a Udine. Ricerca storico sociologica tra la gente del quartiere e degli
adriatici dell’esodo 1945-2007</i><span style="font-family: Times New Roman, serif;">, edito dal Comitato di Udine dell’ANVGD nel
2007. Poi c’è il volume scritto con Roberto Bruno, Elisabetta Marioni,
Giancarlo Martina, edito nel 2015 dall’Istituto Stringher di Udine col titolo: </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif";">Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuli
giuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960</i><span style="font-family: Times New Roman, serif;">.
Infine c’è il testo edito dalla Provincia di Udine / Provincie di Udin nel
2017: </span><i style="font-family: "Times New Roman", "serif";">Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia
esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e
dintorni</i><span style="font-family: Times New Roman, serif;">, disponibile anche nel web dal 2018.</span></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgtUsXgffgK-WXr76tas-w0MEGPDZOuWaHbGhfD5-AZ6iVaRTtfS9uAxT3c6kVyci9SuNUU-y7FCL_WfqH6rr62fNd24arlBL_lZACG2d6tsH3IAWNThKPbJc10FoHLzc1gzKMgoSPFIOq02mh5Ys9gc1oMKPV5UYrNFjIeL1BISjfA5vSAHKTfUmGalg=s981" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="981" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgtUsXgffgK-WXr76tas-w0MEGPDZOuWaHbGhfD5-AZ6iVaRTtfS9uAxT3c6kVyci9SuNUU-y7FCL_WfqH6rr62fNd24arlBL_lZACG2d6tsH3IAWNThKPbJc10FoHLzc1gzKMgoSPFIOq02mh5Ys9gc1oMKPV5UYrNFjIeL1BISjfA5vSAHKTfUmGalg=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt;">Elisabetta Marioni, Pietro Fontanini e Elio Varutti. Foto di Leoleo Lulu</span></div></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ecco la motivazione
ufficiale del riconoscimento letta dal sindaco Fontanini: “per la costante e
proficua opera di studio, ricerca e diffusione delle vicende storiche di Udine
e del Friuli e, in particolare delle tragedie legate all’esodo dalle loro terre
degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ha poi avuto la parola
Elio Varutti. “Per questo libro – ha detto l’autore - devo ringraziare Claudio
Ausilio, esule di Fiume e delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo, per le
articolate e pazienti ricerche da lui svolte sul territorio; le fotografie che
vedete sono state reperite da lui con una serie attenta di contatti con
centinaia di profughi e loro discendenti in Italia e all’estero, come
Australia, Canada, USA, Brasile, Francia”.</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiHWM1iV06ZR-NhPrjo6i-birOEDJhNMJWmg5BEh4Lb8o81miyZi3YNMQ186rtlFdV4A5veLVd4GG3GXgcWvFtseZQdVA5AG8RlHw8rMjnMVGAXAPLBYwNkVZuxx8gEb1RtvTzMkE6imgGR8wvi6iFIGnAdYXTaef6kF5FQXuHiTAvFnHDv6XtanO8U-Q=s640" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiHWM1iV06ZR-NhPrjo6i-birOEDJhNMJWmg5BEh4Lb8o81miyZi3YNMQ186rtlFdV4A5veLVd4GG3GXgcWvFtseZQdVA5AG8RlHw8rMjnMVGAXAPLBYwNkVZuxx8gEb1RtvTzMkE6imgGR8wvi6iFIGnAdYXTaef6kF5FQXuHiTAvFnHDv6XtanO8U-Q=s320" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">È così che si è venuti
a sapere che il Campo profughi di Laterina (AR), dal 1946 al 1963, per ben
diciassette anni, funziona come Campo profughi per italiani in fuga
dall’Istria, Fiume e Dalmazia (per oltre 10mila persone), terre assegnate alla
Jugoslavia col trattato di pace del 10 febbraio 1947. Sono italiani della
patria perduta. Nelle baracche patiscono il freddo e la fame. Tra i più anziani
di loro ci fu un alto tasso di suicidi. A Laterina giungono pure alcuni
sfollati dalle ex colonie italiane. “Con questo libro – ha concluso Varutti –
si è analizzata la vita quotidiana degli esuli e l’incontro-scontro con la
popolazione locale, fino alla completa integrazione sociale, mediante qualche
matrimonio misto (toscani e giuliano dalmati) e, soprattutto, col lavoro, la
scuola e con l’assegnazione delle case popolari ai profughi. Quasi tutti gli
esuli destinati al Crp di Laterina sono transitati per Trieste e per il Centro
smistamento profughi di Udine di via Pradamano, che ospitò oltre 100mila
persone”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">“Voglio infine
ringraziare l’editore che ha creduto in questa tematica – ha concluso Varutti –
oltre a Guido Giacometti, dell’ANVGD della Toscana, a Bruna Zuccolin,
dell’ANVGD di Udine e Renzo Codarin, presidente nazionale dello stesso sodalizio
degli esuli, oltre a Claudio Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo”.</span></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgVtSfKUOq3Txj99tj2nh-rEEI7Aykajk1PfN4PSRMZnGbBXleDOfYbGSDfsuUjR1z4wy25Fg6Z7Wu4IRGv-Lt18zHqS9a2Ke9fgW2CSCpPOLGkaBmRnSnse5ruNLWkKYS7H0UZY3TUnLlPTc9bRfk4xaNi6nMiLTsSqixNvLIsNvd10RBYRuqxGEKzUw=s1152" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="864" data-original-width="1152" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgVtSfKUOq3Txj99tj2nh-rEEI7Aykajk1PfN4PSRMZnGbBXleDOfYbGSDfsuUjR1z4wy25Fg6Z7Wu4IRGv-Lt18zHqS9a2Ke9fgW2CSCpPOLGkaBmRnSnse5ruNLWkKYS7H0UZY3TUnLlPTc9bRfk4xaNi6nMiLTsSqixNvLIsNvd10RBYRuqxGEKzUw=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt;">Parla il sindaco Pietro Fontanini</span></div></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ha chiuso l’incontro
Bruno Bonetti, vicepresidente dell’ANVGD di Udine, portando il saluto di Bruna
Zuccolin, presidente assente per infortunio. Bonetti ha ricordato la grande
accoglienza del volume ‘La patria perduta’ tra il pubblico e le autorità
registratasi sia nelle presentazioni pubbliche di Trieste, il 26 settembre 2021,
che in quella di Laterina del 2 ottobre 2021 e all’Università della Terza Età
di Udine il 20 gennaio 2022”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il
libro presentato</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> – Elio Varutti, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta
profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963</i>, Aska edizioni, Firenze,
2021.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjdT4Ie_bIU66F0HJthxnlB7ghftQl-y75bw1o5V2V8ZmqliHf0TQqPP2pvQZ1MRCsC7cFCMXJ6SdW818PCwEJWCgPKjJ4R-ocfpqx5KUK04-Cnwf7GeE8eakUf0I7nxY623XQPKuYjbHvRNWt5dhpQ8hoSfg3jVLZYVIi5NmdJ6QCkEUEtQTCy_Ka0Wg=s1152" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="864" data-original-width="1152" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjdT4Ie_bIU66F0HJthxnlB7ghftQl-y75bw1o5V2V8ZmqliHf0TQqPP2pvQZ1MRCsC7cFCMXJ6SdW818PCwEJWCgPKjJ4R-ocfpqx5KUK04-Cnwf7GeE8eakUf0I7nxY623XQPKuYjbHvRNWt5dhpQ8hoSfg3jVLZYVIi5NmdJ6QCkEUEtQTCy_Ka0Wg=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt;">Parla Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura del Comune di Udine</span></div></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Progetto e attività di ricerca di: <a href="http://eliovarutti.blogspot.com/2015/07/biografia-di-elio-varutti.html">Elio Varutti</a>, Coordinatore del gruppo di
lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Con la collaborazione di:
Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo. Networking di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano
Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Claudio Ausilio Bruno Bonetti, Rosalba
Meneghini. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e
documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie di Daniela
Conighi, Leoleo Lulu, Giorgio Gorlato <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e
dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD),
Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo
piano, c/o ACLI. 33100 Udine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>– orario:
da lunedì a venerdì<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ore 9,30-12,30.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna
Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito
web:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>https://anvgdud.it/<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgQ4qUcevwVSreKjp0o-j_tSvKEwV8lkVG_JbEg-hvvEuQOqJEMpP_LEzeIQg88UU2cGfjq85OaZlOtHmFiB5AGw3MA90IH8-kvBahtX273JE8meRHhdHb2dEMFZgyNg4MFUxCxLhriORloc74H8gxZdailzaqWRBZHRu30MxbZvfwAafBYtZB1hybdeA=s969" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="969" height="226" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgQ4qUcevwVSreKjp0o-j_tSvKEwV8lkVG_JbEg-hvvEuQOqJEMpP_LEzeIQg88UU2cGfjq85OaZlOtHmFiB5AGw3MA90IH8-kvBahtX273JE8meRHhdHb2dEMFZgyNg4MFUxCxLhriORloc74H8gxZdailzaqWRBZHRu30MxbZvfwAafBYtZB1hybdeA=s320" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="color: #0b5394; font-family: courier;">Elio Varutti. Foto di Leoleo Lulu</span></div><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiNCy8UGSdNXEIi-vhTE4G9Y3_EZoi-cNMbQsTzBd-HfNCRQk_x7eNOMM6uZQvYPKO_4kKs_LCox2zEZYqqE-MmpyA9LfgMriaXJTcEAaQfbOy67_g0-tgrMLkWhOK46cil_si6Qlj2z1bIFyZcwrAVHl1zaNTNvaAi3msjltaLxJg1ymB7qkL8oszIEw=s1748" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1240" data-original-width="1748" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiNCy8UGSdNXEIi-vhTE4G9Y3_EZoi-cNMbQsTzBd-HfNCRQk_x7eNOMM6uZQvYPKO_4kKs_LCox2zEZYqqE-MmpyA9LfgMriaXJTcEAaQfbOy67_g0-tgrMLkWhOK46cil_si6Qlj2z1bIFyZcwrAVHl1zaNTNvaAi3msjltaLxJg1ymB7qkL8oszIEw=s320" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiGlMQ9BZ9RlKsQj8HLzbIyvKMFYIQ22B5tnq65H8fFbUwz28HfGczFEQqP2MYKpABI2hRrOMbRq8lc-BPM4b9FzH0Me1aOsXdyI2oPB7NUNdrD7cWGxrDzLM_QMi8BMRM16FaqutoKSZYdBUjhDbRhKhwkAwuZzYF6p978b8-b9Hyh6cTd5KU7KmN5eQ=s2048" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1149" data-original-width="2048" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiGlMQ9BZ9RlKsQj8HLzbIyvKMFYIQ22B5tnq65H8fFbUwz28HfGczFEQqP2MYKpABI2hRrOMbRq8lc-BPM4b9FzH0Me1aOsXdyI2oPB7NUNdrD7cWGxrDzLM_QMi8BMRM16FaqutoKSZYdBUjhDbRhKhwkAwuZzYF6p978b8-b9Hyh6cTd5KU7KmN5eQ=s320" width="320" /></a></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: center;">Dal "Messaggero Veneto", Cronaca di Udine, del 16 febbraio 2022</div><div style="text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi5q57ceB_PRwpVt7_8YczY_WPbpj63eh8mMYVZuAOUnoF32Y1_YrKv1zV2L-KeqzpQEoWXZlzu2WXq07sFlRd1P6WbksERHSu0lFmb75Mnv4MwFWcyel7K-E6cWedvUlFipQehjeCrnH49RJHhiP3qCQ_CMRKffI2nCXz50d7rTX5cyogjar_BgMFQ9g=s1152" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="795" data-original-width="1152" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi5q57ceB_PRwpVt7_8YczY_WPbpj63eh8mMYVZuAOUnoF32Y1_YrKv1zV2L-KeqzpQEoWXZlzu2WXq07sFlRd1P6WbksERHSu0lFmb75Mnv4MwFWcyel7K-E6cWedvUlFipQehjeCrnH49RJHhiP3qCQ_CMRKffI2nCXz50d7rTX5cyogjar_BgMFQ9g=s320" width="320" /></a></div><div style="text-align: center;">Il diploma che accompagna il sigillo in bronzo della città</div><div style="text-align: center;"><br /></div></span>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com033100 Udine UD, Italia46.0710668 13.234579421.771468063662741 -21.9216706 70.370665536337256 48.3908294tag:blogger.com,1999:blog-8052269613707211076.post-83945161307655127442022-02-15T08:14:00.003-08:002022-02-17T02:05:41.640-08:00La bambina con la valigia, Egea Haffner. Una vicenda umana nella tragedia dell’Istria (1943-1947)<p style="text-align: center;"><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">Riceviamo e volentieri
pubblichiamo nel blog un articolo di Laura Brussi, esule di Pola. La
ringraziamo per le significative parole dedicate all’<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata" target="_blank">esodo giuliano dalmata</a> e
all’icona di quel fatto storico: Egea, la bambina con la valigia. La congiura
del silenzio si sta sfaldando e dalla legge istitutiva del </span><i style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo" target="_blank">Giorno
del Ricordo</a></i><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo" target="_blank"> </a>del 2004 sempre più esuli e loro discendenti </span><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;"> </span><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">hanno il coraggio di raccontare in pubblico la
propria struggente testimonianza. Siamo convinti che così si recupera un pezzo
di storia d’Italia negata per troppo tempo. Ecco il commovente testo di Laura
Brussi. </span></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: Batang, "serif"; font-size: 12pt; text-align: justify;">(a cura di Elio Varutti)</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhAkpt05MsNxfJLcWaAuAWjuTGKndej8W0f4cMWhHKy6gwcuGwH7v24GCXPAzj3mrmXMNZ_eGnQJ5ixU9UgUQsUETJilJp_Z4nL9591Vw445RTLz7DWuUQN-tZ1vOqB6uPO5aiuO0ntxAibowkk7CwWx9O3O3azcZKUWP7ttmf1cWj_AhAut6yIaaQSSg=s656" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="492" data-original-width="656" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhAkpt05MsNxfJLcWaAuAWjuTGKndej8W0f4cMWhHKy6gwcuGwH7v24GCXPAzj3mrmXMNZ_eGnQJ5ixU9UgUQsUETJilJp_Z4nL9591Vw445RTLz7DWuUQN-tZ1vOqB6uPO5aiuO0ntxAibowkk7CwWx9O3O3azcZKUWP7ttmf1cWj_AhAut6yIaaQSSg=s320" width="320" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La grande storia non è
fatta soltanto dal pensiero umano e dagli eventi che ne sono scaturiti, né
tanto meno dalle ideologie susseguitesi nel corso dei tempi. Al contrario, si
compone anche di un’immensa cifra delle storie personali che, alla fine, hanno
contribuito a determinare lo svolgimento di quella generale, e con essa, dei
grandi valori umani e civili, in lotta perenne con ricorrenti iniquità.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In queste storie
personali s’inserisce a buon diritto quella di Egea Haffner, la discreta “Esule
Giuliana 30001” che è diventata un simbolo della tragedia di Pola, trovando
spazio anche in un volume di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>riferimento
che la stessa Egea ha scritto assieme a Gigliola Alvisi, con il decisivo
supporto di “un importante Maestro”, il marito Gianni (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La Bambina con la valigia: il mio viaggio tra i ricordi di esule al
tempo delle foibe</i>, Edizioni Piemme, Milano 2022, pagg. 206) e che si legge
davvero di getto, a conferma di interesse e partecipazione coinvolgenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nel tenebroso maggio
del 1945, mentre altrove trionfava la pace, una Pola atterrita assisteva
con<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sgomento alle violenze
indiscriminate del nuovo padrone, a cominciare da quelle che ebbero per
involontarie protagoniste le tante foibe del territorio circostante. In una di
queste voragini scomparve anche l’amato buon padre di Egea, persona integerrima
di soli ventisei anni, ucciso proditoriamente dai partigiani slavi, come tanti
altri, per la “sola colpa di essere italiano”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Papà Kurt fu catturato
a tre giorni dalla “conquista” titina del capoluogo istriano, presenti i
familiari, con la consueta scusa di un semplice “controllo”. Purtroppo non
sarebbe più tornato, e la prova del suo infame destino sarebbe giunta dopo
qualche giorno, quando uno degli aguzzini fu visto in città con la sciarpa che
papà aveva indossato al momento dell’arresto. Per Egea, che aveva appena tre
anni, quella fu una tragedia tanto improvvisa quanto traumatica, seguita a
breve dal dramma dell’esodo, dapprima per la Sardegna e poi per l’Alto Adige.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgpZhw6BU8qAA5JWzyTdLeGflWDHxCMtwt4KsDz74Syc014i17eAm3WwGRGsTWfACahpcOZZ_VtOjQg1MWLUFdjc3M1MdTyf2AqE3Hx7P6CosFDhyd_4czjjEyUIwwnV3cTZG6VaK3TeNMQeB_gixbwrY0r92LvYzyV68cyr011jMYI65tFQ8IC9sI2Cg=s273" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="273" data-original-width="191" height="273" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgpZhw6BU8qAA5JWzyTdLeGflWDHxCMtwt4KsDz74Syc014i17eAm3WwGRGsTWfACahpcOZZ_VtOjQg1MWLUFdjc3M1MdTyf2AqE3Hx7P6CosFDhyd_4czjjEyUIwwnV3cTZG6VaK3TeNMQeB_gixbwrY0r92LvYzyV68cyr011jMYI65tFQ8IC9sI2Cg" width="191" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Nonostante l’età
infantile, la “bambina con la valigia” comprese subito che avrebbe dovuto
“abbandonare la riva sicura dell’amore per un mare ignoto” incontrando tutto lo
strazio di “quel dolore segreto che solo i bambini sanno provare”. Il resto
diventa un corollario: le incomprensioni di un popolo che usciva dalla grande
tragedia collettiva della guerra, delle distruzioni e della morte; il trattamento
non troppo cristiano ricevuto da qualche Suora del Collegio alto-atesino dove
avrebbe frequentato i primi due anni di scuola elementare, prima che la zia
Ilse la trasferisse in quella pubblica; i disagi rivenienti dalle abitazioni
precarie e dalle pesanti ristrettezze economiche.</span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Eppure, la vita doveva
continuare. Egea, diventata improvvisamente ben più matura della sua età
anagrafica, fu capace di reagire in maniera costruttiva alla sventura da cui
era stata colpita, al pari del “vir bonus” di Seneca posto davanti alla “mala
fortuna”. Di qui, la sua capacità di apprezzare quanto poteva esserle offerto,
come le limpide acque di un mare che ricordava tanto quello della sua Istria;
la “fortuna” di avere evitato i disagi e le promiscuità dei tristissimi campi
profughi; e più tardi, la scoperta di valide e serie attitudini professionali,
come accadde con la prima vendita “senza sconto” di un piccolo gioiello nel
negozio dello zio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Egea avrebbe
progredito bene anche nello studio, e non appena giunta in età idonea, fu
subito assunta dall’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Statali.
Mantenne un buon rapporto con la mamma che era rimasta a Cagliari dove, in
seguito, aveva costruito una nuova famiglia, ma volle rimanere a Bolzano con lo
zio Alfonso e con Ilse, che ebbe il dolore di perdere quando la zia era in età
ancora giovane.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Poi, ci fu l’incontro
con Gianni, che sarebbe diventato l’uomo della sua vita e padre delle sue
figlie Roberta e Ilse, e che dopo la laurea in Ingegneria avrebbe assunto
posizioni di crescente rilievo professionale, fissando la residenza familiare
nella bella casa di Rovereto, non lontano dalla Campana dei Caduti. L’Ing.
Giovanni Tomazzoni, uomo giusto, coniuge e padre esemplare, è appena scomparso,
ma Egea ha affrontato il dolore nella consapevolezza che, al pari del papà, è
sempre accanto a lei, con una sommessa, costante, protettiva Presenza.</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgYF6cl3EOL50-heG5tkXBvkHQ4_QZ5_kuPVGbZcnpMMv0kfZzyGNxC4gqn5XenrXQ6sOk0SXHwGPmNTmZ53pLt7G6-NaNY1ICLKlQPHqc3MH9iOXTg1hBKCvyGd4_YrXyRYT9eLJPbkwV4CZa2A-jNZIkcMPIghKw9trJy7HybHJf8C3PmmejbzRzPmQ=s270" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="270" data-original-width="267" height="270" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgYF6cl3EOL50-heG5tkXBvkHQ4_QZ5_kuPVGbZcnpMMv0kfZzyGNxC4gqn5XenrXQ6sOk0SXHwGPmNTmZ53pLt7G6-NaNY1ICLKlQPHqc3MH9iOXTg1hBKCvyGd4_YrXyRYT9eLJPbkwV4CZa2A-jNZIkcMPIghKw9trJy7HybHJf8C3PmmejbzRzPmQ" width="267" /></a></span></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Oggi, Egea dedica molto
tempo al Ricordo, compreso quello istituzionale di cui alla Legge 30 marzo 2004
n. 92, che ha voluto onorare i venti mila Martiri delle foibe o altrimenti
massacrati dai partigiani di Tito, e con essi, i 350 mila Esuli da Venezia
Giulia, Istria e Dalmazia, facendo contestualmente conoscere le “complesse
vicende del confine orientale”. In questa prospettiva si deve inquadrare, fra l’altro,
l’attività di Egea - con il cuore italiano sempre a Pola - nell’ambito delle
più recenti iniziative per onorare la memoria delle Vittime e il dramma degli
Esuli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In tale ambito, una
realizzazione di alto spessore mediatico e simbolico è costituita dal Museo
“Egea” sorto a Fertilia dei Giuliani (Sassari) proprio nel suo Nome, e in
omaggio ai tanti profughi che costituirono il primo nucleo di un nuovo
aggregato comunitario programmato all’insegna della speranza e della fede nei
valori “non negoziabili”: per l’appunto, quelli della Bambina con la valigia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Un contributo
fondamentale all’iniziativa sarda è stato conferito da Egea e da Gianni
Tomazzoni. Il Museo, voluto dalla Giunta Regionale nel complesso delle ex
Officine EGAS<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per onorare gli Esuli, a
cominciare dai pescatori dalmati che approdarono in Sardegna dopo avere
circumnavigato l’Italia, vide la<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>posa
della prima pietra il 1° febbraio 2020 con l’intervento dell’Assessore Quirico
Sanna e della stessa Egea col marito,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>mentre l’inaugurazione ha fatto seguito nel breve volgere di un anno, e
più precisamente nella primavera del 2021, grazie al solerte impegno dei
promotori. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il Museo, dovuto al
progetto degli Architetti Govoni, Polese e Masala, è diventato realtà nel corso
di una concorde dimostrazione di patriottismo, con l’intervento del Presidente
della Giunta regionale Christian Solinas,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>dello stesso Assessore Sanna e del Sindaco di Alghero Mario Conoci,
insieme al Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia Piero
Mauro Zanin, testimoni di una comune volontà politica e morale. Ciò, come da
elette parole dello stesso Assessore Sanna, secondo cui il Museo “restituisce
dignità e memoria a un popolo involontario protagonista di una vicenda che lo
ha costretto a dividersi in tutto il mondo nell’indifferenza dei governanti” e
rimuove “un velo di omertà” non più accettabile nella realtà contemporanea.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">In tutta sintesi, Egea,
anche attraverso il “suo” Museo, è diventata testimone perenne di una storia
finalmente conosciuta, e nello stesso tempo, di “egregie cose” finalizzate a
tradurla in impegni di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fede, e di umana
civiltà. Conviene aggiungere che durante le interviste concesse alla RAI-TV e
alla stampa in occasione del “Giorno del Ricordo” (10 febbraio 2022) Egea ha
ulteriormente testimoniato il suo dramma di orfana e di esule, con qualche
aggiunta eticamente ragguardevole: ad esempio raccontando che quando tornò a
Pola per visitare il luogo in cui era stata scattata la celebre fotografia, e
per rivedere la casa dell’infanzia, venne ad aprire una donna, alla quale disse
che sarebbe stata lieta di dare uno sguardo alla sua cameretta di quel tempo lontano.
Per tutta risposta fu cacciata via, in omaggio al verbo collettivista della
nuova Jugoslavia! <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Nell’epoca plumbea
delle foibe, il grande Vescovo di Trieste e Capodistria, <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Santin" target="_blank">Mons. Antonio Santin</a>,
esortava a non disperare perché “le vie dell’iniquità non possono essere
eterne”. Purtroppo, il cammino è ancora lungo, ma la “linea del possibile” di
cui al pensiero di Benedetto Croce potrà avvicinarsi tangibilmente grazie a
chi, come Egea, onora un grande impegno di memoria civile, e con esso,
un’indomita speranza.<o:p></o:p></span></p>
<p align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Laura
Brussi</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">, Esule da Pola</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Times New Roman", "serif"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgncewl7V0TssFG3ZcHC6zgjxycQZAjZojntDlYSZt9Wmnvo3L-H1ljjt5kRb1iKJE6RkAg3o2BJrgzXcWrsTsI5hMi9EhFw5cQNoQMVZ9Fv2HytDgJrItopT5pLAjwiVOSM2LmPk4PdKabGOUjfMnewoxJQ12IWGYdfd3XsV_HwkofPdocL4kY70knfw=s766" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="766" data-original-width="410" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgncewl7V0TssFG3ZcHC6zgjxycQZAjZojntDlYSZt9Wmnvo3L-H1ljjt5kRb1iKJE6RkAg3o2BJrgzXcWrsTsI5hMi9EhFw5cQNoQMVZ9Fv2HytDgJrItopT5pLAjwiVOSM2LmPk4PdKabGOUjfMnewoxJQ12IWGYdfd3XsV_HwkofPdocL4kY70knfw=s320" width="171" /></a></div><span style="color: #073763; font-family: courier;"><div style="text-align: center;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="color: #073763; font-family: courier;">Fotografia dal sito web di federesuli.org <o:p></o:p></span></span><span style="color: #073763; font-family: courier;">che si ringrazia per la diffusione nel blog </span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Note</span></b><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">
– Autrice principale: Laura Brussi. Progetto e attività di ricerca: Elio
Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di
Udine. Networking di Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti. Lettori: Laura Brussi e Sebastiano
Pio Zucchiatti. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e
documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni
private e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
(ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29
– primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. –
orario: da lunedì a venerdì ore
9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara
Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/</span></p>Elio Varuttihttp://www.blogger.com/profile/09355749724643955349noreply@blogger.com0