È stato Pietro Fontanini, sindaco di Udine, ad inaugurare, il
18 novembre 2019, alle ore 12,30 la mostra intitolata “Jan Palach ‘69” nella
Casa della Confraternita del Castello di Udine. “Figura emblematica della
ricerca di libertà Jan Palach – ha detto Fontanini – col suo supplizio a Praga
di 50 anni fa, mi ricorda il tempo della guerra fredda, quando noi dovevamo
essere sacrificati, in caso di invasione da parte del Patto di Varsavia, perché
le loro truppe dovevano essere fermate con le bombe atomiche americane, qui in
Friuli”.
Udine, 18 novembre 2019 - Inaugurazione della Mostra "Jan Palach '69" alla Casa della Confraternita, col sindaco Pietro Fontanini, al centro, mentre parla l'assessore alla Cultura Fabrizio Cigolot, a destra, con Tiziana Menotti, Francesco Leoncini e Paolo Petiziol. Fotografia di Elio Varutti
La rassegna fotografica e documentaria, proveniente da
Milano, consta di 20 pannelli con inedite fotografie e manoscritti del giovane
studente che il 16 gennaio 1969 si diede fuoco in piazza Venceslao per scuotere il popolo
cecoslovacco dall’indifferenza rispetto all’invasione sovietica del 20-21 agosto
1968, che soffocò la Primavera di Praga. La mostra, già allestita nel 2018 a
Milano, è stata curata da Jakub Jareš, per l’organizzazione dei Centri Cechi
(oltre una dozzina di Istituti storici e Archivi), del Museo Nazionale della
Repubblica Ceca e della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Carolina
di Praga. Gli autori dell’esclusiva rassegna sono Petr Blažek, Patrik Eicher e
Jakub Jareš. La traduzione dei testi è di Lucia Casadei. L’allestimento locale è
dei Civici Musei di Udine.
“È molto importante questa mostra – ha detto Fabrizio
Cigolot, assessore alla Cultura del Comune di Udine, tra i vari intervenuti –
per far conoscere ai nostri giovani questa parte di storia a loro sconosciuta”.
Udine - L'ingresso della rassegna fotografica su Jan Palach in Castello, aperta fino al 15 dicembre 2019
Una mostra e un
convengo su Jan Palach a Udine
Anche l’Università di Udine si è mobilitata in forze con un
convegno, svoltosi il 18 novembre 2019, in aula 2 per merito del Dipartimento
di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società, a Palazzo
Antonini. Il titolo dell’evento è stato “Jan Palach, la vita, il gesto e la
morte dello studente ceco”. È stata l’occasione per presentare, in anteprima
regionale, la biografia di Jan Palach (1948-1969), fresca di stampa dal titolo
omonimo, scritta dal dissidente Jiří Lederer e tradotta in italiano da Tiziana
Menotti, per l’editore Schena, di Fasano di Brindisi. “Si tratta della prima
biografia di un autore ceco uscita in Italia – ha detto Menotti – è stata prodotta in
Cecoslovacchia negli anni Settanta e Ottanta, ma è stata pubblicata solo nel
1990, dopo che Lederer era emigrato in Germania”. La biografia di Jan Palach si fonda su interviste e testimonianze di suoi familiari, amici e insegnanti. Si racconta che da bambino, Jan fosse contrario ad ogni forma di violenza, di ingiustizia e amasse la vita. Non si dichiarò suicida, ma fece sapere di aver voluto scuotere il popolo dall'indifferenza col suo gesto.
Il convegno è stato aperto, poco dopo le ore 9, dalla
professoressa Antonella Riem, Direttrice del Dipartimento di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società dell'Università di Udine.
La prof.ssa Antonella Riem apre il convegno su Jan Palach a Udine
Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura
del Comune di Udine, ha portato il saluto ufficiale della Civica
amministrazione. “Ricordare Jan Palach come una forte figura del Novecento è
importante dopo che siamo andati oltre la Cortina di Ferro – ha detto Cigolot –
perché il pericolo per la libertà e la democrazia purtroppo è sempre presente”.
L’assessore si è soffermato poi su concetti politici di comunismo e libertà, in
occasione del 30° anniversario della Caduta del Muro di Berlino (1989). La
lezione dotta su quegli anni è stata tenuta mirabilmente dal professor
Francesco Leonicini, docente di storia dell'Europa Orientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia,
che ha spiegato l’importanza dei diritti umani, inclusi quelli sociali, di
istruzione, di sanità e della casa, che non possono essere oggetto solo di
mercato. Leoncini ha poi voluto fissare una netta distinzione tra il socialismo
di Carlo Rosselli, di Willy Brandt e Olof Palme e il comunismo di Stalin. “In
ogni caso – ha concluso Leoncini – l’invasione della Cecoslovacchia del 1968 si
è rivelata un boomerang venti anni dopo con il crollo dell’URSS”. Il docente,
autore di vari volumi sulla storia della Cecoslovacchia, ha infine menzionato
la potenza di fuoco del Patto di Varsavia riversata in Cecoslovacchia nel 1968
con 10 mila carrarmati, 600 mila militari, 800 aerei e 2.000 cannoni, mentre
Hitler, per invadere la Francia nel 1940, aveva a disposizione 2.500
carrarmati.
Paolo Petiziol e il professor Francesco Leoncini al convegno di Udine su Jan Palach del 18.11.2019
È intervenuto in seguito Paolo Petiziol, console onorario della
Repubblica Ceca in Italia, con sede a Udine. Dopo i saluti di rito, Petiziol ha
ricordato un fatto personale, quando da studente universitario si recò a Praga
nel 1974, mentre gli amici lo sconsigliavano “per la miseria e la tristezza di
quel paese”. In quell’occasione incontrò alcuni praghesi in birreria che lo
invitarono, in inglese, a bere al loro tavolo. Poi cominciò un dialogo sul
motivo del suo viaggio, che era di curiosità riguardo ad un paese di grande
cultura, posto sotto lo stivale del Patto di Varsavia. Dopo alcuni anni venne a
sapere che tra i cinque cittadini di Praga che lo avevano invitato a quella
chiacchierata c’era niente meno che lo scrittore Václav Havel, divenuto poi
presidente della Repubblica Cecoslovacca (1989-1992) e, dopo la rivoluzione di velluto,
della Repubblica Ceca (1993-2003). L’intervento di Petiziol, anche se con
caratteri personali, è stato seguito attentamente dal pubblico presente,
incluse le due classi del Liceo classico “J. Stellini”, accompagnate dai
professori Chiara Fragiacomo, Antonella Rotolo e da Giulio Corrado. La
Fragiacomo, che tra l’altro è collaboratrice vicaria del glorioso liceo udinese,
è poi referente del progetto Calendario civile, per attività didattiche sulle
date significative della storia contemporanea. La professoressa Rotolo, in
particolare, sta sviluppando un originale contatto formativo con il Dipartimento di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società con le
classi 4^ C e 5^ C del liceo classico, che contempla lo scambio di libri e una
visita d’istruzione nella capitale ceca.
Alcuni dei libri di Leoncini sulla storia della Cecoslovacchia
Il contributo più appassionato al convegno è stato quello
della professoressa Libuše Heczková, dell’Università Carlo II di Praga, che ha
parlato in lingua inglese, mostrando varie diapositive. Ha parlato di Palach,
quale eroe, difensore e protettore della patria. È stata pure illustrata la
situazione degli studenti cecoslovacchi al 28 ottobre 1939, in seguito alla
Conferenza di Monaco (1938) all’annessione delle terre dei Sudeti (col pretesto
dei Sudetendeutsche) da parte dei
nazisti e all’occupazione della Cecoslovacchia (1939). In quel frangente oltre
1.000 studenti cecoslovacchi finiscono deportati nel Campo di concentramento di
Sachenhausen, presso Berlino. La professoressa Heczková ha ricordato che nel
1969 non ci fu solo la Torcia umana n.1,
perché alla autoimmolazione di Jan Palach seguirono in Cecoslovacchia altri
casi di giovani che si diedero fuoco, come i bonzi vietnamiti, per protesta e per scuotere la coscienza del
popolo invaso dalle truppe del Patto di Varsavia, ma non è dimostrato che ci
fosse un collegamento politico tra di loro.
Il volume presentato in Università di Udine il 18.11.2019
Un docufilm di alto
profilo estetico
Ha poi preso la parola la professoressa Anna Maria Perissutti,
ricercatrice al Dipartimento di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società, per mostrare un
documentario filmato del 1969 sul funerale di Jan Palach e sulle accorate manifestazioni
popolari che ne seguirono. Intitolato “Silenzio”, il docufilm, per la regia di
Milan Peer (1945 - 2015), è stato molto incisivo per documentare storicamente
la situazione creatasi dopo il rogo umano di piazza Venceslao. Di concezione
deliberatamente tragica, la pellicola dura pochi minuti. Dotato di un geniale
tocco di estetica malinconica, è il film più noto di Peer. In esso, il regista dimostra
la sua vicinanza alla vittima Jan Palach. L’estrema azione autoinflitta viene
vista come una sfida della nazione contro l’occupazione sovietica. Nel montaggio,
si intravvedono scatti sconvolgenti del corpo bruciato di Palach. Vi sono
sequenze dei funerali e manifestazioni spontanee nelle strade. Le immagini sono
accompagnate da un’unica colonna sonora, la canzone di Bohdan Mikolášek, ripetuta
due volte di seguito. Il suo ritornello: “Un uomo vivente è morto e i morti
rimangono vivi” è una tragica eco di avvertimento, che svanisce nell’indifferenza
della normalizzazione cecoslovacca. Il popolo pare annichilito, più che
indifferente.
Al termine del convegno la professoressa Renata Londero, del Dipartimento
di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società dell’Università di
Udine, ha annunciato la volontà di ripetere l’incontro con altre scuole di
Udine, probabilmente alla data del 17 dicembre prossimo. Erano presenti,
infatti, il professore Roberto Grison, del Liceo scientifico “N. Copernico” di
Udine, i professori del Liceo scientifico “G. Marinelli”, oltre all’interesse
rilevato anche tra i docenti dell’Istituto Tecnico Turistico “B. Stringher”.
Grison ha comunicato ai redattori di questo blog che nel Liceo “Copernico” sono
coinvolte 10 classi (incluse due del liceo “Marinelli”) su un progetto
intitolato “Fenomenologia e dissenso”, riguardo ala conoscenza di esponenti del
movimento di Charta 77, sorto in
Cecoslovacchia durante il regime comunista, con particolare riferimento alla figura
di Jan Patočka, brillante allievo del filosofo Husserl.
Parte del pubblico al convegno su Jan Palach a Udine
Un ricordo personale
dell’agosto 1968 a Udine
Mi permetto di riportare un ricordo personale. Eravamo
ragazzi di dieci-quindici anni nel rione di via della Fornaci e, il giorno
seguente all’invasione della Cecoslovacchia, al ritrovo di amici con la
bicicletta, si presenta Kekko con la sua bici dipinta di verde scuro con una riga
bianca in mezzo, come i mezzi blindati del Patto di Varsavia. Essendo un patito
di militari, di elmetti e di guerre lampo, dopo aver visto al telegiornale le
prime scene dell’invasione sovietica, si era già pitturato la sua due-ruote coi
colori dei vincenti invasori di
Praga. Molti di noi non capivano nulla di politica. Eravamo bambini o poco più.
Capivamo solo che la gente di quel paese aveva le facce stralunate vicino a quei cingoli. Quando poi,
il 16 gennaio 1969, si è saputo che un ragazzo di era dato fuoco per protesta
in piazza a Praga, restammo tutti sbigottiti. Le nostre mamme dicevano: “Povero
putel, cossa galo fato?” (Povero giovane, cosa ha fatto?). Qualche giorno dopo,
al ritrovo di amici con le biciclette, Kekko aveva ridipinto il suo velocipede
di altro colore, per protesta, trovando positiva accoglienza tra di noi. E
Paolo, uno di noi, disse: “Adesso capiamo chi sono i cattivi in Cecoslovacchia”. Non è
molto, ma a quel tempo iniziava una piccola crescita politica per noi ragazzi e
adolescenti. Oggi quel fatto ce lo ricordiamo ancora.
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Udine, 18.11.2019 - Convengo all'Università su Jan Palach; in primo piano Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura del Comune di Udine e, a sinistra, la professoressa Libuše
Heczková, dell’Università Carlo II di Praga. Fotografia di Elio Varutti
Messaggi dal web su Jan
Palach
La lettura dell’articolo presente ha spinto varie persone a
rilasciare un commento con riferimenti personali e di storia politica locale. Ringraziamo
il professor Giovanni Pascolini, di Cividale del Friuli, che il 19 novembre scorso
ci ha scritto, in Google: “Farà riflettere per sempre sul significato della
parola libertà”.
È intervenuto l’ingegner Sergio Satti, per ricordare, con una
telefonata del 20 novembre all’autore, la situazione politica di Udine nel
1968-’69. “Da giovane politico democristiano – ha detto Satti – io parlavo dell’invasione
della Cecoslovacchia con certi comunisti di Udine. Loro difendevano l’azione
militare del Patto di Varsavia, con mio stupore, anche dopo il tragico fatto di
Jan Palach. Alcuni esponenti della DC, venuti a sapere che avevo parlato di
quelle tematiche con conoscenti del PCI friulano, mi obiettavano: ‘E tu parli
con quelli là!’ C’erano i due blocchi contrapposti anche qui da noi, non solo
tra Mosca e Washington. Pochi cercavano il dialogo”.
Tra i vari commenti su Facebook, Paolo Fontanelli, di Udine,
il 19 novembre, ha scritto: “Due ricordi personali: ‘sciopero della ricreazione’
al Marinelli alla notizia del suicidio di Palach. Nel 1974 ‘viaggio di studio’
degli studenti di Agraria di Padova con serata in birreria con i ragazzi e le
ragazze di Praga. Nessuna voglia di parlare di politica, la repressione aveva
lasciato il segno”. Gianni Copetti, di Gemona del Friuli, che vive a Bruxelles,
ha aggiunto: “Ero a Lussemburgo città nel 1979, e mi è sempre rimasta impressa
l’immagine di Jan Palach. Ricordiamoci di questi eroi!”.
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Orari della mostra “Jan
Palach ‘69”
Luogo: Casa della Confraternita del Castello di Udine; vicino
alla Chiesa di Santa Maria di Castello. Ingresso libero. Venerdì e Sabato dalle
ore 15.00 alle 18.00. Domenica dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 15.00
alle 18.00. La mostra, promossa dal Centro Ceco di Milano in collaborazione con
i Civici Musei di Udine e l’Università degli Studi di Udine, resterà aperta
fino al 15 dicembre 2019.
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Fotografie di Elio Varutti. Servizio giornalistico e di
Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E.
Varutti.
Alcuni pannelli della Mostra su Jan Palach in Castello a Udine
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Rassegna stampa dal "Messaggero Veneto" quotidiano di Udine e dalla "Vita Cattolica", settimanale della Diocesi di Udine.