martedì 24 ottobre 2017

Gianfranco Ellero presenta le sue memorie di storiografo a Udine

L’ultimo libro di Gianfranco Ellero è stato presentato il 23 ottobre 2017 nella splendida cornice di Palazzo Belgrado a Udine, sede della Provincia. 
Lorenzo Zanon, Pietro Fontanini, in piedi, Gianfranco Ellero e William Cisilino. Fotografia di Elio Varutti

Si tratta di un libro intervista in cui lo storico racconta se stesso in rapporto ai fatti e agli accadimenti del territorio e dell’Europa. William Cisilino, direttore dell’Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane (Arlef), riveste il ruolo di intervistatore. «Al è come Ellero che, tal 1988 – ha detto William Cisilino in marilenghe – al intervistave il professôr Carlo Guido Mor e cumò jo o intervisti Gianfranco Ellero sui fats storics, su l’art, la gjeografie, la politiche e i rapuarts cun l’Europe».
L’incontro era iniziato con le parole, in friulano, di Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine. « Ellero – ha detto Fontanini – nus à judât a cirî lis nestris lidrîs e a cognossi la storie dal Friûl che no nas cun Rome ma plui di prime. Dopo o vin di fâ i augûrs a Ellero par i siei otante agns».
Lorenzo Zanon, presidente dell’Istitût Ladin Furlan “Pre Checo Placerean”, ha dichiarato che: «chest libri al reste te storie e o soi agrât a Ellero, parcè che al è stât cun nô par dânus ideis pe storie dal Friûl e dopo il libri al è un patrimoni fondamentâl par inmaneâ un programe di studi pe nestre scuele».
Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine, consegna una medaglia d'oro a Gianfranco Ellero. Fotografia di Elio Varutti

Giuseppe Bergamini, storico dell’arte, in lingua italiana ha paragonato Ellero agli umanisti, per il notevole numero di saggi, di libri e di articoli scritti da lui. William Cisilino ha poi ricordato la collana di studi sull’autonomismo edita dall’Istitût Ladin Furlan “Pre Checo Placerean”, giunta al 26° volume. Tale collana, ideata da Geremia Gomboso, è veicolata anche in Internet.
Nel volume appena stampato si parla anche dell’Università di Udine, voluta dalla gente dopo il terremoto del 1976. È intervenuto, infine, Gianfranco Ellero, in lingua italiana, con qualche frase in friulano. Certi libri di storia raccontavano “fufignis” (bugie), a suo parere, soprattutto quelli su cui ha iniziato a studiare da bambino e da ragazzo. Poi ha conosciuto in loco i maestri di fatto, come Carlo Guido Mor, Luigi De Biasio, Carlo Sgorlon, Tito Maniacco, Luciano Morandini e così via, fino ai grandi pensatori come Bertrand Russel, Fernand Braudel e Jacques Le Goff.

Una parte del folto pubblico presente alla presentazione del libro di Gianfranco Ellero. Fotografia di Elio Varutti

La chiave per capire i fenomeni regionali sta, secondo Ellero, nei fenomeni generali. Il Friuli va compreso allargando gli studi al contesto europeo, perché a detta di Ellero: «il Friuli è la più europea delle regioni».
Nel dibattito che è seguito c’è stato solo l’intervento di Silvana Schiavi Fachin che, in marilenghe, si è detta meravigliata della mancanza di una versione in lingua friulana nello steso volume.

Un enfatico atteggiamento di Gianfranco Ellero durante il suo intervento a Palazzo Belgrado. Fotografia di Elio Varutti
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Gianfranco Ellero, William Cisilino, Il Friuli in Europa. L’Europa in Friuli. Memorie di uno storiografo, Istitût Ladin Furlan “Pre Checo Placerean”, Provincia di Udine, 2017, pp. 112.

William Cisilino al fevele par furlan dal libri interviste fat cun Ellero. Dongje di lui: Gianfranco Ellero, Pietro Fontanini, Giuseppe Bergamini e Lorenzo Zanon. Fotografie di Elio Varutti

La copertina del libro

domenica 22 ottobre 2017

Menossi a Cormons. Mosaici e vini. Immagini

“Ferment-azione. Wine & alchemical mosaic”. 
Clicca sulla fotografia per ingrandirla

È l’intrigante titolo della rassegna musiva aperta il 20 ottobre 2017 a Cormons, in provincia di Gorizia, per mettere in mostra le opere del Secondo Simposio Internazionale di mosaico contemporaneo e una selezione di opere personali del celebre maestro Giulio Menossi, nato a Udine nel 1955 e formatosi a Milano col maestro Domenico Colledani. Si potrebbe dire che egli sia un vero alchimista del mosaico moderno. Tutto da scoprire. Soprattutto per fantasticare.


La mostra “Ferment-azione. Wine & alchemical mosaic” si tiene, dal 20 al 29 ottobre 2017, presso Palazzo Locatelli, al Museo Civico in Piazza XXIV Maggio a Cormons.
È una rassegna d’arte speciale con possibilità di visite guidate in varie lingue. Ad esempio, all’inaugurazione della mostra c’erano le guide in italiano, inglese e tedesco.
Il prossimo 26 ottobre alle ore 18,30 è prevista una visita artistica in lingua inglese e in italiano. Guided Visit to the Exhibition (Italian-English).

 Il 28 ottobre, alle 18 ci sarà una Degustazione con le aziende del Simposio & Visita guidata alle opere (italiano-inglese-tedesco). Wine tasting with Symposium companies & Guided Visit to the Exhibition (Italian-English-German).
Per concludere il 29 Ottobre, alle ore 11.00 avremo una Visita guidata alle opere (italiano-inglese-tedesco). Guided Visit to the Exhibition (Italian-English-German).

Impegni recenti e prossimi di Magister Giulio
Si sa che il mosaicista Giulio Menossi ha appena concluso l’organizzazione del Terzo Simposio Internazionale di Mosaico a Udine. Poi il maestro sarà in partenza  per  la Sardegna,  dove terrà dei corsi di mosaico. A Sassari il maestro Menossi andrà per mettere i ferri in acqua del Terzo Simposio Internazionale di Ploaghe, dopo i grandi successi dei due simposi sardi precedenti.

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Orari apertura mostra / Exihibition Opening
Giovedì, venerdì, sabato (Thursay, Friday, Saturday) 16.00 -19.00
Domenica (Sunday) 10.00 – 13.00 e/& 16.00 -19.00.


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Rassegna stampa
Mosaici in mostra a Palazzo Locatelli”, «Il Piccolo», 18 ottobre 2017.

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Sitologia
- E. Varutti, Il Drago di Giulio Menossi, mosaicista, nel web dal 19 dicembre 2014.

- E. Varutti, Riflessi di luna sul Mar Morto, mosaico di Menossi, nel web dal 13 giugno 2016.

- E. Varutti, Alta creatività nel Simposio musivo di Udine, nel web dal 9 ottobre 2017.

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Servizio di networking a cura di Girolamo Jacobson e di Elio Varutti. Fotografia del Laboratorio G. Menossi.


venerdì 20 ottobre 2017

Patate in tecia, ricetta della tradizione istro-dalmata

Patate in padella (fersora). La preparazione è di una semplicità incredibile, ma difficilmente riesce. A meno che non ci sia la memoria visiva di quando la nonna o la zia cucinava le patate in questo modo diffuso in tutta l’Istria, in Dalmazia e nel Quarnaro.

È con le parole di Francesco Gottardi che si spiega la ricetta. Si fanno bollire le patate con la buccia, senza portarle a cottura completa. Sarebbe consigliabile (addirittura!) cuocerle il giorno prima dell’utilizzo. Sbucciare le patate e tagliarle a fette di un quarto di centimetro. Disporle su una teglia bassa (la fersora) ben imburrata. Disporre le patate in tre o quattro strati alternandoli con cipolla soffritta nella pancetta. Riempire gli spazi vuoti, schiacciando un po’ le patate. Cuocerle a fuoco lento e coperte. Dopo dieci minuti, si alza la fiamma e, quando si sente soffriggere, si scoperchia. È così che l’odore si sparge per la casa e anche di fuori, aprendo la finestra, come ha scritto Franco Fornasaro in un suo romanzo.
Dopo altri 10-15 minuti si capovolge, con l’aiuto di un piatto, per cuocere l’altra parte come si farebbe con una frittata. Osservare che entrambe le parti abbiano una crosticina dorata. Anche se si verificassero certe frantumazioni, ricomponete il tutto, al fine di dorare bene. Le patate in tecia sono il contorno ideale per i piatti di carne. Oggi, con i tegami antiaderenti, la preparazione risulta più facile.
Un tempo la fersora era quel recipiente in ferro largo e poco fondo con un lungo manico pure di ferro, utile a friggere le vivande. Il vocabolo è diffuso anche nella lingua friulana: fersore, o fersorie (Il Nuovo Pirona).
È stato proprio lo scrittore Franco Fornasaro, nel suo romanzo “L’Adriatico di Gino”, a raccontare dell’odore di “patate in tecia” che si spargeva per le case di Pirano, sin dalla quinta pagina.
Per la fotografia si ringrazia la signora Daniela Conighi.

Cartolina da Internet 
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Bibliografia
- Franco Fornasaro, L’Adriatico di Gino. Romanzo / Gino, evo Jadrana! Roman, Tiskara Šuljić, ERAPLE-FVG, 2013.
- Francesco Gottardi, Come mangiavamo a Fiume nell’Imperial Regia Cucina Asburgica e nelle zone limitrofe della Venezia Giulia, 2.a edizione, Treviso, AG Edizioni, 2005, pag. 152.

- Giulio Andrea Pirona, Ercole Carletti, Giovanni Battista Corgnali, Il Nuovo Pirona. Vocabolario friulano, Udine, Società Filologica Friulana, 2001.

Cartolina a cura del Comitato Nazionale Rifugiati italiani Venezia Giulia italica, 1947 (Collezione privata)

lunedì 16 ottobre 2017

Dal Diario Rubinich di Moschiena, esodo in Argentina e ritorno in Italia

Si sono rintracciati altri documenti originali, oltre alle schede anagrafiche, nell’Archivio del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), in fase di riordino. 
Moschiena, anni 1925-1930. Cartolina da Internet

I materiali sono del 2006 e ci permettono di costruire un’altra vicenda istriana con semplici parole. Non è un caso eccezionale quello che si sta per descrivere, ma a suo modo è emblematico. È la vita di un qualsiasi socio dell’ANVGD di Udine. Dimostra intraprendenza, voglia di lavorare senza restare con le mani in mano, anche dinanzi alle avversità della vita, come l’esodo giuliano dalmata. «Ritornando indietro con gli anni – scrive Gloriano Rubinich nel suo Diario – la Jugoslavia di Tito mi privò di tutti i miei beni terreni e casa».
È possibile illustrare la biografia di Gloriano Rubinich, nato a Moschiena (Fiume) il 13 agosto 1921, per mezzo delle poche parole di un suo limitato Memoriale, manoscritto in una casa di cura, con tutta probabilità dopo il 2001, anche se non firmato. Gloriano Rubinich muore a Udine il 3 novembre 2006. Il suo funerale si tiene nella parrocchiale a Feletto Umberto, di Tavagnacco, alle porte di Udine. Lascia la moglie Rosalia Degano, della classe 1932, e i figli Antonietta e G. Antonio.
Nel riprodurre il breve Diario, oltre a sciogliere punteggiatura e certi errori, in parentesi tonde si sono aggiunte alcune precisazioni, per una lettura più agevole.
Dall’Epistolario Cattalini, custodito presso l’Archivio dell’ANVGD di Udine, Carte Rubinich

Solo con lo scopo di perpetuare la memoria di altri italiani di Fiume, ci permettiamo di corredare l’articolo presente con altre due immagini reperite in Facebook. Si tratta di un “loving memory” messo in circolo nel web dai discendenti, con fotografia di Wanda Verban, nata a Fiume il 19 aprile 1927 e deceduta a Chicago il 17 agosto 2017, negli Stati Uniti d’America.
Poi si dà spazio alla bella fotografia di due giovani ripresi a Fiume nel 1935. Si tratta di Giovanni Mariutti e Maria Fop, mostrati in Facebook, il 9 ottobre 2017, da Enrica Soldani, nel gruppo intitolato “Un Fiume di Fiumani”. Si ringraziano i discendenti per la diffusione e la pubblicazione delle immagini.
Dall’Epistolario Cattalini, custodito presso l’Archivio dell’ANVGD di Udine, Carte Rubinich

Le parole del Diario Rubinich
«Partii militare il 15 gennaio 1942, destinazione Pola, poi a Latisana (in provincia di Udine). Mi feci male ad una mano e mi mandarono all’Ospedale di Trieste. Facevo parte del 278° Reggimento cannoni. I miei compagni partirono per la Russia. Ritornarono pochissimi. Intanto facevo a Torviscosa (in provincia di Udine) la guardia ai prigionieri neozelandesi e sudafricani.

Torviscosa, il campo PG 107 nel disegno di Silvestro Perotti, carabiniere di guardia al campo

Tra tante peripezie ritornai a Palazzolo dello Stella (in provincia di Udine) avendo trovato la fidanzata, fra tante disgrazie della sua famiglia. Rimasi cinque anni. Poi mio fratello, che viveva a Milano, mi aiutò ad emigrare in Argentina. Prima di partire mi sposai e ho avuto una bambina. Avevo ventisei anni, siccome le pratiche (dell’emigrazione) erano lunghe, per essere pronte, partii da solo nel giugno 1948. Trovai dei parenti di mia moglie che mi ospitarono. Intanto trovai lavoro e un anno e mezzo dopo potei far emigrare la moglie con la bambina.
Lavorando sodo, ho fatto fortuna, avendo un ristorante che gestii per venti anni circa. La è nato il maschio, però la sfortuna ha voluto colpire ancora mia moglie. Fu colpita da cancro al polmone. Dieci mesi di vita. Morì il 19 dicembre 1962. Poi (dopo) tante disavventure, ritornai in Italia, con i bambini, vendendo tutto in Argentina. In Italia ho messo un ristorante argentino a Lignano (Lignano Sabbiadoro, provincia di Udine) “La Rueda Gaucha”. (Esistente ancor oggi!)
In seguito ho colto l’occasione di gareggiare all’appalto del bar Gervasutta (è un Ospedale nella zona sud di Udine). Trovai una seconda moglie che mi ha molto amato. Avevo cinquantacinque anni, eravamo nel 1976, l’anno del terremoto. Ritornando indietro con gli anni la Jugoslavia di Tito mi privò di tutti i miei beni terreni e casa.
Torviscosa, il Campo prigionieri PG 107 diventa Villaggio Roma per operai nella tarda metà del '900

Ritornando a noi, ho cercato di dare il bar Gervasutta ai figli nel 1990, ma non hanno retto. Poi siamo ritornati noi nel 1992 fino al 1996. Poi abbiamo venduto sperando di stare bene e di poter vivere serenamente. È subentrata la mia malattia, che gradatamente è peggiorata, fino (al trasferimento) all’ospedale e poi ricovero alla Quiete (Casa di cura). Sono passati cinque anni, andando sempre peggio…».
Come già scritto, Gloriano Rubinich muore a Udine il 3 novembre 2006, dopo aver vissuto le peripezie dell’esodo dalla sua Moschiena fino in Argentina e col ritorno in Friuli.

La storia del PG 107 dove Gloriano era di guardia
Nel 1942 nel territorio del Comune di Torviscosa fu insediato il campo per prigionieri di guerra n. 107, dove furono internati circa mille militari di nazionalità neozelandese e sudafricana catturati dall’esercito italiano durante la prima battaglia di El Alamein. Sorto su richiesta della SAICI – SNIA Viscosa per sostituire con i prigionieri i propri operai partiti per la guerra, fu il primo campo di lavoro per prigionieri di guerra in Italia. Funzionò come campo di prigionia fino al settembre del 1943 e in seguito fu trasformato in villaggio operaio. Oggi è chiamato: Villaggio Roma.

Cimeli da Fiume, scarpine per bambola. Fotografia di Franca Manzin

Una storia di Fiume che viene da Napoli
«Quando ero piccola – ha raccontato in Facebook Franca Manzin, di Fiume – ammiravo sempre queste scarpette nella vetrina a casa della signora Guerina (classe 1923) che mi diceva sempre: “no toccar sa, xe de mia mama, ghe le ga fate un ciabatin de Fiume co la iera giovane”. Quelle scarpine, in pelle e cuoio di dieci centimetri sono rimaste sempre nel mio cuore. Un giorno la signora Rina, dopo tantissimi anni e ormai prossima alla fine, mi disse: “Vien qua, te devo dar una roba... so quanto ti eri afezionada de picia a queste scarpine, bon, mi no go nissun e dopo che moro finirà tutto in scovaze, son sicura che ti te le tegnerà ben, son sicura”.
È indescrivibile la gioia che ho provato nel ricevere questa tanto ambita "eredità" e per la fiducia che ha riposto in me. Io ho queste scarpine da un po' di anni e ho detto alle mie figlie che un giorno saranno loro, una a testa. Ho detto di conservarle con cura perché sono ricche di storia, di drammi e d’amore... hanno coinvolto la vita di tante persone... Chissà chi era quel grande ciabattino?»

Una fiumana morta a Chicago

Fonti inedite
- Scheda anagrafica di Gloriano Rubinich, nato a Moschiena (Fiume) il 13 agosto 1921, Archivio dell’ANVGD di Udine. Si ringrazia la segreteria per la collaborazione.
- Fanno parte dell’Epistolario Cattalini, custodito presso l’Archivio dell’ANVGD di Udine, i seguenti documenti manoscritti o stampati e fotografie:
        - Gloriano Rubinich, Diario, dopo del 2001, ms e fotografia.

Fonti digitali sull’esodo da Fiume
- Arianna Gerbaz, Certificato di morte di Francesco Mazzer, suo nonno, Fiume 26 luglio 1945. Arianna Gerbaz, è nata a Latina e vive Torino.
- Franca Manzin, di Fiume, vive a Napoli. Post di Facebook del 15 settembre 2017, nel gruppo “Un Fiume di Fiumani”.
- Enrica Soldani, fotografia commentata mostrata in Facebook, il 9 ottobre 2017, nel gruppo intitolato “Un Fiume di Fiumani”.
- E. Varutti, “Scampar da Fiume co la cavra Vava, 1943”, con riproduzioni di lettere dell’esodo da Fiume in Argentina e Canada, nel web dal 2 marzo 2016.
Fiume, 1935. Giovanni Mariutti e Maria Fop, mostrati in Facebook, il 9 ottobre 2017, da Enrica Soldani

Altre fonti nel web sul Campo di prigionia di Torviscosa
- Lorena Zuccolo, Mareno Settimo (a cura di), PG 107 - Villaggio Roma, dal campo di concentramento per prigionieri di guerra al villaggio operaio della SAICI - SNIA Viscosa, Torviscosa (UD), 2014.
- Antonio Manfroi, Il soldato Harold. Un neozelandese a Erto, L’omino rosso, Graphistudio Arba (Pordenone), 2014.
- Susan Jacobs, Combattendo con il nemico. I prigionieri di guerra neozelandesi e la resistenza italiana, Venezia, Mazzanti, 2006.
Certificato di morte, Fiume 26 luglio 1945. Collezione Arianna Gerbaz, nata a Latina, che vive Torino; Francesco Mazzer è suo nonno. Si noti, in fondo, la scritta (indelicata, su un certificato di morte) "Morte al fascismo e libertà ai popoli...
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Ricerca storica e servizio di networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, Girolamo Jacobson e di Elio Varutti. Fotografie dall’Epistolario Cattalini, ove non altrimenti indicato.

martedì 10 ottobre 2017

Libro di Fornasaro (ANVGD) presentato a Pasian di Prato. Udine

Con “Gli appunti di Stipe” Franco Fornasaro ha scritto il suo ottavo romanzo, edito nel 2015 dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine. 
Paolo Montoneri, a sinistra, Franco Fornasaro e Elio Varutti a Pasian di Prato

L’autore, di origine istriana, lo propone, dal dicembre 2016, in formato bilingue (italiano e croato), tanto per dimostrare ancor di più il suo essere scrittore di frontiera, alla maniera di Fulvio Tomizza, come egli stesso ama ricordare.
Oltre quindici partecipanti hanno potuto seguire la presentazione nella sala “Franco Sguerzi” della Biblioteca “Pier Paolo Pasolini” di Pasian di Prato, in provincia di Udine. L’evento, svoltosi il 5 ottobre 2017, nella rassegna Incontri con l’autore si è aperto con le parole di Paolo Montoneri, consigliere comunale con delega alla Cultura del Comune di Pasian di Prato, che ha portato il saluto del sindaco Andrea Pozzo.
Poi ha parlato il professor Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di Udine, ringraziando la Civica amministrazione che ospitava l’incontro. «Porto i saluti di Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine – ha detto Varutti – e voglio ricordare il compianto presidente Silvio Cattalini, che ha voluto fermamente questo volume, che ha un valore didascalico ed è stato scritto con pacatezza e spirito di dialogo, proiettandosi in una dimensione europea». 
Pasian di Prato, Biblioteca "P. P. Pasolini", una parte del pubblico alla presentazione del libro di Franco Fornasaro del 5 ottobre

Poi ha parlato Fornasaro, che fa parte del Comitato Esecutivo dell’ANVGD di Udine. «Mio papà, con antenati di Pirano, scappa nel 1947 da Cittanova – ha detto – con la mitragliatrice che si faceva sentire alle spalle e io ho vissuto con questi pesi tra nazionalismi e interculturalità, ma proprio a quest’ultima propende il mio sentimento di italiano e di ex ufficiale della Marina militare».
Poi l’autore ha ricordato che la cultura italofona va, lungo l’Istria, Fiume e la Dalmazia, da Muggia a Ulcinio, in Montenegro, dove di recente e, nonostante quello che è successo con le guerre balcaniche degli anni Novanta, 2017 cittadini si sono dichiarati di lingua e cultura italiana. In seguito ha spiegato che il suo è un romanzo documentario, perché cerca e cita i documenti storici dal Risorgimento in poi. «Da bambino – ha aggiunto Fornasaro – ho dovuto assistere in un negozio di fruttivendolo alle offese pronunciate nei confronti di mia madre, che erano del tipo: Bruta ‘sciava torna in Istria».
“Le vicende qui narrate – ha scritto nella prima edizione Silvio Cattalini, presidente ANVGD di Udine, dal 1972 al 2017 – inquadrano le sofferenze e le ricchezze di un popolo diviso dalla Storia, vale a dire gli italofoni e gli italiani dell’esodo e dei rimasti”. Il testo, di 176 pagine, è corredato da originali carte geografiche della Balcania, con tutti i cambiamenti di bandiera subiti nel Secolo breve. Si pensi che alla metà del Settecento, tutto l’Adriatico era per la Repubblica di San Marco, niente altro che il Golfo di Venezia, considerati i porti e i territori veneziani posseduti da secoli in Dalmazia, fino in Morea (Peloponneso) e oltre.
Franco Fornasaro in primo piano

Al termine della presentazione si è aperto un piccolo dibattito. L’ingegnere Sergio Satti, esule da Pola, per decenni vice presidente dell’ANVGD di Udine, ha detto: «La mia famiglia è venuta via dopo l’attentato di Vergarolla, dell’agosto 1946 e siamo andati a Bolzano, mi ricordo che al liceo mi vergognavo di dire che ero profugo, perché mi davano subito del fascista, ma vorrei ricordare anch’io il grande merito del vecchio presidente Silvio Cattalini, che per primo ebbe l’intuizione di aprire il dialogo tra le due sponde dell’Adriatico, sin dagli anni 1990-2000, tra gli italiani “andati” e quelli “rimasti” e le altre componenti etniche della costa adriatica orientale». Sono intervenuti infine l’architetto Franco Pischiutti, con parenti che lavoravano a Fiume e un signore sardo, che ha ricordato i profughi istriani riparati a Fertilia, in Sardegna.
All’evento erano presenti e silenziose anche due signore che hanno perso i loro cari nella foiba. Si tratta di Bruna Travaglia, di Albona, componente del Consigli Esecutivo dell'ANVGD di Udine. Suo nonno Marco Gobbo e la zia Zora Gobbo «furono gettati in foiba nel 1943, probabilmente in quella di Vines, una località vicino ad Albona, il nostro paese di origine». In loro memoria Bruna Travaglia ricevette a Roma, al Quirinale, direttamente dalle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel 2010, l’onorificenza per le vittime delle foibe. Bruna Travaglia aveva 13 anni nel 1947, quando partì con tutta la sua famiglia da Pola, con la nave 'Toscana", che l’avrebbe portata in salvo a Venezia. Ma un altro aspetto tragico della vita di Bruna Travaglia è che anche il padre di suo marito, Giuseppe Rauni, è stato vittima delle foibe. «Nella mia famiglia – conclude Bruna citata dal «Messaggero Veneto» del 10 febbraio 2010 – ci sono state tre vittime delle foibe. Ma senza piangersi addosso i fiumani, gli istriani e i dalmati si sono ricostruiti una vita in giro per il mondo».
Pasian di Prato, 5.10.2017 - Un altro scorcio della conferenza di presentazione de "Gli appunti di Stipe" di Franco Fornasaro. Tra il pubblico, il primo a destra è l'ingegnere Sergio Satti, per decenni vice presidente dell'ANVGD di Udine

C’era poi anche la signora Daria Gorlato, il cui babbo Giovanni Gorlato, nato nel 1900, notaio di Dignano d’Istria, venne prelevato, assieme ad un gruppo di altri italiani del paese, da quattro militi titini armati giunti col camion di sera, il 3 maggio 1945. Li hanno portati al castello di Pisino e poi non si seppe più nulla di tutti loro. Fu detto che li avevano uccisi e gettati nella foiba.

Ci si è posti il problema di trattare in questo articolo la questione delle uccisioni nella foiba di Giuseppe Rauni, di Marco e Zora Gobbo e della scomparsa del notaio Giovanni Gorlato. Allora si ricorda lo spirito di fondo della Legge 30 marzo 2004 n. 92, che istituì il Giorno del Ricordo, col fine di conservare e rinnovare  «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». 
Solo esponendo tali fatti, dunque, si può continuare ad abbattere il Muro del silenzio, eretto dal dopoguerra per non disturbare Tito che stava staccandosi dai paesi satelliti della dittatura di Stalin. Si ritiene che tale obiettivo possa essere raggiunto nell’alveo del dialogo tra le sponde dell’Adriatico, con le mete della pacificazione in una dimensione europea, andando oltre il cosiddetto Silenzio degli esuli istriani.
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Riferimenti nel web
- Per chi fosse interessato a leggere altri commenti  e recensioni sul libro di Franco Fornasaro veda: E. Varutti, “Udine, nuovo libro di Fornasaro sull’Istria”, nel web dal 14 ottobre 2015.
- Una recensione è comparsa anche su «La Voce del Popolo», Quotidiano dell’Istria e del Quarnero a firma di Rosanna Turcinovich Giuricin, “Gli appunti di Stipe in italiano e incroato perché i giovani conoscano le radici della storia”, nel web dal 31 dicembre 2016.
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Bibliografia
Il primo testo che rivelò la storia dei tre parenti di Bruna Travaglia infoibati a Vines probabilmente è il seguente: Elio Varutti, Il Campo Profughi di Via Pradamano e l’Associazionismo giuliano dalmata a Udine. Ricerca storico sociologica tra la gente del quartiere e degli adriatici dell’esodo 1945-2007, Anvgd, Comitato Provinciale di Udine, 2007. Vedi pag. 43.
  
Per la vicenda tragica subita da Bruna Travaglia vedi inoltre: Renato Schinko, “Non dimenticherò mai la notte in cui portarono via mio padre”, «Messaggero Veneto» del 10 febbraio 2010.

Bruna Travaglia, al centro in prima fila a Pasian di Prato per la presentazione del libro di Fornasaro
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Rassegna stampa
- Dal «Messaggero Veneto» del 3 ottobre 2017.

- Dal sito web di friulionline “Un popolo diviso dalla Storia Un libro a Pasian di Prato” del 15 ottobre 2017.

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Ricerca storica e servizio di networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, Girolamo Jacobson e di E. Varutti. Fotografie di Fulvio Pregnolato, che si ringrazia per la collaborazione.

Previati, Mentessi, Boldini e altri pittori in mostra nel Castello ferito di Ferrara

C’è una mostra del territorio assai interessante a Ferrara. Il suo valore estetico spazia poi in campo nazionale, e addirittura oltre il patrio suolo. 

La location della rassegna è quella del Castello estense colpito dal terremoto del 2012 e rimesso in sesto per le visite pubbliche. Si notano, tuttavia, ampi cerotti sui soffitti e sulle pareti affrescate. Quei cerotti costituiscono un’esperienza formativa per il turista, per comprendere le ferite subite dal Castello a causa del sisma. Le grottesche incerottate sono un unicum. Forse, un motivo in più per visitare il castello in questi tempi.
Lo scopo principale della visita è, comunque, la rassegna temporanea dei capolavori di Giovanni Boldini, Filippo de Pisis, Gaetano Previati, Giuseppe Mentessi e di altri artisti ferraresi attivi tra lo scorso secolo e l’Ottocento.
La mostra è in funzione dal 15 giugno 2016 al 27 dicembre 2017 con un allestimento rinnovato per le opere di Boldini,  Previati, Mentessi. Si accompagna un percorso dedicato a Filippo De Pisis – come è spiegato nel sito web del Castello estense – nella sontuosa cornice del monumento simbolo di Ferrara. Solo in questo modo si possono ammirare le opere delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Massari, rimasto chiuso al pubblico in seguito alle scosse sismiche del 2012. L’intento degli organizzatori e degli enti curatori è stato quello di continuare a tenere vivi i musei, nonostante la chiusura della loro sede per restauro, e di offrire una nuova opportunità per visitare il Castello Estense.
Giuseppe Mentessi, Pace, (1907). Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, in esposizione al Castello estense

Tra i protagonisti della rassegna – come si legge nella presentazione della mostra – vi sono artisti ferraresi attivi sulla scena italiana, come Giuseppe Mentessi, Alberto Pisa o Arrigo Minerbi, e, accanto ad essi, figure di statura internazionale quali Giovanni Boldini, celebrato ritrattista della Belle Époque. Poi c’è Gaetano Previati, l’interprete del divisionismo e del gruppo simbolista. L’esposizione si sviluppa per sale tematiche che richiamano i motivi portanti delle ricerche a cavallo tra Ottocento e Novecento. Si va dal ritratto moderno e i suoi nuovi codici, ai temi storico-allegorici, fino alla dimensione monumentale e decorativa. Poi ci sono i nuovi soggetti della modernità, il paesaggio reale e il paesaggio dell’anima, le tensioni morali e spirituali alla vigilia della Grande guerra.
Il percorso prosegue poi nello scrigno dei Camerini di Alfonso I, dove rimane allestita la selezione di capolavori di Filippo De Pisis, che racconta la parabola artistica di un altro talento ferrarese, attivo sul palcoscenico italiano e parigino a partire dagli anni Venti del Novecento.

 Filippo de Pisis, Ritratto di Allegro, (1940). Olio su cartone incollato su tavola.  Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”. Donazione Franca Fenga Malabotta. In esposizione al Castello estense per questa mostra
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ORARI DI APERTURA E PREZZI
9.30 - 17.30
Museo: ingresso consentito fino alle 16.45
Museo + Torre dei Leoni: ingresso consentito fino alle 16.00

2017
Dall'1 ottobre al 31 dicembre chiuso il lunedì
30 ottobre, 1 novembre, 8 dicembre aperto
25 dicembre chiuso
26 dicembre aperto 9.30-18.30 (ingresso al museo consentito fino alle 17.45 con visita alla torre fino alle 17.00)
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Il Castello estense di Ferrara. Fotografia dal sito web ilTurista.info di Marco Dalmonte che si ringrazia per la pubblicazione e diffusione

Prezzi
TARIFFE COMPRENSIVE DEL CASTELLO E DELL'ESPOSIZIONE "L'ARTE PER L'ARTE" (FINO AL 27 DICEMBRE 2017)
Intero = 8,00 euro
Ridotto = 6,00 euro (minori tra i 12 e i 18 anni; maggiori di 65 anni;  componenti di gruppi di almeno 15 persone; soci di Enti/associazioni convenzionate (Altroconsumo, Coop Alleanza 3.0; Touring Club Italiano; FAI-Fondo Ambiente Italiano); partecipanti alle visite guidate; studenti universitari con tessera di iscrizione al corso di studi; possessori del biglietto intero o ridotto delle mostre della Fondazione Ferrara Arte.        
Torre dei Leoni = supplemento 2,00 euro    
Gruppi scuole  medie e superiori = 3,00 euro           
Minori tra i 6 e i 12 anni = 1,00 euro
Family = Per ogni adulto pagante, 1 minore entra gratis.
Videoguida su tablet = 2,00 euro
           
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INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
Biglietteria Castello Estense
Tel. +39 0532 299233
Fax +39 0532 299279

Limonaie al Castello estense di Ferrara. Fotografia di Daniela Conighi, che si ringrazia per la diffusione