giovedì 29 ottobre 2020

Zuan da Vdene Furlano, una mostra coi fiocchi al Castello di Udine dal 12 giugno 2021

Zuan da Udene furlano. Giovanni da Udine, tra Raffaello e Michelangelo (1487-1561)", è il titolo della mostra in programma presso i Civici Musei Udine dal 12 giugno al 12 settembre 2021, nel Salone del Parlamento e nelle sale della Galleria d'Arte Antica del Castello del Comune Di Udine. In mostra saranno esposte anche alcune opere su carta (manoscritti e volumi a stampa) delle collezioni della Biblioteca Civica Vincenzo Joppi di Udine (aggiornamento del 7 giugno 2021).

Finalmente in città ci sarà una mostra su Giovanni da Udine, pittore poco noto che crebbe tra i panni, le tintorie, i cramars e le rogge della Udine medievale. La sua formazione artistica avviene nell’ambito della bottega di Giovanni Martini, che insieme con Pellegrino da San Daniele era uno dei principali artisti attivi in Friuli. Giovanni Ricamatore, meglio noto come Giovanni da Udine, nasce il 27 ottobre 1487: è l’artista stesso a precisarlo in uno dei suoi libri di conti, contraddicendo il Vasari, secondo cui sarebbe nato nel 1497. Il nonno paterno, morto nel 1457, era dedito al ricamo e alla tintura dei panni, mentre il padre Francesco alternava l’attività di sarto, o più verosimilmente di tintore, a quella di ispettore sanitario del Comune.

Raffaello volle Giovanni da Udine al suo fianco nella Loggia di Psiche alla Farnesina e nell’impresa delle Logge Vaticane, Michelangelo lo teneva in alto conto, Clemente VII si affidò a lui per delicati interventi di restauro e decorazione sia a Roma che a Firenze.

Giovanni Ricamatore, o meglio, Giovanni da Udine Furlano, come si firmò all’interno della Domus Aurea, riuniva in sé l’arte della pittura, del disegno, dell’architettura, dello stucco e del restauro. Il tutto a livelli di grande eccellenza. A Roma, dove era stato uno dei più fidati collaboratori di Raffaello, rimase anche dopo la scomparsa dell’Urbinate. Conquistandosi, per la sua abilità, dapprima il titolo di Cavaliere di San Pietro e quindi una congrua pensione da pagarsi sull’Ufficio del Piombo. Intorno alla metà degli anni trenta del ’500, Giovanni decise di abbandonare la città che gli aveva garantito fama e onori e rientrare nella sua Udine con il proposito di non toccar più pennelli.

Preceduto dalla fama conquistata a Roma, una volta tornato in Friuli si trovò pressato dalle committenze e non seppe mantenere fede al suo autopensionamento. Tra gli interventi di maggiore importanza, il lungo fregio a stucco ed affresco nel castello di Spilimbergo e, a Venezia, la decorazione di due camerini di Palazzo Grimani. Sarà proprio salendo col fiatone la monumentale scalinata a doppia rampa progettata da Giovanni, stavolta in veste d’architetto, che il pubblico potrà accedere alla magnifica Sala del Parlamento che dal 12 dicembre 2020 al 14 marzo 2021 accoglie la prima retrospettiva che mai sia stata a lui dedicata.

Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487 - 1561), promossa dal Comune di Udine,  Servizio Integrato Musei e Biblioteche, è a cura di Liliana Cargnelutti e Caterina Furlan, affiancate da un autorevole Comitato Scientifico. La Mostra si avvale del sostegno della Fondazione Friuli e di Amga Hera in veste di Main Sponsor.

Per la prima volta in questa mostra viene riunito un cospicuo numero di raffinati disegni che, provenienti da diversi musei europei e da una collezione privata americana, confermano la sua proverbiale abilità nella rappresentazione del mondo animalistico-vegetale e soprattutto degli uccelli. Ciascuno degli ambiti della poliedrica attività di Giovanni da Udine è indagato in mostra attraverso stucchi, incisioni, documenti, lettere, libri e altri materiali.

Inoltre le spettacolari sezioni dedicate alle stampe e ai disegni di architettura consentono di visualizzare i principali luoghi e ambienti in cui l’artista ha operato: dalla Farnesina alle Logge Vaticane, da Villa Madama alla Sacrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze. Il contesto storico e culturale del tempo viene ricostruito in mostra attraverso libri, documenti e filmati.

Una sezione speciale ripropone al Castello di Udine la mostra documentaria, curata da Virginia Lapenta e Antonio Sgamellotti. Tale sezione, realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale dei Lincei, è stata presentata nell’aprile 2017 alla Farnesina, dedicata ai festoni realizzati nella Loggia di Psiche proprio da Giovanni da Udine.

Concluso il percorso espositivo, al visitatore viene proposto un itinerario che gli può consentire di ammirare dal vivo le opere architettoniche, gli affreschi e gli stucchi realizzati da Giovanni da Udine e dai suoi collaboratori nel Castello di Colloredo di Montalbano, a Spilimbergo, a San Daniele del Friuli e ad Udine. Per chi voglia spingersi fuori dal Friuli, l’itinerario ideale trova ulteriore tappe a Venezia, per una visita a Palazzo Grimani, e naturalmente a Roma, che fa tesoro delle sue opere più celebri.

Pietro Fontanini, Sindaco di Udine, ha sottolineato il suo profondo orgoglio nel “presentare questa mostra che vuole essere non solo un’occasione unica dal punto di vista del valore artistico dei pezzi esposti ma anche un segno doveroso dell’affetto e della gratitudine che la nostra città prova da sempre per uno dei suoi più grandi talenti. È anche grazie a lui e alle sue opere, di cui vanno ricordate la scalinata del Castello e la fontana di piazza San Giacomo, se Udine vanta uno dei centri storici più belli ed eleganti del nostro Paese ed è capace di attirare visitatori da tutta Europa. Dopo l’intitolazione del Teatro e lo scoprimento della lastra commemorativa sulla facciata della sua casa natale avvenuta solo alcuni giorni fa, Udine tributa al suo illustre concittadino un nuovo e importante riconoscimento: questa straordinaria mostra a lui dedicata”.

Giovanni da Udine: Studi di mazzi di fiori e frutti. Penna e inchiostro bruno, acquarellato con pigmenti colorati e lumeggiato in bianco, 292x200 mm. Vienna, Albertina.

L’Assessore alla Cultura del Comune di Udine, Fabrizio Cigolot ha aggiunto: “Finalmente la nostra città rende onore a Giovanni da Udine, l’artista che fu capace, durante la prima metà del XVI Secolo, di farsi conoscere sullo scacchiere internazionale dell’epoca come uno dei talenti pittorici più puri della sua generazione, forte anche della formazione presso la bottega di Raffaello. E lo fa attraverso un’esposizione che ha tutte le carte per richiamare a Udine visitatori da tutta Europa entrando a pieno titolo nel novero delle più importanti mostre organizzate nella nostra città”.

Accanto alle istituzioni il Gruppo Hera, con Amga Energia & Servizi, “il nostro gruppo non ha mai perso l’occasione di confermare il proprio radicamento e l’attenzione per le comunità di riferimento - ha affermato l’Amministratore Delegato di Hera Comm Cristian Fabbri -. Questo significa anche continuare, soprattutto adesso, a valorizzare e sostenere le principali espressioni artistiche e culturali locali: siamo lieti di collaborare affinché gli udinesi, ma non solo, possano ammirare e conoscere meglio un importante artista rinascimentale e che ha contribuito a rendere famoso questo territorio”.

A queste dichiarazioni si unisce il dottor Giuseppe Morandini, in veste di Presidente della Fondazione Friuli. Il Presidente Morandini ha ricordato che: “Da sempre la Fondazione Friuli è attenta a quei progetti culturali d'eccellenza che valorizzano e promuovono il territorio sia a livello nazionale che internazionale. La mostra dedicata a Giovanni da Udine, per la qualità del progetto scientifico e per i prestiti ottenuti, è sicuramente uno di questi e ci vede con soddisfazione a fianco del Comune di Udine in nome di una sinergia che, anche in tempi così difficili, potrà portare alla nostra regione importanti elementi di sviluppo turistico oltre che culturale”.

La mostra è stata posticipata alla primavera 2021 a causa del Covid-19. Aggiornamento del 16 novembre 2020.

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Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487 - 1561), Udine, Castello, Gallerie d’arte antica. 12 dicembre 2020 – 14 marzo 2021. Mostra a cura di Liliana Cargnelutti e Caterina Furlan.

Info: + 39 0432.1272591

Link : http://www.civicimuseiudine.it

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Servizio redazionale con testi dall’Ufficio stampa studioesseci.net - Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo e Elio Varutti. Copertina: Raffaello e aiuti (Giulio Romano e Giovanni da Udine): Pennacchio con Mercurio. Roma Villa Farnesina, Loggia di Psiche.

sabato 24 ottobre 2020

Dalmati italiani due volte esuli, lezione di Bonetti, ANVGD Udine

Bruno Bonetti ha parlato dei Dalmati italiani, due volte esuli nel 1920 e nel 1944. L’interessante incontro pubblico si è svolto il 22 ottobre 2020 all’Accademia Città di Udine, di via Anton Lazzaro Moro 58, in collaborazione col Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD). Ha aperto la riunione Bruno Ciancarella, segretario dell’Accademia Città di Udine, presieduta da Francesca Rodighiero, che ha curato l’accoglienza dei soci.

Poi ha avuto la parola Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine. “Mi complimento con questa Accademia – ha detto la Zuccolin – per le varie attività che organizza e per la disponibilità dimostrata a tenere una conferenza sui temi dell’esodo italiano dalla Dalmazia, così poco noto”.

Prima della lezione storica del dottor Bruno Bonetti, segretario dell’ANVGD di Udine, c’è stata una lettura scenica di alcune poesie in dialetto istro-dalmata. È stata Rosalba Meneghini, figlia di un’esule da Rovigno, a leggere con intenso trasporto le liriche su Zara, sulla Dalmazia e su Trieste.

Bonetti ha poi mostrato alcune diapositive in Power Point per corredare la sua originale esposizione basata su anni di ricerche presso di archivi di stato di Venezia, Spalato e di Zara. “Alcuni italiani di Dalmazia – ha detto Bonetti – si trovano lì da secoli, come il mio avo Bartolo Buffalis, morto nel 1129 a Traù, altri dal Trecento o Quattrocento, quindi con pieno diritto di vivere in quelle terre, invece dopo la Grande Guerra hanno dovuto venir via da Curzola, Lesina, Sebenico, Spalato, Traù, perché queste ed altre zone con una minoranza italofona sono state assegnate al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, poi c’è stato l’esodo del 1943-’44 da Zara che subì 54 bombardamenti aerei angloamericani suggeriti dai titini, per cancellare l’italianità della città, con vestigia romane e veneziane”.

Bruna Zuccolin, presidente ANVGD di Udine, presenta Bruno Bonetti. Fotografia di Elio Varutti

Bonetti si è poi soffermato a illustrare alcune figure politiche e morali come Antonio Bajamonti, sindaco di Spalato a fine dell’Ottocento, sotto l’Austria-Ungheria. “A lui si deve la costruzione dell’Ospedale – ha spiegato Bonetti – del teatro, incendiato dai nazionalisti croati nel 1881 e della fontana neoclassica, demolita dai titini nel 1947, poiché rappresentava l’italianità nella Spalato iugoslava”.

Il relatore non ha nascosto, nel secolo tremendo dei nazionalismi, gli atti di violenza perpetrati dai fascisti nei confronti degli slavi; un atto di equidistanza particolarmente apprezzato dall’uditorio.

Tra il pubblico si sono notate le presenze di alcuni soci ANVGD di Udine, come Elio Varutti, vicepresidente del sodalizio, Livio Sessa, di Trieste, con avi dalmati e parenti di Dignano e Pola, Marco Rensi, con avi di Pedena, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e la professoressa Marina Bellina, figlia di un’esule da Fiume. Ha presenziato all’incontro pure la professoressa Renata Capria D’Aronco, presidente del Club UNESCO di Udine e socia ANVGD.

Rosalba Meneghini legge le poesie in dialetto istro-dalmata

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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettore: Bruno Bonetti. Fotografie di Elio Varutti e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI – 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

Bruno Bonetti, segretario ANVGD di Udine, relatore alla conferenza: Dalmati italiani, due volte esuli nel 1920 e nel 1944. Fotografia di Elio Varutti


martedì 13 ottobre 2020

Norma Cossetto, 100 anni dalla nascita, cerimonia a Latina, col ricordo di un suo allievo

Riceviamo e pubblichiamo con interesse il resoconto del Ricordo del mondo esule e le celebrazioni di Latina nel LXXVII anniversario dell’uccisione nella foiba della giovane laureanda istriana. Si ringrazia Laura Brussi, esule da Pola, che ci ha inviato la cronaca dell’avvenimento del 5 ottobre 2020. È riportato, prima di tutto, l’esclusivo ricordo di un suo giovane alunno alla scuola media di Parenzo, dove la professoressa Norma Cossetto era stata nominata supplente nell’anno scolastico 1942-1943. L’alunno è Ottavio Sicconi, esule a Latina. Anche le originali fotografie che corredano l’articolo presente, inviateci cortesemente da Laura Brussi, sono inedite ed esclusive. Poche settimane dopo lo scatto di queste immagini, la Cossetto veniva seviziata e uccisa da 17 partigiani titini. - 

Premessa a cura della redazione del blog (Elio Varutti)

Norma e Ottavio Sicconi con gli alunni
    Norma e Ottavio Sicconi con gli alunni. Collezione Laura Brussi
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Ottavio Sicconi ricorda come quella fosse stata “una giornata indimenticabile, all’insegna di canti e giochi. Nulla faceva presagire ciò che accadde dopo pochi mesi! Resta il ricordo indelebile di Norma, con la certezza che dal Cielo continuerà a proteggere i suoi cari ed i suoi alunni”.

Ricorda ancora Sicconi: “A Norma è legato un ricordo affettuoso e straziante: era una ragazza di 23 anni, quasi nostra coetanea, con uno splendente sorriso, sempre disponibile, molto patriottica ed ottimista, con tanta fiducia nel futuro, sia militare che politico. Rammento la sua grande amicizia con la famiglia Visentini, che ebbe due Medaglie d’Oro al Valor Militare: quelle di Mario, Capitano Pilota, e di Licio, Tenente di Vascello, conferite rispettivamente nel cielo di Cheren e nelle acque di Gibilterra. All’epoca, la tradizionale gita scolastica consisteva in una passeggiata alla fine dell’anno. In quell’occasione, ad accompagnarci fu proprio Norma: andammo lungo il mare, facemmo il bagno, cantammo, ed al rientro lei volle fermarsi al ‘Caffè Parentino’ per offrire a tutti un bel gelato. Poi ci salutò con un ampio gesto della mano, dandoci appuntamento per la ripresa autunnale: fu l’ultima volta che la vidi! Come tutti sanno, i  partigiani la infoibarono il 5 ottobre a Villa Surani, dopo indicibili ed allucinanti torture”.

                                        Ottavio Sicconi, alunno di Norma Cossetto

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Nel 2020 si è celebrato il centenario dalla nascita di Norma Cossetto, la giovane patriota istriana seviziata e assassinata dai partigiani comunisti di Tito nel torbido autunno del 1943, ormai assurta a simbolo della tragedia di un intero popolo: in Italia, quello giuliano e dalmata fu il più colpito dalla guerra e dalle sue conseguenze a medio e lungo termine, alla luce dei 20 mila Caduti per cause non belliche e dei suoi 350 mila Esuli, un quarto dei quali destinati all’ulteriore diaspora dell’emigrazione in Pesi lontani a seguito dell’accoglienza non certo ottimale ricevuta troppo spesso da una patria matrigna.

Norma era nata a Santa Domenica di Visinada dove stava preparando la tesi di laurea dedicata alla sua Istria, che avrebbe dovuto discutere a Padova, quando sopravvenne l’armistizio dell’otto settembre 1943 che nelle zone del confine orientale fu immediatamente seguito dalla caccia agli italiani, ancor prima del momentaneo e precario ripristino di una sovranità nazionale largamente affievolita dalla presenza tedesca. Assieme alla famiglia finì subito nel mirino dei partigiani che la sequestrarono e le usarono ogni tipo di violenza prima di infoibarla a Villa Surani nella notte del 5 ottobre assieme a tante altre Vittime innocenti. Le efferatezze furono tanto più forti perché costoro non avevano accettato il rifiuto opposto da Norma alla pretesa di tradire l’Italia e di scegliere un ‘verbo’ oggettivamente perverso: motivo che avrebbe suffragato, in tempi largamente successivi, il conferimento della Medaglia d’Oro ad memoriam per iniziativa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, avvenuto nel 2006.

Norma Cossetto scatta la foto ai suoi alunni prima di scomparire per sempre. Anno scolastico 1942-'43. Collezione Laura Brussi

La storia di Norma, che oltre a preparare la tesi aveva assunto una supplenza di lettere nella Scuola media di Parenzo dove avrebbe lasciato ricordi indelebili della sua cordiale e affettuosa disponibilità, e che sognava un futuro felice nella sua Istria, è tutta qui. A prescindere dai tanti dettagli circa la nobiltà dei suoi pensieri e dei suoi atteggiamenti, opportunamente memorizzati dai biografi e dagli storici, il suo dramma resta quello di una donna travolta da una vicenda iniqua e dal disegno di pulizia etnica e politica programmata con metodo sicuro dai pretoriani di Tito, non senza l’aggravamento di varianti proprie.

In qualche misura si tratta di una storia breve ma emblematica e di un contributo alla storia di un genocidio che non ha bisogno di soverchi commenti. Non a caso, il nome di Norma è stato affidato al ricordo dei posteri con una lunga serie di monumenti eretti in suo onore, e di titolazioni toponomastiche di luoghi pubblici, non escluse quelle di aule scolastiche, biblioteche, sale comunali e via dicendo. Evidentemente, la sua storia, conclusa da una fine orribile a causa della ‘malefica stella vermiglia’ citata nell’iscrizione del Sacrario di Basovizza, ha colpito l’inconscio collettivo lasciando una traccia indelebile nelle menti e nei cuori di tanti italiani, e promuovendo un ventaglio d’iniziative idoneo a sottolineare la perenne attualità dei valori ‘non negoziabili’ tanto più apprezzabile in un’epoca individualista - se non anche nichilista - come la nostra.

In tale ottica, quella del Cinque Ottobre di Norma è diventata una ricorrenza quasi sacrale, in cui permane una ‘pietas’ non solo rituale per la giovane Vittima dell’odio altrui che lei aveva ricambiato con l’entusiasmo del suo atteggiamento di solare cordialità; ma prima ancora, in cui permane la condivisione dei suoi alti ideali e del suo impegno patriottico, non già a parole, ma nell’ambito della famiglia, dello studio e della professione. In tutta sintesi, si tratta di un esempio idoneo a trascendere il tempo e lo spazio, e da ergersi a modello di vita semplice, e nello stesso tempo, testimone di una forte volontà nell’opposizione a ogni tipo di violenza fisica e morale.

Conviene aggiungere che quella di Norma fu la tragedia di un’intera famiglia, perché la medesima sorte fu riservata al padre Giuseppe: preoccupato per la sua prigionia, e ignaro della fine già sopravvenuta, era rientrato da Trieste e aveva iniziato a cercare la figlia, ma fu intercettato da una banda partigiana e barbaramente ucciso. Eppure, era un uomo giusto che non mancava di sovvenire alle esigenze della sua gente, come emerge da tante testimonianze, a cominciare da quelle dell’altra figlia Licia, che dopo una rocambolesca fuga per l’esilio avrebbe dedicato tutta la vita al ricordo di Norma, fino alla scomparsa che avvenne proprio nel LXX anniversario del suo sacrificio (nel 2013) mentre si stava recando a Trieste per la celebrazione del Cinque Ottobre.

Il centenario di Norma ha consentito a tanti Comuni italiani di ricordare nuovamente Norma assieme al suo esempio; e con lei, la tragedia del suo popolo, alla luce del vecchio auspicio per cui ‘indocti discant et ament meminisse periti’. Un pensiero speciale deve essere riservato a Latina, anche alla luce della sua benemerita accoglienza storica di tanti Esuli e di una forte tradizione nella memorialistica patriottica, testimoniata dai suoi monumenti e dai suoi ricordi. In effetti, la città laziale era stata all’avanguardia, subito dopo l’approvazione della Legge 30 marzo 2004 n. 92, nell’affidare al marmo un pensiero per gli Esuli e gli Infoibati o diversamente massacrati, con alti sentimenti confermati in un’altra pietra appena scoperta per Norma Cossetto in occasione del centenario dalla nascita, quale riconoscimento dei suoi ideali e della sua Medaglia d’Oro.

Latina - Ricordo di Norma Cossetto. Collezione Laura Brussi

Al riguardo, si deve menzionare la cerimonia svoltasi in occasione del LXXVII anniversario dall’atroce scomparsa in foiba (5 ottobre), alla presenza di Autorità civili e militari e delle Associazioni d’Arma, con l’intervento del Sindaco Damiano Coletta, che non ha mancato di onorare il messaggio di fedeltà ai valori civili, culturali e umani di Norma e all’alto esempio che seppe offrire alle comuni riflessioni; e con quello di Piero Simoneschi, che ha evocato il doloroso ma eroico calvario della Martire istriana fino all’olocausto della vita; per finire con la celebre ‘Preghiera dell’Infoibato’ scritta da Mons. Antonio Santin, letta con evidente commozione da Ottavio Sicconi, Esule da Parenzo, che era stato allievo di Norma durante il suo ultimo anno di insegnamento, e che ne ha dato testimonianze coinvolgenti e indimenticabili.

Il ringraziamento a Latina deve intendersi simbolicamente esteso a tutte le Città che hanno assunto decisioni analoghe, lungi da ogni intento meramente formale o celebrativo, ancorché meritorio, ma nella consapevolezza di proporre l’obbligo di non dimenticare alla stregua di un adeguato senso civico e di una riflessione davvero propositiva: come avrebbe detto David Ben Gurion, un popolo senza ricordo è un popolo senza futuro.

Oggi non è infondato chiedersi come mai Norma sia diventata un simbolo del dramma vissuto da almeno Ventimila Vittime infoibate o diversamente massacrate dai partigiani di Tito. Si tratta di una domanda legittima, tanto più che almeno settecento donne (per non parlare di tanti minori), come da pertinente ricerca di Giuseppina Mellace, conobbero lo stesso destino nefando, spesso con la tremenda fine in foiba che non sempre era immediata, come è emerso dalle testimonianze di chi udiva per giorni le urla disperate provenienti dagli anfratti del terreno. La risposta non è difficile: Norma era buona, bella e colta, apparteneva a famiglia importante, e si affacciava alla vita con tutte le speranze dei suoi giovani anni, troncate sul nascere dalla protervia criminale dei suoi diciassette aguzzini.

Come la sorella Licia non si stancava di ripetere nel corso delle innumerevoli iniziative in memoria di Norma a cui ha partecipato durante tutta la vita, costoro erano tutti italiani al servizio degli slavi: dopo la rapida riconquista dell’Istria da parte tedesca furono prontamente catturati, riconosciuti e costretti a vegliare le Spoglie mortali di Norma (appena recuperate dalla foiba ad opera della squadra di Vigili del Fuoco comandata dall’eroico Maresciallo Harzarich) durante la notte precedente la fucilazione. Al lume di candela, in un’atmosfera resa surreale dalla paura e dall’ambiente, tre di loro impazzirono ma non furono risparmiati: la Nemesi di carducciana memoria aveva colpito senza sconti.

Cartolina di Parenzo, anni '30. Collezione privata, Udine

L’appartenenza degli assassini all’etnia italiana la dice lunga circa le matrici di una tragedia tanto più assurda qualora si pensi che la famiglia Cossetto non aveva mancato di esercitare ampie attività benefattrici a vantaggio di tutti, vanificando le ipotesi formulate a posteriori sul ‘fumus’ di vendetta che avrebbe caratterizzato le agghiaccianti soppressioni in foiba, che appartenevano - invece - al disegno di pulizia etnica programmato da Belgrado ed eseguito senza remore, come fu ammesso in tempi successivi da massimi luogotenenti di Tito del calibro di Edvard Kardelj e Milovan Djilas.

Tutto ciò avrebbe contribuito in misura importante al ricordo di Norma come martire dell’italianità, ma prima ancora, della civiltà; poi le notizie circa il suo comportamento eroico hanno fatto il resto, suffragando gli onori che le furono, le sono e le saranno resi, a cominciare dalla Medaglia d’Oro del Quirinale.

Norma Cossetto ha pagato con la vita il suo impegno per l’Italia, per la giustizia e per la libertà, come è stato ricordato sulle pietre che l’Università patavina le ha dedicato a più riprese, unitamente alla laurea “honoris causa” conferita nel 1949 per iniziativa del Prof. Concetto Marchesi e per decisione unanime del Senato Accademico: il grande latinista militava nel Partito Comunista Italiano ma era un uomo giusto che aveva compreso il dramma della sua allieva senza la benché minima simpatia per gli assassini.

Giorni orsono, l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Assisi ha volgarmente insinuato che Norma è stata una ‘presunta’ Martire delle foibe, alludendo non già al fatto incontestabile confermato dal citato recupero negli anfratti del terreno ad opera dei Vigili, ma al triste destino di tanti prigionieri che nulla poterono opporre alla protervia dei torturatori. Ebbene, gli infaticabili ‘presunti’ partigiani hanno commesso un altro errore, non senza offendere, oltre a quella di Norma, anche la memoria del Presidente Ciampi: infatti, tutti dovrebbero sapere che la Medaglia d’Oro fu conferita proprio alla luce del nobile comportamento assunto dalla Martire davanti al nemico, e del rifiuto di impossibili collaborazioni.

Quel grande sacrificio non è stato moralmente vano, perché ha consentito di meditare sulle motivazioni e sul valore di scelte come quella di Norma, che fu capace di escludere l’ipotesi di ogni compromesso e di ripudiare ‘le vie dell’iniquità’ di cui alla citata preghiera di Mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria in quella stagione disumana. In effetti, il male è sempre in agguato ma l’esempio dei Martiri che non vollero piegarsi alla violenza istituzionale, alla tortura più nefanda e all’ateismo di Stato è destinato a dare frutti copiosi: soprattutto se quelle meditazioni sapranno indurre una “volontà generale” idonea a spostare l’ardua frontiera del possibile.

Laura Brussi, Volontariato per non dimenticare

Norma Cossetto

Ecco una toccante video-testimonianza di Licia Cossetto, sorella di Norma; clicca qui. Da youtube.
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Testi di Laura Brussi. Servizio redazionale e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI – 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

lunedì 5 ottobre 2020

Il congrès di Flumisel La Vila de Societât Filologjiche Furlane pal 2020

Inte Ete dal Covid-19 la Societât Filologjiche Furlane e je rivade istès di meti adun il 97 in Congrès dai socis. Al è capitât a Flumisel La Vila, che par talian al sarès “Fiumicello-Villa Vicentina”. La riunion in presince si è davuelzude inte sale “Bison”, ai 4 di Otubar dal 2020. Prime si è tacât, a lis 9, cu la messe inte glesie di San Valantin, celebrade di don Dario Franco, cun mascarinis, savon licuit pes mans, distanziament sociâl e librut di preieris discjamât via email.

Flumisel La Vila - Intervent de sindiche Laura Sgobin; tal mieç Federico Vicario e, in bande, Ferruccio Tassin

A lis 10 in plaçâl dai Tigli si è sintût e viodût il bon acet in musiche par cure de bande “Tita Michelas”, direzude dal mestri Giorgio Cannistrà. Daspò i socis a si son metûts in file par jentrâ te sale dal congrès. No son plui i timps di salis plenis di int. Cumò si jentre dopo di vê misurât la fiere. Chei de Protezion Civîl (guai se a no fossin!) a ti metin in rie tant che tancj fantacins a un metri di distance un di chel altri. Dopo si à di scrivi un modul plen di crosutis. La uniche robe che no mi àn domandât al è il numar des scarpis, pal rest chei di Flumisel La Vila a san dut di me… ancje se ài spudacjât îr di sere.

Si è davuelzût cussì a Flumisel La Vila il 97in congrès de Societât Filologjiche Furlane, nassude a Gurize tal 1919. Si che duncje al si è passât il 100in inovâl de socie simpri plui indaûr a butâsi su lis ativitâts telematichis. Pensait che ae Scuele di Avost, dulà che par solit a erin 100 iscrits in presince, chest an, che si faseve dut su le taule on line (midiant Internet) i iscrits insegnants a son stâts passe 300 di lôr.

A àn cjantât te sale “Bison” di Vie Gramsci, chei dal grup corâl “Lorenzo Perosi”, direzût dal mestri Fulvia Miniussi. Oltri a Stelutis Alpinis di Arturo Zardini a si son scoltadis lis cjantis di chescj artiscj: Narcisio Miniussi, Cecilia Seghizzi e altris.

La bande "Tita Michelas"

Aes 11 e à tacât il congrès cul salût dai sorestants. E à cjacarât in marilenghe, par prime, il sindic di Flumisel La Vila, Laura Sgubin, dute braurose di ospitâ la Filologjiche pe prime volte. La Sgubin è à fevelât di “une ocasion di identitât pal paîs di Ugo Pellis, autôr dal Atlant Linguistic Italian”. Flumisel La Vila al è impuartant propit parcè che al è il teritori là ch’al nassè Ugo Pellis (1882-1943), benemerit dai studis furlans e un dai paris de Societât Filologjiche Furlane. Lui al è stât president de socie dal 1920 al 1923. Al à puartât il salût par furlan ai socis Tiziano Portelli, president de Cjasse rurâl dal Friûl Vignesie Julie.

Piero Mauro Zanin, president dal Consei regjonâl dal Friûl Vignesie Julie, al à fat un discors par talian. “Riconosco – al à dit – che la Società Filologica Friulana ha sviluppato e valorizzato la lingua friulana e il sentimento di appartenenza territoriale; è importante che il friulano sia insegnato nelle scuole”. Zanin al à ancje memoreât la cressite des oris in marilenghe tes trasmissions de Rai in radio e, buine gnove, la scree par television. Zanin al à ancje berghelât par fâ nassi un centri di produzion de RAI par furlan a Udin, par fâ il telegjornâl in marilenghe, tant ce che a fasin pai slovens.

Guido Germano Pettarin, deputât de Republiche elet a Flumisel, al à dit di “difindi la nestre lenghe, parcè che o sin furlans e europeans”. Pettarin al si bat tal parlament talian parcè che si voti la Cjarte europeane des lenghis minoritariis jenfri il 2023.

Grup corâl “Lorenzo Perosi”, direzût dal mestri Fulvia Miniussi

L’intervent centrâl “intun contest cussì dificil” al è stât la relazion dal professôr Federico Vicario, president de Societât Filologjiche Furlane. “O saludi ducj i rapresentants des istituzions furlanis – al à zontât Vicario – ch’a son chi cun nô. Dutis istituzions simpri dongje al nestri Istitût par ativâ colaborazions e inviâ progjets a pro de comunitât”. Tra lis variis esponents politics si è viodût Fabrizio Cigolot, assessôr ae Culture dal Comun di Udin; ancje Pordenon e Gurize a erin rapresentadis.  Daspò Vicario al à memoreât il ricercjadôr de universitât Giulio Regeni, copât dai polizais in Egjit, cence che nus contin la veretât; in sale a erin presints i gjenitôrs di Giulio ancjemò in spiete di justizie.

A chest pont al è stât presentât cuntun snait dut particolâr il Numar Unic “Flumisel La Vila” par cure di Ferruccio Tassin, un libri plen di gnovis sul paîs. Si fevele di 550 pagjinis, cun 40 contribûts scrits di passe 30 autôrs su la storie, l’ambient e la int dal teritori. Il program al proviodeve ancje un intervent di Nedi Tonzar cul titul: “Flumisel La Vila, di dulà che al ven, dulà che al va. Parcè visâsi dal ambient”. Il libri al è stât une vore agradît dal public.

Il regjist Dorino Minigutti (ultin a drete inte fotografie su disore) al à presentât, par talian, il so documentari “Ugo Pellis e l’Atlante della memoria”. Dilunc di dôs seradis a Flumisel (Sale Bison, martars ai 6 di Otubar dal 2020) e a La Vila (Sale Polifunzionâl, martars ai 13 di Otubar) al vignarà ancje presentât il Numar Unic "Flumisel La Vila".

Il gustâ in compagnie si è tignût li dal ristorant “Ragno d’Oro”, par passe 50 di lôr. Dopo di gustât, a lis cuatri: su la mascarine e vie a cjase. Apontament pal 2021, cul 98in congrès, a Vençon. Cence Covid-19, sperin!

                    Al fevele Vicario

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Servizi gjornalistic, fotografic e di butâ dentri tal blog in Internet ("networking") par cure di Elio Varutti. Letôr: Sebastiano Pio Zucchiatti. Graciis a Feliciano Medeot, diretôr de Societât Filologjiche Furlane.


IL DISCORS DAL PRESIDENT AL CONGRÈS DI FLUMISEL LA VILA  Flumisel La Vila, ai 4 di Otubar dal 2020, par leilu, frache culì.