sabato 29 settembre 2018

Mostra di disegni dei deportati sloveni e croati al Campo di concentramento di Gonars (UD), 1942-1943


È stata inaugurata una mostra di carattere storico il 28 settembre 2018 a Palazzo Morpurgo di Udine. A portare il saluto del sindaco Fontanini è stato Alessandro Ciani, assessore comunale all'Edilizia privata, essendo in convalescenza Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura. “Questa è una mostra interessante e toccante sui fatti della seconda guerra mondiale – ha detto Ciani – perciò vi auguro una buona visita alla rassegna e ringrazio gli organizzatori per questa iniziativa”.
Nikolaj Pirnat, Senza titolo, Gonars 1942. Fotografia di E. Varutti

L’originale rassegna espositiva si intitola: 1942-43: la Storia che ci ri-guarda. Il dottor Mario Cordaro e gli artisti sloveni e croati nel campo di concentramento di Gonars.
Ha aperto gli interventi Monica Emmanuelli, direttrice dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine (Ifsml). “Questa mostra nasce da un progetto del 2017 messo in atto con la precedente amministrazione comunale – ha detto Emmanuelli – che è stato confermato dalla nuova giunta e penso che proverete delle grandi emozioni nel vedere i disegni dei deportati sloveni e croati in queste sale”.
Udine, Palazzo Morpurgo, Alessandro Ciani, assessore comunale porta il saluto del sindaco, accanto a Monica Emmanuelli e Paola Bristot. Fotografia di Leoleo Lulu

In mostra è esposta una raccolta di disegni originali realizzati dagli internati del Campo di concentramento di Gonars. Molti di essi sono inediti. Detti disegni sono stati donati in segno di riconoscenza al dottor  Mario Cordaro, medico del campo dal 1942 al 1943. Nel Dopoguerra la collezione si ampliò grazie ai rapporti di amicizia instaurati con alcuni degli artisti prigionieri. Lo scultore NikolajPirnat realizzò anche un busto in gesso, ora esposto presso il Museo di storia contemporanea della Slovenia a Lubiana. A palazzo Morpurgo è in mostra la copia in bronzo, di proprietà della famiglia Cordaro. Saranno inoltre presentati alcuni documenti d’archivio, strumenti clinici d’epoca e un prezioso prestito di 13 disegni del Museo di Storia contemporanea della Slovenia che offre un prospetto più ampio e completo del difficile periodo in cui il dottor Mario Cordaro si trovò ad operare.
Udine, Palazzo Morpurgo, una delle opere in mostra, del Museo di storia contemporanea della Slovenia a Lubiana. Fotografia di Leoleo Lulu

All’inaugurazione hanno parlato anche Paola Bristot, per sottolineare il valore artistico delle opere esposte, oltre al dato storico, ancora poco noto ai friulani e agli italiani. Per ultimo ha portato il saluto dei discendenti del dottor Coradro un nipote del bravo medico. “Siamo onorati di partecipare a questa iniziativa culturale – ha detto Emanuele Rampino – per ricordare il senso di umanità di mio nonno, che era il medico del Campo di concentramento di Gonars, che portava agli artisti rinchiusi le matite, i fogli di carta ed altri strumenti per disegnare e dipingere”.
Udine, Palazzo Morpurgo, l'intervento di Emanuele Rampino che ricorda il nonno Mario Cordaro, medico al Campo di Gonars. Fotografia di E. Varutti

La mostra è stata curata da Monica Emmanuelli e da Paola Bristot, per la realizzazione dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine (Ifsml). Gli allestimenti espositivi sono su progetto dell’architetto Marco Pasian. Alla realizzazione della mostra hanno contribuito lo studio VivaComix, in collaborazione con il Comune di Udine, Udine Musei, il Muzej Novejše Zgodovine Slovenije (Museo di storia contemporanea della Slovenia a Lubiana), il Centro medico Coram di Udine, oltre al contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Biografia di Mario Cordaro
Nato a Giardini Naxos nel 1910, dopo gli studi a Catania in Medicina, si perfeziona in Ematologia prima a Catania, quindi a Praga (1938-1941). Richiamato in Italia alle armi, venne destinato a Gonars, dove restò fino al momento dell’Armistizio, l’8 settembre del 1943. Si fermò in Friuli, prima a Cividale, quindi a Udine, dove nel 1973, in collaborazione con la figlia, dott.ssa Dagmar Maria Cordaro e il genero, dott. Antonio Rampino, fondò l’Istituto Diagnostico Friuli Coram, dove fu attivo fino al 1994, anno della sua scomparsa.
L’interesse per la sua figura nasce dalla volontà di approfondire le conoscenze storiche e artistiche rispetto alla sua sensibilità oltre che umana, artistica. Durante lo svolgimento del suo servizio come Medico e Interprete a Gonars, riuscì a costruire un rapporto di fiducia e di stima reciproca con gli internati del Campo di Internamento, in particolare con gli artisti in esso rinchiusi. Forniva loro i materiali artistici per consentire il proseguimento della loro attività e trovare la forza di sopravvivere in quella drammatica situazione.
La collaborazione lo spinse a dare ai prigionieri ruoli di coordinamento o di infermiere e aiutante di infermeria, stabilendo e facilitando le comunicazioni interpersonali. Le memorie di quegli anni sono state recentemente pubblicate nel libro “Album. 1942-43” (Viva Comix, Gaspari, 2015).

F. Scagnetti, Panorama del campo 1942, gouache su carta. Fotografia di E. Varutti

Pezzi di storia
Certi pezzi di storia sono venuti a galla negli anni 1990-2000. Ad esempio alcuni studiosi sloveni in quegli anni hanno riferito notizie del Campo profughi di Gonars. Si tratta di Franc Perme, Anton Zitnik, Franc Nucic, Janez Crnej, Zdenko Zavadlav, che con la loro ricerca intitolata Slovenjia 1941, 1948, 1952. Tudi mi smo umrli za domovino, hanno anche riportato notizie sul comportamento dell’esercito italiano nei confronti di una parte della nascente resistenza iugoslava. Allora c’è il generale Robotti, comandante delle autorità italiane di Lubiana occupata ed annessa al Regno d’Italia, intenzionato ad aprire “campi di concentramento per l’internamento delle persone sospettate, poiché a Lubiana ve ne erano detenute già 200 e ci si aspettava che il numero avrebbe raggiunto i 1.000” (Slovenjia 1941, 1948, 1952. Tudi mi smo umrli za domovino, p. 129).
Anonimo, Il campo di notte, gouache su cartoncino. Fotografia di E. Varutti

Poi nel volume degli studiosi sloveni c’è anche un po’ di Friuli. È fatto cenno al Campo di concentramento di Gonars, per detenere sospetti sloveni e croati (p. 128). Qui finiscono molti ufficiali sloveni, con un aiutino dato ai militari italiani da parte della Osvobodilna Fronta (OF), ovvero il Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno. Infatti i primi partigiani, sapendo che molti degli ufficiali sloveni erano monarchici e non comunisti, li precettarono ad entrare nell’OF con delle cartoline aperte, cosicché l’esercito italiano venne a sapere i loro indirizzi e li prelevò tutti senza tanti problemi.
Ivan Garbajs, Panoramica del campo 1942, gouache su carta. Fotografia di E. Varutti

Poi sono menzionate le trattative di Tapogliano del 15 giugno 1944. Artefice di tale iniziativa è il prefetto di Gorizia, conte Marino Pace, che prese contatti coi capi partigiani comunisti per azioni di non aggressione (pp. 350-353). Per ringraziare l’OF dei vari favori fatti all’esercito sabaudo imperiale, nel 1943 il generale Cerutti, comandante della divisione “Isonzo” a Novo Mesto “aveva mandato tre vagoni di armamenti, munizioni e divise militari italiane per l’Esercito di Liberazione del Popolo” (p. 144).
Ancora oggi la storia del Campo di concentramento di Gonars, in provincia di Udine è poco nota agli italiani. Bisogna chiarire che sin dal 1941, quando l’Italia fascista invade la Jugoslavia ed annette alcune parti del suo territorio, come la provincia di Lubiana o il Governatorato della Dalmazia, viene organizzata dall’esercito italiano l’operazione di concentramento di militari e civili iugoslavi, per sottrarli alla nascente resistenza contro gli invasori. I primi campi attivi in Friuli e nella Venezia Giulia furono quelli di Cighino e di Gonars. Il primo era sito vicino a Tolmino, in provincia di Gorizia, mentre il secondo era a sud di Udine. Nel 1942 a Gonars – ha scritto Alessandra Kersevan nel suo Lager italiani – c’erano oltre 4.200 internati civili, bambini inclusi.
M. Lebez, Ritratto dottor Cordaro 1942, olio su tela. Fotografia di E. Varutti

Nel 2012 è stato prodotto un interessante documentario del regista Dorino Minigutti. Il regista friulano ha aperto una pagina dimenticata della storia del ‘900. È quella dei campi di concentramento italiani dove vennero internati gli abitanti di interi villaggi sloveni e croati. Ci furono migliaia di vittime per stenti in quei campi.
Il documentario di Minigutti racconta l’inedita storia di un gruppo di bambini sopravvissuti ad uno di quei campi, come a Gonars. Si intitola Oltre il filo. L’audiovisivo accompagna i bambini di allora in un viaggio nella memoria. Artisti e studenti dell’Accademia di Lubiana, internati nel campo, riuscirono a ritrarre durante la prigionia i volti e la vita dei detenuti. Anche i bambini prigionieri, una volta scappati dal campo dopo il 1943, raccontarono con disegni e componimenti inediti quella terribile esperienza. Nel film i protagonisti riflettono sui propri traumi, su quei segni invisibili che li hanno accompagnati nel corso della vita. Poi rivedono alcuni disegni di allora e rileggono quei componimenti.


Chi c’era?
All’inaugurazione della mostra è capitato di vedere la presenza di Andrea Zannini, professore ordinario di Storia moderna all’Università di Udine; Maurizio Rocco, presidente dell’Ordine dei Medici di Udine; Gianni Ortis, presidente dell’Istituto friulano per la storia del Movimento di liberazione; Romeo Mattioli, già consigliere comunale (PSI) dal 1975 al 2003 e di Gianpaolo Borghello, già direttore del dipartimento di italianistica a Udine.

Tra i tanti partecipanti c’erano Augusta De Piero, già consigliere regionale; Tiziano Sguazzero, ricercatore dell’Ifsml; l’ex onorevole Gianna Malisani (PD) e Alfredo Gon, dell’ANPI di Manzano. C’erano poi Vania Gransinigh, responsabile dell’Unità Organizzativa coordinamento scientifico Musei di Udine e il professor Elio Varutti, vice presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD).

Una vetrina della rassegna con caricature. Fotografia di Leoleo Lulu

Orari di visita della mostra a Palazzo Morpurgo
La mostra 1942-43: la Storia che ci ri-guarda. Il dottor Mario Cordaro e gli artisti sloveni e croati nel campo di concentramento di Gonars si potrà visitare da sabato 29 settembre a domenica 28 ottobre 2018, il giovedì e il venerdì dalle 15.00 alle 19.00, il sabato e la domenica sia la mattina dalle 10.00 alle 13.00, sia il pomeriggio dalle 15.00 alle 19.00 con ingresso libero.
Per le scuole sono previste visite guidate su prenotazione telefonando al numero telefonico 0432.295475, oppure al fax fax 0432.296952, o scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica archivio@ifsml.it
Per alte notizie si può scrivere, in posta cartacea, anche a: Istituto Friulano Storia Movimento Liberazione, Viale Ungheria, 46 - 33100 Udine.

Nikolaj Pirnat, Dottor Cordaro, busto in bronzo, 1942. Fotografia di E. Varutti


Filmografia
Dorino Minigutti, Oltre il filo / Over the line, Zavod Kinoatelje (SLO), Agherose (I), Focus Media (HR), 2012.

Bibliografia essenziale
- Paola Bristot (a cura di), Album 1942-43. I disegni del campo di concentramento di Gonars. Collezione Cordaro, Udine, Gaspari, 2015.

- Alessandra Kersevan, Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascista per civili iugoslavi 1941-1943, Roma, Nutrimenti, 2008.

- Franc Perme, Anton Zitnik, Franc Nucic, Janez Crnej, Zdenko Zavadlav, Slovenjia 1941, 1948, 1952. Tudi mi smo umrli za domovino, (1.a edizione: Lubiana, Grosuplje 1998, col titolo tradotto: I sepolcri tenuti nascosti e le loro vittime 1941-1948, di Franc Perme, Anton Zitnik, pp. 277), Lubiana Grosuplje, Associazione per la Sistemazione dei Sepolcri Tenuti Nascosti, 2000. Edizione italiana [considerata dagli AA. come la terza]: Slovenjia 1941, 1948, 1952. Anche noi siamo morti per la patria. “Tudi mi smo umrli za domovino”, Milano, Lega Nazionale d’Istria Fiume Dalmazia, Mirabili Lembi d’Italia, [2005, l’anno di stampa è dedotto, fra le pagine 380 e 381, nella didascalia delle fotografie a colori n. 22-23], pp. LXVI-792.
Udine, Palazzo Morpurgo, pubblico fino in strada all'inaugurazione della mostra di disegni di internati sloveni e croati al Campo di concentramento di Gonars. Fotografia di E. Varutti
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie di Elio Varutti e di Leoleo Lulu, di Udine.

Udine, Palazzo Morpurgo, il plastico del Campo di concentramento di Gonars alla mostra “1942-43: la Storia che ci ri-guarda. Il dottor Mario Cordaro e gli artisti sloveni e croati nel campo di concentramento di Gonars”. Fotografia di Leoleo Lulu

Trieste, FederEsuli incontra Pierpaolo Roberti, assessore regionale ai corregionali all'estero


Il 28 settembre 2018 si è svolto a Trieste un incontro tra i rappresentanti delle associazione dell’esodo giuliano dalmata con Pierpaolo Roberti, assessore alle autonomie locali, sicurezza, immigrazione, politiche comunitarie e corregionali all'estero per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (E.V.).
Trieste, l'assessore Roberti, a sinistra, all'incontro con i dirigenti dell'associazionismo degli esuli istriani, fiumani e dalmati, a fianco di Ballarin, Codarin e Zuccolin. Fotografia dal sito dell'Assessorato regionale alle autonomie locali, sicurezza, immigrazione, politiche comunitarie e corregionali, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione
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Ecco il comunicato di Federesuli, in seguito all'incontro istituzionale: “Si è tenuto oggi, 28 settembre 2018, un incontro istituzionale tra FederEsuli e Regione Friuli Venezia Giulia, a Trieste nella sede dell’Assessorato per le autonomie locali, sicurezza, immigrazione, politiche comunitarie e corregionali all’estero.
Il Presidente Antonio Ballarin, che guidava la delegazione di FederEsuli ha giudicato “Estremamente proficuo e carico di prospettiva” la riunione presieduta dall’Assessore Pierpaolo Roberti.
Presenti all’incontro, anche il Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Renzo Codarin, il Vicepresidente FederEsuli, Davide Rossi, il Presidente del Comitato ANVGD di Udine, Bruna Zuccolin, Bruno Liessi, Giorgio Tessarolo e Paolo De Pase, rispettivamente Vicepresidente e Consiglieri dell’Associazione delle Comunità Istriane.
L’intera delegazione di FederEsuli ha valutato con viva soddisfazione l’apertura dimostrata dalla Regione nei confronti delle istanze rappresentate.
FederEsuli e tutte le Associazioni che rappresentano e mantengono vivo il ricordo dell’Esodo, saranno coinvolte nella programmazione e nel coordinamento di iniziative che potranno contare sul sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, da sempre particolarmente sensibile alle tematiche ancora aperte e riguardanti la conservazione della Memoria ed il rispetto di diritti negati ancora oggi a più di settant’anni di distanza”.

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Dal sito web della Regione FVG si può leggere che: “La Giunta Fedriga - ha concluso Roberti - è attenta quanto vicina a chi si impegna fattivamente a mantenere vivo il ricordo affinché questo, trasmesso alle giovani generazioni, possa contribuire a formarne l’identità”.
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti. Fotografie da collezioni pubbliche citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

Udine, Parco Vittime delle Foibe. Targa ricordo sul Cippo inaugurato nel 2019. Fotografia dell'architetto Claudio Bugatto, discendente di esuli da Zara, che si ringrazia per la pubblicazione in questo articolo.

martedì 25 settembre 2018

L’esodo dell’oblio di Antonio Villicich da Zara, 1943


Da ragazzo finire esule a Parma, alla fine della seconda guerra mondiale. Lì, in silenzio, la famiglia riparte da zero. Il figlio studia all’università, dopo aver frequentato il liceo, laureandosi in Fisica all’Università di Modena. Inizia così il curriculum di Antonio Villicich, nato a Zara il 30 luglio 1931. 

La bandiera di Zara. Archivio ANVGD Udine

Fugge probabilmente in idrovolante verso Ancona, con una parte della famiglia, nel 1943, quando iniziano i bombardamenti alleati su Zara, dietro indirizzo dei titini. Poi la famiglia in fuga vive una parentesi dell’esilio a Trieste in una soffitta, fino all’approdo a Parma, dove al capofamiglia viene assegnato un posto di lavoro simile a quello avuto prima dell’esodo, grazie ad una legge.
Voleva fare ingegneria, il nostro Antonio in esilio, ma il babbo Valentino Villicich (Zara 1893-Parma 1977) non vuole che vada fino a Milano, per il triennio, dato che a Parma mancava il corso finale di quegli studi universitari. Così Antonio si butta sulla fisica, mica roba da ridere. Ci riesce e studia con successo. La famiglia fatica duramente e parla poco dell’esodo. Conseguita la laurea in Fisica, si innamora di Silvana Bosoni, una ragazza mantovana. Nel 1963 si sposano a Parma e nasce Paolo, nel 1964. Il silenzio degli esuli continuerà anche nei confronti del figlio Paolo, che poco sa della fuga da Zara della sua famiglia. “Quando papà si è deciso a raccontarmi qualche fatto del suo esodo – ha detto Paolo Villicich – era anziano e si confondeva le vicende, così ho saputo poco e niente dei miei parenti dalmati”.
Porto di Ancona, idrovolante Ancona-Zara andata e ritorno, 1930-1935. Cartolina da Internet

È una storia già sentita. Pochi e stringati racconti vengono elargiti col contagocce al discendente. Una signora zaratina, Elvira Dudech, mi diceva: “No ze gà de contar robe brute ai pici”. Con questo ritornello in molte famiglie dell’esodo giuliano dalmata non si è parlato, o si è detto poco, troppo poco, di Zara, di Fiume o dell’Istria. Vuoi per paura, vuoi per vergogna “jera meio no parlar”. Nel 2004 la signora Dudech mi raccontò che con la sua famiglia era fuggita in nave fino ad Ancona, dove fu ospite del locale Campo profughi. In seguito iniziò il suo calvario per i Campi profughi italiani, a cominciare da quello di Laterina, in provincia di Arezzo, dove la trattennero per oltre quattro anni. A seguire, fu trasferita al Campo profughi di Chiari, in provincia di Brescia e, infine, a Roma. Verso il 1955 la famiglia Dudech trovò una casa a Udine; in quel periodo si recò in visita agli zii e ai cugini che stavano al Centro smistamento profughi di via Pradamano: “Go visto brande e mia cugina che dormiva in campo e a mangiar con noi in casa – ha raccontato – jera fioi che i piangeva, i voleva la casa, le mame diceva: No gavemo più casa”.
La signora Rosalba Meneghini Capoluongo è figlia di Maria Millia, esule di Rovigno. “Mia madre parlava poco, aveva paura – ha detto – invece dopo il Giorno del Ricordo, c’è la voglia di capire da parte dei discendenti. I profughi raccontano e si ascoltano cose mai sentite fino ad ora”. È assai ricorrente il tema del silenzio dei profughi, ossia la mancata comunicazione ai discendenti sui fatti storici dell’esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.
Udine, Chiesa di S. Giacomo, 14 settembre 2018, prima della messa esequiale di Antonio Villicich, da Zara. Fotografia di Elio Varutti

I discendenti dell’esodo, oggi, sono alla ricerca di notizie, di pezzi di storia della propria famiglia. “Dopo de noi, poveri veci, no resterà più niente” – mi ripeteva Silvio Cattalini, nato il 2 giugno 1927 a Zara e presidente per 45 anni del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), dal 1972 al 2017, quando muore. Il vaticinio di Cattalini, tuttavia, non si sta realizzando. Le nuove generazioni di discendenti degli esuli, vogliono conoscere la storia della famiglia, anche se con pochi dati, ma talvolta significativi. L’interesse per il Giorno del Ricordo e per la questione delle foibe, dove i titini gettarono i corpi degli italiani eliminati, per vendetta prima contro i soprusi patiti sotto il fascismo e, per pulizia etnica dopo quando il nazionalismo croato ha il sopravvento sulle minoranze, da rispettare invece secondo il Trattato di pace del 1947.
Ritorniamo alla famiglia Villicich, esule da Zara tra Parma, Trieste, Gorizia e Udine. Si trovano in Internet tracce di tale cognome sparse fino in Cile. “Mio papà raccontava poco dell’esodo e della mia famiglia – conferma Paolo Villicich – così so appena che lo zio Valentino Villicich, oltre che legionario dannunziano è stato direttore dell’INAM di Zara e agente generale della Fiume Assicurazioni, pure suo fratello Francesco, nato nel 1895 è stato legionario dannunziano”.
Si cercano dati notizie e altri riferimenti. Per Paolo Villicich è una consolazione sapere che c’era una certa parentela del suo ramo familiare zaratino con le famiglie Bonavia, con i Luxardo ed altri. “Di sicuro so che mio nonno bis Simeone Villicich – conclude la testimonianza – è morto nel 1944 sotto le bombe dei 54 bombardamenti angloamericani su Zara italiana ed ora i suoi resti giacciono a Zara in una tomba, piuttosto disadorna, ma la guerra è così”.
Un altro dato biografico di nonno Valentino Villicich è che è stato nominato Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Zara 1943- Alla fine dei bombardamenti “questo i lo ciamava udarnički rad, tutti dovevimo andar netar la cità”. Si ringrazia per il commento e per la fotografia Nicolò Zupcich, col suo messaggio in Facebook del 19 settembre 1918. Udarnički rad si potrebbe tradurre con “lavoro dopo il disastro”; oggi lo si chiama Intervento della Protezione Civile

L’ultimo saluto a Antonio Villicich a Udine
Il 14 settembre 2018, alle ore 11, presso la Chiesa di S. Giacomo Apostolo, in piazza G. Matteotti, a Udine, c’è stata la santa messa esequiale di Antonio Villicich, esule da Zara. Ha officiato la funzione religiosa monsignor Giulio Gherbezza, canonico residenziale presso il Capitolo metropolitano di Udine
Le sacre preghiere sono state lette dall’ingegnere Sergio Satti, esule da Pola e decano dell’ANVGD di Udine, in quanto già vice presidente per decenni all’epoca della conduzione di Silvio Cattalini.
Monsignor Giulio Gherbezza ha ricordato, con le parole del Vangelo, la giornata della Croce, avvicinando tale argomento di alta fede religiosa a quello patriottico dell’esodo giuliano dalmata. “Avrete sentito parlare che nel 1947 – ha detto il presule – giungono tanti profughi istriani, fiumani e dalmati a Venezia con tanto dolore e sofferenze”. Poi ha ricordato Antonio e Silvana Villicich.
Bruna Zuccolin, attuale presidente dell’ANVGD di Udine, essendo impegnata Trieste, ha delegato Elio Varutti, vice presidente del sodalizio a leggere in suo nome un breve comunicato  “Ringraziamo il celebrante dello spazio che ci viene offerto per ricordare il dottor Antonio Villicich, esule da Zara – ha detto il professor Varutti – e lo salutiamo a nome di tutta l’ANVGD di Udine. Villicich era nato a Zara il 30 luglio 1931. In occasione dell’esodo istriano, fiumano e dalmata, al termine della seconda guerra mondiale, giunge esule in patria, in quel di Parma, dove frequenta e studia al liceo e all’università. Si sposa con Silvana, che gli da un figlio, Paolo. Per motivi di lavoro la famiglia si sposta a Trieste, dove Antonio Villicich è direttore dell’Ente di Formazione professionale (Irfop). Dopo la quiescenza, nel 1994, si trasferisce con la moglie a Staranzano (GO) e si impegna presso l’Università della Terza Età di Monfalcone a tenere corsi di formazione in Matematica e Fisica. Nel 2009, in seguito alla morte dell’adorata moglie Silvana, il figlio Paolo lo chiama a Udine, dove Antonio Villicich trascorre gli ultimi anni della sua vita, sino al decesso avvenuto nel 2018”.
Fiume 28.IX - 1.X.1931 - R.I. U. Maddalena (Regio Idrovolante Umberto Maddalena) - didascalia originale. Si tratta di un Dornier Do X idrovolante a scafo centrale, dotato di 12 motori di fabbricazione italiana. Fotografia della Collezione Conighi, Udine

Fonti orali
Si ringraziano e si ricordano le seguenti persone intervistate a Udine con taccuino, penna e macchina fotografica da Elio Varutti.
- Rosalba Meneghini Capoluongo, Udine 1951, figlia di Maria Millia da Rovigno, int. del 3 dicembre 2011 e del 10 febbraio 2016.
- Silvio Cattalini (Zara 1927 – Udine 2017), int. del 22 gennaio 2004, del 10 febbraio 2014 e 10 febbraio 2016.
- Elvira Dudech (Zara 1930 – Udine 2008), int. del 28 gennaio 2004 e 15 dicembre 2007.
- Maria Millia, vedova Meneghini (Rovigno 1920 – Udine 2009), int. del giorno 11 maggio 2004 e 10 febbraio 2008.
- Paolo Villicich, Parma 1964, int. del 13 e 14 settembre 2018 ed e-mail del 6 ottobre 2018.
Fotografia e didascalia ripresa da Facebook in uno dei gruppi dedicati al mondo dell'esodo giuliano dalmata

Bibliografia di riferimento
- Elettra e Maria Serenella Candiloro, Voci dal silenzio, San Giuliano Terme (Pisa), Dreambook, 2016 [sull’esodo da Fiume].
- Fabio Lo Bono, Popolo in fuga. Sicilia terra d’accoglienza. L’esodo degli italiani del confine orientale a Termini Imerese, Lo Bono editore, Termini Imerese, (Palermo), 2016.
- Elio Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie di Udin, 2017. Anche nel web, con edizione aggiornata del 2018.
https://www.academia.edu/36303656/Italiani_d_Istria_Fiume_e_Dalmazia_esuli_in_Friuli_1943-1960._Testimonianze_di_profughi_giuliano_dalmati_a_Udine_e_dintorni

Sitologia
- Elenco ufficiale dei legionari fiumani depositato presso la fondazione del Vittoriale degli italiani
in data 24/6/1939, formato Pdf.

- Fulvio Pregnolato, Silvio Cattalini (a cura di), Zara - 70° Anniversario distruzione di Zara 1943-’44, Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD, 2014.
https://www.youtube.com/watch?v=F4AbRfc0F4g

- E. Varutti, Il silenzio degli esuli istriani, 1945-2004, on-line su eliovarutti.blogspot.com dal 6 marzo 2015.

- E. Varutti, Il silenzioso esodo di Elvira Casarsa, da Parenzo 1948, on-line su info.fvg.it dal 1° dicembre 2015

- E. Varutti, Scappare dall’Istria via pel mondo, 1943, on-line su eliovarutti.blogspot.com dal 13 marzo 2016.

- E. Varutti, I Bonetti di Zara nell’esodo dalmata, on-line su eliovarutti.blogspot.com dal 6 febbraio 2017.

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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, Girolamo Jacobson e E. Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

sabato 22 settembre 2018

I mosaici di Menossi a Chartres, 2018


Il 20 ottobre 2018 il mosaicista friulano Giulio Menossi esporrà le sue ultime opere musive a Chartres presso la “Galerie du Vitrail”. 
Giulio Menossi, White Wine, mosaico, 2018. Fotografia courtesy dell'artista.

Sarà una prova estetica di grande valore e di nuovo interesse. L’inaugurazione della rassegna è prevista per il 21 ottobre alle ore 14,30. Il pubblico francese potrà vedere, tra gli altri White Wine, e Red Wine, gli ultimi capolavori del maestro Menossi. Si tratta di mosaici tridimensionali, molto leggeri, come l’artista udinese ha già mostrato in altre occasioni al suo pubblico internazionale. Non a caso Menossi si muove in questi ultimi tempi, con le sue esposizioni, conferenze e corsi didattici tra la Sardegna, l’Argentina, la Turchia, gli USA e vari paesi del Mediterraneo. Prossimamente sarà in mostra in Cina. Unico italiano ad esporre le sue opere a Shanghai. È il primo mosaicista invitato in una famosa galleria cinese di Shanghai, con sede anche a Pechino.
Il depliant della rassegna francese

La galleria del Vetro colorato di Chartres si trova al civico numero 17 del Chiostro della Madonna (17 Cloître Notre Dame). Dopo il vernissage, l’orario di visita sarà da martedì a sabato dalle ore 10,30 alle 13 e, nel pomeriggio, dalle ore 14 alle 18,30. La domenica e nei feriali la visita sarà possibile dalle ore 14 alle 18. La mostra di Menossi a Chartres chiuderà i battenti il giorno 11 novembre 2018.
La mostra musiva dell’artista udinese, nato nel 1955, si tiene nell’ambito dei “12e Rencontres Internationales de Mosaïque” che spaziano dai mosaici di Ravenna della Basilica di San Vitale ai mosaici veneziani, ai quali pure gli artisti friulani fanno riferimento per tecnica e per creatività.
Giulio Menossi, White Wine, mosaico, particolare, 2018. Fotografia courtesy dell'artista.
Giulio Menossi, Red Wine, mosaico, 2018. Fotografia courtesy dell'artista.

Chartres città culturale
È una città molto culturale Chartres. Si pensi che dal 2 settembre la mediateca l’Apostrofo accoglie il pubblico anche la domenica pomeriggio, dalle ore 14 alle 18. L’operazione è stata resa possibile dal coinvolgimento dei bibliotecari della città. C’è stato pure il rinforzo degli studenti. Questa apertura permette all’ospite di visitare mondi fantastici, di prendere in prestito dvd, di vistare l’esposizione o di godere di un accesso gratuito a Internet un giorno in più la settimana, come si legge nel sito della mediateca cittadina sulla stupenda Valle della Loira.
Chartres, la mediateca. Fotografia dal sito web dedicato
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da collezioni private e pubbliche citate nell’articolo.

venerdì 21 settembre 2018

Messa a Castua / Kastav per il rimpatrio dei resti dei caduti italiani uccisi nel 1945 da partigiani jugoslavi, riesumati nel 2018


Riceviamo e volentieri pubblichiamo in questo blog il comunicato di Marino Micich, segretario generale della Società di Studi Fiumani di Roma riguardo alle cerimonie religioso patriottiche svoltesi in Croazia, a Castua, presso Fiume il 15 settembre 2018, dopo il ritrovamento dei resti di sette italiani trucidati dai titini nel 1945, tra i quali il senatore fiumano Riccardo Gigante (E.V.)
Ai piedi dell’altare, le salme con i resti dei sette caduti italiani. Didascalia originale dal giornale «La Voce del Popolo», 17 settembre 2018, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione in queste pagine
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È stata celebrata a Castua (Kastav), nei dintorni di Fiume, in Croazia la santa Messa organizzata dalla Società di Studi Fiumani, presieduta da Giovanni Stelli. L’evento si è tenuto in collaborazione con il Console generale d’Italia a Fiume Paolo Palminteri, a conclusione della vicenda che si è risolta definitivamente tra il 5 e il 7 luglio 2018 con la riesumazione dei poveri resti degli italiani di Fiume uccisi il 4 maggio 1945.
L’iniziativa di ricerca per la riesumazione iniziò nel 1992 e fu promossa dall’allora Presidente della Società di Studi Fiumani Amleto Ballarini. All’individuazione del luogo esatto di sepoltura (bosco della Loza) si pervenne grazie all’aiuto del parroco di Castua don Franjo Jurcevic, che raccolse le informazioni fornitegli da Ballarini e indagò a sua volta. Da allora, in accordo con la Società di Studi Fiumani, don Jurcevic ha celebrato con i fiumani ogni anno per 21 volte una Messa nella Chiesa parrocchiale di Castua, nel giorno esatto in cui era avvenuto l’eccidio per perorare l’opera di riesumazione. Dopo 21 anni la vicenda ha finalmente trovato una conclusione positiva grazie alle ultime trattative sulle sepolture di guerra tra Italia e Croazia e grazie alla Federazione degli esuli istriani fiumani e dalmati che, ha trovato nel 2012 uno spazio al tavolo di governo allora costituito. Tra le vittime presunte nella fossa ricordiamo il senatore fiumano Riccardo Gigante.
I resti delle vittime rimarranno per breve tempo nel Sacrario di Redipuglia (GO) e successivamente verranno traslati nel Sacrario militare di Udine (è ancora da definire il luogo esatto).
Con i famigliari si deciderà sull’eventualità di richiedere il test del DNA per cercare di riconoscere i resti di Riccardo Gigante. Finora nessun esatta indicazione è stata possibile.
La Società di Studi Fiumani era presente col Presidente attuale Giovanni Stelli, il Segretario Generale Marino Micich, Amleto Ballarini e la moglie Laura Chiarappa. Era presente alla cerimonia anche il pronipote del Senatore Gigante il signor Dino Gigante (Socio della Società di Studi Fiumani).
Si ringraziano a seguire le autorità  e i rappresentanti di varie associazioni presenti alla cerimonia: Ministero della Difesa italiano - Onorcaduti – Commissario generale Generale di Divisione Alessandro Veltri, il Col. Francesco Fiore, il Ten Col. Norbert Zorzitto. Console Generale d’Italia a Fiume Paolo Palminteri. Ambasciata d’Italia a Zagabria –  Consigliere e  Vice Capo Missione Daniele Borrelli. La rappresentante di Onorcaduti croato e il gen. Sucic. Il Presidente onorario di FederEsuli e Presidente dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo-LCFE Guido Brazzoduro. Il Presidente della Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana Marin Corva. La Presidente della Comunità degli italiani di Fiume Melita Sciucca. Il Preside della Scuola Media  Superiore Italiana Michele Scalembra. Il Segretario del Comitato Tricolore per gli italiani nel Mondo on. Roberto Menia. Il Segretario dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo Andrea Scabardi. Per il Centro Ricerche Storiche di Rovigno Ezio Giuricin con la moglie Rosanna Turcinovich.
Per l’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia ANVGD di Roma (presieduta da Donatella Schurzel) e Mailing List HISTRIA Eufemia Giuliana Budicin. Per l’Associazione cultura fiumana istriana e dalmata nel Lazio e Mailing List Histria Gianclaudio de Angelini. Per l’Associazione Stato libero di Fiume Laura Marchig. Per il Comitato ANVGD di Genova Fulvio Mohoraz. La prof.ssa Gianna Mazzieri Sankovic (dirigente Comunità degli italiani di Fiume). Il Coro dei Fedeli Fiumani – diretto da Lucia Scrobogna Malner. La già presidente della Comunità degli italiani di Fiume Orietta Marot. Per l’Associazione Nazionale Alpini – Gruppo Fiume “Mario Angheben” - Franco Pizzini. Il Consigliere dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Edoardo Uratoriu.
Altri ringraziamenti vanno a coloro che hanno inviato i saluti, pur non potendo partecipare alla cerimonia, come il Colonello di Onorcaduti Maurizio Masi, il Presidente dell’Unione Italiana Maurizio Tremul, l’Ambasciatore d’Italia a Zagabria Adriano Chiodi Cianfarani, il Presidente di FederEsuli Antonio Ballarin, il generale Elio Ricciardi e i componenti dell’Esecutivo Renzo Codarin, David Di Paoli, Tito Sidari, Franco Luxardo.
Si accenna anche alla Vice Presidente dell’AFIM Libero Comune di Fiume in esilio Laura Calci. Il Presidente dell’Unione degli Istriani Massimiliano Lacota. Il Presidente della Fondazione Rustia Traine Renzo de’Vidovich. Il direttore dell’IRCI di Trieste Piero Delbello. Il Comitato ANVGD di Bologna presidente Marino Segnan e vice presidente Anna Decastello.
Infine un ricordo commosso anche a tutti coloro che non ci sono più ma che nel corso del tempo ci sono stati vicini: Cav. Mario Stalzer (già Segretario generale del Libero Comune di Fiume in esilio); Cav. Aldo Secco (Lega Nazionale di Trieste – Sezione di Fiume); Dr. Alessandro Lekovic (già Presidente della Comunità Italiani di Fiume); Agnese Superina (già Presidente della Comunità Italiani di Fiume).
Marino Micich
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Si ringraziano per la cortese concessione alla diffusione e pubblicazione della fotografia la redazione de “La Voce del Popolo” di Fiume / Rijeka, Croazia e Goran Žiković. Ecco il link del sito web relativo.

Sitologia
Gianfranco Miksa, “Pace liberatoria per i caduti italiani della fossa di Castua”, «La Voce del Popolo», 17 settembre 2018.

domenica 16 settembre 2018

Armando Delzotto e i suoi ricordi di Dignano d’Istria fino al 1943, un libro del 2012


Ho riletto con piacere il volume di Armando Delzotto intitolato: I miei ricordi di Dignano d’Istria (dalla nascita all’esodo), Udine, Edizioni del Sale, 2012. Sin dalla sua uscita il piccolo testo suscitò un certo interesse con richieste per riceverlo da dignanesi di varie parti d’Italia, Sicilia compresa e, perfino, dagli Stati Uniti d’America. L’esodo giuliano dalmata, del resto, ha sparpagliato per benino i profughi in giro per il mondo.
Dignano d'Istria 1932, la Bianchi S 9 delle famiglie Delzotto e Fortunato, con Antonio Delzotto al volante e il figlio Giovanin sulla ruota di scorta. Fotografia di proprietà di Armando Delzotto

Siccome il volume è esaurito presso l’editore, cercherò di riportare cosa ha scritto l’autore, che è socio emerito del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD). Come mai mi permetto di definirlo emerito? Beh, come tutti gli istriani “non è mai stato con le mani in mano”. Questa è una delle più comuni definizioni riprese dal vocabolario di don Tarcisio Bordignon, parroco di San Pio X a Udine, dal 1966 al 2014, nella stessa zona dove funzionò dal 1945 al 1960 il Centro smistamento profughi più importante d’Italia. Da lì passarono oltre centomila fuggitivi dall’Istria, Fiume e Dalmazia, in fuga dalle violenze titine, per essere sventagliati in oltre cento Centri raccolta profughi aperti in giro per l’Italia dal dopoguerra.
Bumbaro eccellente del clan Terere, Armado Delzotto è nato a Dignano d’Istria il 5 febbraio 1926 da Antonio Delzotto e Maria Birattari. Si ricorda che col termine bumbaro si intende un dignanese verace, che parla il dialetto istrioto di derivazione neolatina.
Dai primi anni del Novecento il babbo del nostro autore, Antonio Delzotto, assieme allo zio Stefano Fortunato misero in piedi un fiorente negozio di manifatture e di tessuti. Si creò così un certo benessere nelle famiglie Delzotto & Fortunato, formate rispettivamente dai coniugi e da tre figli ciascuna. Armando ha due fratelli, Giovanin e Luciano. Poi ci sono i tre cugini Fortunato: ancora un Giovanin, Gigi e Maria.
Dignano d'Istria, 1933. Chierichetti con bandiera. Seduto al centro il parroco don Gaspard, dietro a lui, con una crocetta, Armando Delzotto e, in piedi a destra, don Fabbro. Fotografia di proprietà di Armando Delzotto

Sin dalla prima pagina del libro-memoriale si legge della fuga notturna, avvenuta il 25 settembre 1943. Tranne Giovanin Delzotto, i due gruppi familiari, alla chetichella, vanno a Fasana dall’amico pescatore Scabossi e col suo peschereccio ha inizio l’esodo. Navigando sotto costa passano per Trieste e, poi fino a Venezia, dove il ventinovenne Giovanin aspettava gli esiliati. Passano i primi giorni in un albergo, questo strano tipo di esuli poi, trovata una casa in affitto nei pressi del Ponte di Rialto, i due imprenditori riprendono l’attività commerciale. Questi dieci esuli istriani non sono di certo conteggiati nelle statistiche degli oltre 200 mila italiani scappati dalle terre perse e aiutati dall’Opera profughi. Molti esuli si sono arrangiati da soli. Ecco perché padre Flaminio Rocchi riporta il numero di fuggitivi a oltre 350 mila individui.
La famiglia Fortunato nel 1947 decise di separarsi dalla famiglia Delzotto anche nelle attività mercantili. Loro tentarono un infelice rientro a Dignano, per trasferirsi definitivamente a Torino.
Anche la famiglia Delzotto subì dei cambiamenti, dato che Giovanin restò per un po’ di tempo a Venezia, per emigrare verso il Venezuela, dove morì. Il fratello Luciano, laureatosi in medicina, si trasferì a Treviso e poi a Mestre, dove morì e dove morirono pure i due genitori Delzotto. L’autore, laureatosi in ingegneria, nel 1953 partì per Cagliari, per lavorare alla saline di Macchiareddu. Poi rientrò in Veneto, lavorò a Catanzaro e a Udine con l’Agip e nel 1956 si sposò con Milvia, che gli diede due figli Gianni e Claudio. Nel 1986 giunse la meritata quiescenza, così con la moglie si trasferì a Collina di Forni Avoltri (UD), in alta montagna, lo stesso luogo di villeggiatura di alcune famiglie istriane degli anni Trenta. Armando Delzotto, dal 1990 al 1995, fu eletto addirittura sindaco di Forni Avoltri.
Sulla strada per Pola. Gita da Dignano in bicicletta nel 1943. Qualche sorriso, prima dell'8 settembre, dopo di che ci sarà poco da ridere. Fotografia di proprietà di Armando Delzotto

Come mai le famiglie Delzotto e Fortunato fuggono da Dignano d’Istria in quella serena serata del 25 settembre 1943, mollando tutti i beni materiali? Presto detto. A pagina 9, l’autore spiega l’atteggiamento degli slavi che convivevano con gli italiani istriani. “Ci sopportavano, ma non ci amavano, anche e soprattutto per le angherie cervellotiche subite dalle nostre istituzioni nazionali e locali, poco o per niente lungimiranti. Già non ci amavano gli slavi, ma gli slavi di Tito addirittura ci odiavano e avevano tutta l’intenzione di eliminare fisicamente quanti più italiani possibile, specie i benestanti, i professionisti e, soprattutto, quelli che potevano avere la volontà e la capacità di intralciare le loro mire espansionistiche sull’Istria”. Fuggirono, insomma, per non essere “destinati alla foibe”.
L’autore fa anche un po’ di storia del paese natale. Da quel “Attinianum” di epoca romana alla sottomissione di Dignano a Venezia, nel 1331. Non tralascia le migrazioni slave, il 1797 per passare poi all’Austria e, nel 1918, al Regno d’Italia, dopo la Grande Guerra, al fascismo e al secondo conflitto mondiale. Col trattato di pace del 1947 Dignano passa sotto la Jugoslavia, che – ci permettiamo di aggiungere – si disfa nell’ultimo decennio del Novecento, con sanguinose guerre fratricide.
Dignano d'Istria, 2012. le vetrine del'ex negozio Delzotto e Fortunato. Fotografia di proprietà di Armando Delzotto

L’autore ci spiega la semplice bellezza del suo paese, dove non c’era l’acqua corrente, ma ci si doveva approvvigionare nei pozzi collegati alle cisterne (pag. 21). Poi c’è la prima descrizione di un comportamento sociale legato alla tradizioni popolari: le rogazioni. A scopo di invocare la pioggia si tenevano delle processioni, che per i ragazzi erano anche delle spensierate scampagnate (p. 23).
Interessanti sono le descrizioni dei cibi. Si va dalle ciuche, ossia le lumache, da consumare con la polenta, che accompagnava pure il pesce fritto. La pasta e fagioli “con la porcina”, carne ovina si alterna al baccalà mantecato, ma anche la fritaia coi sparisi selvadighi del prostimo (frittata con asparagi selvatici di bosco) (p. 29). Il tutto da bagnare col Teran, oppure col vino bianco Malvasia.
Vengono ricordati nel libro gli orizzonti con l’isola di Brioni e la Savata, ovvero l’isola di San Girolamo, definita in quel modo per il suo profilo da ciabatta. Ci sono i luoghi della villeggiatura marina: Barbariga, Valcadena di Brioni, Medolin, Villa Manerini e Fasana, col bar Marinich (p. 64). Le famiglie ci arrivavano con l’automobile, una Bianchi S 9.
Dignano d'Istria, pozzo di Casa Derocchi, con l'autore nel 2010. Fotografia di proprietà di Armando Delzotto

I resoconti della vita scolastica sono intervallati dalle punizioni del maestro Franzitta (p. 84). C’è il treno delle Tabacchine, che portava da Dignano e da altri paesi limitrofi le donne a lavorare alla Manifattura Tabacchi di Pola (p. 86). Il brano più esilarante riguarda la scena dello scolaro Menighetto Groppuzzo, bisognoso del gabinetto. Tirato un calcio alla porta dei servizi igienici, si liberò dei suoi liquidi in eccesso, ma si ritrovò a bagnare copiosamente i pantaloni del professor Stefanacci. Resosi conto del gesto malsano Menighetto corse in classe gridando disperatamente: “Gò pissà su le braghe de Stefanacci!” (p. 88). Superata la prima liceo a Pola, il nostro autore, a diciassette anni, prese la via dell’esodo con la famiglia, come si è detto.
Tessera del Comitato Nazionale per la Venezia Giulia e Zara, firmata dall’architetto Carlo Conighi, presidente della sede provinciale di Udine, 1948-1952. Collezione Helga Conighi, Udine

Prima del fascismo, lo zio e il babbo in bottega parlavano in italiano e con i contadini croati, anche in dialetto locale. Dopo il fascismo, ci fu l’imposizione della lingua italiana e il divieto di parlare slavo. Nel negozio collaboravano cinque garzoni, nel 1933, ma i rapporti con i clienti croati del contado si guastarono, perché essi erano troppo orgogliosi di parlare solo nel loro dialetto (p. 103). Tra i ricordi di vita paesana affiorano il gelataio Guerrino, di fronte alla Chiesa del Carmine, la banda musicale, la vendemmia e l’olio venduto alla borsa nera (p. 106).
Dopo l’8 settembre alle porte di Dignano si verifica una vera e propria battaglia tra partigiani titini e truppe tedesche. In quel frangente, spiega Delzotto, i “fascisti piuttosto cattivelli” si rifugiano da parenti, togliendosi la camicia nera e chiedendo piangenti degli abiti borghesi. Le case di Dignano vengono visitate dai partigiani titini che vogliono ammazzare fascisti e italiani, mentre i tedeschi entrano in casa con armi spianate cercando partigiani, fino in soffitta. Ecco il motivo delle prime fughe dall’Istria (p. 111).
Il libro di Delzotto si chiude con una descrizione dei giochi popolari, come il pindolo, le s-cinche (palline di vetro), il surlo (cono di legno) da roteare e le laure, pietre piatte, da utilizzare come nel gioco delle bocce (pp. 124-125). Le ultime pagine sono dedicate alla villeggiatura montana e agli amori giovanili.
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Armando Delzotto, I miei ricordi di Dignano d’Istria (dalla nascita all’esodo), Udine, Edizioni del Sale, 2012, pagg. 160.
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Note dal web

Antonio Toffetti, nato in “Contrada dell’asedo” a Dignano d'Istria nel 1936, che vive Trieste, dopo aver letto questa recensione al libro di Delzotto diffusa nel gruppo di Facebook “Esodo istriano per non dimenticare”, il giorno 18 settembre 2018, ha scritto: “Anche mi in quel stesso periodo, iero picio, ma me ricordo ben, in strada qualche moredo me ga dito che anche mi finirò in foiba. Poco dopo semo vignui a Trieste in treno”.

Cartolina di Dignano nei primi anni del '900. Editore Alois Beer di Klagenfurt. Ripresa da Facebook
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Cenno sitologico sui giochi popolari
E. Varutti, “Balas e Zogo del corno. Continuitât e diferencis suntun zûc fat dai tiessidôrs cjargnei e di chei istrians”, «Sot la Nape», luglio 2010. Disponibile anche nel web.
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Servizio redazionale e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo e Sebastiano Pio Zucchiatti. Recensione di E. Varutti. Fotografie riprese dal volume di Armando Delzotto, da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

La copertina del libro di Armando Delzotto, del 2012