lunedì 16 marzo 2015

Le bande di Via Fornaci a Udine, 1960

Kekko, Sergio, Michele, Sandro: sono solo alcuni dei nomi dei ragazzi che facevano parte delle bande di Via delle Fornaci. Sarà stato il 1961. Poi giù, in Baldasseria, c’era Luciano, che da bravo figlio di contadini se la prendeva con tutti noi figli di impiegati, di poliziotti, di maestri o di pompieri. Erano botte da orbi, ma non ricordo grandi spargimenti di sangue. Sergio, ad esempio, era uno che menava. 
Gli incontri di lotta erano sempre preceduti da certi rituali, come fanno due galli in un pollaio. Sguardi, controllo dei movimenti... Si iniziava con delle parolacce. Poi il capo di una delle bande in attrito passava a dare delle spinte al capo delle banda contendente. Tutti i componenti delle rispettive bande stavano ai margini ad osservare, comprese le femmine, come Gigliola, Isabella, Loredana, Rosanna e Gabriella.
Il tutto era molto scenografico ed abbondavano le parolacce. C’era la platea di spettatori, che annuiva, che mugugnava o che condivideva le frasi declamate con grida ed applausi. Il rituale, a volte, era lungo e complesso. 

Le case Fanfani di via delle Fornaci a Udine, foto del 1952. Archivio dell'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale (Ater) di Udine, già Istituto Autonomo Case Popolari (Iacp) di Udine

Gli spintoni da ruzzolare a terra erano all’ordine del giorno. Non parliamo delle minacce, tipo: “E io chiamo mio papà, che è poliziotto!”. Ricordo che partecipavano anche le femmine, con voci grosse, gridolini, gesti osceni, urla e quant’altro. 
Ogni tanto incontro Claudio, che oggi lavora in Comune e mi dice: “Che cosa vuoi, a quel tempo si giocava così!”. Kekko era il capo della mia banda e si scontrava sempre con Sergio. Eravamo tutti appartenenti alle bande di Via delle Fornaci. Poi c’erano Rudi, Sandro e Paolo lo Svizzero sempre di Via delle Fornaci, mentre Aurelio, Lino, Cesco e Marco erano di Via Strassoldo, ma nostri alleati.
Il primo gruppo di ragazzi di quartiere, nel 1950, come mi ricorda Enzo Fattori, era formato da fratelli, nel senso che essendoci tante famiglie numerose, si nominavano i fratelli Assolari, Toros, Cane, Paesano, Falzone, Fattori, Eisberg, Vrech e così via. Memorabile fu una battaglia intrapresa con una guardia urbana, giunta in motoretta su chiamata di qualche mamma preoccupata per le zuffe della muleria. Tutto era pronto, i ciuffi d'erba sradicati erano messi in posizione; erano le munizioni per accogliere quelli di fuori, come l'ignaro vigile urbano, che sembrava Alberto Sordi nel famoso film. La guardia fece il suo dovere, ammonì i discoli a comportarsi bene. Alla fine del suo pistolotto, fu avvolto dal lancio dei ciuffi d'erba, uso pallottole. Girati i tacchi, risalì alla svelta sulla motoretta e per un bel po' non si fece più vedere. Anche Lino Leggio ha raccontato nel suo bel libro qualche vicenda vissuta col vigile urbano; vedi La banda delle cataste.
Titti, il Terrore di via Celebrino - Quando si andava a dottrina da don Adelindo nella neonata parrocchia di San Pio X, che sorse nel 1958, succedeva che ci si scontrasse con la Banda di Luciano. Erano il gruppo dei Leoni. Le abbiamo sempre prese da quella banda. Potrei giungere ad affermare che il gruppo dei Leoni ne dava un sacco e una sporta a tutte le altre bande, tranne a quella di Titti il Terrore di Via Celebrino, che scorrazzava pure in Via Bombelli, come ha raccontato Maurizio Corrado.
I componenti di tale banda, della quale facevano parte il tale Maurizio e poi c'era un tipo detto "Testadoppia", erano veramente dei duri, compreso "Giannetti".  Essi erano proprio il Terrore di Via Celebrino, dove sorse la nuova chiesa e la nuova parrocchia di San Pio X, nel 1958. Fortuna che arrivò don Adelindo. Con le sue grandi mani della pedemontana sapeva mettere ordine con le bande più cattive.
Uno che è passato sotto le grinfie di Titti il Terrore di via Celebrino è Sergio R. Mi ha raccontato che in un tardo pomeriggio d’inverno per fare più veloce in rientro a casa, passò tra le piante dei caseggiati di via Celebrino. Fu intercettato dalla banda di Titti. “Chi sei, cosa fai qua?”. Poi fu sollevato da Titti stesso, tenendolo con due mani per il collo e gli fu detta la frase storica: “Non passare più di qua”. Naturalmente obbedì all’ingiunzione.

La banda di Paesano – Nel sotterraneo della nuova chiesa di S. Pio X, negli anni ’60, facevano lezione alcune classi della scuola media di via Pradamano. All’uscita di scuola un ragazzo non riusciva a far partire il motorino. Sergio R. aveva visto armeggiare vicino al serbatoio Sandro P. In pratica gli aveva svuotato il serbatoio, perciò il motorino non partiva, mentre il proprietario si disperava. 

“Una insegnante, in classe, ci richiamò ai doveri e responsabilità – ha detto Sergio R. – cui è chiamato un buon cittadino invitandoci a parlare, se ci fosse stato qualcuno a conoscenza dei fatti. Per senso civico avrebbe dovuto informare chi di dovere, il tutto con l’appoggio e la solidarietà espressa dai compagni di classe anch’essi toccati dal richiamo fatto dall’insegnante”. Così venne a galla chi aveva fatto quel brutto scherzo.  Sergio R. alzò la mano e disse: “È stato Sandro P.”. Ramanzina assicurata a Sandro P. ed elogio per Sergio R. che aveva fatto semplicemente da “persona informata sui fatti”. Alla sera però, mentre rincasava in via Strassoldo, il testimone vide un gruppetto che lo aspettava dietro l’angolo. Era la banda di Paesano cui apparteneva M. Marsilio.  Allora Sergio R., impaurito per le eventuali botte, fece ritorno sui suoi passi e rientrò da un’altra strada, aggirando l’ostacolo.

Sergio R. mi ha ricordato anche le battaglie con gli stoppini di carta lanciati a soffio con una canna. Beppe Liani, delle Case dei Ferrovieri, una volta si presentò alle sfide con una sorta di faretra con gli stoppini già confezionati con tanto di colla sulla punta per renderli più aerodinamici. La suddetta faretra era fatta riciclando le confezioni in cartone di VIM, detersivo per stoviglie. Pochi giorni dopo quella innovazione di Liani tutto il quartiere si era dotato della cartucciera, o faretra, con i colpi da sferrare. Eravamo aperti alle nuove tecnologie…

Alcuni di noi, i più irrispettosi, chiavavamo "Din don dan Delindo" il buon parroco don Adelindo. Erano cose innocenti, fatte senza cattiveria nei confronti di un parroco assai buono e benvoluto da tutti. Don Adelindo Fachin nacque a Segnacco, in Comune di Tarcento il 9 luglio 1922 e morì a Udine il 7 settembre 1966.
Torniamo alle bande giovanili di Udine sud. È che la Banda di Luciano era composta da figli di contadini. Erano tutti sani, rubizzi e forzuti. Mi ricordo certe sventole prese dalle manacce di Luciano, che oggi conduce un Agriturismo. Ed è bravissimo!

Gruppo Leoni di via Baldasseria Alta. Luciano è il secondo da sinistra, accosciato, 1965 - Per la gentile concessione alla pubblicazione della fotografia ringrazio Germano Vidussi

“California” era il soprannome di uno vicino alla Banda di Titti il Terrore di Via Celebrino, che abitava vicino alla parrocchia. Peccato che la vicinanza del parroco di fresca nomina, don Adelindo Fachin, non gli abbia giovato molto, considerato che Titti rimane nel ricordo di molti di noi come un violento terribile. California era diverso. Secondo me era un buono. Gli piaceva suonare la chitarra. Era bravo con le canzoni dei Dick Dick. “Ti sogno California…”. Ecco da dove può essere nato il suo pseudonimo. California era il soprannome di Giorgio Masiero, un designer. 
Come è accaduto per qualcun altro di quei ragazzi, oggi non c’è più. L’infarto, o il tumore o qualche altro accidente - persino il suicidio - si sono portati via qualche pezzo delle bande di quel tempo. Giorgio Masiero amava definirsi il designer di Gheddafi, l'autodidatta di successo, l'uomo che si vantava di aver arredato il centro residenziale militare libico (Tripoli e Bengasi), la Sberbank a San Pietroburgo e gli interni della Camera di commercio a Mosca. A 18 anni Giorgio Masiero seguì un corso di disegno alla Scuola d'arte e mestieri “Giovanni da Udine” e iniziò a disegnare e progettare. A 21 anni lavorava a Udine per la boutique Mic Mac di Marino Pasqualin, per il Lambertin sportivo di Lamberto Favella. Poi si lanciò nel mondo del design.

La chiesa di San Pio X a Udine, costruita nel 1959-1961, progetto dell'architetto Giacomo Della Mea
Archivio della parrocchia di san Pio X

Mi ricordo che qualche decina di anni or sono incontrai California e ricordavamo assieme i tempi delle bande. Si parlava del libro scritto da Lino Leggio sulle nostre bande giovanili. Il mio amico Marcello era assieme a noi. California ci raccontava di avere sfondato nel mondo del design e dell’arredamento. Lavorava in Libia, nei paesi arabi e in Russia. Si dedicava all’arredamento di grandi alberghi. Faceva affaroni d’oro. Aveva uno studio a Milano. Lavorava molto a Padova. Ad un certo punto aveva perfino l’autista, con un’automobile privata.
Per un certo periodo di tempo California aprì uno studio di progettazione di interni addirittura in Piazza Libertà, a Udine. Era il massimo per tutti noi vedere che aveva fatto carriera uno delle bande di ragazzi degli anni Cinquanta e Sessanta. Eravamo molto orgogliosi. Lo siamo tutt’oggi.
Ci faceva morire dal ridere California, perché qualche volta viaggiava in treno e si portava dietro la valigia ventiquattrore, molto professionale. Poi aveva un’altra custodia ampia, dalla quale, come un mago, estraeva un motorino pieghevole con certe ruote piccine, da sembrare un giocattolo. Metteva in moto, saltava in sella e via andava agli appuntamenti per il centro delle città, dove firmava contratti a tanti zeri. Era una soluzione pratica, che gli invidiavano in molti. Lui aveva delle idee geniali. Se pioveva si metteva un cappellaccio e un impermeabilone scuro e via col quel motorino da circo. Anche se c’erano gli ingorghi, lui passava a zig zag e raggiungeva il luogo dell’appuntamento, dove firmava altri contratti da Nababbo.
Udine - Case dei ferrovieri di Via Pradamano angolo Via Cernaia, costruite nel periodo 1920-1930. Ringrazio per la fotografia: Alessandro Rizzi.

Ad un certo punto California dovette decentrare il lavoro, perché ne aveva troppo, offrendolo a certi architetti e professionisti di Udine. “Anche se eravate di un’altra banda – avrà pensato California – vi do da lavorare per me”. Già, perché California era così buono, che cercava gli architetti della sua stessa parrocchia, per offrirgli un certo lavoro. Non erano mica spiccioli. Agiva così solo perché li conosceva ed aveva una certa fiducia in loro. Non ci fu mai nient’altro. Forse un caffè offerto al bar, oppure un “tajut di Tocai”. 
Cose che farebbero rabbrividire certi costruttori del terzo millennio, ingolfati come sono in storie di tangenti a funzionari, di “escort” e di altro malaffare. Bravissimo California! È la frase che ci si ripete oggi, quando ci incontriamo nelle osterie del quartiere, abitato ormai da oltre il 30 per cento di extracomunitari.

Udine - La nota azienda "Società Anonima Molini sul Ledra" in Viale Palmanova, nel 1938, dietro ci sono i campi di Baldasseria. Demolita negli anni 1990-1995. Oggi c'è la sede del Consorzio per Acquedotto del Friuli Centrale (CAFC)

Chei dal ueli - Altri autori locali si sono cimentati con racconti e romanzi sugli anni 1950-1960 a Udine e dintorni, oltre a Lino Leggio, con la sua Banda delle cataste. Penso al romanzo di Daniele Murello, oppure alla banda di Chei dal ueli (Quelli dell’olio), cui faceva parte Fausto Deganutti. Erano ragazzi di Via dei Medici e di Via del Vascello, oltre il Viale Palmanova. Avevano tutti una spilletta di un distributore di benzina di Piazzale D’Annunzio, dove sta la stupenda Porta Aquileia.
Torniamo alla muleria di Via Celebrino e Via di Brazzà, le strade vicine alla Cappella e alla Chiesa di San Pio X. Ernesto il Rosso era un tipo a muso duro. Faceva parte di una delle bande di quelli che abitavano vicino alla parrocchia di San Pio X. Quando c’era lui avvenivano delle zuffe di sicuro, ma non si andava mai oltre le parolacce, gli spintoni e qualche pugno male assegnato.
I figli dei ferrovieri come Gianpaolo, Lucio ed altri appartenevano alla Banda dei Ferrovieri. Il loro territorio confinava con quello delle bande di Via delle Fornaci. Guai a chi, vestito da pellerossa, da “cowboys”, o da soldato USA del 1945 osasse sconfinare. Scattava subito una battaglia con sassi, frecce, lance (ossia dei volgari stecchi), stoppini di carta lanciati con le cerbottane. Altre armi usate erano i ciuffi d'erba, per cui il manto erboso della zona veniva frequentemente saccheggiato. Poi c’erano i sassi lanciati con la fionda, che potevano provocare delle brutte ferite. Le fionde erano, tuttavia, un ordigno che veniva confiscato spesso dalle mamme, preoccupate che il figlio andasse a fare del male ad altri. Molto utilizzati erano i bastoni di ogni misura. Servivano a costruire anche i mitra Sten, quando si giocava di partigiani.

La copertina del libro di Fausto Deganutti, del 2012. La fotografia mostra la banda di "Chei dal ueli" (Quelli dell'olio, nel senso di 'olio motore', dato che usavano per riconoscersi un distintivo della benzina Esso).

Talvolta la Banda dei ferrovieri fu nostra alleata in certe guerre contro la Banda di Via Medici (Chei dal ueli), oppure contro la Banda di Via Strassoldo, dove abitavano le famiglie dei postelegrafonici. Con i ragazzi di questa strada ricordo che, invece di fare delle guerre, si organizzavano dei festini col mangiadischi. I balli erano tipo twist, rock and roll e poi i famosi lenti. La grande preoccupazione delle madri era per le luci roche utilizzate nel soggiorno durante il ballo della mattonella.
Udine - Ecco il distributore di benzina della Esso in Porta Aquileia, meglio dire Piazzale D'Annunzio. Qui si riforniva di distivi della Esso la Banda di Chei dal ueli di Via dei Medici. Cartolina degli anni 1960-1970. Collezione E. Varutti, Udine

Molti ragazzi di quei tempi potrebbero condividere i miei racconti. Sarebbero concordi senz’altro sulla seguente frase: “Eravamo poveri sì, ma non ladri”. È accaduto, infatti, che certi autori hanno descritto le bande di ragazzi udinesi degli anni Cinquanta, come delle gang americane. Secondo questi scritti le bande erano dedite al furto dei materiali ferroviari, per rivenderli al ferrovecchio e guadagnare qualche soldo. 
Io non posso affermare che siano avvenuti fatti del genere. So che giravano delle voci su come Tizio si facesse i soldi. In ogni caso era un fatto veramente isolato. Tizio era un fanfarone. Quello che andava raccontando doveva essere sempre diviso per due. Altro che ladri, eravamo pieni di fame.

Udine - Via Baldasseria Bassa in uno scatto del 1977. Questo è il borgo della Piccola Parigi, luogo equivoco di un tempo
 Archivio della parrocchia di San Pio X

Baldasseria - Il maestro Alfredo Orzan ha descritto, nel 1984, il borgo della Piccola Parigi sul numero unico della parrocchia di San Pio X, dedicato alla sagra di Baldasseria. Secondo Carletto Domenico, intervistato nell'agosto del 1971, quando aveva 79 anni, in occasione della locale sagra, i casali di Baldasseria Bassa vennero denominati Piccola Parigi all'inizio del '900 (forse anche prima), quando la zona era un covo di contrabbandieri. Il centro della borgata era costituto dallo stallone o stazione per il cambio dei cavalli, fabbricato che fu poi adibito ad abitazione.
Nell'Ottocento, quando c'era il Regno Lombardo Veneto, le diligenze e le carrozze trainate da cavalli provenienti da Trieste, da Gorizia e dirette a Vienna, sostavano qui, per il cambio dei cavalli. Tale sosta favoriva il contrabbando di merci reperibili nel porto giuliano, ma attirava anche donne compiacenti in cerca di zerbinotti danarosi. Forse il toponimo nacque allora, per significare, come raccontava Carletto Domenico, il luogo poco raccomandabile e malfamato simile a certi quartieri della capitale francese. Era un quartiere a luci rosse, dove si sviluppava la prostituzione.
L'osteria Al Francese sorse dopo il 1945, per coincidenza nella stessa zona della Piccola Parigi. La intitolò Gino Colle, un emigrato in Francia per tanti anni. Ad intitolarla così furono gli stessi avventori che dicevano: "Anin a bevi un tai là dal francês" (Andiamo a bere un bicchiere di vino là dal francese). Ecco spiegati i francesismi di Baldasseria...

 Germano Vidussi, accosciato secondo da destra, nel gruppo Leoni di Via Baldasseria Media nel 1965; dietro si scorge la Cappella di San Pio X. Ringrazio per la fotografia: Germano Vidussi

Bibliografia: fonti edite
- Roberto Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuligiuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960, Udine, Istituto d’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”, 2015.
- Fausto Deganutti, In seconda io ero quasi sicuramente bravisimo! Adesso mi scricchiolano le ginocchia, [S.l., ma: Udine] : Selekta, 2012.
- Daniele Murello, Fantastici ’50 & ’60, Romagnano al Monte (SA), Book Sprint Edizioni, 2013.
- Li Noleggio (Lino Leggio), La banda delle cataste. I ragazzi del Friuli anni Cinquanta, Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 1999.
- Li Noleggio (Lino Leggio), Il resto a casa, Cierre Grafica, 2015 (vedi articolo di Fabiana Dallavalle sul "Messaggero Veneto" del giorno 8 giugno 2015, col titolo: "Quelle bande giovanili che a casa le buscavano").
- Franco Sguerzi – Elio Varutti, La nostra parrocchia di San Pio X a Udine 1958-2008. Cinquanta anni di memorie condivise, Udine, Academie dal Friûl, 2008.
- Per approfondire gli aspetti storici di Baldasseria, si può vedere in questo blog: Itinerario storico di Baldasseria, Udine, 19.04.2016.
-Per vari riferimenti ai tratti biografici di Giorgio Masiero sono riconoscente all’ottimo lavoro di Mario Blasoni, giornalista del Messaggero Veneto di Udine. Vedi in merito:
“Giorgio Masiero, il designer di Gheddafi”, in Mario Blasoni, Cento udinesi raccontano, Udine, La Nuova Base, 2004, pp. 282-284.
- Elio Varutti, "Il contesto del nuovo quartiere di Via Pradamano. Gioventù unita, sana e leale", Giorgio Della Longa (a cura di), Due uomini e una chiesa. San Pio X, Udine, Parrocchia di S. Pio X, 2019, pp. 100-109., 2019.
Udine, 1964 chierichetti di San Pio X, tutti nelle varie bande degli anni '60. Tutti agli ordini di don Adelindo dispensava certe forme educative che sono molto servite... Ringrazio per la diffusione della fotografia Germano Vidussi

Fonte auditiva     
- Udine anni cinquanta [Audioregistrazione] / con Lino Leggio, Nicola Cossar, Umberto Sereni; introduzione di Romano Vecchiet. - [Udine : s.n.], 2003. - 2 audiocassette (180 min.). - (Incontri con l'autore ; 2003/07/17) [Biblioteca civica V. Joppi, Udine].

Udine, Via della Madonnetta, anni 1965-1970. Ringrazio per la fotografia: Alessandro Rizzi.

Informatori

Oltre a Luciano Gon, Marcello Mencarelli, Germano Vidussi e Claudio Smedile, sono grato a Giorgio Romanello, Enzo Fattori, Sergio Romanelli, Loris Zanuttini, detto Zanza e Maurizio Corrado, per avermi precisato i ricordi di quando eravamo ragazzini.
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- L’articolo presente è stato in parte pubblicato sul numero unico per la sagra di Baldasseria, nella zona di Udine sud. Eccone la precisa citazione.

Elio Varutti, Le bande di Via Fornaci e di Baldasseria, «Festa insieme Baldasseria», 2016, pagg. 34-36.

Udine - Una cartolina di Porta Aquileia, 1949. Alle spalle del fotografo, oltre la ferrovia, c'è il quartiere di Udine Sud, con le case popolari di Via delle Fornaci, in costruzione dal 1950. In Via Pradamano, presso la ex-GIL funziona dal 1947 il Centro Smistamento Profughi, operativo fino al 1960. Di qui passarono oltre centomila esuli italiani d'Istria, di Fiume e dalla Dalmazia.

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