Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo di Carlo Cesare Montani, esule di Fiume, dedicato alla beatificazione di Papa Giovanni Paolo I (in latino: Ioannes Paulus PP. I, nato Albino Luciani; Canale d'Agordo, 17 ottobre 1912 – Città del Vaticano, 28 settembre 1978). A cura di Elio Varutti, per la redazione del blog.
---
IL SANTO PADRE
PALADINO DELL’ UMILTA’ NEL SEGNO DELLE
VIRTU’ TEOLOGALI: FEDE SPERANZA E CARITA’.
La celebre profezia di
otto secoli orsono, che sarebbe stata opera di Malachia, costituisce quasi
certamente un falso storico ma conserva un fascino tutto suo, nella misura in
cui ha potuto attribuire a oltre cento Papi della Chiesa Romana alcune
indicazioni formali di specifici ruoli e vocazioni,, in cui non è difficile
riconoscere qualche attinenza sia pure casuale con la realtà storica dei
rispettivi pontificati. Si pensi a Pio IX come Crux de Cruce (con ovvio riferimento prioritario alla fine del
temporalismo), a Pio XII quale Pastor
Angelicus (nel ricordo dell’impegno umanitario durante il secondo conflitto
mondiale), a Giovanni XXIII come Pastor
et Nauta (quale riconoscimento di un
nuovo ecumenismo collegato ai tanti viaggi) e per l’appunto, a Giovanni Paolo
I, nel riferimento alla “Medietate Lunae” quale metafora dei 33 giorni di
presenza del Papa Luciani sulla Cattedra di San Pietro, e quindi, per il breve
tempo corrispondente al ciclo lunare.
Oggi, con la
beatificazione avvenuta in Piazza San Pietro il 4 settembre 2022 dopo una lunga
istruttoria (non a caso si è parlato di procedura senza sconti), le virtù di
questo grande Pontefice sono state riconosciute anche sul piano dell’ortodossia
ufficiale, a cominciare da quella prioritaria dell’umiltà, praticata sin dagli
inizi della vita nella nativa Canale d’Agordo, per proseguire con fede,
speranza e carità, basi altrettanto inderogabili della viva esperienza
cristiana di Papa Luciani. Non a caso, in ciascuna delle quattro sole udienze
generali tenute durante il breve pontificato del 1978, la “lectio magistralis”
che i fedeli presenti poterono ascoltare dal Sommo Pontefice avrebbe riguardato
progressivamente, a cominciare all’umiltà, proprio quelle quattro virtù, viste
come modello di comportamento per il popolo di Dio.
Sono trascorsi quarantaquattro anni dall’improvvisa e sconcertante scomparsa di Papa Albino, avvenuta nella notte del 28 settembre, e non sono mancate congetture fantasiose ma talvolta pervicaci, circa le possibili cause. Sta di fatto che, partendo da Venezia per il Conclave di fine agosto, aveva manifestato la massima tranquillità ritenendo che le preferenze degli Eminentissimi elettori si sarebbero orientate verso altre candidature “eccellenti”. Ebbene, quando lo Spirito Santo dispose altrimenti, facendo convergere sul nome del Patriarca il 91 per cento dei 111 voti, la sua emozione fu straordinaria, e si protrasse per tutta la “luna” del pontificato, non senza dichiarazioni molto preoccupate per la nuova missione “ecumenica” in luogo di quelle pastorali di Vittorio Veneto o della stessa Venezia. Non a caso, al mattino del 28 settembre, quando ne fu scoperta la repentina scomparsa, fu trovato con un foglio in mano, contenente appunti per la quinta udienza che non ebbe luogo, e che avrebbe dovuto riguardare la virtù della prudenza.
Del resto, ormai da Papa, avrebbe confessato di avere avuto un attimo di perplessità nel momento in cui il “pericolo” dell’elezione al Soglio divenne certezza, ma di averlo superato, sia pure con ovvia e naturalissima emozione, pensando che la volontà del Signore corrisponde a disegni imperscrutabili. Probabilmente, in quello stesso momento gli sarebbe stato di conforto il ricordo della visita pastorale resa a Venezia dal predecessore Paolo VI in data 16 luglio 1972, quando Papa Montini pose la propria stola sulle spalle del Patriarca Luciani con un gesto che parve costituire un’investitura “ante litteram” e che ebbe un primo seguito tangibile nella successiva elevazione al ruolo cardinalizio, sopravvenuta nel marzo 1973.
Fra le curiosità
collaterali si può aggiungere che il Conclave avrebbe visto - caso unico nella
storia -la “fumata” inizialmente nera, tanto da far credere che l’elezione non
fosse avvenuta, salvo diventare bianca nel breve termine. Era stato
semplicemente un errore nell’alimentazione del camino.
Le cause di
beatificazione sono sempre lunghe, e quella del “Servo di Dio” Albino Luciani
non ha fatto eccezione alla regola, traducendosi in una lunga serie di
verifiche e di testimonianze, quasi tutte rese personalmente dagli interessati.
In ogni caso, anche nella fattispecie è stata accertata la realtà storica di un
miracolo documentato ufficialmente, con riferimento alla vicenda di Candela
Giarda, la piccola argentina guarita nell’estate dal 2011 da una grave forma di
epilessia maligna che l’aveva portata in punto di morte, e che fu
provvidenzialmente sottratta alla morte dall’intervento di Padre Juan José
Dabusti, nel momento in cui propose di pregare il Cardinale Luciani, da lui già
conosciuto nelle straordinarie virtù pastorali, non senza affermare che a dare questo
consiglio era stato lo Spirito Santo. Resta il fatto indubitabile che nel breve
volgere di due mesi a Candela fu riconosciuta clinicamente l’avvenuta
guarigione, e che nel 2022 ha inviato un video alla cerimonia di
beatificazione, quale testimonianza della sua storia.
Attestazioni toccanti
sono state rilasciate anche da Suor Margherita Marin e da Suor Vincenza
Taffarel della Congregazione di Santa Maria Bambina, le Consorelle che
trovarono il Papa defunto alla mattina del 28 settembre, e che ne hanno narrato
con grata memoria, anche le attenzioni per il loro lavoro. Tra l’altro,
Margherita rammentava che Luciani la esortava a “non avere troppa attenzione
nello stirare le camicie” con perdita di tempo prezioso per lavori più
importanti: sarebbe stato più che sufficiente farlo per “collo e polsi”.
Il saluto dell’ultima
sera ebbe luogo col tradizionale augurio della buona notte e con l’arrivederci
all’indomani, accompagnato da un memento di sapore biblico: “Se il Signore
vuole ancora”!
Nell’ambito delle testimonianze di famiglia, conviene citare quella di Lina Petri, figlia della sorella Antonia, nel ricordo delle cartoline che lo “Zio” le inviava da Roma durante il breve periodo del pontificato, e soprattutto delle importanti “chiacchierate” su figure di massima rilevanza nella storia della Chiesa, con particolare riguardo a grandi Santi del passato, senza dire degli aiuti che aveva dato e continuava a dare per le persone in difficoltà.
Non trascurava, tra l’altro, di ricordare che in occasione dei funerali di Pier Paolo Pasolini i Vescovi friulani gli avevano chiesto lumi su come comportarsi: ebbene, lui aveva umanamente risposto che tutti abbiamo bisogno della misericordia del Signore e che lo stesso Pasolini, già da adolescente, “era attaccato alla Chiesa, cosa davvero basilare”.
Ecco un esempio di
apertura e disponibilità, che peraltro non escludeva una forte intransigenza
sulle questioni generali. A quest’ultimo riguardo, conviene rammentare che nel
1974 assunse una posizione notevolmente forte sul referendum istituzionale in
materia d’interruzione degli effetti civili del matrimonio, fino al punto di
sciogliere la FUCI veneziana, ossia l’Organizzazione degli universitari
cattolici, a fronte dell’atteggiamento che aveva assunto in contrapposizione a quello
della gerarchia ecclesiastica. A maggior ragione intransigente fu sempre nella
difesa dei deboli, con particolare riguardo ai poveri, agli emarginati, ed
anche agli operai, in specie di Marghera, prendendo netta posizione contro i
licenziamenti, cercando di mediare alacremente, e compiendo parecchi gesti di
solidarietà personale, in analogia all’opera che nello stesso periodo andava
svolgendo Giorgio La Pira, il celebre “Sindaco Santo” di Firenze.
Per Papa Luciani, con
un richiamo che ricorda quasi paradossalmente quello di Gabriele d’Annunzio
durante la “Reggenza Italiana” di Fiume (1920), “la proprietà privata non
costituisce un diritto incondizionato e assoluto: nessuno è autorizzato a
riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri
mancano del necessario”. Analogamente, durante la sua Vice Presidenza della
Conferenza Episcopale Italiana, promosse la proposta di donare un punto
percentuale delle rendite acquisite dalle Chiese ricche, in favore di quelle
dei Paesi in via di sviluppo, dove diventava sempre più urgente “riparare il
peccato sociale”.
Last
but non least, aveva una memoria eccezionale che gli consentiva di fare frequenti
citazioni, sia di testi ecclesiastici sia di fonti laiche, a supporto delle sue
esternazioni. Basti pensare, se non altro per la speciale particolarità del suo
destino, a quella evangelica e paolina: “Siate pronti, perché nell’ora che non
immaginate il Figlio dell’Uomo verrà” (Mt. 24-44).
In politica
internazionale, era non meno attento alle ragioni della giustizia e al suo
permanente impegno contro l’iniquità, sulla falsariga della “Populorum
Progressio” di Papa Montini e di un convinto atto volitivo contro qualsiasi
conflitto, perché “ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile”. Ecco un’affermazione che conserva
sconcertanti valenze di attualità, e che merita l’attenzione comune quale
spunto di riflessione permanente, nell’ambito di comuni auspici dell’autentica
“pax christiana”.
Nonostante i molteplici impegni, viaggiò proficuamente all’estero: al riguardo, si devono ricordare la presenza in Germania del 1975 per partecipare alla “Giornata del lavoratore italiano” in programma a Mainz, quella in Svizzera del 1976 per incontrare gli emigrati; quella in Brasile del medesimo periodo, anche per la laurea “ad honorem” riconosciutagli a Rio Grande do Sul.
Soprattutto, si deve ricordare la lunga visita pastorale fatta in Burundi (agosto-settembre 1966) nell’ambito delle attenzioni per il Terzo Mondo che sarebbero emerse con forza anche nel Concilio: in tale occasione, fu precursore della prassi di porgere l’Eucarestia in mano (motivata da ragioni igienico-sanitarie) e di celebrare la Santa Messa in lingua locale, che poi sarebbero diventate prassi ordinaria per decisione vaticana.
Le motivazioni della
beatificazione hanno visto nell’Amore una sorta di “costante universale” cui il pensiero e l’azione del Santo Padre
Giovanni Paolo I furono incessantemente fedeli per tutta la vita, pur nella sofferta
consapevolezza degli effetti che avrebbero potuto indurre in termini di
“sacrificio, silenzio, incomprensione, solitudine” ma nella tranquilla
consapevolezza di onorare la volontà del Signore. Se non altro per questo, la
“lezione” di Papa Luciani si è giustamente tradotta nella determinazione di
proclamarne la beatitudine, non solo quale omaggio postumo a straordinarie
virtù, ma nello stesso tempo, come chiara indicazione di scelta etica e di
comportamenti umani, civili e sociali.
In buona sostanza, il Parroco Luciani, al pari dell’insegnante, del teologo, del Vescovo, del Patriarca, dell’Eminenza e del Papa, fu sempre fedele al lavoro, allo stile sobrio, alla solidale attenzione per gli umili, con una continuità e con una convinzione che ne esaltano il ruolo missionario, e nello stesso tempo indubbiamente maieutico, e ne suffragano “ad abundantiam” il senso prescrittivo, se non anche messianico, dell’ultima beatificazione.
Carlo
Cesare Montani
Nessun commento:
Posta un commento