venerdì 12 agosto 2016

In luce. Storia e simbologia dell’illuminazione, Udine


Questo volume esce come corredo alla mostra organizzata col titolo medesimo dal Museo Etnografico del Friuli. L’originale rassegna, sostenuta da Amga – Heragroup, è stata visitabile a Udine dal 15 dicembre 2015 al 29 maggio 2016, presso il museo stesso in Via Grazzano al civico numero 1.
La mostra è stata curata da Tiziana Ribezzi (conservatore del Museo Etnografico), Lucia Stefanelli (dell’Archivio di Stato di Udine) e Lucio Fabi (storico), con le eccezionali fotografie di Ulderica Da Pozzo.


Come spiega Federico Pirone, assessore alla Cultura del Comune di Udine, nella prolusione il museo friulano “ha raccolto l’iniziativa di educazione e sensibilizzazione voluta dall’UNESCO e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU” di dichiarare il 2015 Anno internazionale della Luce e delle tecnologie basate su di essa.

È significativo l’apporto dell’Azienda municipalizzata del gas e dell’acqua, perché la vita di tale attività pubblica coincide con la  storia della pubblica illuminazione cittadina. Udine fu una delle prime città al mondo ad essere illuminata mediante l’energia elettrica, con il grande contributo di quel genio che fu Arturo Malignani. “Era il 1888 – spiega Romano Vecchiet, dirigente del Servizio Integrato Musei e Biblioteche a Udine, nella seconda prolusione del volume – Il giovanissimo Malignani, ideatore di un brevetto che garantiva alla lampadina una vita ben superiore a quella prodotta da Edison, con risultati commerciali decisamente molto promettenti, si imponeva sulla scena mondiale”.

Lo stesso Malignani volle l’introduzione del tram elettrico. Dapprima solo urbano e poi anche verso Feletto, Tavagnacco, Tricesimo e Tarcento (con le carrozze bianche, la “vacje blancje” – diceva la gente, per via della tromba di segnalazione, molto simile al muggito). Poi il tram andò pure verso San Daniele, con le carrozze verdi.

Il primo saggio, scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina Annaccarato, inizia con la storia del fuoco per arrivare alla lampadina elettrica e al led (Light Emitting Diode), passando per la torcia, la lucerna, la candela, il lume ad olio, la lanterna.
È sulla lampadina inventata da Malignani che ci si sofferma. Quanti in città o in Friuli conoscono la sua geniale scoperta? Nel 1884 presenta la sua invenzione alle autorità cittadine. Era al corrente delle invenzioni di Thomas Edison e del piemontese Alessandro Cruto. Essi avevano creato le primordiali lampadine di filamento a incandescenza, ma avevano una bassa durata.
Allora Malignani, oltre che a lavorare bene il vetro, preparò un’ampolla con un filamento di grafite lungo tre centimetri che assicurava una luce più bianca, immobile e di doppia durata e luminosità rispetto al filamento delle lampade di Cruto e di Edison. Malignani inventò anche il modo per creare il vuoto dentro le ampolle che sarebbero diventate lampadine. Mostrò la tecnica a New York a Edison che si comprò subito i diritti di brevetto del sistema chimico-industriale friulano. Tale sistema è impiegato ancor oggi per la vuotatura delle ampolle.
Lucia Stefanelli propone al lettore il saggio col titolo “La luce per la città”. Così scopriamo che nel 1381 il Comune deliberava di tenere acceso un ferale sotto la Loggia comunale e si poteva circolare la notte solo con un lume a mano. Poi sotto l’Austria il progresso portò l’illuminazione a gas, tuttavia fu proprio un guasto, il 19 febbraio 1879, con una fuga di gas la causa di un devastante incendio della Loggia del Lionello. È documentata anche in questo contributo l’attività industriale di Arturo Malignani.

Il saggio successivo, scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina Annaccarato si intitola “La luce per lavorare, viaggiare e nel buio della terra”. Oltre alle lampade dei minatori, vengono descritti i lumi da navigazione, i fari marittimi, le lampade ferroviarie da segnalazione e quelle stradali. Ci sono pure lampade sterilizzatrici per laboratori farmaceutici, oppure quelle per la merlettaia, oppure quelle a luce rossa per lo sviluppo della stampe fotografiche

Il quarto brano è opera di Tiziana Ribezzi, Valentina Annaccarato e Giorgio Linda. Ha per titolo: “La luce, simbolo religioso”. In questo campo candele e candelabri vanno alla grande, ma ci sono pure i putti ceroferari, lanterne processionali e candelabri ebraici per la festa di Chanukkà.

Il quinto contributo scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina Annaccarato, si intitola “La luce e l’intrattenimento”. In questo capitolo a farla da padrona è la lanterna magica, con gli spettacoli organizzati in strada nei secoli scorsi.
Sopra: reparto someggiato con riflettore da 60 cm.
Sotto: Riflettore automontato da 90 cm.


L’ultimo saggio sulla Prima guerra mondiale, opera di Lucio Fabi, ha per titolo: “Luci di Guerra”. Qui il repertorio è vario e stimolante. Si va dai riflettori giganteschi montati sui primi camion, alla “Taschenlampe” appesa al collo dei soldati germanici, alle lanterne pieghevoli o da segnalazione, fino alla lampada a carburo o ad acetilene. C’è pure una vezzosa lanterna da marcia a soffietto, oppure le lanterne autoprodotte dai militari stessi in trincea, utilizzando barattoli vuoti di cibo o, addirittura, le bombe a mano svuotate. 

In chiusura dell’interessante volume si trova un paragrafo di Appartati con aspetti di fisica della luce, oppure l’influenza della luce nelle opere d’arte e una bibliografia orientata.

Ogni tanto nel libro fa la sua bella mostra un manifesto sul tema della luce, dal 1898 al 1924. Le  opere sono del Museo di Treviso, Collezione Salce, su concessione del Polo museale del Veneto.

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Curiosità: proprio difronte al museo di Udine è attivo da anni un efficiente negozio di elettricista, dove trovi di tutto. Poi si dice che tante volte sono solo delle coincidenze...


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Tiziana Ribezzi (a cura di), In luce. Storia, arte e simbologia dell’illuminazione, Udine, Quaderni del Museo Etnografico del Friuli, 2016, p. 160. (fotografie b/n e colori).

ISBN 978-88-95752-22-8

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