Riceviamo e pubblichiamo con interesse il resoconto del Ricordo del mondo esule e le celebrazioni di Latina nel LXXVII anniversario dell’uccisione nella foiba della giovane laureanda istriana. Si ringrazia Laura Brussi, esule da Pola, che ci ha inviato la cronaca dell’avvenimento del 5 ottobre 2020. È riportato, prima di tutto, l’esclusivo ricordo di un suo giovane alunno alla scuola media di Parenzo, dove la professoressa Norma Cossetto era stata nominata supplente nell’anno scolastico 1942-1943. L’alunno è Ottavio Sicconi, esule a Latina. Anche le originali fotografie che corredano l’articolo presente, inviateci cortesemente da Laura Brussi, sono inedite ed esclusive. Poche settimane dopo lo scatto di queste immagini, la Cossetto veniva seviziata e uccisa da 17 partigiani titini. -
Premessa a cura della redazione del blog (Elio Varutti)
Norma e Ottavio Sicconi con gli alunni. Collezione Laura Brussi
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Ottavio Sicconi ricorda come quella fosse stata “una
giornata indimenticabile, all’insegna di canti e giochi. Nulla faceva presagire
ciò che accadde dopo pochi mesi! Resta il ricordo indelebile di Norma, con la
certezza che dal Cielo continuerà a proteggere i suoi cari ed i suoi alunni”.
Ricorda ancora Sicconi: “A Norma è legato un ricordo affettuoso e straziante: era una ragazza di 23 anni, quasi nostra coetanea, con uno splendente sorriso, sempre disponibile, molto patriottica ed ottimista, con tanta fiducia nel futuro, sia militare che politico. Rammento la sua grande amicizia con la famiglia Visentini, che ebbe due Medaglie d’Oro al Valor Militare: quelle di Mario, Capitano Pilota, e di Licio, Tenente di Vascello, conferite rispettivamente nel cielo di Cheren e nelle acque di Gibilterra. All’epoca, la tradizionale gita scolastica consisteva in una passeggiata alla fine dell’anno. In quell’occasione, ad accompagnarci fu proprio Norma: andammo lungo il mare, facemmo il bagno, cantammo, ed al rientro lei volle fermarsi al ‘Caffè Parentino’ per offrire a tutti un bel gelato. Poi ci salutò con un ampio gesto della mano, dandoci appuntamento per la ripresa autunnale: fu l’ultima volta che la vidi! Come tutti sanno, i partigiani la infoibarono il 5 ottobre a Villa Surani, dopo indicibili ed allucinanti torture”.
Ottavio Sicconi, alunno di Norma Cossetto
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Nel 2020 si è celebrato il centenario dalla nascita di
Norma Cossetto, la giovane patriota istriana seviziata e assassinata dai
partigiani comunisti di Tito nel torbido autunno del 1943, ormai assurta a
simbolo della tragedia di un intero popolo: in Italia, quello giuliano e
dalmata fu il più colpito dalla guerra e dalle sue conseguenze a medio e lungo
termine, alla luce dei 20 mila Caduti per cause non belliche e dei suoi 350
mila Esuli, un quarto dei quali destinati all’ulteriore diaspora
dell’emigrazione in Pesi lontani a seguito dell’accoglienza non certo ottimale
ricevuta troppo spesso da una patria matrigna.
Norma era nata a Santa Domenica di Visinada dove stava
preparando la tesi di laurea dedicata alla sua Istria, che avrebbe dovuto
discutere a Padova, quando sopravvenne l’armistizio dell’otto settembre 1943
che nelle zone del confine orientale fu immediatamente seguito dalla caccia
agli italiani, ancor prima del momentaneo e precario ripristino di una
sovranità nazionale largamente affievolita dalla presenza tedesca. Assieme alla
famiglia finì subito nel mirino dei partigiani che la sequestrarono e le
usarono ogni tipo di violenza prima di infoibarla a Villa Surani nella notte
del 5 ottobre assieme a tante altre Vittime innocenti. Le efferatezze furono
tanto più forti perché costoro non avevano accettato il rifiuto opposto da
Norma alla pretesa di tradire l’Italia e di scegliere un ‘verbo’ oggettivamente
perverso: motivo che avrebbe suffragato, in tempi largamente successivi, il
conferimento della Medaglia d’Oro ad memoriam per iniziativa del
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, avvenuto nel 2006.
La storia di Norma, che oltre a preparare la tesi
aveva assunto una supplenza di lettere nella Scuola media di Parenzo dove
avrebbe lasciato ricordi indelebili della sua cordiale e affettuosa
disponibilità, e che sognava un futuro felice nella sua Istria, è tutta qui. A
prescindere dai tanti dettagli circa la nobiltà dei suoi pensieri e dei suoi
atteggiamenti, opportunamente memorizzati dai biografi e dagli storici, il suo
dramma resta quello di una donna travolta da una vicenda iniqua e dal disegno
di pulizia etnica e politica programmata con metodo sicuro dai pretoriani di
Tito, non senza l’aggravamento di varianti proprie.
In qualche misura si tratta di una storia breve ma
emblematica e di un contributo alla storia di un genocidio che non ha bisogno
di soverchi commenti. Non a caso, il nome di Norma è stato affidato al ricordo
dei posteri con una lunga serie di monumenti eretti in suo onore, e di titolazioni
toponomastiche di luoghi pubblici, non escluse quelle di aule scolastiche,
biblioteche, sale comunali e via dicendo. Evidentemente, la sua storia,
conclusa da una fine orribile a causa della ‘malefica stella vermiglia’
citata nell’iscrizione del Sacrario di Basovizza, ha colpito l’inconscio
collettivo lasciando una traccia indelebile nelle menti e nei cuori di tanti
italiani, e promuovendo un ventaglio d’iniziative idoneo a sottolineare la
perenne attualità dei valori ‘non negoziabili’ tanto più apprezzabile in
un’epoca individualista - se non anche nichilista - come la nostra.
In tale ottica, quella del Cinque Ottobre di Norma è
diventata una ricorrenza quasi sacrale, in cui permane una ‘pietas’ non
solo rituale per la giovane Vittima dell’odio altrui che lei aveva ricambiato
con l’entusiasmo del suo atteggiamento di solare cordialità; ma prima ancora,
in cui permane la condivisione dei suoi alti ideali e del suo impegno
patriottico, non già a parole, ma nell’ambito della famiglia, dello studio e
della professione. In tutta sintesi, si tratta di un esempio idoneo a
trascendere il tempo e lo spazio, e da ergersi a modello di vita semplice, e
nello stesso tempo, testimone di una forte volontà nell’opposizione a ogni tipo
di violenza fisica e morale.
Conviene aggiungere che quella di Norma fu la tragedia
di un’intera famiglia, perché la medesima sorte fu riservata al padre Giuseppe:
preoccupato per la sua prigionia, e ignaro della fine già sopravvenuta, era
rientrato da Trieste e aveva iniziato a cercare la figlia, ma fu intercettato
da una banda partigiana e barbaramente ucciso. Eppure, era un uomo giusto che
non mancava di sovvenire alle esigenze della sua gente, come emerge da tante
testimonianze, a cominciare da quelle dell’altra figlia Licia, che dopo una
rocambolesca fuga per l’esilio avrebbe dedicato tutta la vita al ricordo di
Norma, fino alla scomparsa che avvenne proprio nel LXX anniversario del suo
sacrificio (nel 2013) mentre si stava recando a Trieste per la celebrazione del
Cinque Ottobre.
Il centenario di Norma ha consentito a tanti Comuni
italiani di ricordare nuovamente Norma assieme al suo esempio; e con lei, la
tragedia del suo popolo, alla luce del vecchio auspicio per cui ‘indocti
discant et ament meminisse periti’. Un pensiero speciale deve essere
riservato a Latina, anche alla luce della sua benemerita accoglienza storica di
tanti Esuli e di una forte tradizione nella memorialistica patriottica,
testimoniata dai suoi monumenti e dai suoi ricordi. In effetti, la città
laziale era stata all’avanguardia, subito dopo l’approvazione della Legge 30
marzo 2004 n. 92, nell’affidare al marmo un pensiero per gli Esuli e gli
Infoibati o diversamente massacrati, con alti sentimenti confermati in un’altra
pietra appena scoperta per Norma Cossetto in occasione del centenario dalla
nascita, quale riconoscimento dei suoi ideali e della sua Medaglia d’Oro.
Al riguardo, si deve menzionare la cerimonia svoltasi
in occasione del LXXVII anniversario dall’atroce scomparsa in foiba (5
ottobre), alla presenza di Autorità civili e militari e delle Associazioni
d’Arma, con l’intervento del Sindaco Damiano Coletta, che non ha mancato di
onorare il messaggio di fedeltà ai valori civili, culturali e umani di Norma e
all’alto esempio che seppe offrire alle comuni riflessioni; e con quello di
Piero Simoneschi, che ha evocato il doloroso ma eroico calvario della Martire
istriana fino all’olocausto della vita; per finire con la celebre ‘Preghiera
dell’Infoibato’ scritta da Mons. Antonio Santin, letta con evidente
commozione da Ottavio Sicconi, Esule da Parenzo, che era stato allievo di Norma
durante il suo ultimo anno di insegnamento, e che ne ha dato testimonianze
coinvolgenti e indimenticabili.
Il ringraziamento a Latina deve intendersi
simbolicamente esteso a tutte le Città che hanno assunto decisioni analoghe,
lungi da ogni intento meramente formale o celebrativo, ancorché meritorio, ma
nella consapevolezza di proporre l’obbligo di non dimenticare alla stregua di
un adeguato senso civico e di una riflessione davvero propositiva: come avrebbe
detto David Ben Gurion, un popolo senza ricordo è un popolo senza futuro.
Oggi non è infondato chiedersi come mai Norma sia
diventata un simbolo del dramma vissuto da almeno Ventimila Vittime infoibate o
diversamente massacrate dai partigiani di Tito. Si tratta di una domanda
legittima, tanto più che almeno settecento donne (per non parlare di tanti
minori), come da pertinente ricerca di Giuseppina Mellace, conobbero lo stesso
destino nefando, spesso con la tremenda fine in foiba che non sempre era
immediata, come è emerso dalle testimonianze di chi udiva per giorni le urla
disperate provenienti dagli anfratti del terreno. La risposta non è difficile:
Norma era buona, bella e colta, apparteneva a famiglia importante, e si
affacciava alla vita con tutte le speranze dei suoi giovani anni, troncate sul
nascere dalla protervia criminale dei suoi diciassette aguzzini.
Come la sorella Licia non si stancava di ripetere nel
corso delle innumerevoli iniziative in memoria di Norma a cui ha partecipato
durante tutta la vita, costoro erano tutti italiani al servizio degli slavi:
dopo la rapida riconquista dell’Istria da parte tedesca furono prontamente
catturati, riconosciuti e costretti a vegliare le Spoglie mortali di Norma
(appena recuperate dalla foiba ad opera della squadra di Vigili del Fuoco
comandata dall’eroico Maresciallo Harzarich) durante la notte precedente la
fucilazione. Al lume di candela, in un’atmosfera resa surreale dalla paura e
dall’ambiente, tre di loro impazzirono ma non furono risparmiati: la Nemesi di
carducciana memoria aveva colpito senza sconti.
L’appartenenza degli assassini all’etnia italiana la
dice lunga circa le matrici di una tragedia tanto più assurda qualora si pensi
che la famiglia Cossetto non aveva mancato di esercitare ampie attività
benefattrici a vantaggio di tutti, vanificando le ipotesi formulate a
posteriori sul ‘fumus’ di vendetta che avrebbe caratterizzato le
agghiaccianti soppressioni in foiba, che appartenevano - invece - al disegno di
pulizia etnica programmato da Belgrado ed eseguito senza remore, come fu
ammesso in tempi successivi da massimi luogotenenti di Tito del calibro di
Edvard Kardelj e Milovan Djilas.
Tutto ciò avrebbe contribuito in misura importante al
ricordo di Norma come martire dell’italianità, ma prima ancora, della civiltà;
poi le notizie circa il suo comportamento eroico hanno fatto il resto,
suffragando gli onori che le furono, le sono e le saranno resi, a cominciare
dalla Medaglia d’Oro del Quirinale.
Norma Cossetto ha pagato con la vita il suo impegno
per l’Italia, per la giustizia e per la libertà, come è stato ricordato sulle
pietre che l’Università patavina le ha dedicato a più riprese, unitamente alla
laurea “honoris causa” conferita nel 1949 per iniziativa del Prof.
Concetto Marchesi e per decisione unanime del Senato Accademico: il grande
latinista militava nel Partito Comunista Italiano ma era un uomo giusto che
aveva compreso il dramma della sua allieva senza la benché minima simpatia per
gli assassini.
Giorni orsono, l’ANPI (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia) di Assisi ha volgarmente insinuato che Norma è stata una ‘presunta’
Martire delle foibe, alludendo non già al fatto incontestabile confermato dal
citato recupero negli anfratti del terreno ad opera dei Vigili, ma al triste
destino di tanti prigionieri che nulla poterono opporre alla protervia dei
torturatori. Ebbene, gli infaticabili ‘presunti’ partigiani hanno commesso un
altro errore, non senza offendere, oltre a quella di Norma, anche la memoria
del Presidente Ciampi: infatti, tutti dovrebbero sapere che la Medaglia d’Oro
fu conferita proprio alla luce del nobile comportamento assunto dalla Martire
davanti al nemico, e del rifiuto di impossibili collaborazioni.
Quel grande sacrificio non è stato moralmente vano, perché
ha consentito di meditare sulle motivazioni e sul valore di scelte come quella
di Norma, che fu capace di escludere l’ipotesi di ogni compromesso e di
ripudiare ‘le vie dell’iniquità’ di cui alla citata preghiera di Mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria in quella stagione disumana.
In effetti, il male è sempre in agguato ma l’esempio dei Martiri che non
vollero piegarsi alla violenza istituzionale, alla tortura più nefanda e
all’ateismo di Stato è destinato a dare frutti copiosi: soprattutto se quelle
meditazioni sapranno indurre una “volontà generale” idonea a spostare l’ardua
frontiera del possibile.
Laura Brussi, Volontariato per non dimenticare
Testi di Laura Brussi. Servizio redazionale e di Networking a cura di Tulia
Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie da collezioni
private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI – 33100 Udine. – orario: da
lunedì a venerdì ore 9,30-12,30.
Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
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