mercoledì 30 dicembre 2020

Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti, mio fratello caduto sotto i ferri di Menghele, di Mario De Simone

Il Circolo culturale della Parrocchia di San Pio X di Udine dal 2016 si occupa di commemorare la Giornata della Memoria. Negli ultimi anni le iniziative sono rientrate nel calendario delle attività del Comune di Udine. Quest’anno iniziamo le attività con la pubblicazione di un interessante ed originale contributo di Mario De Simone, di Napoli, fratello di Sergio De Simone, un bambino deportato vittima dell’Olocausto. Gli è stato detto: "Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti". Dal lager di Auschwitz, fu l’unico italiano tra i 20 bambini di varia nazionalità lì selezionati da Menghele come cavie umane per esperimenti medici compiuti dal dottor Kurt Heissmeyer nel campo di concentramento di Neuengamme, presso Amburgo. Proprio la città di Amburgo, di recente, ha dedicato un toponimo al bambino Sergio De Simone, vicino al Wassermann Park. L’intitolazione è: “Sergio-De-Simone Stieg”.  Per l'appoggio ricevuto siamo riconoscenti a don Maurizio Michelutti, coordinatore della Collaborazione pastorale di Udine sud.                             (A cura di Tiziana Menotti e Elio Varutti)

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I fatti della seconda guerra mondiale che riguardano le sofferenze e le persecuzioni subite da grandi parti delle popolazioni europee per motivi politici, religiosi o di appartenenza ad una “razza” sono stati per molto tempo sottaciuti o evitati con un senso di imbarazzato fastidio.

L’appartenenza ad etnie o, come si diceva allora, a ‘razze’ diverse da una fantomatica ‘razza’ ariana mai esistita sulla terra è stata utilizzata dal nazionalsocialismo per indicare una ‘razza’ superiore da contrapporre alle razze inferiori costituite da ebrei (indicati come responsabili di tutti i guai che erano piombati sulla Germania dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale) e zingari (che davano fastidio con quel loro modo di vivere fuori dagli schemi di una ordinata società borghese e disciplinata). Oltre, naturalmente ad alcuni tipologie di ‘sottouomini’ quali comunisti, omosessuali, persone con problemi psichici o fisici, neri o di altro colore tutti soggetti che turbavano il quieto vivere della società nazista.

Com'è noto queste scelte odiose furono adottate anche dal fascismo e, nonostante la sostanziale indifferenza per il problema da parte del popolo italiano, furono fatte proprie anche da esponenti del mondo della cultura che speravano in questo modo di fare carriera e di avere i loro vantaggi accademici, culturali, giornalistici e patrimoniali.

Le leggi razziali del 1938 costituiscono un’imperdonabile scelta politica del governo fascista e della casa reale del nostro sfortunato paese, che adottandole si contrassegnarono con maggiore evidenza per quello che rappresentavano: un governo razzista, usurpatore, violento e contrario agli interessi degli italiani che dicevano invece di tutelare.

Tutto questo è stato fino a oggi, a contrario di quello che molti pensano, troppo poco indagato dagli storici. Del dolore arrecato alle persone moltissimi hanno cominciato ad avere conoscenza solo dopo l’entrata in vigore della legge 20 luglio 2000 n° 211 che istituisce il Giorno della Memoria, che si commemora in Italia il 27 gennaio di ogni anno nella data di liberazione del campo di Auschwitz da parte dei soldati dell’Armata Rossa.

È in questo contesto che si inquadra la vicenda della mia famiglia materna e del mio povero fratello Sergio. Nel marzo del 1944 le SS, accompagnate dai fascisti locali e da un delatore si presentarono presso la casa della mia famiglia, di origine ebraica, a Fiume [vicino all’Istria, NdR], che allora era italiana. Lì trovarono e deportarono mia nonna Rosa, mio zio Jossi con la moglie, mia Zia Sonia che viveva con la sua mamma anziana, mia zia Mira con le mie due cuginette Andra a Tatiana e mia madre Gisella con mio fratello Sergio.

Sergio De Simone e cugine Tatiana e Alessandra; foto dal web

Io sono qui a scrivere queste righe perché sono nato dopo la guerra quando mia madre, tornata da Auschwitz insieme alla sorella Mira, rientrò a Napoli e lì rincontrò mio padre anch’egli rientrato dalla prigionia come militare in Germania dove era stato condotto prigioniero per difendere la ‘Patria’ che nel frattempo gli distruggeva la famiglia. Nella terribile storia della mia famiglia materna, di cui sono tornate solo quattro persone su tredici deportate in vari momenti, la storia di mio fratello riveste un particolare significato per la sua drammaticità e crudeltà.

Infatti, come è ormai noto, il destino di mio fratello Sergio prende una strada diversa da quella delle mie cugine. Drammaticamente diversa. Egli, infatti, fu scelto dai nazisti con un vile trucco, ‘chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti’, insieme ad altri 19 bambini ebrei o presunti tali prelevati dal lager di Auschwitz, trasportati a Neuengamme per essere sottoposti ad esperimenti medici sulla TBC da uno pseudo medico di Amburgo. Qui in un contesto surreale, in cui non vi erano blokove compiacenti ma solo adulti malvagi e crudeli, furono usati come cavie. [Nei lager femminili la funzione del Kapo veniva svolta dalla Blokove, NdR]. Pensate, usati come cavie: oggi abbiamo remore anche ad usare i topi o altri animali grazie alle associazioni animaliste che giustamente li tutelano.

Furono tutti uccisi nella scuola di Bullenhuser Damm ad Amburgo. In quella città, il 20 aprile del 1945, Sergio, gli altri 19 bambini, i medici e gli infermieri prigionieri che furono costretti a collaborare con Heissmayer e che per quello che potevano, tentarono di mitigare gli effetti della folle sperimentazione, i prigionieri russi utilizzati come inservienti, furono tutti eliminati ed i loro corpi inceneriti e dispersi per distruggere, insieme alle prove cartacee delle malefatte, anche le vittime, perché tanto “nessuno avrebbe mai creduto alla narrazione di quello che è accaduto realmente”, come diceva Himmler sperando nell'impunità dopo la guerra.

La storia di mio fratello e degli altri 19 bambini rappresenta la parte non a lieto fine delle storie legate alle persecuzioni razziali nazifasciste e per questo io ritengo che non debba essere mai taciuta o solo accennata ma narrata e conosciuta nel pieno dei suoi particolari aberranti per mettere tutti, moderni razzisti e non, davanti alle proprie responsabilità in particolare in relazione alle scelte politiche attuali spesso superficialmente adottate.

Voglio infine chiarire le motivazioni che mi hanno condotto a divulgare questa storia da quando ne sono venuto a conoscenza nel lontano 1995. In quell’anno fui chiamato ad Amburgo dalla Associazione dei venti bambini di Bullenhuser Damm in quanto il giornalista tedesco Gunter Schwarberg, che con fatica era riuscito a ricostruire la storia dei bambini e dei prigionieri ed a far condannare i responsabili. Nella cerimonia di commemorazione Gunter mi rivelò la storia della fine del mio povero fratello. La storia mi sconvolse e mi indignò profondamente e già sull’aereo del ritorno d’accordo con mia moglie decidemmo che non poteva rimanere chiusa nella mia famiglia ma doveva essere portata a conoscenza del maggior numero di persone possibile.

Arrivati a Napoli prendemmo contatto con la giornalista Titti Marrone del quotidiano “Il Mattino” di Napoli la quale scrisse degli articoli molto belli e poi decise di scrivere un libro su questa storia “Meglio non sapere” coinvolgendo anche le mie due cugine Tatiana e Andra Bucci. Questo è il primo dei tanti altri che successivamente sono stati pubblicati.

Questo è il motivo, infine, per cui io, come le mie cugine, non ci risparmiamo a divulgare, specie nelle scuole e nei luoghi della conoscenza, la narrazione delle nostre vicende.

Mario De Simone

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Fotografie qui accanto e poco sopra - Luneburgo (Germania), edificio adattato a Campo di concentramento nel 1943, sottocampo di Neuengamme per deportati utilizzati come forza lavoro nello sgombero di macerie in seguito ai devastanti bombardamenti alleati su Amburgo. Fotografie di Daniela Conighi, 2019.

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Cenni bibliografici e del web

Maria Pia Bernicchia (a cura di), Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti. I 20 bambini di Bullenhuser Damm una carezza per la memoria, Milano, Proedi, 2005-2006.

Elio Varutti, Ebrei di Fiume in transito a Udine per Auschwitz 1944-1945. Riflessioni, on line dal 16 gennaio 2019 su eliovarutti.blogspot.com

E. Varutti, Shoah dietro l’angolo. Carceri naziste nelle case di Udine, 1943-1945, on line dal 31 dicembre 2020 su evarutti.wixsite.com

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Autore principale: Mario De Simone. Testo a cura di Tiziana Menotti e Elio Varutti, per il Circolo culturale della Parrocchia di San Pio X, Udine. Servizio redazionale e di Networking a cura di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Tiziana Menotti, e Sebastiano Pio Zucchiatti. Copertina: Fiume 1943, Sergio De Simone con le cugine Andra e Tatiana Bucci, dietro, la mamma Gisella Perlow De Simone (al centro) e le zie Mira Perlow Bucci e Paula Perlow; Collez. privata. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo. Aderiscono: il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e l’Associazione Nazionale Ex Deportati politici (ANED) di Udine.



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