martedì 15 febbraio 2022

La bambina con la valigia, Egea Haffner. Una vicenda umana nella tragedia dell’Istria (1943-1947)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo nel blog un articolo di Laura Brussi, esule di Pola. La ringraziamo per le significative parole dedicate all’esodo giuliano dalmata e all’icona di quel fatto storico: Egea, la bambina con la valigia. La congiura del silenzio si sta sfaldando e dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo del 2004 sempre più esuli e loro discendenti  hanno il coraggio di raccontare in pubblico la propria struggente testimonianza. Siamo convinti che così si recupera un pezzo di storia d’Italia negata per troppo tempo. Ecco il commovente testo di Laura Brussi. 

(a cura di Elio Varutti)

La grande storia non è fatta soltanto dal pensiero umano e dagli eventi che ne sono scaturiti, né tanto meno dalle ideologie susseguitesi nel corso dei tempi. Al contrario, si compone anche di un’immensa cifra delle storie personali che, alla fine, hanno contribuito a determinare lo svolgimento di quella generale, e con essa, dei grandi valori umani e civili, in lotta perenne con ricorrenti iniquità.

In queste storie personali s’inserisce a buon diritto quella di Egea Haffner, la discreta “Esule Giuliana 30001” che è diventata un simbolo della tragedia di Pola, trovando spazio anche in un volume di  riferimento che la stessa Egea ha scritto assieme a Gigliola Alvisi, con il decisivo supporto di “un importante Maestro”, il marito Gianni (La Bambina con la valigia: il mio viaggio tra i ricordi di esule al tempo delle foibe, Edizioni Piemme, Milano 2022, pagg. 206) e che si legge davvero di getto, a conferma di interesse e partecipazione coinvolgenti.

Nel tenebroso maggio del 1945, mentre altrove trionfava la pace, una Pola atterrita assisteva con  sgomento alle violenze indiscriminate del nuovo padrone, a cominciare da quelle che ebbero per involontarie protagoniste le tante foibe del territorio circostante. In una di queste voragini scomparve anche l’amato buon padre di Egea, persona integerrima di soli ventisei anni, ucciso proditoriamente dai partigiani slavi, come tanti altri, per la “sola colpa di essere italiano”.

Papà Kurt fu catturato a tre giorni dalla “conquista” titina del capoluogo istriano, presenti i familiari, con la consueta scusa di un semplice “controllo”. Purtroppo non sarebbe più tornato, e la prova del suo infame destino sarebbe giunta dopo qualche giorno, quando uno degli aguzzini fu visto in città con la sciarpa che papà aveva indossato al momento dell’arresto. Per Egea, che aveva appena tre anni, quella fu una tragedia tanto improvvisa quanto traumatica, seguita a breve dal dramma dell’esodo, dapprima per la Sardegna e poi per l’Alto Adige.

Nonostante l’età infantile, la “bambina con la valigia” comprese subito che avrebbe dovuto “abbandonare la riva sicura dell’amore per un mare ignoto” incontrando tutto lo strazio di “quel dolore segreto che solo i bambini sanno provare”. Il resto diventa un corollario: le incomprensioni di un popolo che usciva dalla grande tragedia collettiva della guerra, delle distruzioni e della morte; il trattamento non troppo cristiano ricevuto da qualche Suora del Collegio alto-atesino dove avrebbe frequentato i primi due anni di scuola elementare, prima che la zia Ilse la trasferisse in quella pubblica; i disagi rivenienti dalle abitazioni precarie e dalle pesanti ristrettezze economiche.

Eppure, la vita doveva continuare. Egea, diventata improvvisamente ben più matura della sua età anagrafica, fu capace di reagire in maniera costruttiva alla sventura da cui era stata colpita, al pari del “vir bonus” di Seneca posto davanti alla “mala fortuna”. Di qui, la sua capacità di apprezzare quanto poteva esserle offerto, come le limpide acque di un mare che ricordava tanto quello della sua Istria; la “fortuna” di avere evitato i disagi e le promiscuità dei tristissimi campi profughi; e più tardi, la scoperta di valide e serie attitudini professionali, come accadde con la prima vendita “senza sconto” di un piccolo gioiello nel negozio dello zio.  Egea avrebbe progredito bene anche nello studio, e non appena giunta in età idonea, fu subito assunta dall’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Statali. Mantenne un buon rapporto con la mamma che era rimasta a Cagliari dove, in seguito, aveva costruito una nuova famiglia, ma volle rimanere a Bolzano con lo zio Alfonso e con Ilse, che ebbe il dolore di perdere quando la zia era in età ancora giovane.

Poi, ci fu l’incontro con Gianni, che sarebbe diventato l’uomo della sua vita e padre delle sue figlie Roberta e Ilse, e che dopo la laurea in Ingegneria avrebbe assunto posizioni di crescente rilievo professionale, fissando la residenza familiare nella bella casa di Rovereto, non lontano dalla Campana dei Caduti. L’Ing. Giovanni Tomazzoni, uomo giusto, coniuge e padre esemplare, è appena scomparso, ma Egea ha affrontato il dolore nella consapevolezza che, al pari del papà, è sempre accanto a lei, con una sommessa, costante, protettiva Presenza.

Oggi, Egea dedica molto tempo al Ricordo, compreso quello istituzionale di cui alla Legge 30 marzo 2004 n. 92, che ha voluto onorare i venti mila Martiri delle foibe o altrimenti massacrati dai partigiani di Tito, e con essi, i 350 mila Esuli da Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, facendo contestualmente conoscere le “complesse vicende del confine orientale”. In questa prospettiva si deve inquadrare, fra l’altro, l’attività di Egea - con il cuore italiano sempre a Pola - nell’ambito delle più recenti iniziative per onorare la memoria delle Vittime e il dramma degli Esuli.

In tale ambito, una realizzazione di alto spessore mediatico e simbolico è costituita dal Museo “Egea” sorto a Fertilia dei Giuliani (Sassari) proprio nel suo Nome, e in omaggio ai tanti profughi che costituirono il primo nucleo di un nuovo aggregato comunitario programmato all’insegna della speranza e della fede nei valori “non negoziabili”: per l’appunto, quelli della Bambina con la valigia.

Un contributo fondamentale all’iniziativa sarda è stato conferito da Egea e da Gianni Tomazzoni. Il Museo, voluto dalla Giunta Regionale nel complesso delle ex Officine EGAS  per onorare gli Esuli, a cominciare dai pescatori dalmati che approdarono in Sardegna dopo avere circumnavigato l’Italia, vide la  posa della prima pietra il 1° febbraio 2020 con l’intervento dell’Assessore Quirico Sanna e della stessa Egea col marito,  mentre l’inaugurazione ha fatto seguito nel breve volgere di un anno, e più precisamente nella primavera del 2021, grazie al solerte impegno dei promotori.

Il Museo, dovuto al progetto degli Architetti Govoni, Polese e Masala, è diventato realtà nel corso di una concorde dimostrazione di patriottismo, con l’intervento del Presidente della Giunta regionale Christian Solinas,  dello stesso Assessore Sanna e del Sindaco di Alghero Mario Conoci, insieme al Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia Piero Mauro Zanin, testimoni di una comune volontà politica e morale. Ciò, come da elette parole dello stesso Assessore Sanna, secondo cui il Museo “restituisce dignità e memoria a un popolo involontario protagonista di una vicenda che lo ha costretto a dividersi in tutto il mondo nell’indifferenza dei governanti” e rimuove “un velo di omertà” non più accettabile nella realtà contemporanea.

In tutta sintesi, Egea, anche attraverso il “suo” Museo, è diventata testimone perenne di una storia finalmente conosciuta, e nello stesso tempo, di “egregie cose” finalizzate a tradurla in impegni di  fede, e di umana civiltà. Conviene aggiungere che durante le interviste concesse alla RAI-TV e alla stampa in occasione del “Giorno del Ricordo” (10 febbraio 2022) Egea ha ulteriormente testimoniato il suo dramma di orfana e di esule, con qualche aggiunta eticamente ragguardevole: ad esempio raccontando che quando tornò a Pola per visitare il luogo in cui era stata scattata la celebre fotografia, e per rivedere la casa dell’infanzia, venne ad aprire una donna, alla quale disse che sarebbe stata lieta di dare uno sguardo alla sua cameretta di quel tempo lontano. Per tutta risposta fu cacciata via, in omaggio al verbo collettivista della nuova Jugoslavia!

Nell’epoca plumbea delle foibe, il grande Vescovo di Trieste e Capodistria, Mons. Antonio Santin, esortava a non disperare perché “le vie dell’iniquità non possono essere eterne”. Purtroppo, il cammino è ancora lungo, ma la “linea del possibile” di cui al pensiero di Benedetto Croce potrà avvicinarsi tangibilmente grazie a chi, come Egea, onora un grande impegno di memoria civile, e con esso, un’indomita speranza.

Laura Brussi, Esule da Pola

Fotografia dal sito web di federesuli.org  che si ringrazia per la diffusione nel blog 

Note – Autrice principale: Laura Brussi. Progetto e attività di ricerca: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking di Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti. Lettori: Laura Brussi e Sebastiano Pio Zucchiatti. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni private e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

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