Dalla provincia di
Varese, in Lombardia, hanno fatto una visita pellegrinaggio con Padre Giuseppe
Andreoli il 28 dicembre 2016.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo una cronaca
della visita dei ragazzi della parrocchia di Besozzo, in provincia di Varese, al
Sacrario Nazionale di Basovizza, in provincia di Trieste. Dal 1 settembre 2013 don
Giuseppe Andreoli è stato nominato Vicario della Comunità Pastorale “San Nicone
Besozzi”, in Besozzo (Varese).
La cronaca della
visita pellegrinaggio a Basovizza contiene alcuni commenti personali di Carlo Cesare Montani – esule da Fiume – riguardo al Trattato di pace del 1947 fra
Italia e le potenze alleate vincitrici nella Seconda guerra mondiale, oltre
alla data del 10 febbraio, definita per legge come Giorno del Ricordo. Per pura combinazione il signor Carlo Montani
si trovava con familiari ed amici al Sacrario di Basovizza ed hanno assistito e
partecipato alla «commovente preghiera ed una benedizione in onore di tutti i
caduti». Poi, ai piedi della stele è stato posato un piccolo albero di Natale.
Il titolo dell’articolo e il testo seguente sono stati stilati dallo stesso Autore, che ringraziamo per la diffusione
e pubblicazione. (elio varutti)
Parrocchiani di Besozzo, in provincia di Varese, in pellegrinaggio al Sacrario Nazionale di Basovizza, in provincia di Trieste.
ARIA NUOVA PER IL CONFINE ORIENTALE
Illusioni labili e speranze emergenti
ad un settantennio dal Diktat
Il 10 febbraio 2017 ricorrono
settant’anni dalla firma del trattato di pace che sottrasse iniquamente
all’Italia tutta la Dalmazia e gran parte della Venezia Giulia, ed il 30 marzo
si compiono 13 anni dalla promulgazione della Legge istitutiva del Ricordo (individuato proprio nel 10 febbraio di ogni anno) approvata dal Parlamento
italiano con voto quasi unanime, per cancellare la vergogna di un lungo
ostracismo e di un colpevole oblio, volutamente programmati dalle vecchie forze
politiche in ossequio al dialogo con la Repubblica federativa jugoslava, e dopo
la sua dissoluzione, a quello con le nuove realtà statuali di Slovenia e
Croazia.
Sono due anniversari importanti e
convergenti: da una parte, per la necessità di onorare la storia nella sua
essenza manzoniana di “guerra contro il tempo” avente lo scopo di conoscere le
origini per comprendere come si possa costruire un avvenire migliore; e dall’altra,
per il bisogno altrettanto ineludibile di ottimizzare ed attualizzare il
Ricordo, che strada facendo ha assunto il carattere sempre più palese di una
mera ritualità ripetitiva.
Occorre una presa di coscienza
critica e matura circa le prospettive avvenire di un popolo che, a suo tempo,
fu oggetto di un vero e proprio genocidio, ben dimostrato dai 350 mila Esuli e
dalle 20 mila Vittime innocenti, o meglio, colpevoli dell’imperdonabile
“delitto di italianità”. Un popolo che ha dovuto confrontarsi con la legge di
natura, nel senso che la prima generazione dell’Esodo è quasi scomparsa, e che
quelle successive sono state pesantemente condizionate dalle dispersioni di una
diaspora in parte inevitabile, ma in parte non meno consistente, pianificata da
Governi di varia estrazione politica.
Cippo di Basovizza, sopra la foiba, o pozzo minerario che dir si voglia
Da questo punto di vista, il
nuovo millennio coincide con una svolta storica. Da un lato, persistono le
lamentazioni di quanti sono costretti a constatare la crisi in cui si dibattono
le Organizzazioni e la stessa stampa giuliana e dalmata in Esilio,
attribuendone la responsabilità prioritaria al disimpegno della “Casta” senza
tenere conto che gli anni migliori erano stati quelli in cui il supporto
finanziario delle Istituzioni era di là da venire, quasi a sottolineare la priorità
del problema, non solo generazionale, della formazione etica e politica e del
conseguente apporto volitivo. Da un altro lato, invece, si cominciano ad
intravvedere commendevoli spunti innovativi, ad iniziativa di una base più
ampia, lontana anni luce dalle illusioni - per non dire peggio - dei vecchi
padroni del vapore.
Chi si fosse trovato a visitare
il Sacrario Nazionale di Basovizza in un qualsiasi pomeriggio invernale come
quello del 28 dicembre, avrebbe potuto aprire il cuore alla speranza nel vedere
il composto pellegrinaggio giovanile
della Parrocchia di Besozzo (Varese), guidata per l’occasione da Padre Giuseppe
Andreoli: un nome che vale la pena di menzionare a futura memoria, se non
altro per le attenzioni suscitate in una cinquantina di ragazzi, non soltanto
studenti, nei confronti di una tremenda sciagura nazionale come quella
dell’Esodo e delle Foibe, troppo spesso dimenticata, o nella migliore delle
ipotesi, oggetto di qualche riferimento transeunte, assimilabile a quello
dell’acqua sui tetti.
Le immagini di compostezza e di
deferente ossequio sono visibili nelle fotografie, ma non dicono ancora tutto.
Bisogna sapere, infatti, che al termine del pellegrinaggio tutti i presenti,
compresi altri visitatori casuali, si sono uniti in preghiera ed hanno ricevuto
la Benedizione, in un’ideale comunanza con le Vittime della grande tragedia
storica dei massacri indiscriminati e delle fughe per la vita. Attenzione,
rispetto e desiderio di apprendere sono stati condivisi in modo ineccepibile, che
deve essere sottolineato con favore, al pari dell’accortezza con cui la regia
del pellegrinaggio aveva predisposto la sosta al Sacrario.
Non si è trattato di un episodio
unico, anche se di spessore molto particolare per la contestualità
dell’esperienza di fede. Infatti, già nella scorsa primavera, un gruppo di
analoghe dimensioni, scelto fra i migliori studenti degli Istituti superiori
bresciani pervenuti alla maturità, aveva compiuto una visita analoga, con la
guida della stampa locale e con un’opportuna esegesi storica, certamente
competitiva con quella che, nella media, viene offerta dalle strutture
scolastiche, troppo spesso carenti di specifica preparazione, tanto più che
parecchi libri di testo propongono interpretazioni riduttive di Esodo e Foibe, se
non anche autentici falsi storici, come quello secondo cui nel 1947 la Venezia
Giulia e la Dalmazia sarebbero state “restituite” alla Jugoslavia, che invece
non vi aveva potuto esercitare la propria sovranità per una ragione molto
semplice: la propria inesistenza fino all’indomani della Grande Guerra.
I giovani di Besozzo davanti alla stele di Basovizza
Nell’ambito delle Organizzazioni
giuliane, istriane e dalmate, qualcuno ha sollevato dubbi sulle celebrazioni
avvenire del Ricordo, alla luce del disimpegno finanziario del Governo nei
confronti della stampa dell’Esilio (pur appiattita su posizioni politicamente
corrette), come se esistesse un rapporto sinallagmatico fra erogazioni e
manifestazioni, senza il quale resterebbero soltanto l’impotenza, ed a seguire,
il “de profundis”. Si tratta di un ragionamento che chiarisce al di là di ogni
dubbio la logica che presiede ad una certa tipologia di Ricordo, e che
sottolinea la necessità di esorcizzarla a favore di una memoria condivisa dai
non addetti ai lavori, ed in primo luogo dai giovani: ciò, nel quadro di un
arduo ma indilazionabile recupero dei valori “non negoziabili” di civiltà e di
giustizia per cui troppi Martiri diedero la vita e che ripropongono, anche ai
giorni nostri, lo stesso imperativo categorico.
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Servizio giornalistico e
fotografico di Carlo Cesare Montani, ove non indicato diversamente.
Networking e premessa di Elio
Varutti.
Una significativa immagine di Turismo FVG