Debora Serracchiani, Renzo Peressoni e i ciclisti AFDS di San Giorgio di Nogaro assieme ad altre autorità del 58° congresso AFDS
L’AFDS conta 52 mila soci, dei quali ben 50 mila sono donatori attivi. Le donne sono il 40 per cento del sodalizio. Per omaggiare i 2772 soci premiati per l’alto numero di donazioni di sangue e di plasma, si sono dati appuntamento oltre 180 sezioni AFDS di paese, dei luoghi di lavoro, delle scuole superiori e dell’Università. In tutto saranno stati circa 1500 partecipanti, con tanto di pullman che affollavano i parcheggi improvvisati presso una segheria e nelle strade del paese che fu capitale della Repubblica Partigiana della Carnia nel 1944, dopo aver cacciato via i nazisti ed i loro alleati cosacchi e repubblichini. Alcuni donatori sono addirittura arrivati in bicicletta, come il gruppo di San Giorgio di Nogaro e quello di Ragogna.
In duomo (sopra) e in piazza (sotto)
Ha voluto ringraziare i donatori friulani Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, che durante la messa celebrata nel duomo stracolmo li ha associati a Madre Teresa di Calcutta. «Lei ha fatto un buon investimento – ha detto il monsignore – dedicandosi agli altri, ai bisognosi, agli ammalati, come fate pure voi». La cerimonia religiosa si è conclusa con il canto dell’inno del donatore, composto dal celebre poeta carnico Giso Fior.
«Abbiamo bisogno dei giovani – è stato il grido di dolore lanciato da Renzo Peressoni, presidente dell’AFDS di Udine – ed è necessario donare sangue quando serve e cosa serve, cioè con una programmazione riguardo ai gruppi sanguigni, per non sprecare questa eccezionale risorsa».
Il clima di festa ha avuto inizio quando Suan Selenati, campione del mondo di deltaplano, è sceso dal cielo azzurro con una scia rossa. Atterrando come una libellula vicino al campo sportivo, Selenati ha voluto salutare così i congressisti dell’AFDS.
Tra le molte autorità presenti, Debora Serracchiani, presidente della Giunta della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha parlato della crisi, delle prove difficili e degli egoismi di ognuno di noi. «Mi auguro che esperienze come quelle dei donatori friulani – ha detto la Serracchiani – ci facciano comprendere che non si torna indietro».
I premiati
Sulla qualità e sulla sicurezza del sangue trasfuso si è soffermato Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori Sangue (FIDAS). «È un gesto che rimane per sempre – ha detto Caligaris». La promessa di essere vicino ai donatori è stata espressa daElsa Asia Battaglia, assessore della Provincia di Udine.
Michele Benedetti, sindaco di Ampezzo, ha portato il saluto della Carnia, dato che al congresso AFDS hanno collaborato anche altri paesi della zona, si pensi alla Protezione civile mobilitata per il traffico veicolare, assieme a carabinieri e guardie forestali. Poi ha parlato anche Eva Martinis, sezione AFDS di Ampezzo.
Prima dei saluti ufficiali delle autorità c’è stato un mini concerto dei Carnicats, gruppo musicale carnico che usa anche la marilenghe nei ritmi rap. Il prossimo anno il congresso AFDS verrà ospitato a Premariacco.
Carnicats in concerto
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Dal diario di un labarista
Questa è una cronaca semiseria e divergente del congresso
AFDS. Il labarista è colui che porta il labaro della sezione AFDS nelle
cerimonie.
25.9.2016 Ampezzo - arrivo con un po’ di ritardo al posto di
ritrovo dei congressisti e labaristi. Noto con stupore che al labaro di una
sezione della Bassa friulana manca il puntale. Mi ricordo che al congresso di
Forni di Sopra riguardo alla lunghezza del corteo qualcuno dei labaristi disse:
«Al è piês des rogazions! (È
peggio delle rogazioni!)».
Chissà se sarà lungo anche il percorso di oggi? Qualcuno già tutto
sudato e con la giacca ben abbottonata mormora: «Cui sa se nus daran alc di
bevi? (Chissà se ci daranno qualcosa da bere?)».
Si parte per il Monumento ai Caduti delle guerre, per rendere loro
omaggio in modo sentito anche se semplice. «In file par cuatri! (In fila per
quattro!) – sentenzia uno del servizio d’ordine». Cerchiamo di eseguire e… in
marcia. Un labarista dietro all’altro. Provo una certa simpatia per alcune
signore brave donatrici con labaro che si apprestano alla lunga marcia con eleganti scarpe tacco 6.
Arrivano altri ritardatari trafelati: «Nus àn fat parchegjâ li de
segherie, orpo, par rivâ fin chì o sin za stracs! (Ci hanno fatto parcheggiare
li della segheria, accidenti, per arrivare fino qui siamo già stanchi!)». Con
la banda della Val di Gorto in testa si riparte per il duomo.
Sento dire: «Il predi di sigûr che no nus darâ di bevi, tocjarâ
rangjâsi (Il prete di sicuro non ci darà da bere, toccherà arrangiarsi)». La
messa è solenne. Il duomo è pieno come un uovo. Alziamo i labari nei momenti
giusti. Il vescovo ci ringrazia per quello che facciamo. Si può tagliare a
fette l’emozione che provano i presenti, poiché la cerimonia è uno spettacolo.
Molti fanno fotografie coi cellulari, coi tablet, con le macchine fotografiche
e poi ci sono i fotografi professionisti, con tre o quattro camere con
teleobiettivo al collo. La grande emozione è rotta solo dallo squillo di
qualche telefonino cellulare.
Confesso che pure io durante la cerimonia religiosa ho dovuto
assentarmi, abbandonando il labaro appoggiato al muro, per urgenti necessità
fisiologiche. Incontro sguardi di complicità di altri labaristi in fuga. Sono ermi
al bancone del bar vicino al duomo, affollato come se ci fosse Vasco Rossi.
Approfitto per prendermi un caffè, dato che la coda ai gabinetti
era veramente fenomenale. Da lontano giungono le note dei canti di chiesa.
Rientro in duomo e agguanto l’asta del mio labaro. Accanto a me un altro
labarsita smanetta sullo smartphone, mentre la messa sta per finire.
L’inno del donatore cantato alla fine è da brivido. Cantano
donatori e carnici anche fuori delle porte d’ingresso della chiesa.
Durante la messa, affollata l'osteria Al Vatican
Finita la messa, riparte il corteo dei labaristi. «Meteisi par
cuatri! (Mettetevi per quattro!» - sbotta ancora il servizio d’ordine, sempre
più nervoso. La banda ci dà il passo. Ci aspetta la parte più lunga del
percorso. C’è gente che applaude. Bambini con le loro maestre espongono gocce
disegnate su grandi pannelli (è il simbolo dell’AFDS). Certe case sono
addobbate con fiori e rami di abete come se passasse una processione degli anni
’50. La strada è lunga. Ancora bimbi sorridenti con la manina che ci fa: ciao.
Dopo curve varie, salite e discese si scende verso il campo
sportivo. «Al sarà dongje di Soclêf! (sara vicino a Socchieve!) – dice qualche
spiritoso». Un altro se ne esce con un: «Orpo, ma dopo si scugne tornâ sù (Accidenti,
ma dopo ci tocca tornare su)». Quello in cerca di beveraggi: «Di sigûr, la vie
cundute chê jerbe no nus daran di bevi… ( Di sicuro, là con tutta quella erba
non ci daranno da bere…)».
In lontananza si intravede il campo sportivo e, all’improvviso,
tutti col naso all’insù per guardare il deltaplanista campione del mondo, Suan
Selenati. Volteggia, fa la scia rossa, gira di qua e di là nel cielo azzurro,
finché scende passando vicino alla bandiera segnavento, come il filo passa
nella cruna dell’ago.
Si arriva al tendone delle premiazioni e dei discorsi. Posizioniamo
il labaro negli stalli portalabaro. Il grosso del lavoro è fatto. Poi bisognerà
passare a recuperare il labaro a congresso finito, senza suscitare le ire del
presentatore, che non sopporta vedere labaristi a ritirare il proprio labaro
verso gli sgoccioli della premiazione.
Francamente la cerimonia è troppo lunga. Premiare oltre 2000
persone fa perdere un sacco di tempo a tutti. Forse sarebbe il caso di cambiare
qualcosa. Oggi ho recuperato il labaro tra gli ultimi. E poi su fino al
parcheggio della segheria…
Primi due a destra: delegazione della Carinzia al 58° congresso AFDS di Ampezzo 2016
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Una versione di questo articolo è stata pubblicata il 27 settembre 2016 sul giornale del web infofvg.it col titolo: “Congresso #AFDS ad #Ampezzo".
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Servizio giornalistico, di networking e fotografico di Elio Varutti