È assai ricorrente il tema del silenzio dei profughi giuliano dalmati. Ciò è dato dalla mancata comunicazione ai discendenti sui fatti storici dell’esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Pure Massimo Gobessi, giornalista Rai di Trieste, condivide tale opinione; lo scrivente è stato da lui intervistato per una trasmissione radio del 10 febbraio 2014.
Tale autocensura - il silenzio sui fatti dell'esodo giuliano dalmata - in qualche caso è durata fino al 2004, data dell'istituzione del Giorno del Ricordo.
Il Duomo di Dignano d'Istria
Tale autocensura - il silenzio sui fatti dell'esodo giuliano dalmata - in qualche caso è durata fino al 2004, data dell'istituzione del Giorno del Ricordo.
“Noi istriani abbiamo un grande affetto per il nostro territorio – ha detto una intervistata, Anna Maria L., con parenti a Dignano d’Istria e a Pola, dove ha trascorso varie settimane estive negli anni ‘60 – ma ne parliamo poco, c’è tanta dignità e silenzio, preferiamo il duro lavoro e stare zitti”.
Sugli istriani gentili e riservati, c’è la testimonianza pure di Ivana Varutti, che ha vissuto per anni accanto al Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano a Udine.
Roberto De Bernardis, esule da Pola, ha riferito su un quotidiano di Trento dell’assoluto silenzio mantenuto da sua madre dopo l’esodo, avvenuto nel 1952. “Poi guardò solo avanti – ha scritto – non sarebbe più tornata, non ne avrebbe più parlato: un silenzio durato sino alla sua morte, nel 1999”.
Certi esuli hanno rielaborato il dolore dell’esilio in tremenda solitudine. Proprio un amico e conoscente di esuli di Fiume, il signor Renato Bianco, di Silea, provincia di Treviso, mi ha confermato il disagio provato dai profughi nel raccontare la propria storia, la propria fuga dalla città del Golfo del Quarnero, in questo caso. Si trattava della famiglia di Decio Tuchtan, esule proprio da Fiume: “Spesso mi accennava alle sue vicissitudini di profugo ha detto Renato Bianco – quasi con un senso di vergogna”.
1. No se gà de contar cosse brute ai pici
1. No se gà de contar cosse brute ai pici
È stata la
signora Elvira Dudech, di Zara a ripetermi varie volte che: «No se gà de contar
cosse brute ai pici». Quindi l’autocensura era motivata dal non far star male
le giovani generazioni. Tuttavia i «cuccioli dell’esodo istriano», secondo una
indovinata dizione di Roberto Zacchigna, hanno sofferto per altri motivi. Molti
discendenti, dopo il Novecento, sono alla ricerca della memoria familiare e del
paese d’origine.
«Sono stata
al Campo Profughi di Lucca – mi ha scritto Annamaria, classe 1943 – ricordo le
lunghe file per ottenere un pasto, i gabinetti in comune, piccole camerate, noi
eravamo in cinque, e quando passavano davanti al Campo le signore di Lucca coi
loro bambini dicevano: Se non stai buono ti porto lì dentro. Come se fossimo
stati delle bestie. Anche se da bambina a scuola mi chiamavano ‘profugaccia’,
sono fiera di essere italiana e di aver lottato per esserlo. Ricordo poco per
fortuna». Ecco un esempio in cui il ricordare porta alla mente immagini
negative di vita vissuta nel Campo Profughi, perciò si preferisce l’oblio e il
silenzio dei profughi.
Campo Profughi di
Lucca (piazza del Collegio), 1949. Il cortile del campo. Fotografia Istoreto, Torino
Maria
Millia Meneghini raccontava poco del suo esodo da Rovigno. «Aveva paura – ha
detto la figlia, Rosalba Meneghini Capoluongo, divenuta conferenziere del Club
UNESCO di Udine nelle cerimonia del Giorno del Ricordo – non era trattata
bene, si pensi che i miei nonni Anna Sciolis, morta nel 1983 e Domenico Millia,
detto Mimi, fabbro a Rovigno, morto nel 1981, furono per una notte al Centro di
Smistamento Profughi di Via Pradamano a Udine nel 1947 o 1949 e poi li
portarono nella cripta del Tempio Ossario a dormir per terra sul marmo».
La città
accoglieva gli esuli istriani nei campi profughi, al Villaggio Metallico, nei
collegi dei religiosi e, se necessario, sui pavimenti marmorei del Tempio
Ossario, che custodisce 25 mila resti di caduti della Grande Guerra. Furono
oltre 100 mila ad espatriare verso Udine dal dopoguerra sino agli ani ’60. Poi
furono indirizzati negli oltre 109 (secondo padre Rocchi) o 140 Centri di
Raccolta Profughi sparsi per l’Italia (secondo Rumici).
Poi c’è la
faccenda di considerare gli esuli italiani tutti fascisti. «C’è una certa
ritrosia a parlare degli anni 1947-1950 – ha detto l’ingegnere Luigi Paolini,
di Canfanaro d’Istria – perché eravamo considerati fascisti, questa era come
una patente di vergogna, se penso che in questi anni a Rovigno c’è il 50 per
cento di italiani».
Udine - Il Tempio Ossario e il Monumento alla Resistenza, fotografia del 1968-1969
Ricorda
poco anche la signora A.B. di Laurana, vicino Fiume. «Mio padre era Italo
Angioli – ha raccontato – lavorava nella Forestale e mia madre era Elena
Zadkovic, da Laurana. Visto ciò che accadeva in Istria nel 1943 (uccisioni
nelle foibe) nei primi mesi del 1944 mio padre fece domanda di trasferimento e
fu mandato a San Vito al Tagliamento. Io ero bambina e il trasloco fu fatto col
camion. Non si passò dal Campo Profughi. I miei parenti Zadkovic dopo il Campo
Profughi emigrarono a Melbourne, in Australia, nel 1955. Una mia amica, Grazia
Maria Giassi è venuta via da Fiume con la famiglia, perché il padre era stato
imprigionato e poi sparì. Anche loro passarono al Campo Profughi».
Molti esuli
si rifiutavano di parlare della guerra e dell’esodo coi propri familiari. «Mio
padre fece la campagna di Russia e poi l’esodo da Fiume – ha riferito il
professore Daniele D’Arrigo, di Udine – non voleva parlare di esodo e di
guerra, ricordo che le nonne e le vecchie zie di Fiume dicevano: no sta parlar
de cosse brutte come l’esodo, le foibe, la guerra. Noi abbiamo abitato nelle case per gli esuli di Via Fruch a
Udine».
Gli studi più recenti degli storici si occupano dell’esodo
giuliano dalmata nel quadro delle migrazioni europee tra metà dell’Ottocento e
del Novecento, come conseguenza dei conflitti militari nei confronti della
popolazione civile. Ad esempio in un volume del 2012, su 502 pagine, alle
vicende del confine adriatico orientale italiano sono dedicate 4 pagine e mezza.
Vedi: Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età
delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa 1853-1953,
Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 356-361.
Udine - Le case per gli esuli istriani di Via Fruch n. 55, inaugurate nel 1956; c'è chi le chiama il Secondo Villaggio Giuliano. Fotografia di Elio Varutti, 2015
PRESENTAZIONI
LIBRI SUI PROFUGHI E TEMI SIMILI 2004-2016
Le
conferenze di presentazione dei seguenti volumi o saggi della tematica
correlata sono avvenute dal 4 maggio 2004 per mia cura:
- Elio
Varutti, Il Campo Profughi di Via
Pradamano e l’Associazionismo giuliano dalmata a Udine. Ricerca storico
sociologica tra la gente del quartiere e degli adriatici dell’esodo 1945-2007,
ANVGD, Comitato Provinciale di Udine, 2007. (esaurito dal 2013). Per questa
ricerca ho raccolto 103 testimonianze sull’esodo giuliano dalmata.
- Elio
Varutti, Cara maestra, le scrivo dal
Campo Profughi. Bambini di Zara e dell’Istria scolari a Udine. 1948-1963,
“Sot la Nape”, Udine, LX, n. 4, otubar-dicembar 2008, pp. 73-86. Per tale
saggio ho sentito altre 7 fonti orali sull’esodo istriano dalmata.
- Roberto
Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, “Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuli
giuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960”,
Istituto Stringher, Udine, 2015. Dal 2008 al 2015 ho effettuato altre 108
interviste.
Nel 2016 (30.06) ho raccolto altre 41 testimonianze, per un totale complessivo di 259 testimonianze o ricordi sull’esodo giuliano dalmata.
Presentazioni
libro e comunicazioni tema del libro: regioni coinvolte: Friuli Venezia Giulia,
Veneto. Province
coinvolte: Udine, Pordenone, Trieste, Venezia.
Comuni
coinvolti: Udine, Codroipo, Pordenone, Trieste, Martignacco, Venezia, Moimacco,
Cividale del Friuli, Pasian di Prato, Povoletto, Palmanova, Trieste, Trivignano
Udinese, Bibione, San Michele al Tagliamento (VE), Concordia Sagittaria (VE), Cervignano
del Friuli, Portogruaro (VE).
Scuole
coinvolte: Scuola media I grado “E. Fermi”, Udine. Isis “B. Stringher”, Udine. Iti
“A. Malignani”, Udine. Università della Terza Età (UTE), Udine. Istituto “C.
Percoto”, Udine. Scuola Media I grado, Povoletto. Istituti “Mattei – Einaudi”,
Palmanova. Liceo scientifico “N.
Copernico”, Udine. Scuola media I
grado “P. Valussi”, Udine. Scuola media I grado “Uccellis”, Udine. Università
della Terza Età (UTE), Cervignano del Friuli. Istituto Statale d’Istruzione
Superiore della Bassa Friulana, Cervignano del Friuli (UD). Scuola media I
grado di Martignacco, Udine. Liceo classico “J. Stellini”, Udine.
Istituzioni
e Associazioni coinvolte: Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Udine. Società Filologica Friulana (SFF), Udine. Ufficio
Scolastico Regionale, Trieste. Biblioteca Civica “V. Joppi”, Udine. Biblioteca
Comunale di Codroipo (UD). Biblioteca Comunale di Cividale del Friuli. Museo
Etnografico del Friuli, Udine. Rotary Club Udine Nord. Clauiano Mosaics &
More, Clauiano di Trivignano Udinese (UD). Lions di Lignano Sabbiadoro (UD),
Bibione – San Michele al Tagliamento (VE) e Concordia Sagittaria (VE). Istituto
Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione, Trieste. Casa
circondariale via Spalato, Udine. Associazione Toscani in Friuli Venezia
Giulia, Udine. Club UNESCO, Udine. Associazione Insieme con noi, Udine. Genitori
in onda, Udine. Associazione Gli Stelliniani, Udine.
Centro smistamento profughi
di Udine, 1957. Archivio privato Alma Mussap. Dal sito Internet dell’Istituto
Piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea di
Torino (Istoreto). Il Centro di
Smistamento Profughi di Udine, da cui passarono circa 100 mila profughi
istriani, fiumani e dalmati, è citato anche nei documenti dell’Archivio di
Stato di Udine (Fondo Prefettura di Udine, Appendice, busta 125). A sinistra la scuola che ha edito il volume nel 2015.
Fonti orali per il presente articolo
Le testimonianze sono
state raccolte a Udine con penna, taccuino e macchina fotografica da Elio
Varutti, se non altrimenti indicato. Si ringraziano e si
ricordano tutti coloro che, intervistati, hanno accettato di raccontare la propria
esperienza, anche se tragica e disorientante.
- Annamaria,
classe 1943, messaggio in un mio blog del 13 maggio 2008.
- A.B.,
Laurana, intervista del 5 marzo 2015.
- Renato Bianco, 1951,
Silea, provincia di Treviso, e-mail del 10 febbraio 2014.
- Daniele
D’Arrigo, 1951, Udine, int. del 10 dicembre 2014.
- Elvira
Dudech (Zara 1930 – Udine 2008), int. del 28 gennaio 2004.
- Anna Maria L., istriana, 1963, Tolmezzo (UD), int. del
15 dicembre 2010
- Luciana Luciani, 1936, Pola, int. del 15 dicembre 2014.
- Rosalba
Meneghini Capoluongo, 1951, Udine, int. del 3 dicembre 2011.
- Maria
Millia Meneghini (Rovigno 1920 – Udine 2009), int. del 11 maggio 2004.
- Luigi
Paolini, Canfanaro d’Istria, int. del giorno 11 giugno 2013.
- Ivana
Varutti, 1946, San Vito di Fagagna (UD), int. del 6 settembre 2011.
Cimeli militari della Seconda guerra mondiale e della guerra fredda. Elmetto italiano 1939-1945. Tascapane militare, periodo successivo al 1945, guerra fredda. Borraccia USA 1939-1954, forse appartenuta a un bacolo nero. “I bacoli neri, jera poliziotti vestidi de scuro, solo col manganel”. Fonte orale: signora Luciana Luciani, nata a Pola nel 1936, intervista di E. Varutti del 15 dicembre 2014, Udine. Si trattava di personale di polizia reclutato su scala locale (Trieste, Pola e l’Istria), oltre che nei paesi e colonie del Regno Unito, alle dipendenze degli alleati angloamericani, attivi a Pola, 1945-1947, e nel Territorio Libero di Trieste, 1945-1954. Gavetta di un alpino di Codroipo 1939-1945, con coperchio antecedente. È il contenitore in alluminio più grande. Gavetta del fante italiano G.G. di Percoto, 1939-1945. Il fante, con una punta metallica ha inciso il suo itinerario di guerra: “Perocotto, Udine, Ivrea, Bari, Durazzo, Scutari, Podgoriza, Nichsic, Slavnich, Lubiana, Carlovach, Finito”. Collezione privata Udine. Bustina partigiana, detta "titovka" di un appartenente al IX Corpus di Tito dell’Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione della Jugoslavia, ucciso in un Campo di concentramento nazista. Nome del partigiano: Luigi Barbarino Mationawa, Resia 14.08.1914 – Flossenbürg, Kersbruch 11.03.1945. Collezione Gemma Valente, Bastajànawa, vedova Barbarino, Resia (Resia 1915-Udine 2008). Gruppo di studio sull’Ultimo Risorgimento, classe 4 ^ C Enogastronomia, anno scolastico 2014-2015. Coordinamento a cura dei professori Maria Carraria (Italiano e Storia), Elio Varutti (Diritto e Tecniche Amministrative della Struttura Ricettiva). Dirigente scolastico: Anna Maria Zilli. Istituto “B. Stringher”, Viale Monsignore Giuseppe Nogara, 33100 Udine, Italia.
Cimeli militari della Seconda guerra mondiale e della guerra fredda. Elmetto italiano 1939-1945. Tascapane militare, periodo successivo al 1945, guerra fredda. Borraccia USA 1939-1954, forse appartenuta a un bacolo nero. “I bacoli neri, jera poliziotti vestidi de scuro, solo col manganel”. Fonte orale: signora Luciana Luciani, nata a Pola nel 1936, intervista di E. Varutti del 15 dicembre 2014, Udine. Si trattava di personale di polizia reclutato su scala locale (Trieste, Pola e l’Istria), oltre che nei paesi e colonie del Regno Unito, alle dipendenze degli alleati angloamericani, attivi a Pola, 1945-1947, e nel Territorio Libero di Trieste, 1945-1954. Gavetta di un alpino di Codroipo 1939-1945, con coperchio antecedente. È il contenitore in alluminio più grande. Gavetta del fante italiano G.G. di Percoto, 1939-1945. Il fante, con una punta metallica ha inciso il suo itinerario di guerra: “Perocotto, Udine, Ivrea, Bari, Durazzo, Scutari, Podgoriza, Nichsic, Slavnich, Lubiana, Carlovach, Finito”. Collezione privata Udine. Bustina partigiana, detta "titovka" di un appartenente al IX Corpus di Tito dell’Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione della Jugoslavia, ucciso in un Campo di concentramento nazista. Nome del partigiano: Luigi Barbarino Mationawa, Resia 14.08.1914 – Flossenbürg, Kersbruch 11.03.1945. Collezione Gemma Valente, Bastajànawa, vedova Barbarino, Resia (Resia 1915-Udine 2008). Gruppo di studio sull’Ultimo Risorgimento, classe 4 ^ C Enogastronomia, anno scolastico 2014-2015. Coordinamento a cura dei professori Maria Carraria (Italiano e Storia), Elio Varutti (Diritto e Tecniche Amministrative della Struttura Ricettiva). Dirigente scolastico: Anna Maria Zilli. Istituto “B. Stringher”, Viale Monsignore Giuseppe Nogara, 33100 Udine, Italia.
Fonti edite
- Roberto
Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuli
giuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960,
Istituto Stringher, Udine, 2015.
- Elena Commessatti,
Villaggio Metallico e altre storie a
Udine, città dell'accoglienza, «Messaggero Veneto», 30 gennaio 2011, pag.
4. Ora in: E. Comessatti, Udine Genius
Loci, Udine, Forum, 2013, pp. 98-101.
- Roberto De Bernardis,
Quel triste addio alle colline dell’Istria,
«L’Adige» 18 febbraio 2008.
- Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età
delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa 1853-1953,
Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 356-361.
- Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica, 1990.
- Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica, 1990.
- Guido
Rumici, Catalogo della mostra fotografica
sul Giorno del Ricordo, Roma, ANVGD, 2009.
- Elio Varutti,
Il Campo Profughi di Via Pradamano e
l’Associazionismo giuliano dalmata a Udine. Ricerca storico sociologica tra la
gente del quartiere e degli adriatici dell’esodo 1945-2007, ANVGD, Comitato
Provinciale di Udine, 2007. (esaurito dal 2013).
- Elio Varutti,
Cara maestra, le scrivo dal Campo
Profughi. Bambini di Zara e dell’Istria scolari a Udine. 1948-1963, “Sot la
Nape”, Udine, LX, n. 4, otubar-dicembar 2008, pp. 73-86.
- Annalisa
Vukusa, Sradicamenti, Fagagna (UD),
Tipografia Graphis, 2001.
- Michele Zacchigna,
Piccolo elogio della non appartenenza.
Una storia istriana, Trieste, Nonostante Edizioni, con una Postfazione di
Paolo Cammarosano, 2013.
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