Parlare di Udine, Fiume, Zara, Spalato e della Dalmazia ad un
manipolo di istriani sarebbe come cercare di vendere ghiaccioli agli eschimesi.
Eppure Bruno Bonetti è riuscito nella sua impresa. Ha presentato il suo libro
intitolato Manlio Tamburlini e l’albergo
nazionale di Udine a degli istriani e ai loro discendenti alle ore 17,30 il
1° dicembre 2018 in località Villotte, presso l’agriturismo “Da Sferco”, di San
Quirino, Via Umago 2, provincia di Pordenone, dove sessanta anni or sono furono
accolte 49 famiglie esuli d’Istria.
Agriturismo Da Sferco, Villotte di S. Quirino, 1° dicembre
2018 – Il sindaco Gianni Giugovaz interviene alla presentazione del libro di Bruno
Bonetti, seduto vicino a Elio Varutti. Fotografia di Barbara Rossi
L’evento, organizzato dal Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), è stato patrocinato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, dall’Ente Regionale per i Problemi dei
Lavoratori Emigrati (ERAPLE) e dal Club UNESCO di Udine. Alla serata culturale
ha inviato il suo saluto Silvano Varin, presidente dell’ANVGD di Pordenone,
assieme al suo vice Roberto Caluzzi.
Erano presenti, tra glia altri, Gianni Giugovaz, sindaco di S. Quirino e discendente di esuli da Pirano. “Ricordo che qui a S. Quirino ci
sono state le assegnazioni dei poderi nel 1957-1958 ai
profughi istriani – ha detto Giugovaz – come pure nella zona di Tornielli, in
Comune di Roveredo in Piano e del Dandolo di Maniago, sempre in provincia di
Pordenone, con oltre 50 famiglie ciascheduna”.
Agriturismo Da Sferco, Villotte di S. Quirino, 1° dicembre 2018
– Una parte del pubblico intervenuto alla presentazione del libro di Bruno Bonetti. Fotografia di
Barbara Rossi
Ha aperto i lavori della serata il professor Elio Varutti,
vice presidente dell’ANVGD di Udine portando i saluti di Bruna Zuccolin,
presidente dell’ANVGD di Udine, assente per motivi familiari. «Siamo molto onorati di proseguire la
collaborazione con altri Comitati Provinciali dell’ANVGD, come con quello
Pordenone – ha detto Varutti – perché in questo modo comunichiamo con le
associazioni sul territorio riguardo ai temi dell’esodo giuliano dalmata per
sviluppare le ricerche sulle loro tradizioni culturali, linguistiche ed
enogastronomiche».
Più che la presenza della dozzina di persone, ha colpito
quanto hanno lasciato detto altri esuli non presenti in sala. Ad esempio una
signora si è scusata di non partecipare all’incontro, perché convalescente dopo
una frattura ad una gamba. Un anziano esule istriano ha detto che “no posso più
guidar e non me accompagna nissun”. Una signora ultranovantenne ha replicato
all’invito sostenendo che “mi no rivo più a lezer”. Tutti loro hanno informato
di essere presenti di spirito, per l’importanza dell’incontro culturale e di
voler sapere l’esito dell’iniziativa in una serata piena di altri eventi nella
zona.
Tra il pubblico si sono notati Flavia Maraston, figlia di un
esule istriano e Corrado Sferco, discendente di esuli da Matterada, vicino a
Giurizzani, il paese di Fulvio Tomizza, nella zona di Umago.
Dono di libri al sindaco di S. Quirino, Gianni Giugovaz, a
sinistra, da parte di Elio Varutti e Bruno Bonetti, a destra. Fotografia di
Barbara Rossi
La trama e i commenti
Il volume di Bonetti ripercorre la storia dell’albergo
Nazionale di Udine, dove poi sorse lo sgraziato palazzo dell’UPIM, ora in
ristrutturazione. Nel libro c’è la storia della famiglia Tamburlini che gestiva
l’albergo stesso: da Daniele, amico di Antonio Andreuzzi, che lo coinvolge nei
moti risorgimentali di Navarons del 1864, al nipote Manlio, lo squadrista
impulsivo e maldestro che si caccia in guai più grandi di lui, soprattutto dopo
il suo arruolamento a Tarcento nel Reggimento “Tagliamento”, tra i primi
reparti di Salò.
La tecnica espositiva di Bonetti appare semplice e scarna per
un tema complesso. Ogni frase del testo è documentata e verificata, perciò ha
un forte valore dal punto di vista storico. Si avvale di una serie di biografie
ricostruite anche grazie agli album familiari, oltre che dalle informazioni
degli archivi parrocchiali, di quelli statali e di istituti di ricerca
specialistici. L’autore ha utilizzato perfino qualche fonte orale, specificando
in nota quanto è stato raccolto.
Nel testo sono citate varie località delle cosiddette terre
perse dopo l’esodo giuliano dalmata assieme ad altri luoghi dell’Adriatico
orientale con una presenza storicamente italiana. Si va da Fiume (Bonetti pag. 14), a Tolmino e Caporetto
(p. 24). Poi emergono delle tensioni di concorrenza tra albergatori friulani.
Sono menzionate Signo e Zara (p. 29). Viene ricordato che, nel 1883, in
Dalmazia viene tolto l’insegnamento in lingua italiana, per passare a quella
croata, oltre al tedesco ben s’intende, come voleva l’imperatore Francesco
Giuseppe sin dal 1861, in evidente funzione anti-italiana. Postumia è
menzionata (a p. 30), come pure Bencovazzo, Spalato (p. 31) Cittavecchia,
sull’Isola di Lesina, Zara e Trieste (p. 34).
Agriturismo Da Sferco, Villotte di S. Quirino, 1° dicembre
2018 – L’intervento di Bruno Bonetti alla presentazione del libro Manlio Tamburlini e l’albergo nazionale di
Udine. Fotografia di Barbara Rossi
Il primo esodo degli
italiani di Dalmazia, 1920-1930
“Qui si descrive bene un altro esodo vissuto dalle genti di
Dalmazia – ha aggiunto Varutti – quando dopo il Trattato di pace del 1920, solo
Zara fa parte dell’Italia, contrariamente a quanto previsto dal Patto di Londra
del 1915”. Varutti ha spiegato come varie cittadine dalmate, con una buona
presenza italiana, siano state assegnate al neonato Regno dei Serbi, dei Croati
e degli Sloveni.
“Mi riferisco a Spalato, Sebenico, Traù, Cattaro, Signo, all’Isola
di Lesina, a quella di Brazza, o di Veglia e tanti altri luoghi dalmati con un
assoluto establishment italiano – ha concluso il presentatore – costringendo i
commercianti, i professionisti e gli insegnanti italiani di quelle zone ad una
precipitosa fuga verso Zara, Lissa, Trieste e Ancona, dato che i nazionalisti
croati rompevano le vetrine dei negozi, non contenti di aver abbattuto i leoni
di San Marco col piccone e col tritolo; chi si dichiarava italiano, perdeva il
posto di lavoro non solo negli enti statali, ma non aveva diritto di esercitare
l’impresa privata, come è successo alla più importante azienda dalmata, il
cementifico Gilardi & Bettiza di Spalato. Questo primo tipo di esodo di
italiani dalla Dalmazia si è accentuato alla fine degli anni Venti, quando le
leggi anti-italiani del Regno iugoslavo divengono ancor più nette e
discriminanti”.
Nel libro di Bonetti possiamo trovare alcune rocambolesche
vicende, come la cattura da parte di Tamburlini del partigiano Giovanni Buttolo,
uno degli impiccati di Nimis. Il racconto prosegue come un noir dai contorni
torbidi con il mistero del ritrovamento delle carte che compromettono i
funzionari della Questura di Udine e ne determinano la deportazione nei lager in
Germania.
Sono poi riportati i retroscena dell’omicidio di Olvino Morgante,
fucilato il 17 maggio 1945 a Grions del Torre, presso la polveriera, che darà
luogo a uno dei processi più discussi del dopoguerra assieme a quello di Porzûs,
con l’uccisone da parte dei garibaldini, i fazzoletti rossi, di alcuni
partigiani delle Brigate Osoppo, i fazzoletti verdi. Entrambi i processi, nel
dopoguerra, mettono alla sbarra gli eccessi partigiani. Nel caso dell’omicidio
Morgante, però, a giudizio finiscono due osovani. Sullo sfondo delle vicende
politiche e militari, emerge la storia d’amore di Manlio e Ada, dalle nozze fasciste alla loro fine tragica: facendoli
assomigliare a un Osvaldo Valenti e Luisa Ferida di provincia.
In questo libro di Bonetti si percepisce il senso di
confusione vissuto dagli italiani in quegli anni. Ciò che gli esuli d’Istria,
Fiume e Dalmazia, dopo il 1945, hanno chiamato “el ribalton”. Tale evento
destabilizzante ha inizio con l’armistizio dell’8 settembre 1943 del re
d’Italia con gli alleati anglo-americani, per finire con la recrudescenza con
cui nazisti e repubblichini nei mesi successivi perseguitano, arrestano,
fucilano e deportano nei lager del Terzo Reich indistintamente ebrei,
partigiani, militari italiani e civili inermi solo perché indossavano un capo
di vestiario militare.
Una storia ebraica
Bonetti raccoglie pure una vicenda ebraica di Udine con un giusto mai nominato sinora. Per gli
ebrei, i giusti sono le persone di
altra religione che hanno aiutato uno o più ebrei nel periodo delle
persecuzioni razziali, dopo il 1938 e, soprattutto, dal 1943, quando le retate
antisemite dei nazisti si fanno più pressanti per ordini di Hitler.
Dopo l’8 settembre 1943, Olvino Morgante, macellaio di
Tarcento, con uno stabilimento per la produzione di insaccati di 2.000 metri
quadrati, a causa del ribalton si
trova a collaborare con i tedeschi e con la Resistenza, oltre a dare lavoro a
numerosi antifascisti. “Ospita inoltre a casa sua per un quindicina di giorni,
non senza gravi rischi, il dentista ebreo Giuseppe Eppinger, ricercato dai
nazisti e poi rifugiato in Svizzera” (p. 84). Così scrive Bonetti.
Si viene a sapere che il dottor Eppinger viveva a Udine in un
palazzo di Via Mazzini 9, dove nel dopoguerra si troveranno ad abitare il
protagonista del libro, Manlio Tamburlini, con la sua consorte Ada Bonetti, su
indicazione delle forze alleate che avevano requisito l’albergo Nazionale dello
stesso Tamburlini (p. 89). Bruno Bonetti mi ha, infine, riferito che fu proprio
il dottor Giuseppe Eppinger ad effettuare il riconoscimento dei resti mortali
di Olvino Morgante, trucidato dai partigiani nel 1945, a fine guerra. Era stato
il suo dentista, quindi riconobbe bene il suo lavoro sulla mandibola di
Morgante. La salma di Olvino Morgante fu ritrovata il giorno 11 giugno 1946
sulle sponde del Malina a Grions (p. 86). Allora se il riconoscimento è stato
svolto nel 1946 dal dentista Eppinger, significa che egli era già rientrato a
Udine dall’esilio in Svizzera.
Eppinger, come altri ebrei fuggiti da Udine (famiglie Basevi,
Foa e, forse, i Bata) e dal Friuli con tutta probabilità furono salvati
dall’organizzazione delle Aquile randagie,
i gruppi scout clandestini che portavano gli ebrei dalla Lombardia al confine
svizzero, salvando dalla deportazione nazista oltre duemila individui. Riguardo
alle famiglie Basevi e Foa vedi lo scritto di Renata Broggini (p. 454), mentre
sui Bata vedi nel web Ebrei a Udine sud e dintorni,
1939-1948. Deportazione in Germania e rientri, dello scrivente.
In Friuli si trovò ad operare nel 1945 la Brigata Ebraica,
sotto il comando degli inglesi, come si sa dalla letteratura. Certi Ebrei palestinesi sono menzionati dal
generale Chassin tra le diverse componenti di militari sotto il Comando
dell’Armata aerea alleata del Mediterraneo (Mediterranean Allied Air Force),
ovvero certi piloti che bombardavano le postazioni nazifasciste nell’Italia del
Nord, Friuli incluso, erano ebrei di Palestina (Chassin
p. 533).
Nella periferia udinese, nel Comune di Tavagnacco, a Feletto
Umberto, secondo una testimonianza “c’erano degli ebrei che noi di Feletto
chiamavamo i Palestinesi”. È Giannino Angeli che racconta e prosegue così:
“Stavano nella casa dove nel 1953 andò ad abitare la mia famiglia in Via dei
Martiri 88”. Nel 1946-1947 tale abitazione era affittata ad una famiglia
siciliana e “ai piani superiori furono alloggiati questi ebrei, detti Palestinesi, erano in divisa militare
inglese, ma non so se fossero della Brigata Ebraica, inquadrata nell’Ottava
Armata britannica, che pattugliò Tarvisio nel 1945, mi ricordo di non averli
mai visti in paese con le armi, non so se fossero ebrei salvati dai campi di
detenzione italiani perché, a differenza dei soldati britannici, sempre
impeccabili, loro, i Palestinesi erano, come dire, male in arnese, un po’
emaciati”. (Giannino
Angeli, Tavagnacco, provincia di Udine, 1935, intervista telefonica del 14
ottobre 2016).
Agriturismo Da Sferco, Villotte di S. Quirino, 1° dicembre
2018 – Barbara Rossi e Bruno Bonetti al termine della presentazione del libro Manlio Tamburlini e l’albergo nazionale di
Udine. Fotografia di E. Varutti
Zara e Spalato nella
letteratura mondiale
La questione adriatica orientale e la sua complessità
storica, culturale e linguistica non sono un caso a se stante. Esistono fatti
analoghi in tutta Europa. Anzi, si può dire che
le aree multietniche e multilinguistiche non siano poche nel mondo. Ne
accenna Alessandro Marzo Magno nella Postfazione ad Anime baltiche, dello scrittore olandese Jan Brokken, 2018. “Quando
gli estoni e i lettoni fanno finta – ha scritto A.M. Magno – che non siano mai
esistiti i baroni baltici, aristocratici tedeschi che dominavano i contadini
locali e parlavano qualsiasi lingua fuorché quella dei loro sottoposti, non
sono molto diversi dai croati che fingono di ignorare il passato multietnico
delle città dell’Adriatico orientale. Zara e Spalato come Riga e Tallinn?” (Magno, in
Brokken, p. 363).
Biografia di Bruno
Bonetti
Nato nel 1968 a Gorizia, Bruno Bonetti consegue la maturità
classica presso il liceo classico “Jacopo Stellini” di Udine nel 1987. Laureato
con lode a Trieste in Filosofia nel 1992, si perfeziona poi presso l’Università
di Barcellona. È inoltre dottore con lode in Scienze politiche (Università di
Trieste, 2004). Pubblica il saggio Politica
ed educazione in Piero Gobetti in «Scuola
e città», 10 (1993), La Nuova Italia editrice. Traduce in italiano per
l’Università Nazionale Autonoma del Messico il volume La Ciudad de México a través de 50 libros, México 2006. Dal 1993 è
cultore della materia presso il dipartimento di Filosofia dell’Università di
Trieste.
Ha collaborato con il Consiglio sindacale interregionale
FVG/Croazia, per cui ha organizzato vari convegni di argomento economico-giuridico.
È stato corrispondente da Manzano del quotidiano Messaggero Veneto negli anni 2000-2001. Dal 1995 lavora presso la
pubblica amministrazione. Dal 2005 a oggi è funzionario specialista in attività
culturali presso il Comune di Tarcento. Nel 2017 è nominato segretario del
Comitato provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia (ANVGD).
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Il libro di Bonetti presentato
a S. Quirino
Bruno Bonetti, Manlio
Tamburlini e l’albergo nazionale di Udine, Pasian di Prato (UD), L’Orto
della Cultura, 2017, pp. 112, euro 13.
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Cenni bibliografici e
sitologici per i commenti del recensore
- Renata Broggini, La
frontiera della speranza. Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945,
Milano, Mondadori, 1998.
- Jan Brokken, Baltische zielen, Amsterdam, Atlas
Publischer, 2010. Traduzione
italiana di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo, Anime Baltiche, postfazione di Alessandro Marzo Magno, Milano,
Iperborea, 2014. Edizione speciale su licenza per Corriere della Sera, Milano,
2018.
- Silvio Cattalini (a cura di), Nel trentennale dell'insediamento della comunità istriano-veneta alle
Villotte di San Quirino (PN) 1960-1990, Fagagna (UD), Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, 1991.
- Lionel-Max Chassin, Histoire
Militaire de la Seconde Guerre Mondiale, Paris, Payot, 1947. Traduzione
italiana a cura di Umberto Barbetti, Storia
militare della seconda guerra mondiale, Firenze, Sansoni, 1964.
- Nicolò Giraldi, L’esilio
in Friuli, il racconto: “Siamo fuggiti dall’Istria, qui la diffidenza di chi
non ci amava”, «Messaggero Veneto», 15 gennaio 2017.
- Angela Pederiva, “Il banco vuoto dei bimbi ebrei”, «Il
Gazzettino», 4 dicembre 2018, p. 19.
- “Si è spento Gelisi, imprenditore vinicolo dal successo
internazionale”, «Messaggero Veneto», Edizione di Pordenone, 1° maggio 2017.
- “La storia degli esuli istriani accolti a San Quirino: libro”, 15 gennaio 2018, friulionline.com
- E. Varutti, Ebrei a Udine sud e dintorni, 1939-1948. Deportazione in Germania e rientri,
on-line dal giorno 11 novembre 2016-2017.
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Recensione e servizio giornalistico a cura di Gabriele Anelli
Monti e E. Varutti. Networking e ricerche storiche di Sebastiano Pio
Zucchiatti. Lettore: Bruno Bonetti. Fotografie di Barbara Rossi e dall’archivio
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine.
Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di
Udine è Bruna Zuccolin.
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