“È stato un incontro toccante e molto coinvolgente quello con
l’esule da Rovigno Francesco Tromba, nato nel 1934” – ha detto così Bruna
Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD).
Udine, sala Baldassi, parrocchia del Cristo, Francesco Tromba, Bruna Zuccolin, Elio Varutti e Giuseppe Capoluongo. Fotografia di Giorgio Gorlato
L’evento, patrocinato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia
Giulia, si è svolto a Udine il 30 ottobre 2018, presso la sala Baldassi, nella Parrocchia del
Cristo, in via Montebello 3. Organizzato dal Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD in
collaborazione con Confraternita del SS.mo Crocifisso di Udine, ha visto per
protagonista Francesco
Tromba, esule da Rovigno. Egli perse tragicamente il padre nella foiba di Vines. L’autore ha ripercorso quanto accadde alla sua comunità, con particolare
riguardo a quella di Rovigno, suo luogo natale poi, nel 1946, a quella di Pola,
suo luogo di successiva residenza, comunque abbandonato per l’esilio a Venezia,
mentre il resto della famiglia andava a Bari, in fuga dai titini.
Francesco Tromba, nel 2000, ha pubblicato: “Pola Cara, Istria
Terra Nostra. Storia di uno di noi Esuli Istriani”. Il volume, nel 2017, ha
raggiunto la settima ristampa e ha ottenuto il Premio Firenze nel 2016.
Udine, 30 ottobre 2018 - Francesco Tromba, Giorgio Gorlato e Bruna Zuccolin. Fotografia di E. Varutti
Ha introdotto la serata la presidente dell’ANVGD di Udine
Bruna Zuccolin, portando i saluti del Comitato Provinciale del sodalizio degli
esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia e ringraziando la Parrocchia del Cristo, per
la collaborazione all’iniziativa culturale.
Giuseppe Capoluongo, priore della Confraternita del SS.mo
Crocifisso, ha ricordato che tale istituzione religiosa risale al Cinquecento e
si è sempre occupata di solidarietà. “Rappresento qui la parrocchia del Cristo
– ha detto Capoluongo – e vi porto i saluti della nostra comunità, inoltre sono
anche un poeta e vi presento due mie composizioni riguardo all’esodo giuliano
dalmata”. Nel silenzio della sala, il poeta ha declamato un
testo dedicato a Pola, seguito dall’ode intitolata Nostalgia, dedicata a Maria Millia, esule da Rovigno e suocera di
Capoluongo.
Poi ha avuto la parola il professor Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di Udine, che ha introdotto l’opera di Francesco Tromba. “È un
piccolo libro scritto con il cuore dall’autore – ha detto Varutti – cercando di
riferire i pensieri di quando era bambino e subì l’oltraggio di vedersi portar
via il babbo dai miliziani titini che poi lo uccisero e lo gettarono nella
foiba di Vines”.
Udine, sala Baldassi, parrocchia del Cristo, Francesco Tromba legge il suo commovente intervento, vicino a Bruna Zuccolin e Elio Varutti. Fotografia di Giorgio Gorlato
È intervenuto quindi lo stesso Tromba. “Ricordo quel 16
settembre 1943 – ha detto – quando arrivarono in sette titini coi fucili, erano
di Rovigno, due restarono di guardia sotto casa, mentre gli altri salirono al
secondo piano e col calcio dei fucili abbatterono la porta d’ingresso, poi
iniziarono a cercare mio padre per tutta la casa, riuscirono a trovarlo
nascosto sotto il lavabo della cucina e lo portano via”. La famiglia non ha mai
saputo cosa gli fosse successo. Era un tipografo, Giuseppe Tromba, classe 1899,
solo nel 2006 il figlio è venuto a sapere da una signora di Rovigno che il suo
babbo fu una delle prime vittime gettate nella foiba di Vines, vicino ad
Albona. Nell’ottobre 1943 i tedeschi occuparono Rovigno, scacciando i
partigiani jugoslavi. Per i rovignesi fu una sorta di liberazione dalle
violenze titine. Il maresciallo dei pompieri di Pola, Arnaldo Harzarich, iniziò
a recuperare le salme dalle foibe, scortato dai militari tedeschi e italiani,
ma quella di Giuseppe Tromba non fu esumata, in quanto inarrivabile e ormai
decomposta.
Non è tutto, perché la madre di Francesco Tromba fu
imprigionata il 5 maggio 1945 dai druzi
in divisa con le armi spianate e portata nelle carceri di Fiume. Drug, in serbo, significa "compagno", perciò gli italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia chiamavano druzi i partigiani comunisti. Fu accusata di
essere nemica del popolo, perché
aveva riferito ai tedeschi il nome di uno di coloro che gli avevano catturato e
fatto sparire il marito nel 1943. Lavorava alla Manifattura Tabacchi. Francesco
Tromba, a dieci anni, restò senza genitori, assieme alle sorelle Luciana, di
sedici anni e Eliodora di sette. La mamma dei fratelli Tromba fu liberata dai druzi nel giugno 1946 e, per paura dei
carcerieri, fuggì a Trieste, da dove, come dipendente statale, fu inviata alla
Manifattura Tabacchi di Bari.
Nel frattempo Francesco Tromba fu ospite dell’Orfanotrofio di
Sant’Antonio di Pola, da dove il 12 febbraio 1947 con la motonave Pola assieme
ai frati e a tutti gli orfanelli partì per Trieste, per essere alloggiati al
Campo profughi del Silos. L’ultima tappa dell’esodo di Francesco Tromba, ormai
diviso dalla sua famiglia, fu l’Orfanotrofio dei frati di S. Nicolò al Lido di
Venezia, dove imparò il mestiere di tipografo. Per qualche anno visse poi a Milano,
dove si posò nel 1960 ed ebbe due figlie. Aprì una sua tipografia a Portogruaro
(VE), città della moglie, dove lavorò fino alla fine del secolo.
Udine, sala Baldassi, parrocchia del Cristo, Francesco Tromba tra Bruna Zuccolin e Rosalba Meneghini durante il brindisi di commiato. Fotografia di Giorgio Gorlato
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Nonostante il pubblico limitato, in considerazione dell’imperversante
nubifragio, dalla quindicina di partecipanti sono iniziate una serie di domande
e di interventi di grande interesse. Tra gli altri, hanno parlato la
professoressa Marina Belllina, di famiglia originaria di Fiume, Giorgio
Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Rosalba Meneghini, la cui mamma era di
Rovigno. Ad esempio è stato ricordato come i titini uccisero per affogamento la
baronessa Hütterott e sua figlia. Chiusa in una rete da pesca ed appesantita
con dei massi, la nobildonna latifondista di Rovigno fu gettata in mare dai
comunisti titini al largo dell’Isola di Sant’Andrea. La baronessa, dal popolino,
era detta anche Catarot, o Chitarot. Tra l’altro, Chittaro è anche un cognome
friulano, di derivazione tedesca (Costantini
2002).
Al termine della presentazione una signora ha riferito allo
scrivente di essere stata molto colpita dai versi poetici letti da Capoluongo,
segno che la poesia dell’esodo apre i cuori, coinvolge i sentimenti e fa
riflettere nello spirito della legge del 2004, istitutiva del Giorno del Ricordo.
Notizie di altri scrittori
su Rovigno
Raul Marsetič, del Centro di ricerche storiche di Rovigno, ha
pubblicato nel 2016 il seguente brano sulla Manifattura Tabacchi di Pola, dove
andavano a lavorare molte ragazze di Rovigno col treno delle tabacchine, come ha scritto un altro autore Armando
Delzotto nel suo I miei ricordi di Dignano d’Istria
(dalla nascita all’esodo), Udine, Edizioni del Sale, 2012.
“L’industria del tabacco a Pola – ha scritto Raul Marsetič – fu
ufficialmente fondata il 30 maggio 1920 con l’intento di alleviare la crisi in
cui sprofondò il capoluogo istriano dopo la Prima guerra mondiale. La cerimonia
solenne d’inaugurazione fu celebrata tre anni più tardi, il 3 luglio 1923, solo
dopo l’ultimazione di tutti i lavori di sistemazione intrapresi. La manifattura
fu collocata nell’imponente immobile dell’ex caserma di fanteria dell’esercito austriaco
(Infanteriecaserme) sulla Riva a cui fu, un decennio dopo, affiancato anche un
nuovo edificio eretto sull’area dell’ex autoparco militare. Si trattò di
un’attività produttiva di grande rilevanza per la città dato l’elevato numero
di maestranze impiegate, in gran parte femminili. Le attività produttive
continuarono, con delle interruzioni per danni di guerra in seguito ai
bombardamenti del 1944, fino all’inverno del 1947, e lo stabilimento fu
definitivamente chiuso dalla nuova amministrazione jugoslava il 16 settembre
dello stesso anno”.
Udine, sala Baldassi, parrocchia del Cristo, una parte del pubblico prima del brindisi di commiato. Fotografia di Giorgio Gorlato
Ecco un cenno alla baronessa Hütterott e a sua figlia in una parte del racconto
tratto da «L’Arena di Pola» del 10 maggio 1997, pag. 6 col titolo “Con il peso delle
memorie. Accanto a Rovigno”, a firma di Ruggero Botterini.
“Nel maggio '45 mi
trovavo ancora a Rovigno, sfollato da Pola, assieme a mia madre ed a mio
fratello. Seppi subito che i partigiani avevano ammazzato la Kitarot, come si
usava chiamare la baronessa. La guerra era finita 30 aprile con la partenza
degli ultimi reparti tedeschi ed il conseguente ingresso in città dei
partigiani titini. La baronessa Barbara Elisabetta Hütterott, nata a Trieste nel
1897, e la madre Maria Enrichetta Keyl, nata a Bordeaux nel 1860, attendevano
fiduciose i nuovi amministratori usciti dal «bosco». Non avevano nulla da
temere avendo avuto rispettivamente, per padre e marito, un onesto e benemerito
cittadino rovignese, ed avendo fatto solamente del bene. Nell'ottobre 1943 la
baronessa Hütterott salvò tre pescatori rovignesi interponendo i suoi buoni
uffici presto il Comando tedesco. Successivamente, nel marzo 1944, consegnò
alcuni binocoli a tre aspiranti partigiani decisi a darsi alla Resistenza. Ma
nonostante tutte queste benemerenze la «rivoluzione» bussò alla porta del suo
castello vestita dell'uniforme degli agenti della famigerata Ozna. Fu uccisa da
quegli elementi locali che poi incautamente misero ad asciugare le lenzuola con
lo stemma del nobile casato? Molti protagonisti di quel periodo sono tutt'ora
vivi, ma la loro testimonianza si ferma alla confessione intima. In quei
tristissimi giorni pare che in città fosse presente un agente dell'Ozna per cui
si può ipotizzare che l'eliminazione fisica delle due nobildonne fosse stata
decisa motto in alto e non a Rovigno. I loro corpi, comunque, non sono mai
stati trovati: facile la scelta tra mare e foiba. Si trattò di un omicidio
politico visto che, successivamente alla morte, la povera baronessa, subì un
processo e giudicata «nemica del popolo», lei che non aveva fatto del male ad
alcuno. Esiste, pure, la farsa-favola della confisca dei beni. Dal 21 novembre
al 4 dicembre una commissione dell’Ufficio distrettuale dei «Beni popolari»
effettuò un inventario in 45 cartelle dattiloscritte in cui venivano elencati
gli oggetti trovati nel Castello: mobili, pezzi di antiquariato, opere d'arte,
gioielli. Ma quando si trattò, con atto del Tribunale di Rovigno del 1948, di
confermare l'avvenuta confisca, venne investita, il 29 settembre 1948, una
nuova commissione per un nuovo inventario. Perché? Perché qualcosa era sparito.
II nuovo elenco comprendeva appena sette cartelle dattiloscritte. Dove finì il 70
per cento del patrimonio compreso un baule sigillato del 1945 contenente 56
oggetti d'argento?”.
Udine, sala Baldassi, parrocchia del Cristo, Francesco Tromba e Giorgio Gorlato, due esuli istriani intenti a ciacolar. Fotografia di Elio Varutti
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I dati del libro di
Tromba
Francesco Tromba, Pola
cara, Istria terra nostra. Storia di uno di noi esuli istriani (1.a
edizione a cura dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD),
Comitato Provinciale di Gorizia 2000), Bibione (VE) - Trieste, Europa Tourist
Group, 7.a ristampa, 2017, pp. 84.
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Riferimenti bibliografici
e sitologici
- Costantini Enos,
Dizionario dei cognomi del Friuli, Udine, Editoriale FVG, 2002.
http://eliovarutti.blogspot.com/2016/12/premio-firenze-francesco-tromba-esule.html
- Varutti Elio, Armando Delzotto e i suoi ricordi di Dignano d’Istria, un libro del 2012, on-line dal 16 settembre 2018.
http://eliovarutti.blogspot.com/2018/09/armando-delzotto-e-i-suoi-ricordi-di.html
- Testimonianza di Francesco Tromba in televisione del 2016, Video estratto da TV 2000 "LE FOIBE e GLI ITALIANI DIMENTICATI". Si ringrazia
per la collaborazione il Comitato Provinciale di Arezzo dell’ANVGD.
https://www.facebook.com/anvgd.arezzo/videos/1884877528391269/
la copertina del libro
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah
Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da collezioni
private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da
lunedì a venerdì ore 9,30-12,30.
Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.