È stato Guglielmo Cocco, delegato pastorale della parrocchia
di S. Pio X, a Udine, ad aprire l’originale Giorno della Memoria il 29 gennaio
2019. “La Shoah ci tocca proprio da vicino e voglio ricordare che mio nonno
ospitò una famiglia di ebrei – ha detto Cocco – evitando loro la deportazione
nazista”. Poi ha accennato all’assenza di don Maurizio Michelutti, parroco di
S. Pio X, sostituito in sala da don Pietro Giassi, vice parroco. L’invito in
sala riportava comunque il contributo di don Maurizio Michelutti, riportato
alla fine di questo articolo del blog.
Fabrizio Cigolot, assessore alla Cultura del Comune di Udine
porta il saluto all’incontro sul Giorno della Memoria in S. Pio X del
29.1.2019, vicino a don Pietro Giassi, vice parroco, Ariel Haddad, rabbino della Slovenia
e direttore del Museo della Comunità Ebraica di Trieste "Carlo e Vera
Wagner", Tiziana Menotti e Elio Varutti. Fotografia di Leoleo Lulu
Ha avuto la parola in seguito Fabrizio Cigolot, assessore
alla Cultura del Comune di Udine, che ha patrocinato l’iniziativa. “Abbiamo coordinato
volentieri vari incontri per il Giorno della Memoria – ha detto Cigolot – in
collegamento alla mostra “Aurelio e Melania Mistruzzi Giusti tra le Nazioni”
visitabile, fino al 17 febbraio 2019 e proprio all’inaugurazione di tale mostra
abbiamo conosciuto la signora Lea Polgar, che quando aveva dieci anni, fu
salvata dalle retate naziste a Roma dai coniugi Mistruzzi, dichiarati poi
Giusti tra le Nazioni”.
Cigolot, che ha portato il saluto del sindaco Pietro
Fontanini, ha concluso con una riflessione incentrata sul fatto che “è proprio
vero che non possiamo nascondere l’umanità”.
Marco Balestra, presidente dell’Associazione Nazionale Ex
Deportati politici (ANED) di Udine, si è complimentato con gli organizzatori
della serata, divenuta una ormai tradizione, primo fra tutti il gruppo
culturale parrocchiale di S. Pio X. Poi Balestra ha ricordato di “lanciare
tanti messaggi per scuotere le cosciente assopite, puntando sui giovani che
danno molte risposte positive sul tema della Shoah”.
Marco Balestra, presidente dell’ANED di Udine. Fotografia di Leoleo Lulu
Un intervento molto seguito e con una impostazione teologica
è stato quello di don Pietro Giassi, vice parroco di S. Pio X. “Mi sono chiesto
che cos’è il Giorno della Memoria per me – ha detto don Giassi – allora sono
andato a cercare le parole del profeta Isaia per capire che dobbiamo guardare qual
è la strada buona da seguire”.
Ariel Haddad, rabbino della Slovenia e direttore del Museo della Comunità
Ebraica di Trieste "Carlo e Vera Wagner", ha effettuato l’intervento
più atteso. Si è domandato se ci sia dell’antisemitismo in Europa. La sua
risposta è che “l’antisemitismo non è stato sradicato, anzi resta nei
pregiudizi e nelle equazioni dell’ebreo ricco, intelligente e di successo, fino
ad arrivare a ripescare il falso documento dei Protocolli dei Savi Anziani di
Sion sugli ebrei che desideravano dominare il mondo, oppure sul concetto di
razza e di creazione del nemico”.
Sono solo alcuni cenni all’articolato e complesso discorso
del rabbino, che ha concluso il suo intervento citando Primo Levi sull’indifferenza
provata dalle persone circa i primi atti di persecuzione razziale avvenuti in
Italia, dopo le Leggi razziali del 1938.
Sono seguiti gli interventi con diapositive in Power Point
della studiosa Tiziana Menotti sul “Ghetto di Varsavia” e di Elio Varutti su “Ebrei
iugoslavi salvati dall’Esercito italiano al Campo di concentramento di Arbe,
Dalmazia”, cui si rinvia ai brani tratti dal depliant di sala pubblicati poco
sotto.
Don Pietro Giassi, Ariel Haddad, rabbino della Slovenia e
Tiziana Menotti. Fotografia di Leoleo Lulu
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Si riportano qui di
seguito, a cura della redazione del blog, gli interventi dei quattro relatori
al Giorno della Memoria, svoltosi la sera del 29 gennaio 2019, nella parrocchia
di S. Pio X a Udine, predisposti per il biglietto col programma di sala.
Saluto del Parroco don
Michelutti nel Giorno della Memoria 2019
Carissimi, la comunità parrocchiale di S. Pio X in Udine, con
grande disponibilità accoglie la proposta di ospitare l’incontro in occasione
del Giorno della Memoria 2019.
Parlare di Memoria riguardo ad un evento difficile e
drammatico che ha toccato persone e luoghi non è un semplice “ricordare”
qualcosa che è avvenuto nel passato ma, come esprime in modo più significativo
e vivo il concetto biblico del “memoriale”, è ripresentare, rinnovare, rendere
nuovo ed effettivamente presente nell’oggi quell’evento accaduto tanto tempo
fa.
Un pesachim ebraico
della notte di Pasqua, parte del racconto che il padre di famiglia fa ai figli
circa l’evento della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, afferma che “in ogni
generazione, ognuno deve considerare se stesso come se egli in persona fosse
uscito, quella notte, dall’Egitto”.
Penso e mi auguro che questa giornata davvero speciale sia
una giornata “memoriale”, l’opportunità di riflettere e soprattutto rivivere in
prima persona quegli eventi del passato, per riprendere in mano la nostra
umanità e renderla più umana, nuova e aperta ad orizzonti di pace che soli
producono, nel cuore dell’uomo, quella speranza che desidera fortemente e
giustamente che eventi così tristi e tragici non succedano mai più.
Buon lavoro a tutti coloro che con passione e competenza ci
offrono questo importante evento e un grazie di cuore a tutti coloro che, a
qualsiasi livello, rendono possibile questo incontro-esperienza di profonda
umanità.
Don Maurizio Michelutti, parroco di S. Pio X, Udine.
Guglielmo Cocco, delegato pastorale di S. Pio X di Udine. Fotografia di Leoleo Lulu
Le Leggi Razziste del
1938
Qualche settimana dopo il giro di boa del nuovo anno, il
2019, ci si volta indietro e si pensa ai significati di quello passato.
Dal punto di vista storico si può dire che due eventi di
rilevanza fondamentale per l’Italia hanno visto nel 2018 un anniversario
fondamentale. Il primo, dal punto di vista cronologico, è il centenario della
fine della Prima Guerra Mondiale. Il secondo è l’Ottantesimo Anno dalla
promulgazione delle Leggi Razziste (o razziali che dir si voglia).
Non c’è dubbio che per quanto riguarda la Comunità Ebraica
italiana le Leggi Razziste promulgate dal governo di Mussolini sanciscono una
frattura insanabile tra l’ebraismo italiano e la sua patria. Gli ebrei
italiani, negli anni del Risorgimento e dell’Italia liberale avevano
partecipato con ardore alla costruzione di uno stato liberale e moderno. Negli
anni del Fascismo, invece, vedono le loro esistenze prima minacciate, poi
limitate, sopraffatte, derubate, umiliate e annientate.
Coloro che contribuirono con speranza alla costruzione della
Nazione, si videro da essa stessa respinti e obliterati.
La genesi di queste Leggi affonda le sue radici filosofiche e
storiche in un coagulo di motivazioni che, sorprendentemente, si fanno beffe
delle idee di modernità democrazia e uguaglianza che il mondo moderno sembrava
aver fatto definitivamente proprie, scagliando gli ebrei d’Europa nell’incubo
del genocidio di massa oramai conosciuto come Shoah. Non si può non pensare a
quanto siamo vicini all’oblio di quegli anni.
Ariel Haddad, rabbino della Slovenia e direttore del
Museo della Comunità Ebraica di Trieste "Carlo e Vera Wagner".
Tra i grattacieli di
Varsavia. Ciò che resta del ghetto più grande d'Europa
Prima del 1939, a Varsavia viveva la comunità ebraica più
grande d'Europa con circa 400.000 unità. Nel marzo 1940 i nazisti ordinarono di
recintare la zona abitata tradizionalmente dagli ebrei. L'operazione terminò il
16 novembre 1940, quando il ghetto, indicato ufficialmente come quartiere
residenziale ebraico, fu chiuso definitivamente. Il ghetto di Varsavia era il
più grande d'Europa anche per superficie (4 km²). Il muro che lo delimitava era
alto 3 metri e lungo 18 chilometri. Nel ghetto vennero inglobate 73 delle 1800
vie della città comprendenti 27.000 appartamenti, un cimitero, un campo
sportivo, 14 orfanotrofi, alcuni teatri, negozi e ristoranti di lusso per gli
ebrei facoltosi. L'estensione del ghetto subì vari ridimensionamenti. Nel 1941
furono creati il ghetto piccolo (100.000 ebrei) e il ghetto grande (300.000
ebrei).
Nel ghetto imperversavano la fame, le malattie e la morte. Nel
1941 vi morirono circa 100.000 persone. Il 22 luglio 1942 iniziò la “Grande
Operazione“, la deportazione, durata quasi 2 mesi, di circa 265.000 ebrei nel
vicino campo di sterminio di Treblinka, attivo dal 23 luglio 1942. Ogni giorno
venivano deportate dalle 2000 alle 13.500 persone che morivano subito dopo
l'arrivo nel lager. Tra il 18 e il 22 gennaio 1943, in occasione dell'ennesimo
tentativo di deportazione, gli ebrei si difesero per la prima volta con le
armi. La rivolta culminò con l'eroica insurrezione del ghetto di Varsavia (19
aprile -16 maggio 1943), che costò la vita ai circa 60.000 ebrei sopravvissuti
alla deportazione. Il ghetto di Varsavia è andato completamente distrutto. Al
suo posto, oltre a un frammento di muro
e ad alcune tracce dei suoi vecchi confini sparse tra i grattacieli della
città, si snoda un commovente percorso della Memoria che accompagna il
visitatore fino alla Umschlagplatz, nella parte più a nord del grande ghetto,
da dove partivano ogni giorno i convogli diretti a Treblinka con il loro carico
umano destinato alle camere a gas. Tiziana
Menotti.
Ebrei iugoslavi salvati
dall’Esercito italiano al Campo di concentramento di Arbe, Dalmazia
Non pare neanche vero che un lager possa salvare delle vite.
Bisogna dire che l’Italia fascista, con la Germania, invade la Jugoslavia nel
1941. Nelle zone di occupazione italiana e in altre parti vengono relegati nei
campi di concentramento gli allogeni, come vengono chiamati gli sloveni o i
croati dissidenti o ribelli.
Succede altresì che, dal 1941 al 1943, al Campo di
concentramento dell’Isola di Arbe, in Dalmazia, l’Esercito Italiano sottrae
2.180 ebrei iugoslavi dalle grinfie del nazisti e degli ustascia croati. Per i piani di Hitler dovevano finire essi ad
Auschwitz, noto Campo di sterminio. È una storia poco nota. Certi storici sono
stai troppo impegnati a glorificare i vincitori, oscurando la figura
dell’italiano-brava gente.
Le cose cambiano dopo il 1989, con la Caduta del Muro di
Berlino e il venir meno delle ideologie. Con la Legge italiana del 20 luglio
2000, n. 211, istitutiva del Giorno della Memoria e dalla analoga risoluzione
60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, c’è più
consapevolezza sul tema della Shoah. Così si fa chiarezza e si rende giustizia
a quegli ufficiali italiani che, rischiando la vita, si sono prodigati per
evitare la deportazione di migliaia di ebrei balcanici. Elio Varutti.
Il pubblico in sala poco prima dell'inizio. Fotografia di E. Varutti
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Il Giorno della Memoria a Udine sud è stato organizzato dal gruppo culturale della Parrocchia di S. Pio X di Udine, in collaborazione con l'Associazione Insieme con Noi, il Gruppo Alpini Udine
Sud e il patrocinio del Comune di Udine col titolo generale: La Shoah a Udine sud. Luoghi e storie fra deportazioni e
campi di concentramento. Impaginazione e grafica del biglietto di sala a cura di Anna Del Fabbro.
Si ricorda che la mostra “Aurelio e Melania Mistruzzi Giusti tra le Nazioni” è visitabile, fino al 17 febbraio 2019, il venerdì a ingresso libero dalle ore 14,30 alle 17,30, oltre al sabato e domenica dalle ore 10 alle 13 e dalle 14 alle 17,30 a Palazzo Morpurgo, in Via Savorgnana a Udine.
Si ricorda che la mostra “Aurelio e Melania Mistruzzi Giusti tra le Nazioni” è visitabile, fino al 17 febbraio 2019, il venerdì a ingresso libero dalle ore 14,30 alle 17,30, oltre al sabato e domenica dalle ore 10 alle 13 e dalle 14 alle 17,30 a Palazzo Morpurgo, in Via Savorgnana a Udine.
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah
Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Grazie a Anna Del Fabbro per la grafica del volantino. Fotografie da collezioni
private citate nell’articolo, come quella di Leoleo Lulu, di Germano Vidussi e
di E. Varutti
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