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giovedì 15 marzo 2018

Antonio Longhino ha pubblicato Val Resia, 2017

Ecco uno splendido volume ricco di fotografie inedite. Appassionato cultore della tradizione montanara della sua valle, Antonio Longhino ha dato alle stampe Val Resia. Tradizioni e cultura di un popolo, Udine, Tipografia Marioni, 2017. 
Dalla copertina del libro di Toni Longhino "Livìn" appena uscito. Fotografia di Clemente Danilo

È un libro interessante, semplice e col grande pregio della chiarezza espositiva. Stiano parlando di una comunità plurilingue. I resiani parlano (orgogliosamente) l’italiano, il resiano e il friulano (tutelati dalla Legge 482 del 1999). Gran parte del testo è comunque in lingua italiana, con un gustoso glossario iniziale (resiano / italiano).
Dopo una presentazione ufficiale svoltasi a Resia il 28 dicembre 2017, c’è stata una presentazione anche a Udine. Il salone del Quaglio a Palazzo Belgrado, sede della Provincia di Udine era gremito di invitati  mercoledì 14 marzo 2018, alle ore 17.30. I musicisti resiani battevano il tempo e suonavano come se fosse Carnevale. Poi ci sono stati gli interventi di saluto del presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini e del sindaco di Resia, Sergio Chinese. In seguito pure il presidente della Società Filologica Friulana, Federico Vicario ha detto la sua. Ci sono state, infine, alcune considerazioni dell’autore. Al termine un’esecuzione di musiche resiane (patrimonio mondiale dell’Unesco), interpretate dai musicisti Franco Di Lenardo e Pietro Naidon.

Ritorniamo al libro. Certi capitoli hanno il carattere cronachistico, perciò la vita del paese viene descritta citando i giornali del tempo, soprattutto del Novecento, con puntigliosità. C’è l’attività contadina dell’area, ma c’è pure una carrellata sull’attività economica turistica legata al Parco delle Prealpi Giulie. Ci sono alcuni capitoli di storia, dal Patriarcato di Aquileia, alla Serenissima fino a Napoleone; poi ci sono un po’ di parole sulle guerre coloniali, sulla Grande Guerra, fino alla seconda guerra mondiale, con le complicate vicende partigiane.
Non è trascurata la vita religiosa della valle, elencando le chiese, le funzioni legate alla vita: nascita, battesimo, coscritti, matrimonio e morte. Ci sono le rogazioni, la raccolta delle offerte per la chiesa, il dono del formaggio, i tre re magi ed altro. Non potevano mancare i gruppi folcloristici, che alimentano il famoso e caloroso Carnevale resiano (pust), la musica, i cori, i balli e gli strumenti musicali tipici della zona: zitira e bunkula (violino e violoncello). Ci sono pure i giochi dei bambini di una volta.
Resia 1° maggio 1927, Prima Comunione. Collezione Lucillo Barbarino “Matiònawa”, Resia-Udine. Questa foto non è contenuta nel libro di Longhino

Finalmente l’autore fa chiarezza sulla curiosa leggenda dei resiani che provengono dai russi. Nelle 254 pagine del bel volume è scritto che i resiani sono un residuo di grandi movimenti di popoli slavi, a seguito della calata dei Longobardi.
Mi ha colpito un piccolo pezzo di guerra fredda vissuto a Resia nel 1950. “Fu recuperata la salma di Silvio Buttolo di 25 anni da Uccea – scrive Longhino – ucciso dai graniciari jugoslavi (guardie confinarie) mentre stava tagliando legna sul loro territorio. Le Autorità slave rifiutarono di restituire la salma. Disperato e sconfortato, il padre Simeone, di notte, dopo alcuni giorni, riuscì a raggiungerlo, metterlo in un sacco e trascinarlo fino al fiume” (pag. 67).
Sfogliando altre pagine del testo ci si imbatte nelle vicende del terremoto del 1976 e di ciò che avvenne con la ricostruzione e nei decenni successivi. È ben trattata l’emigrazione resiana che portò i famosi arrotini in giro per l’Europa centrale.  Il volume si chiude con l’elenco dei sindaci di Resia.

E. Varutti, Val Resia, olio su faesite, cm. 11,5 x 40, 1994

Bibliografia di Toni Longhino
- I molini della Val Resia, 1987.
- La produzione del sidro in Val Resia, 1988.
- Val Resia terra di arrotini, 1992
- La chiesetta di Podklanaz, 1993.
- Coritis, ultimo paesino della Val Resia, 1997.
- Processioni rogazionali in Val Resia, 2001.
- Sorgenti, acquedotti e fontane della Val Resia, 2004.
- Uccea, un paese di confine, 2005.
- La latteria di San Giorgio di Resia e le malghe della Val Resia, 2009.

Assieme a Alberto Siega, Longhino ha curato questi volumi:
- 20 anni del Circolo resiano di Udine “Rošajanska Dolin” 1980-2000.
- Hlas od Našaha Särza, Voce del nostro cuore. Poesie e racconti, 2002.

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Sitologia
Presentazione libro “Val Resia, Tradizioni e cultura di un popolo” di Antonio Longhino, on-line dal 27 dicembre 2017.

- A. Longhino, Rośajanska pravizaAll’Ombra del Canin / Ta pod Ćanynowo sinco, 72/1, 1999, p. 5.

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Servizio giornalistico, fotografico e di networking a cura di Elio Varutti, ove non altrimenti indicato. Ricerche nel web in collaborazione con Sebastiano Pio Zucchiatti.

martedì 24 novembre 2015

Gemma Valente, una donna di Resia

Aveva un patronimico affascinante Bastajànawa, Gemma Valente vedova Barbarino. Ovvero era discendente di una ava, che di nome faceva: Bastiana. Nacque a San Giorgio di Resia / Bila il giorno 1° settembre 1915. Morì a Udine il 31 ottobre  2008. 
Era conosciuta in tutto il paese e pure nella valle, come la madre di quattro bambini rimasti orfani, durante la Seconda guerra mondiale. Gemma restò vedova di un partigiano deportato nel 1945 dai nazisti in campo di concentramento a Flossembürg, in Germania,  dopo essere stato fatto prigioniero nel 1944 in paese. Il partigiano, marito di Gemma, era Luigi Barbarino, Matiònow (Resia 1914 – Flossembürg 1945), arruolato nelRozajanski bataljon”, collegato al IX Corpus di Tito.
Si ricorndano i nomi di alcuni comandanti di tale reparto di partigiani, come Arturo Siega, di Oseacco, frazione di Resia; un altro comandante del “Rozajanski bataljon era Riccardo Clemente, detto "Jaja" di Gniva, frazione di Resia. Sul finire della lotta partigiana il “Rozajanski bataljon” passò sotto il comando del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Udine.

Gemma Valente a 19 anni

Gemma diede al marito Luigi Barbarino cinque figli: Antonio (1936), Irma (1939) la quale morì bambina, Lucillo (1941) Felice (1943) e Livio (1945). Antonio Barbarino e i suoi fratelli, erano detti in paese, con un affascinante appellativo pieno di storia: “To jè sin Chemin”. In idioma resiano, riconosciuto come lingua delle minoranze dalla legge statale n. 482 del 1999, il fraseggio significa: “È il figlio di Gemma”.
Nei primi anni del dopo guerra (1947-1950) Gemma Valente con un’altra signora di origine resiana, tale Felicita Foladore, scappata dall'Istria dove stava con la famiglia, organizzarono una scuola spontanea estiva. L’esperienza si tenne nell’edificio che fu della Guardia di Finanza. Negli anni trenta la stessa struttura era una scuola elementare, poi uno stallo per animali da tiro e pure un circolo ENAL, con annessa osteria. Questo primo Centro estivo per oltre 25 bambini, dove Gemma si occupava della cucina, operava con i finanziamenti del Comune, che riceveva gli aiuti dagli Americani.
«Mi ricordo – ha detto Lucillo Barbarino – che andavo con mia madre Gemma da San Giorgio a Prato col carretto, per andare a prendere i sacchi di cibo (pasta, riso ed altro) che arrivavano con la corriera a gasogeno, erano gli aiuti degli Americani per l’asilo».
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Fotografie e informazioni di Lucillo Barbarino, Udine - del 23 ottobre 2015 - intervista a cura di E. Varutti.
Luigi e Gemma Barbarino con i figli Antonio, Lucillo (in braccio) e Irma nel 1942 a Resia

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Gruppo di studio su “Storie di donne nel ‘900”, classe 5^ D  Dolciaria: allievi Veronica Clemente e Elisa Furlan;  classe 4 ^ H  Enogastronomia: allievi Morris Di Lenardo e Ludovica Pin; classe 4^B Sala e vendita: allieve Erika Vogrig e Blerentina Gashi. Coordinamento a cura dei professori Francesco Di Lorenzo (Italiano e Storia), Elio Varutti (Diritto e Tecniche Amministrative della Struttura Ricettiva); referente del progetto: prof. Giancarlo Martina (Italiano e Storia); anno scolastico 2015-2016. Dirigente scolastico:  Anna Maria Zilli. Istituto “B. Stringher”, Udine. Progetto “Storie di donne nel ‘900”, sostenuto dalla Fondazione CRUP.

Luigi Barbarino in divisa da soldato italiano, verso il 1934-1935, a Udine in Giardin Grande, chiamato poi Piazza I Maggio.

Gemma Valente, nonna di vari nipotini negli anni 1990-2000

Per altre storie su Resia, vedi in questo blog :  Tonj, il primo sarto di Resia, in provincia di Udine.

Per chi volesse leggere un articolo sulla storia della villeggiatura a Resia dai primi del '900, clicchi sulle seguenti parole:   La villeggiatura a Resia tra le due guerre mondiali

Cimeli militari della Seconda guerra mondiale e della guerra fredda. Elmetto italiano 1939-1945. Tascapane militare, periodo successivo al 1945, guerra fredda. Borraccia USA 1939-1954, forse appartenuta a un bacolo nero. “I bacoli neri, jera poliziotti vestidi de scuro, solo col manganel”. Fonte orale: signora Luciana Luciani, nata a Pola nel 1936, intervista di E. Varutti del 15 dicembre 2014, Udine. Si trattava di personale di polizia reclutato su scala locale (Trieste, Pola e l’Istria), oltre che nei paesi e colonie del Regno Unito, alle dipendenze degli alleati angloamericani, attivi a Pola, 1945-1947, e nel Territorio Libero di Trieste, 1945-1954. Gavetta di un alpino di Codroipo 1939-1945, con coperchio antecedente. È il contenitore in alluminio più grande. Gavetta del fante italiano G.G. di Percoto, 1939-1945. Il fante, con una punta metallica ha inciso il suo itinerario di guerra: “Perocotto, Udine, Ivrea, Bari, Durazzo, Scutari, Podgoriza, Nichsic, Slavnich, Lubiana, Carlovach, Finito”. Collezione privata Udine. Bustina partigiana forse di un appartenente al IX Corpus di Tito dell’Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione della Jugoslavia, ucciso in un Campo di concentramento nazista. Nome del partigiano: Luigi Barbarino Mationawa, Resia 14.08.1914 – Flossenbürg, Kersbruch  11.03.1945. Collezione Gemma Valente, Bastajànawa, vedova Barbarino, Resia (Resia 1915-Udine 2008). Gruppo di studio sull’Ultimo Risorgimento, classe 4 ^ C Enogastronomia, anno scolastico 2014-2015. Coordinamento a cura dei professori Maria Carraria (Italiano e Storia), Elio Varutti (Diritto e Tecniche Amministrative della Struttura Ricettiva). Dirigente scolastico: Anna Maria Zilli. Istituto “B. Stringher”, Viale Monsignore Giuseppe Nogara, 33100 Udine, Italia.


Iscrizione nell'albo d'onore degli ex internati del partigiano Luigi Barbarino a cura dell'Associazione Nazionale Ex Internati. Collezione Lucillo Barbarino, Udine


Croce al Merito di Guerra per il partigiano Luigi Barbarino a cura dell'Esercito Italiano. Collezione Lucillo Barbarino, Udine

Onorificenza del distintivo d'onore per gli orfani di guerra del 26 febbraio 1959. Collezione Lucillo Barbarino, Udine

venerdì 3 luglio 2015

Tonj, il primo sarto di Resia, Udine

Antonio Barbarino, Matiònawa, ha imparato a cucire e tagliare i tessuti sin dai quindici anni d’età. Era chiamato anche Toniscic, il diminutivo “Tonino”. Nel 1953-1954 lavorava come apprendista di sartoria presso Luigi Di Lenardo, detto  Wighj Wurscjn ta W Ronzen (tradotto dal resiano: “Luigi che sta in Ronch”). Era il sarto autodidatta di Resia. Il suo laboratorio di sartoria si trovava in località Ronch a San Giorgio di Resia, in provincia di Udine.
Ritratto di Antonio Barbarino, Matiònawa, 1972

Bisogna dire che Tonj Barbarino fu il primo sarto diplomato di Resia. Nato nella sua amata Resia il 23 novembre del 1936, era figlio di Luigi e di Gemma Valente; Tonj è deceduto il giorno 11 febbraio del 2008.
Antonio Barbarino, detto affettuosamente Tonj, oltre al patronimico Matiònawa, in paese era noto, come i suoi fratelli, con un ulteriore affascinante appellativo pieno di storia: “To jè sin Chemin”. In idioma resiano, riconosciuto come lingua delle minoranze dalla legge statale n. 482 del 1999, il fraseggio significa: “È il figlio di Gemma”.

Qui c’entra la storia con la “S” maiuscola, perché Gemma Valente, Bastajànawa, vedova Barbarino (Resia 1915 – Udine  2008) era riconosciuta in tutto il paese e pure nella valle, come la madre di quattro bambini rimasti orfani, durante la Seconda guerra mondiale. Gemma restò vedova di un partigiano deportato in campo di concentramento dai nazisti a Flossembürg, in Germania, nel 1945, dopo essere stato fatto prigioniero nel 1944. Il partigiano, marito di Gemma, era Luigi Barbarino, Matiònow (Resia 1914 – Flossembürg 1945).

Ritorniamo a Tonj, il primo sarto diplomato di Resia. Cercherò di descrivere la sua formazione professionale. Per conseguire un adeguato titolo di studio egli frequentò dal 14 marzo al 15 giugno 1955, con “esito lodevole”, un Corso di taglio a Gemona del Friuli, tenuto dalla Scuola professionale di Taglio “La Moderna”, con sede a San Donà di Piave, in provincia di Venezia.


La scuola, diretta dal professore Carlo Crosera, teneva corsi di “Alta cultura per abiti maschili e femminili”. Per pagare tale corso, del costo di 30 mila lire, oltre a 200 lire di “tassa di ammissione” e all’anticipo in contanti di 6.500 lire, Tonj e la madre firmarono alcune cambiali pagherò, con scadenza fino alla metà di settembre 1955. Sono andati ad onorare tali cambiali  alla filiale di Moggio Udinese della Banca Cattolica del Veneto, in quanto a Resia non c’erano sportelli bancari. Si tenga presente che uno stipendio medio era di 10 mila lire, in quegli anni di uscita dalla Ricostruzione e di inizio del boom economico.

 
Poi Tonj lavorò ancora per un po’ col sarto Di Lenardo in Ronch e, in seguito, si mise in proprio, fino alla fine degli anni cinquanta. Il suo laboratorio di sartoria aveva sede preso la casa d’abitazione a San Giorgio di Resia, in Via Rusgis. Il 31 luglio 1955 Tonj si comprò, firmando altre cambiali, onorate con puntualità, una macchina da cucire nuova di zecca. Era una Gritzner, di fabbricazione tedesca, a pedale. Costava 164 mila lire. Un carico di legna per il riscaldamento per l’inverno poteva costare sulle 1.000 o 1.200 lire
Tonj, con la sua Gritzner fiammante, lavorò discretamente per il paese, anche se i lavori che gli davano da fare erano più legati al rammendo, al rifacimento, piuttosto che al taglio di nuovi capi d’abbigliamento, essendo la comunità e l’Italia intera appena uscite dalla Seconda guerra mondiale.
Ricevuta per l'acquisto della macchina da cucire a pedale

Il colpo di fortuna, diciamo così, arrivò nel 1961. Gli venne proposto un lavoro dallo zio Arturo Valente, arrotino, che era in contatto, probabilmente per motivi lavorativi, con la fabbrica di abbigliamento Basevi di Udine. Non poteva essere che un resiano ad arrotare perfettamente le forbici della eccellente sartoria Basevi, dato che i resiani sono molto bravi ed affidabili nell’antico mestiere del gua (arrotino, in friulano). Si veda in merito lo studio di Antonio Longhino, Livin, sugli arrotini della Val Resia. Proprio in quella zona c’è persino il Museo dell’Arrotino.
Garanzia della macchina da cucire

Allora il nostro Tonj si lasciò convincere – si sa che i resiani sono assai orgogliosi – ad andare a chiedere un po’ di aiuto al patronato dell’Opera Nazionale Orfani di Guerra, per un attestato della sua condizione sociale: “orfano di guerra”. Poi si presentò al Magazzino Basevi di Via Micesio a Udine. Tra l’altro, tale edificio, essendo stato progettato e realizzato da Pietro Zanini, nel 1937-1938, è un pezzo di storia dell’architettura del Novecento in Friuli. Qui i Basevi producevano i famosi impermeabili ARBAS. L'impresa fu attiva fino al 1970 circa.
Entrato in prova in azienda, Tonj, si fece subito apprezzare e fu assunto. I Basevi gestivano pure un primario negozio in Via Mercatovecchio, il Central Business District della città terziaria, come risulta Udine sin dal Medioevo.
 
La facciata del Magazzino Basevi di Udine. 
Fotografia di Elio Varutti

La città di Udine, nel settore della sartoria e della confezione dell’abbigliamento, aveva una tradizione segnata da una presenza rilevante sin dal 1910, secondo i dati della Camera di commercio, con 22 sarti da uomo, 11 aziende per signora e, persino, due sartorie militari. Per il sarto Tonj Barbarino, quindi, era molto prestigioso lavorare nel capoluogo friulano, il centro della moda maschile e femminile, legata sin dall’Ottocento alle piazze di Torino, Milano, Parigi e Vienna. Per la moda del periodo pre-unitario e dopo il 1860 è stato consultato il periodico, stampato a Milano “La Ricamatrice. Giornale di cose utili ed istruttive per le famiglie”, su cui scrivevano anche Caterina Percoto e Pacifico Valussi.
Il Magazzino Basevi in Via Micesio a Udine
Fotografia di Elio Varutti

Nel Magazzino Basevi lavoravano soprattutto donne, tra di loro c’era Rosa Cantoni, la partigiana Giulia. Qui la storia piccina si ricollega alla storia con la “S” maiuscola. Rosa Cantoni era pure  vicina di casa del nostro Tonj Barbarino.

Il Magazzino Basevi ripreso da via Bassi a Udine
Fotografia di Elio Varutti

Udine, Viale della Vittoria - Monumento ai Caduti nei Campi di sterminio nazisti, particolare e, nella foto sotto: in generale; è all'entrata del Parco della Rimembranza
Fotografia di Elio Varutti

Udine, Piazzale XXVI Luglio 1866 - Monumento alla Resistenza restaurato nel 2015, per il 70° anniversario dalla Liberazione. Opera dell'architetto Gino Valle, del 1969. Dietro al monumento c'è la chiesa del Tempio Ossario, degli architetti Alessandro Limongelli e Provino Valle, del 1932. Fotografia di Elio Varutti 

La signora Rosa Cantoni veniva abitualmente chiamata affettuosamente da tutti, colleghe comprese, “Rosina”, forse per la statura minuta. Era molto ben voluta, ella si prestava ad espletare anche pratiche burocratiche per il vicinato, in borgo San Lazzaro ed altre vie limitrofe. Era un funzionario del P.C.I.
Dopo un po’ di tempo, Tonj Barbarino e Rosina Cantoni si misero a parlare del babbo di lui, il partigiano deportato a Flossembürg.
Un carcere di Udine, utilizzato dai nazisti per detenere i prigionieri prima dell’internamento si trovava nella caserma della LXIII Legione “Tagliamento”, in Via Aquileia, secondo quanto riferito, nel volume del 1984, da Rosina Cantoni a Flavio Fabbroni (p. 23). La stessa Rosina Cantoni, secondo Italo Tibaldi, è compresa nel trasporto n. 117, assieme ad ebrei e zingari (pp. 116-117), partito da Trieste il giorno 11 gennaio 1945, con soste a Gorizia e Udine, con destinazione Ravensbrück, dove giunge il 16 gennaio 1945. Identificati 31 deportati. Superstiti alla liberazione: 8.
Fu così che Rosa Cantoni scoprì di aver fatto il viaggio della deportazione in Germania sulla stessa tradotta dove fu trasportato Luigi Barbarino, il padre di Antonio, Tonj, il primo sarto diplomato di Resia.
Sul un altro convoglio ferroviario, partito dalla Risiera di San Sabba a Triesteil 24 febbraio 1945, dopo la tappa di Udine, raggiunse il lager di Dachau il 28 febbraio successivo, già carico di ebrei, dovettero salire altri prigionieri a Udine, per la deportazione in Germania. Si tratta di Paolo Spezzotti, Fausino Barbina, don Erino D'Agostini, Gianni Agnoli, Alfonso Zamparo. Alcuni con destinazione Dachau, altri Ravensbrück, come ha scritto Liliana Carngelutti, nel 2009.

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Le notizie, le fotografie e i documenti per il presente articolo sono stati gentilmente concessi per la diffusione e la pubblicazione da Lucillo Barbarino, Matiònawa, nato a Resia nel 1941 e residente a Udine, durante un’intervista da me condotta il 27 giugno 2015. Collezione Lucillo Barbarino, Resia.
Le forbici e il metro da sarto di Tonj Barbarino
Sin qui le fotografie sono di Elio Varutti


Ecco la macchina per cucire "GRITZNER", con la quale Tonj (chiamato anche Toniscic,)il diminutivo "Tonino", ha lavorato come sarto. Ringrazio per le fotografie: Manuela Barbarino
 
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Bibliografia di riferimento


Mario Blasoni, “La sartina tornata dall’inferno dei Lager”, in M. Blasoni, Cento udinesi raccontano, Udine, La Nuova Base, volume II, pp.  199-202. (su Rosina Cantoni lavoratrice alla ditta Basevi).

Liliana Cargnelutti, Dal campo di Dachau: memorie di Paolo Spezzotti, in Paolo Spezzotti, La marcia da Dachau a Udine con Marco Cristofoli e Alfredo Milocco (10-20 maggio 1945), op. cit., (pp. 15-31).


Flavio Fabbroni, La deportazione dal Friuli nei campi di sterminio nazisti, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 1984. 

Chiara Fragiacomo, Daniele D’Arrigo (a cura di), Alfonso Zamparo. Siamo tornati uomini. Scritture di una deportazione, Udine, Associazione Nazionale ex Deportati Politici (ANED), Sezione Provinciale di Udine, 2015.

Antonio Longhino, Val Resia terra di arrotini, Circolo culturale resiano "Rosajanska Dolina", Resia, provincia di Udine, 1992.

La Ricamatrice. Giornale di cose utili ed istruttive per le famiglie”, anno VII, 1854

Paolo Spezzotti, La marcia da Dachau a Udine con Marco Cristofoli e Alfredo Milocco (10-20 maggio 1945), Udine, Associazione Nazionale ex Deportati Politici (ANED), Sezione Provinciale di Udine, 2009.


Italo Tibaldi, Compagni di viaggio. Dall’Italia ai Lager nazisti. I «trasporti» dei deportati 1943-1945, Milano, Franco Angeli, Consiglio Regionale del Piemonte, (1.a edizione: 1994), 1995.

Gualtiero Valentinis, Guida delle industrie e del commercio in Friuli, Camera di commercio di Udine, 1910.

Elio Varutti, Tra scuola e museo. Una ricerca dell’Istituto Stringher di Udine sui venditori ambulanti. Claut e Val Resia, in “Bollettino delle Civiche Istituzioni Culturali”, Udine, 10, 2007, pagg. 146-151.


Il primo della lista è il babbo di Tonj Barbarino, il primo sarto di Resia. Grazie a / Hvala : valresia-resije.blogspot.it


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Per chi volesse leggere un articolo sulla storia della villeggiatura a Resia, clicchi sulle seguenti parole:   La villeggiatura a Resia tra le due guerre mondiali