venerdì 23 febbraio 2024

‘Me vergognavo de eser profuga’. Voci dell’esodo da Zara, Cittanova, Rovigno e Pirano, 1943-1960

Stefano Gilardi mi ha raccontato come è stato l’esodo della sua nonna. Si chiamava Redenta Orlich, nata a Zara nel 1919 e deceduta ad Alghero nel 2013. È da premettere che risale all’Ottocento la fondazione della Gilardi & Bettiza di Spalato, la più antica e la più importante di tutte le fabbriche dalmate. L’impresa affronta i sempre più grandi e frequenti ampliamenti e rimodernamenti a cavallo dell’Ottocento e Novecento, per terminare con la vendita alla famiglia croata Ferić, negli anni Venti del Novecento, messa in atto a causa un susseguirsi di circostanze storiche e politiche sfavorevoli. Ci fu un primo esodo dei Gilardi da Spalato a Zara, unico territorio dalmata nel Regno d’Italia, dal 1918 al 1943.

Redenta Orlich, sposata a Lorenzo Gilardi, scappò un’altra volta da Zara, probabilmente nel 1943, in treno, transitando per Trieste e la destinarono al Centro raccolta profughi di Reggio Calabria, poi la famiglia trovò un alloggio a Fertilia, nel Comune di Alghero, provincia di Sassari. Fertilia è una città di fondazione del fascismo, sorta nel 1936, ma non completata per lo scoppio della Seconda guerra mondiale. L’opera di colonizzazione in Sardegna si bloccò e la maggior parte degli edifici rimase di fatto inutilizzata. Nel dopoguerra giunsero gli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, diventando un microcosmo linguistico culturale vicino a quello di Alghero, di lingua catalana.

Sentiamo un’altra voce. Carla Pocecco, esule da Cittanova, mi ha detto che “semo vignudi via nel 1955 iera la Zona B appena passada sotto la Jugoslavia col Memorandum de Londra, mentre i fratelli de mia nonna iera stadi spedidi in Italia nel 1947”. È passata da qualche Campo profughi? “Sì, certo ierimo al Centro raccolta profughi de Valmaura a Trieste – ha aggiunto la Pocecco – me ricordo che ierimo tel fango e andavo a giogar al Campo profughi de San Sabba con tutte quelle scritte sui muri, chi ge gaveva dà el permesso de scriver su pei muri?” Poi la signora Pocecco, da grande, scopre che erano graffiti dei prigionieri ebrei, che furono deportati al Campo di sterminio di Auschwitz.

Perché siete fuggiti dall’Istria? “La gente italiana subiva atti di intimidazione e di violenza fisica –  ha proseguito la Pocecco – che non potevano risolversi diversamente che nella scelta dell’esodo, avevo fatto le scuole croate, dopo me vergognavo de essere profuga e domandavo papà cosa xe successo?”. Solo quando compì diciassette anni, il babbo che era carabiniere spiegò alla signora Carla Pocecco i fatti accaduti alla famiglia e la fuga dall’Istria, abbandonando i vari beni economici. “I miei decisero di partire prima che fosse troppo tardi – ha detto – mi dispiace, gò perso la cultura agraria e della pesca dei nonni, quella xe la mia storia”.

Fabbrica Gilardi e Bettiza a Spalato
Daniele De Fazio, mio amico d’infanzia, ha sposato Idanna Veggion, figlia di Antonio, esule da Rovigno, passato dal Centro smistamento profughi di via Pradamano a Udine. “Pensa che verso il 1984-1985 – ha riferito De Fazio – per il prezzo più basso, andavo a fare il pieno di benzina in Jugoslavia, con mia moglie e mio suocero Antonio Veggion, ebbene lui si faceva scaricare in Italia e ci aspettava al confine, da tanta paura che aveva ancora degli jugoslavi titini”.

Andare via da Pirano con il “lasciapassare il 20 maggio 1960”. È capitato a Mario Dugan esule a Marina di Ravenna. Egli ha voluto “ritornare in Istria nel mese di ottobre 1964 – ha concluso – e ho dovuto fare il passaporto italiano e aspettare il visto jugoslavo; non vi dico i controlli alla frontiera, molte volte le persone venivano spogliate, biancheria intima compresa. Buona giornata”.

Fonti orali - Le interviste (int.) sono state condotte a Udine con taccuino, penna e macchina fotografica da Elio Varutti, se non altrimenti indicato.

- Daniele De Fazio, Udine 1956, int. del 24 luglio 2017.

- Mario Dugan, Pirano 1942, vive a Marina di Ravenna (RA), messaggio in FB del 2 luglio 2017.

- Stefano Gilardi, Fertilia di Alghero (SS) 1983, int. del 24 novembre 2018.

- Carla Pocecco, Cittanova 1949, int. al telefono del 27 novembre 2018; componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione delle Comunità Istriane, Trieste.

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Progetto di Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia Hannah Tiervo, e E. Varutti. Lettori: Sebastiano Pio Zucchiatti e Enrico Modotti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e ANVGD di Arezzo. Fotografie da collezioni private e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

venerdì 9 febbraio 2024

Giorno del Ricordo 2024 all’Istituto ‘Levi’ di Montebelluna (TV)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un comunicato stampa dall’ingegnere Ezio Toffano, Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Primo Levi” di Montebelluna (TV) su un evento originale riguardo al Giorno del Ricordo del 2024(a cura di Elio Varutti).


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Partire e restare: scelte che portano divisione e sofferenza, storia di un esilio reale e un esilio interiore

Si informa che sabato 10 febbraio 2024 alle ore 20,30, nell'aula magna dell'IIS "Primo Levi" di Montebelluna, gli studenti del liceo presenteranno lo spettacolo teatrale dal titolo "Partire e restare – Storia di una famiglia di Zara”, momento di riflessione, recitazione e musica, in occasione del Giorno del Ricordo.

La rappresentazione ha come obiettivo quello di proporre una riflessione sulla storia del Confine Orientale negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento e in particolare sulle motivazioni che spinsero alcuni istriani fiumani e dalmati a restare nelle loro terre d’origine e molti altri a partire. Attraverso letture, coreografie, esecuzioni musicali e una rielaborazione del testo “La zaratina” di Silvio Testa, gli studenti portano in scena in particolare la storia di una famiglia di Zara, le cui vicende e decisioni sono influenzate dai noti tragici eventi storici.

L’azione scenica è curata dalle professoresse Rossella Zanni e Laura Caccavale, e verrà trasmessa in diretta dall'emittente radiofonica d'istituto al link  www.bit.ly/WebRadioLevi

Lo spettacolo è aperto al pubblico. Si allega locandina. La cittadinanza è invitata a partecipare.

Montebelluna, 08.02.2024

mercoledì 17 gennaio 2024

Giovanni Fio, dalmata di Lesina, esule a Bari, in Trentino e a Udine dopo il 1943

“Se può interessare – ha detto Sergio Marino – racconto una vicenda che vissero mio suocero e mia suocera, italiani fuggiti dalla Dalmazia. Questo fatto me l’ha riferito mio suocero Giovanni Fio, ora deceduto, quando lo accompagnai per la prima volta a Lesina, o Hvar, come si chiama in croato, verso il 1998-1999. Mi ha raccontato che fuggì dalla sua città con la moglie Antonietta Fabris, rifugiandosi a Bari. Abbandonarono tutto, casa e terreni in centro del paese. Riuscì a lavorare subito come cuoco di albergo, poi andò a San Martino di Castrozza (TN), a Tarvisio (UD) presso l’Hotel ‘Lussari’ e infine a Udine nell’Hotel ‘Cristallo’. Noi andammo a Lesina a rivedere i luoghi della loro infanzia, la casa e i terreni. La casa era stata occupata da tre famiglie dell’entroterra. Per quello che so, in tanti anni ha cercato di avere dei rimborsi dallo stato italiano per i danni subiti, ma non ha mai avuto nulla. A Lesina vive ancora suo fratello più giovane che abbracciò la causa di Tito, forse per convenienza – ha concluso Sergio – è un piccolo impresario edile che ha diversi figli emigrati in America”. 

Lesina 18 novembre 1918. Accoglienza alle truppe italiane. Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera” di Trieste nel decennio della sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine


Giovanni Fio nacque a Lesina il 16 gennaio 1925 e morì a Udine il 2 febbraio 2005. Il suo funerale si celebrò nella chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Carmine in via Aquileia, assai nota agli esuli giuliano dalmati. Sua moglie Antonietta Fabris nacque il 3 ottobre 1925 e morì a Udine il giorno 11 novembre 2022. Il loro esodo da Lesina risale, probabilmente, al settembre 1943 dato che in seguito all’invasione comunista jugoslava furono interrotti i collegamenti con la Puglia 
Antonietta Fabris raccontò varie volte ai figli e nipoti che la fuga da Lesina fu così precipitosa “da lasciar la pentola de la pastasuta sul fogo”. Poi con una barca si rifugiarono in un’isola vicina, nutrendosi per una settimana di sola uva dalle viti, in mancanza di altro cibo, fino ad avere la possibilità di un’altra imbarcazione diretta in Puglia.

Esodi e fucilazioni – Nel mese di novembre 1918 la gente italiana di Lesina, con bandiere bianco-rosso e verdi e la fanfara aspettarono sulla riva l’arrivo delle navi italiane, ma l’isola fu assegnata al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Diverse famiglie italiane di Lesina, con molte vestigia veneziane, allora dovettero affrontare un primo esodo nel 1920. In seguito a tali spostamenti forzati, gli italiani si riversarono nella vicina Lagosta, unica tra le grandi isole dalmate assegnata al Regno d’Italia dal trattato di Rapallo, oppure a Zara, unica città dalmata annessa al Regno d’Italia, o a Fiume. Nonostante le leggi antitaliane dei nuovi arrivati, nel 1927, si contavano sull’isola 509 italiani, concentrati soprattutto a Lesina città. Dal 1941 al 1943 Lesina fece parte del Governatorato della Dalmazia, pertinenza amministrativa del Regno d’Italia. 

Udine, Hotel Cristallo, piazzale D’Annunzio, cartolina viaggiata 1965


Altri dalmati italiani di Lesina furono costretti ad andar via con l’arrivo dei violenti titini, dopo il 1943, trasferendosi in Puglia o in altre regioni italiane. Non giovarono ai rapporti fra croati e italiani le rappresaglie partigiane, né il comportamento delle truppe italiane, come i reparti delle camicie nere. Il giorno 11 settembre 1943 Guido Rocchi Lusic, di 68 anni, venne prelevato dai titini jugoslavi nella “Casa del Vecchio” e portato, insieme a una bara, nel cimitero di Lesina. Venne arrestata anche la figlia Dora di 24 anni. In piena notte, abbracciati, furono fucilati mentre gridavano: “Viva l’Italia”. Nello stesso cimitero venne fucilato Fortunato Marchi, dopo essersi scavato la fossa, come riportato da Wikipedia, alla voce “Lesina (isola)”.
 L’isola di Lèsina (in croato Hvar, in dialetto locale ciacavo Hvor o For, in greco antico Phàros, Φάρος, in latino Pharia) è la più lunga fra le isole della Dalmazia, situata nel mare Adriatico tra le isole di Brazza, Lissa e Curzola. L’isola, ha 11.077 residenti (dati del 2015), che ne fanno la quarta più popolosa delle isole della Croazia. È una ricca fonte di turismo sin dai primi del Novecento. L’esodo del 1943-1945 portò molti dalmati di Lesina verso la Puglia. Si sa che in terra di Bari c’erano ben otto Centri raccolta profughi. Come ha scritto Nico Lorusso “in terra di Bari i CRP erano otto”, per un totale di oltre due mila posti. Quello di via Napoli fu edificato verso il 1935, quando c’era la guerra d’Etiopia. Con l’arrivo degli alleati angloamericani prese il nome di “Campo Badoglio” e fu destinato a custodire i prigionieri tedeschi. Poi accolse gli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia come si vede dalla tabella n. 1.

Tab. n. 1 – Centri raccolta profughi a Bari e vicinanze 1949-1956

Nome di CRP

Anno

Via o località

N° posti

Piazza San Sabino

1952

Bari vecchia. Dietro la Cattedrale, nello stabile di una caserma della Guardia di Finanza, poi Facoltà di Teologia

146

Santa Chiara

 

Bari vecchia. Qui c’era la direzione dei CRP d Bari. Danneggiato nel 1945 da scoppio nave “Henderson”, poi “Casa del Profugo”. Ora sede dei Beni culturali

270

Positano

 

Bari vecchia. Caserma “Regina Elena”, ex convento di San Francesco alla Scarpa, poi sede Soprintendenza

328

Le Baracche

1952

Via Napoli, ex Campo “Badoglio” per prigionieri tedeschi

420

Lido Massimo a Fesca

1952

Colonia “Ferruccio Barletta”

240

Altamura

1950

 

500

Barletta

1950

ex Caserma “Ettore Fieramosca”

200?

Santeramo in Colle

1950

 

200?

Fonti: N. Lorusso, “Quell’esodo dei mille dall’Egeo, Noi italiani, trattati come stranieri”, «la Repubblica», 17 febbraio 2004. Katia Moro, “Il Villaggio Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”, nel web «Barinedita» dal 16 aprile 2015. Testimonianza di Sergio Servi, Bari, del 18.11.2017, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea 'Giorgio Agosti'. Messaggio in Facebook, del 24 ottobre 2019, nel gruppo “Un Fiume di Fiumani!” di Giancarlo Straub, Castellaneta (TA); permesso di diffusione nel blog del 15 dicembre 2022.

Cartolina viaggiata dell’Hotel “Elisabeth” di Lesina-Hvar, 1912. Editore B. Kovačević. Fotografo P. Ruljančić. Collezione privata

Fonti orali, digitali e ringraziamenti - Sergio Marino, Udine 1950, int. del giorno 11 novembre 2023 e 10 gennaio 2024 a Udine con e-mail del 18 maggio, 10 novembre 2023 e 17 gennaio 2024. Grazie a Sara Marino, figlia di Sergio, per la ricerca genealogica familiare sui suoi nonni dalmati di Lesina. Grazie al professor Guido Rumici, ANVGD di Gorizia, per la collaborazione alla ricerca.  

- Sergio Servi, Parenzo 1939, messaggi in Facebook del 18-20 novembre 2017.

Collezioni private e archivi

- Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine, cartolina del 1918.

Bibliografia

- Nico Lorusso, “Quell’esodo dei mille dall’Egeo. Noi italiani, trattati come stranieri”, «la Repubblica», 17 febbraio 2004.

- Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia, Firenze, Le Lettere, 2007.

- Katia Moro, “Il Villaggio Trieste di Bari, lì dove trovarono rifugio mille profughi”, nel web dal 16 aprile 2015.

- Giuseppe Rizzo, “I magnaccioni dei centri”, on-line dal 13 luglio 2017.

- Marzio Scaglioni, La presenza italiana in Dalmazia, 1866-1943, Università di Milano, Facoltà di scienze politiche, anno accademico 1995-1996. Tesi di laurea, relatore prof. Edoardo Bressan, correlatore prof. Maurizio Antonioli.

– E. Varutti, Campo profughi Le Baracche e gli altri CRP di Bari, on line dal 21 novembre 2017 su eliovarutti.blogspot.com

Progetto del professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Primo lettore: Sergio Marino. Altri lettori: Emilio Fatovic, Livio Sessa, Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, i professori Annalisa Vucusa, Ezio Cragnolini e Elisabetta Marioni. Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo.

Ricerche e Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Copertina: Lesina 18 novembre 1918. Accoglienza alle truppe italiane. Cartolina a cura del Circolo Dalmatico “Jadera” di Trieste nel decennio della sua costituzione 1960-1970. Collezione Giuseppe Bugatto, esule da Zara a Udine. Altre fotografie dalle fonti citate e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/

Comunità Italiani di Lesina -Zajednica Talijana Hvar. Foto da Facebook


venerdì 22 dicembre 2023

Sognare l’Australia per i Basso di Fiume esuli a Brescia, poi 3 vanno in Venezuela, 1951

Ecco un’altra storia italiana di esuli di Fiume vogliosi di emigrare in Australia, come quella dei Pillepich e di molti altri fiumani sparsi per il mondo. Perché fuggire da Fiume dopo il 1945? Risposta facile: per evitare i picchiatori titini, oppure gli arresti notturni dell’OZNA, il servizio segreto di Tito e il grande terrore jugoslavo comunista.

Domanda di assistenza IRO per l’emigrazione di Basso Silvio con fototessera assieme a quelle della moglie Maria Superina e del figlio Sergio, 7.1.1950 (Archivio di Arolsen)

Ecco cosa scrisse, il 7 gennaio 1950, il funzionario all’International Refugee Organization (IRO), agenzia delle Nazioni Unite dedita all’emigrazione transoceanica in seguito al colloquio con Silvio Basso, di Fiume. “Subject left country as he disliked that regime there” (Il soggetto ha lasciato il paese perché non gli piaceva quel regime lì).The people are afraid of to express their own opinion, nobody is allowed to critizy the living conditions which have been very bad” (La gente ha paura di esprimere la propria opinione, a nessuno è permesso criticare le condizioni di vita che sono pessime). “Every pass has been controlled by spies” (Ogni passaggio è stato controllato da spie). “The people have been arrested for unknown reasons, and if left free, they have been so frightened, that they did not want to speak” (Le persone sono state arrestate per ragioni sconosciute e, se lasciate libere, erano così spaventate che non volevano parlare). “The impression was that there all is based on the fear” (L’impressione era che tutto si basasse sulla paura). “Therefore subject preferred to leave, as the never knew can happen him tomorrow” (Perciò il soggetto ha preferito andarsene, poiché domani non avrebbe mai saputo che gli sarebbe potuto succedere).

Meglio stare alla larga dai nuovi violenti padroni di Fiume, descritti nei documenti per l’espatrio in modo preciso. La presente ricerca si basa sui rari documenti inediti nell’Archivio di Bad Arolsen (Germania), da poco tempo disponibili nel web.

È una famiglia numerosa quella di Silvio Basso, nato a Fiume il 29 dicembre 1896, che fece domanda di assistenza per emigrare in Australia all’International Refugee Organization (IRO) il 7 gennaio 1950. O, per meglio dire: con lui se la son filata in tanti dal Golfo del Quarnaro. Nella scheda di registrazione a lui intestata c’è la sua famiglia, quella del figlio Sergio e di vari parenti ed affini. Ecco i suoi “begleitpersonen” (accompagnatori) a cominciare dalla moglie: Basso Superina Maria, nata a Fiume il 23 ottobre 1900. Poi c’è il figlio elettricista con la sua sposa: Basso Sergio, nato a Fiume il 19 settembre 1927 e Castelli Basso Elisabetta, nata a Fiume il 6 dicembre 1921. Poi la lista contiene meno dati: “Basso od. Cavo Giulia” (in adozione?), nata a Fiume il 17 novembre 1941; Basso Umberto; Basso nata Satina Antonini; Superina Pietro; Superina nata Segnan Maria; Kovach Giuliana in Gherovo, nata il 15 febbraio 1888 e Castelli Giovanni, nato a Fiume il 6 marzo 1921. È un elenco di 11 nominativi.

Referto del funzionario IRO sulle dichiarazioni di Basso Silvio riguardo alla situazione di Fiume dopo l’occupazione degli jugoslavi. Archivio di Arolsen

Stando ai documenti dell’Archivio di Arolsen Silvio Basso, diplomatosi nella locale scuola secondaria, a conoscenza delle lingue di italiano, croato, tedesco e inglese, nel periodo 1938-1941 visse a Fiume, lavorando come impiegato bancario alla Cassa di Risparmio che, secondo la guida di Massimo Superina, aveva sede a Palazzo Modello, in piazza Principe Umberto (Superina M 2023). Nel 1941 fu richiamato in servizio militare per un breve periodo a Sussak, in territorio occupato dal Regio Esercito, svolgendo le mansioni d’impiegato all’Ufficio emissione passaporti (Archivi di Arolsen). Dal mese di maggio 1941 fu di nuovo impiegato bancario fino al mese di dicembre 1946, quando la banca fu nazionalizzata dal Comitato Popolare. Allora Silvio Basso chiese di andare in un'altra regione italiana, così riparò in aprile del 1947.

Molto probabilmente il trasferimento avvenne con la corriera della CRI, oppure in treno, passando per Trieste e per il Centro smistamento profughi di Udine, perché la sua nuova destinazione fu: “Postbellica Camp at Brescia”. Secondo i dati dell’ANVGD un Centro raccolta profughi di Brescia aveva sede presso la Caserma ‘Boito’ di via Callegari. Bassi restò, da disoccupato, nel Campo profughi fino al mese di ottobre 1948, quando fu assunto al Credito bancario di Brescia, ottenendo il certificato di cittadinanza del Comune di Brescia dal mese di luglio 1948, dopo l’accettazione delle autorità jugoslave ad optare per l’Italia. Il figlio Sergio e la nuora Elisabetta, di nazionalità jugoslava, optarono nel 1948, ottenendo nel mese di settembre dello stesso anno l’assenso dalle autorità jugoslave.

Cartolina di Fiume, Palazzo Modello, viaggiata nel 1920; qui aveva sede la Cassa di Risparmio, dove fu impiegato Silvio Basso. Collez. privata

L’analista dell’Ufficio IRO concesse l’espatrio come precisa il timbro per tale nucleo familiare vista la situazione che è di “care and maintenance legal and political protect” (cura e manutenzione protezione legale e politica). In data 7 gennaio 1950 la famiglia Basso risiedette a Brescia in via Lamarmora 43. Il supervisore dell’Ufficio IRO di Milano, S. J. Todorovic, firmò l’approvazione ad emigrare, ma dai documenti analizzabili negli Archivi di Arolsen, pare di dedurre che solo in tre partirono il 22 gennaio 1951 per il Venezuela: Sergio Basso, sua moglie Elisabetta e la nipote Giulia. Essi prima passarono per l’ultimo Campo profughi a Bagnoli (NA), da dove salpavano le grandi navi transoceaniche.

Lasciò Fiume pure l’alpino Idalco Zamò, classe 1926, dove lavorava sin da giovane. Con la seconda guerra mondiale fu inquadrato nella Brigata “Julia”, Battaglione di Frontiera di stanza a Fiume. Dopo l’8 settembre 1943 i nazisti circondarono la caserma imponendo l’arruolamento nelle truppe nazifasciste. Al suo rifiuto, seguì l’arresto e la deportazione nella Risiera di San Sabba a Trieste. Il suo treno per i campi della morte fu bombardato dagli alleati, perciò restò in Risiera. La notte del 30 aprile fu liberato prima dell’occupazione jugoslava. Con la divisa di alpino, Idalco cercò di ritornare a Fiume, ma fu intercettato dai titini che lo rinchiusero in un loro campo di prigionia da cui, tuttavia, riuscì a scappare. Passato l’Isonzo, raggiunse certi parenti in Friuli, stabilendosi a Manzano (UD), dove morì nel 2023 (Dissegna T 2023 : 32).

Pure Giusto Mihalić (1920-2005), dopo i primi di maggio 1945, tornò ad Occisla di Erpelle-Cosina (ex provincia di Pola, oggi Slovenia), suo paese natale, “ma fu arrestato dai titini che lo incarcerarono per un certo tempo – ha detto Enrichetta Del Bianco, sua nuora – da quella volta non è più ritornato là, il suo esodo verso il Friuli è del 1947, anche suo fratello Rodolfo, detto ‘Ruda’ del 1918, scappò dai comunisti ed emigrò in Australia, morendo a Melbourne nel 2003”.

Sono dunque tanti gli italiani partiti da Fiume, dopo l’occupazione jugoslava del 3 maggio 1945. Sono circa 54 mila i cittadini in fuga, su 60 mila abitanti, stando ai dati ministeriali delle Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica.

Scheda di registrazione di Basso Silvio all’IRO, facciata anteriore.  Archivio di Arolsen

Fonti archivistiche - Arolsen Archives, Archiv zu den Opfern und Überlebenden des Nationalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Basso Silvio, geburtsdatum 29.12.1896, in Fiume.

Fonte orale – Enrichetta Del Bianco, Udine 1951, int. del 10.2.2006 e del 11.11.2023 a Udine.

Cenni bibliografici

- Timothy Dissegna. “È morto a 97 anni Italco Zamò. Fu prigioniero di nazisti e titini”, «Messaggero Veneto», Cronaca di Cividale, Tarcento, Remanzacco, 13 dicembre 2023, p. 32.

- Marino Micich, “Il lungo esodo dall’Istria, Fiume e Zara (1943–1958)”, in: Giovanni Stelli, Marino Micich, Pier Luigi Guiducci, Emiliano Loria, Foibe, esodo, memoria. Il lungo dramma delle terre giuliane e dalmate, Roma, Aracne, 2023, pp. 67-177.

- Ministero dell’Istruzione e del Merito, Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica: laboratorio di contemporaneità per affrontare le complesse vicende del Confine Orientale, 2022, nel web.

- Massimo Superina, Fiume a lavoro. Industrie, negozi e mestieri tra Ottocento e 1946, Padova, Associazione Fiumani Italiani nel Mondo, 2023.

- E. Varutti, I Pillepich di Fiume, esuli in Friuli e Trentino, col sogno dell’Australia, 1950, on line dal 5 novembre 2023 su varutti.wordpress.com

- E. Varutti, Altri Pillepich via da Fiume: Guerrino, Elvira e Raul a Genova, poi verso l’Australia, 1950, on line dal 29 novembre 2023 su evarutti.wixsite.com

Scheda di emigrazione in Venezuela di Basso Sergio e famiglia sulla “S/s Lugano” del 22 gennaio 1951. “Steamship Lugano” : ovvero piroscafo, battello a vapore o nave. Archivio di Arolsen

Ringraziamenti - Oltre agli operatori e alla direzione degli Archivi di Arolsen (Germania) e dei siti web menzionati, si ringraziano l’architetto Franco Pischiutti (ANVGD di Udine) e Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo) per la collaborazione alla ricerca.

Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell'ANVGD di Udine. Networking di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo), Sergio Satti (ANVGD di Udine) e i professori Enrico Modotti, Ezio Cragnolini e Stefano Meroi. Copertina: Domanda di assistenza IRO per l’emigrazione di Basso Silvio con fototessera assieme a quelle della moglie Maria Superina e del figlio Sergio, 7.1.1950 (Archivio di Arolsen).

Ricerche per il blog presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 - primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. - orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/


domenica 12 novembre 2023

Teodorico Goacci, legionario a Fiume e terzino della Olympia calcio, esule a Bologna

Ecco una storia fiumana poco nota del “terzino valanga”. Teodorico Goacci nacque ad Ancona il 21 febbraio 1898 e seguì a Fiume la famiglia, per il lavoro del babbo al silurificio Whitehead. Il padre era Cesare e la madre Rosina Moroni, una parente del compositore Pergolesi. Avevano dieci figli, come ha scritto Giacomo Bollini nel 2019. Abitavano nelle case destinate agli impiegati del silurificio in viale Italia.

Teodorico Goacci, da "La Voce di Fiume", 1977
Nel 1914 con la Prima guerra mondiale la famiglia, come molti altri italiani, venne internata in Bassa Austria, a Sankt Pölten, dove esisteva un grande campo di raccolta per italiani. Al momento dell’internamento Teodorico, affermato calciatore a Fiume, fu notato da Hugo Meisl, una della maggiori personalità del calcio austroungarico, calciatore e poi allenatore, ed ideatore del famoso Wunderteam, la nazionale austriaca delle meraviglie degli anni ‘30. Meisl lo prese sotto la sua ala protettrice e lo fece entrare addirittura nel giro della nazionale austriaca del periodo di guerra, menomata dalle tante assenze per cause belliche. Teodorico addirittura giocò al Prater di Vienna indossando la maglia del Rapid Wien una partita amichevole contro l’MTK di Budapest, vinta 2-0 dai padroni di casa. Il trattamento privilegiato della famiglia era dovuto alla sua bravura calcistica. Di ruolo difensore, fu definito dalla stampa “il terzino valanga” (Pamich C 1977, p. 4). Gli internamenti di triestini, istriani e fiumani non avvennero solo in Slovenia e Austria. È il fiumano Rodolfo Decleva che ha trattato gli internamenti di sudditi italiani del Quarnaro in Ungheria (Decleva R 2017 : 18).

Alla fine della guerra la famiglia Goacci rientrò Fiume. Teodorico, per anni nel Villaggio operario di Sankt Pölten, era stato percorso dal desiderio di arruolarsi nel Regio Esercito italiano e dare il suo contributo alla guerra, decise di partecipare all’impresa di Fiume dannunziana: desiderando con tutto il cuore l’annessione della sua città adottiva all’Italia. Nel 1919 fu tra i primi italiani di Fiume a mettersi al servizio di D’Annunzio ed evidentemente la sua personalità e la sua intraprendenza si fecero subito notare. Divenne una delle quattro guardie del corpo del poeta-vate tanto che, anche in vecchiaia, amava ripetere con quel suo tipico accento: “Chi voleva andar dal comandante doveva passare sul mi corpo!”, come ha aggiunto Giacomo Bollini. Di notte lui e gli altri tre suoi compagni, letteralmente dormivano fuori dalla porta della camera di D’Annunzio, stesi per terra, a turno, pronti ad intervenire in caso di bisogno.

Una ricerca di Bollini fra il materiale del Vittoriale, che conserva gli archivi della Reggenzaitaliana del Carnaro, ha dato risultati sorprendenti che confermano in tutto e per tutto la storia che da anni, in famiglia, si tramanda. Teodorico è legionario fiumano (Elenco Ufficiale dei Legionari, p. 74), ma viene denunciato il 23 gennaio 1920 per non aver risposto alla chiamata alle armi del Regno d’Italia. A marzo risulta già inquadrato fra i volontari fiumani, nella Compagnia Noferi. Nelle carte dell’Associazione Nazionale Combattenti, Ufficio Stralcio Milizie Fiumane, è chiaramente scritto il suo percorso all’interno delle milizie fiumane: dapprima arruolatosi nel “Sursum Corda”, in data 7 giugno 1919, passò poi al battaglione Baccich-Ipparco– Annibale Noferi, Polizia militare e addetto alla persona del comandante Gabriele D’Annunzio. Il suo arruolamento nelle milizie fiumane è datato 12 settembre 1919. Molti dei suoi documenti sono sottoscritti da una firma eccellente del fiumanesimo: Giovanni Host Venturi.

Teodorico Goacci in età matura. Foto dal blog di Giacomo Bollini

Proprio durante il periodo della Reggenza del Carnaro, Teodorico si sposò, giovanissimo. Al suo matrimonio con l’amica di infanzia Margherita Parenzan partecipò anche D’Annunzio che vergò sulla foto ricordo dello sposalizio un suo autografo accompagnato da un “Eia Eia!”. Pochi sanno che a Fiume, durante il periodo dell’impresa dannunziana, si giocò molto a calcio. Il “vate” ne era molto appassionato e Teodorico non poteva che farsi notare anche in questo frangente. Lo stesso D’Annunzio, nell’intervallo dello storico match dell’8 febbraio 1920 fra la rappresentativa cittadina e il Comando militare dei Legionari, lo chiamò a sé, quale capitano della squadra e gli disse apertamente che, per il suo stacco superbo, pareva avesse “la testa di ferro”. Il 17 agosto 1919 fu in campo come capitano contro la Milanese, una delle partite ancora oggi ricordate dagli annali del calcio fiumano, ha precisato Giacomo Bollini.

Alla fine dell’avventura dannunziana, trovò impiego in ferrovia. Continuò, ovviamente, a giocare a calcio con i colori bianconeri dell’Olympia Fiume per diverse stagioni, fino al 1925. Coma ha scritto Rodolfo Deceva, la prima società calcistica sorta a Fiume fu il Club Sportivo “Olympia” che venne costituita nel 1904, alla quale seguirono successivamente il “Gloria” nel 1917, il Club Sportivo “Fiume” nel 1919 e nel 1920 il Club Sportivo “Tarsia” (Decleva R 2020). Il 2 settembre 1926 il Club sportivo “Olympia” si fuse con il concittadino Club “Gloria” nell’Unione Sportiva Fiumana.

La grande passione di Teodorico per lo sport non era ristretta al calcio: eccelleva anche nel canottaggio (con la società Eneo) e nell’atletica leggera dove si specializzò nel salto in lungo e nel triplo. A Fiume nacquero le sue due figlie, Laura (deceduta il 4 novembre 2023 e molto attiva nell’ANVGD di Bologna) e Verbena. Si ricorda che, nel 1943, dopo l’8 settembre, Teodorico aiutò molti soldati italiani sbandati che tentavano di rientrare in Italia, fornendo loro tute da ferrovieri per poter dismettere la divisa grigioverde e passare inosservati ai numerosi controlli. Non aderì al fascismo, continuando la sua vita di tranquillo lavoratore e padre di famiglia. I “fasti animosi” della sua gioventù ormai erano alle spalle. Quando a fine guerra Fiume venne ceduta alla Jugoslavia, non volendo vivere da estraneo in un paese straniero, trasferì tutta la famiglia, che oramai si era allargata, in Italia, raggiungendo prima uno dei fratelli, Omero, a Ferrara, e poi raggiungendo Bologna, dove aveva trovato nuovamente un impiego in ferrovia. La sua famiglia visse per breve tempo nel Villaggio dei Profughi giuliano dalmati, trovando poi presto una sua sistemazione cittadina decorosa. Nonostante i tanti racconti terrificanti fatti sul primo trattamento riservato agli esuli giuliano dalmati a Bologna, nella famiglia Goacci non risulta alcun tipo di maltrattamento ai loro danni da parte dei loro nuovi concittadini bolognesi.

Oramai in pensione, Teodorico a Bologna fece ancora l’allenatore del settore giovanile di alcune squadre, fra cui l’Unione Sportiva Compressori Grazia-Secchiarapita. Un infarto fulminante lo portò via all’affetto dei suoi cari il 28 giugno 1977, all’età di 79 anni.

Ruolino del terzino destro Teodorico Goacci – 7° nella classifica di tutti i tempi delle presenze nell’olympia con 57 partite

Periodo

Squadra

Nazionalità

1917-1919

Libertas St. Pölten

Austria

1919-1921

Olympia Fiume

Reggenza del Carnaro

1921-1925

Olympia Fiume

III e II Divisione, Italia

1925-1927

Dopolavoro Ferroviario

Unione Libera Italiana del Calcio

1927-1929

Fiumana B

Italia

Fonte: Giacomo Bollini, 2019

Una precisazione necessaria - Da un altro contributo scritto non risulta che a Sankt Pölten vi fossero campi di internamento per italiani nella Grande guerra. Come ha precisato Igor Mandich, piuttosto le famiglie delle maestranze del silurificio furono là trasferite in conseguenza del trasloco del silurificio di Fiume, avvenuto nel 1915, per proteggerlo dai bombardamenti italiani, che infatti colpirono dal 1916. È con il massimo rispetto nei confronti dei famigliari che hanno trasmesso il loro ricordo su Teodorico Goacci che si propongono le seguenti precisazioni.

Levassich Emilio a Sankt Pölten nel 1918. Collez. Igor Mandich
“La stessa sorte – ha aggiunto Igor Mandich – capitò al mio bisnonno materno Emilio Levassich, di  famiglia triestina, ma originaria dall’isola di Brazza, che mi accomuna all’amico Bruno Bonetti. Il bisnonno lavorò presso il silurificio a Sankt Pölten nel periodo 1915-1918. Come si vede dalla cartolina allegata, che lui spedì a casa per salutare la famiglia, le condizioni non erano certo quelle di un prigioniero o di un osservato speciale, ma semplicemente quelle di un impiegato in trasferta, trattato anche piuttosto bene direi”.

Retro foto Sankt Pölten, Levassich Emilio 1918. Collez. Igor Mandich

“Sono molto chiare invece le condizioni nei campi di prigionia Austriaci e Ungheresi, attivi durante la prima guerra mondiale – ha concluso Mandich – che non lasciavano certo lo spazio per coltivare il giuoco del calcio: Tápiósülyi (149 morti), Wagna (2.920), Pottendorf (650) e Wurmberg (90). Conosco bene questa parte di storia, in quanto Compassi Guido, nato a Fiume nel 1899 (fratello di mio nonno Compassi Gustavo) fu rinchiuso a 16 anni a Tápiósülyi (Ungheria) e tornò vivo, ma si trascinò tutta la vita con grossi problemi polmonari che lo uccisero a soli 43 anni (anche in questo caso allego cartolina che i suoi genitori, Gustavo Sr. e Margherita, gli indirizzarono presso il campo in cui era confinato). All’inaugurazione del monumento che ricorda i morti italiani, avvenuta nel 1996, era presente mio padre Alfio Mandich, di Fiume”.

Margherita Bursa e Gustavo Compassi. Collez. Igor Mandich
Proprio Alfio Mandich, nato a Fiume il 9 ottobre 1928 e deceduto a Genova l’11 gennaio 2006, è stato un grande calciatore italiano, di ruolo jolly difensivo. Come molti fiumani, dopo l’esodo, fu accolto nel Centro raccolta profughi di Laterina, in provincia di Arezzo.

Margherita Bursa e Gustavo Compassi, retro. Collez. Igor Mandich

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Cenni bibliografici

- Giacomo Bollini, Storie di famiglia: il nonno di mio zio Teodorico Goacci, legionario fiumano, on line dall’8 agosto 2019 su emiliaromagnaalfronte.com

- Rodolfo Decleva, Piccola storia di Fiume 1847 – 1947, ilpigiamadelgatto, II edizione, Sussisa di Sori (GE), 2017.

- Rodolfo Decelva, Calcio fiumano. Il Club sportivo “Tarsia”, post in Facebook del 19 settembre 2020.

- Luca Di Benedetto, El balon fiuman quando su la Tore era l’Aquila, Borgomanero (NO), Litopress, 2004.

- Elenco ufficiale dei legionari fiumani depositato presso la fondazione del Vittoriale degli italiani in data 24/6/1939, PDF.

- Igor Kramarsich, “Olympia. Così il pallone si racconta”, «La Voce del Popolo», 25 novembre 2021.

- Igor Mandich, lettera e-mail all’Autore del 10 novembre 2023.

- Cesare Pamich, “Teodorico Goacci”, «La Voce di Fiume», 3 marzo 1977, p. 4.

Altri riferimenti nel web

- Fernando Pellerano, “Il Villaggio dimenticato con gli eredi degli esuli”, «Corriere della Sera, Corriere di Bologna» 2 giugno 2015, p. 1.

- Elio Varutti, Antologia del calcio a Fiume, 1904-1956, on line dal 5 ottobre 2020 su varutti.wordpress.com

Ringraziamenti – Gran parte dell’articolo presente è liberamente ripresa dalle parole di Giacomo Bollini, discendente del “terzino gladiatore” Teodorico Goacci. Ringraziamo sentitamente, quindi, il blog di Bollini per la pubblicazione in queste pagine. Si ringrazia pure Igor Mandich per le precisazioni qui contenute.

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Progetto e ricerche a cura di Elio Varutti. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Chiara Sirk (ANVGD Bologna), Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo), Igor Mandich (Genova), Sergio Satti (ANVGD Udine) e i professori Enrico Modotti ed Ezio Cragnolini. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/