martedì 27 settembre 2016

Ampezzo, 58° congresso AFDS sul dono del sangue

È sempre una festa di popolo. Il 58° congresso dell’Associazione Friulana Donatori Sangue (AFDS) è una kermesse, oltre che un incontro sui temi sociali e sanitari. Si tiene ogni anno in un paese della provincia di Udine.
Debora Serracchiani, Renzo Peressoni e i ciclisti AFDS di San Giorgio di Nogaro assieme ad altre autorità del 58° congresso AFDS

Quest’anno la festa congressuale si è svolta ad Ampezzo, nel cuore della Carnia, domenica 25 settembre. Durante il corteo dei labari, preceduto dalla banda della Val di Gorto, c’erano tanti bambini ai lati delle strade per mostrare i loro disegni sul tema del dono e della solidarietà.
L’AFDS conta 52 mila soci, dei quali ben 50 mila sono donatori attivi. Le donne sono il 40 per cento del sodalizio. Per omaggiare i 2772 soci premiati per l’alto numero di donazioni di sangue e di plasma, si sono dati appuntamento oltre 180 sezioni AFDS di paese, dei luoghi di lavoro, delle scuole superiori e dell’Università. In tutto saranno stati circa 1500 partecipanti, con tanto di pullman che affollavano i parcheggi improvvisati presso una segheria e nelle strade del paese che fu capitale della Repubblica Partigiana della Carnia nel 1944, dopo aver cacciato via i nazisti ed i loro alleati cosacchi e repubblichini. Alcuni donatori sono addirittura arrivati in bicicletta, come il gruppo di San Giorgio di Nogaro e quello di Ragogna.
 In duomo (sopra) e in piazza (sotto)


Ha voluto ringraziare i donatori friulani Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, che durante la messa celebrata nel duomo stracolmo li ha associati a Madre Teresa di Calcutta. «Lei ha fatto un buon investimento – ha detto il monsignore – dedicandosi agli altri, ai bisognosi, agli ammalati, come fate pure voi». La cerimonia religiosa si è conclusa con il canto dell’inno del donatore, composto dal celebre poeta carnico Giso Fior.
«Abbiamo bisogno dei giovani – è stato il grido di dolore lanciato da Renzo Peressoni, presidente dell’AFDS di Udine – ed è necessario donare sangue quando serve e cosa serve, cioè con una programmazione riguardo ai gruppi sanguigni, per non sprecare questa eccezionale risorsa».
Il clima di festa ha avuto inizio quando Suan Selenati, campione del mondo di deltaplano, è sceso dal cielo azzurro con una scia rossa. Atterrando come una libellula vicino al campo sportivo, Selenati ha voluto salutare così i congressisti dell’AFDS.
Tra le molte autorità presenti, Debora Serracchiani, presidente della Giunta della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha parlato della crisi, delle prove difficili e degli egoismi di ognuno di noi. «Mi auguro che esperienze come quelle dei donatori friulani – ha detto la Serracchiani – ci facciano comprendere che non si torna indietro».
I premiati
Sulla qualità e sulla sicurezza del sangue trasfuso si è soffermato Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori Sangue (FIDAS). «È un gesto che rimane per sempre – ha detto Caligaris». La promessa di essere vicino ai donatori è stata espressa daElsa Asia Battaglia, assessore della Provincia di Udine.
Michele Benedetti, sindaco di Ampezzo, ha portato il saluto della Carnia, dato che al congresso AFDS hanno collaborato anche altri paesi della zona, si pensi alla Protezione civile mobilitata per il traffico veicolare, assieme a carabinieri e guardie forestali. Poi ha parlato anche Eva Martinis, sezione AFDS di Ampezzo.
Prima dei saluti ufficiali delle autorità c’è stato un mini concerto dei Carnicats, gruppo musicale carnico che usa anche la marilenghe nei ritmi rap. Il prossimo anno il congresso AFDS verrà ospitato a Premariacco.
Carnicats in concerto
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Dal diario di un labarista

Questa è una cronaca semiseria e divergente del congresso AFDS. Il labarista è colui che porta il labaro della sezione AFDS nelle cerimonie.
25.9.2016 Ampezzo - arrivo con un po’ di ritardo al posto di ritrovo dei congressisti e labaristi. Noto con stupore che al labaro di una sezione della Bassa friulana manca il puntale. Mi ricordo che al congresso di Forni di Sopra riguardo alla lunghezza del corteo qualcuno dei labaristi disse: «Al è piês des rogazions! (È peggio delle rogazioni!)».
Chissà se sarà lungo anche il percorso di oggi? Qualcuno già tutto sudato e con la giacca ben abbottonata mormora: «Cui sa se nus daran alc di bevi? (Chissà se ci daranno qualcosa da bere?)».
Si parte per il Monumento ai Caduti delle guerre, per rendere loro omaggio in modo sentito anche se semplice. «In file par cuatri! (In fila per quattro!) – sentenzia uno del servizio d’ordine». Cerchiamo di eseguire e… in marcia. Un labarista dietro all’altro. Provo una certa simpatia per alcune signore brave donatrici con labaro che si apprestano alla lunga marcia con eleganti scarpe tacco 6.
Arrivano altri ritardatari trafelati: «Nus àn fat parchegjâ li de segherie, orpo, par rivâ fin chì o sin za stracs! (Ci hanno fatto parcheggiare li della segheria, accidenti, per arrivare fino qui siamo già stanchi!)». Con la banda della Val di Gorto in testa si riparte per il duomo.
Sento dire: «Il predi di sigûr che no nus darâ di bevi, tocjarâ rangjâsi (Il prete di sicuro non ci darà da bere, toccherà arrangiarsi)». La messa è solenne. Il duomo è pieno come un uovo. Alziamo i labari nei momenti giusti. Il vescovo ci ringrazia per quello che facciamo. Si può tagliare a fette l’emozione che provano i presenti, poiché la cerimonia è uno spettacolo. Molti fanno fotografie coi cellulari, coi tablet, con le macchine fotografiche e poi ci sono i fotografi professionisti, con tre o quattro camere con teleobiettivo al collo. La grande emozione è rotta solo dallo squillo di qualche telefonino cellulare.
Confesso che pure io durante la cerimonia religiosa ho dovuto assentarmi, abbandonando il labaro appoggiato al muro, per urgenti necessità fisiologiche. Incontro sguardi di complicità di altri labaristi in fuga. Sono ermi al bancone del bar vicino al duomo, affollato come se ci fosse Vasco Rossi.
Approfitto per prendermi un caffè, dato che la coda ai gabinetti era veramente fenomenale. Da lontano giungono le note dei canti di chiesa. Rientro in duomo e agguanto l’asta del mio labaro. Accanto a me un altro labarsita smanetta sullo smartphone, mentre la messa sta per finire.
L’inno del donatore cantato alla fine è da brivido. Cantano donatori e carnici anche fuori delle porte d’ingresso della chiesa.
Durante la messa, affollata l'osteria Al Vatican 

Finita la messa, riparte il corteo dei labaristi. «Meteisi par cuatri! (Mettetevi per quattro!» - sbotta ancora il servizio d’ordine, sempre più nervoso. La banda ci dà il passo. Ci aspetta la parte più lunga del percorso. C’è gente che applaude. Bambini con le loro maestre espongono gocce disegnate su grandi pannelli (è il simbolo dell’AFDS). Certe case sono addobbate con fiori e rami di abete come se passasse una processione degli anni ’50. La strada è lunga. Ancora bimbi sorridenti con la manina che ci fa: ciao.
Dopo curve varie, salite e discese si scende verso il campo sportivo. «Al sarà dongje di Soclêf! (sara vicino a Socchieve!) – dice qualche spiritoso». Un altro se ne esce con un: «Orpo, ma dopo si scugne tornâ sù (Accidenti, ma dopo ci tocca tornare su)». Quello in cerca di beveraggi: «Di sigûr, la vie cundute chê jerbe no nus daran di bevi… ( Di sicuro, là con tutta quella erba non ci daranno da bere…)».
In lontananza si intravede il campo sportivo e, all’improvviso, tutti col naso all’insù per guardare il deltaplanista campione del mondo, Suan Selenati. Volteggia, fa la scia rossa, gira di qua e di là nel cielo azzurro, finché scende passando vicino alla bandiera segnavento, come il filo passa nella cruna dell’ago.
Si arriva al tendone delle premiazioni e dei discorsi. Posizioniamo il labaro negli stalli portalabaro. Il grosso del lavoro è fatto. Poi bisognerà passare a recuperare il labaro a congresso finito, senza suscitare le ire del presentatore, che non sopporta vedere labaristi a ritirare il proprio labaro verso gli sgoccioli della premiazione.
Francamente la cerimonia è troppo lunga. Premiare oltre 2000 persone fa perdere un sacco di tempo a tutti. Forse sarebbe il caso di cambiare qualcosa. Oggi ho recuperato il labaro tra gli ultimi. E poi su fino al parcheggio della segheria… 
Primi due a destra: delegazione della Carinzia al 58° congresso AFDS di Ampezzo 2016
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Una versione di questo articolo è stata pubblicata il 27 settembre 2016 sul giornale del web infofvg.it col titolo: “Congresso #AFDS ad #Ampezzo".
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Servizio giornalistico, di networking e fotografico di Elio Varutti 

lunedì 19 settembre 2016

Turismo genealogico, convegno a Palazzo Mantica, Udine

La disponibilità di mezzi sul web ha ampliato la voglia di fare ricerche sulla propria famiglia. Le indagini genealogiche possono essere avviate anche dai connazionali all’estero e dai loro discendenti per i quali, il legame con la propria ascendenza si salda con l’affetto per la madrepatria e per la "marilenghe".
Apertura del convegno con Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana

Dov’è il mio antenato? Per trovarlo c'è il turismo genealogico! La ricerca genealogica è un fenomeno in crescita progressiva in questi decenni. Sempre più persone sono interessate al proprio albero genealogico e alla storia familiare. Ci sono alcune notizie rintracciabili nel web e negli archivi di stato. Da questi fatti è nata la figura del “genealogical traveller”. È un ricercatore nel settore della genealogia, non necessariamente esperto, che viaggia nei luoghi nei quali c’è o c’è stata la storia della sua famiglia.
Di solito i flussi turistici si attivano intorno alle aree archeologiche, ai musei, alle chiese o alle magnifiche piazze italiane. La spinta al viaggio sorge ora pure dall’attrazione verso il bene archivistico, che sia un libro dei nati antico, una fotografia sbiadita o una pergamena medievale.
Ecco la novità. Il turismo genealogico non è tipo “mordi e fuggi”, non è del solo fine settimana, anzi dura vari giorni. Dipende dall’offerta dei luoghi. L’individuo cerca memoria, storia, lingua e identità. Talvolta c’è la nostalgia, dato che sono milioni i discendenti degli italiani emigrati nei secoli scorsi. Essi sono alla ricerca delle proprie radici e del paese degli avi.
Eduardo Dino Baschera, Sociedad Friulana de Buenos Aires al microfono, poi Federico Vicario, Franco Iacop e Enrico Caputo

Di tutto ciò si è parlato il 17 settembre 2016 a Udine presso Palazzo Mantica, nel salone d'onore "Guglielmo Pelizzo", in un affollato convegno intitolato “Storia della popolazione. Storia delle persone. Ricerche genealogiche e dintorni”, per l’organizzazione della Società Filologica Friulana e dell’Archivio di Stato di Udine.
È stato il professor Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana, ad aprire l’incontro. «Abbiamo un ricco patrimonio di documenti – ha detto Vicario – penso al Registro parrocchiale di Gemona, che è il più antico del mondo, poi c’è una grande tradizione di studi e di indagini archivistiche».
Federico Pirone, assessore alla Cultura del Comune di Udine, ha accennato all’importanza di «trovare le trame della storia nelle fotografie di famiglia e nei documenti in riferimento all’emigrazione vissuta di friulani e dagli italiani dall’Ottocento».
Non poteva fare di meglio Adriano Luci, presidente dell’Ente Friuli nel Mondo, nell’inviare al convegno in sua vece Eduardo Dino Baschera, presidente della “Sociedad Friulana de Buenos Aires”, nata il 6 novembre 1927. «Un mio antenato era Giuseppe Nonino – ha riferito Baschera – faceva il maggiordomo al Castello di Brazzacco vicino a Moruzzo e non vi dico quale emozione ho sentito nel vedere di persona il castello raccontato con amore dal mio avo friulano».
L’intervento di Franco Iacop

Marina Dolso ha portato i saluti dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, ricordando il valore dei beni culturali. «C’è la necessità – ha affermato la Dolso – di mettersi in pace con le proprie origini anche per gli esuli giuliano dalmati sparsi per il mondo». Franco Iacop, presidente del Consiglio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha condiviso l’importanza dell’incontro e dei temi trattati, aggiungendo che c’è «tutta la questione dei diritti dei discendenti degli emigrati, assieme al valore della memoria e della scoperta delle proprie radici».
Luisa Villotta, direttrice dell’Archivio di Stato di Udine, ha evidenziato le nuove opportunità turistiche offerte dal fenomeno del turismo genealogico. «Il nostro archivio – ha spiegato la Villotta – ha offerto dal 2009 lo strumento del web Friuli in prin, per le ricerche familiari, ma stiamo notando che è un veicolo di accessi Internet».
Il professor Andrea Zannini, docente di Storia moderna all’Università di Udine, ha riferito come il tema del turismo genealogico sia stato sviluppato all’interno del corso di studi di Scienze e tecniche del turismo culturale dell’ateneo friulano. In seguito Enrico Caputo ha presentato un e-book intitolato “Linee guida per lo sviluppo di progetti di turismo genealogico”, per la fruizione e la valorizzazione dei beni archivistici come una risorsa economica per tutto il paese.
Luisa Villotta, in prima fila, con l'assessore Federico Pirone

Laura Cerno, dell’Archivio di Stato di Udine, ha trattato la questione delle fonti per la storia della popolazione presso il locale archivio. Renzo Peressini, della Società Filologica Friulana, ha sviluppato il tema dei limiti e dell’importanza dell’anagrafe religiosa, giacente presso gli archivi parrocchiali. Claudio Lorenzini, della Società Filologica Friulana, ma anche noto ricercatore del nostro ateneo ha tentato una sintesi riguardo alla ricerca storico-demografica sulla montagna friulana, dalle vicende dei Cramars (venditori ambulanti) in poi. Lorenzini ha auspicato, infine, che «gli archivisti si occupino degli archivi, mentre gli esperti di turismo facciano turismo».
Carla Sava, dell’Archivio di Stato di Udine, ha mostrato gli strumenti per l’accesso alle fonti del web sul sito Internet dell’archivio stesso. Roberta Corbellini e Daniela Ferrari, dell’Istituto Centrale per gli Archivi, hanno mostrato e descritto il portale intitolato “Antenati”, un progetto di vero respiro internazionale che coinvolge 47 archivi di stato italiani che hanno già inserito 52 milioni di documenti nella rete.

L’ultimo intervento in programma è stato svolto da Carlo Demartin, di “Family Search”, che ha mostrato l’esperienza del suo organismo internazionale nel digitalizzare e indicizzare i documenti dello Stato Civile: nascite, matrimoni e morti.
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Una versione di questo articolo è stata pubblicata il 19 settembre 2016 sul giornale del web infofvg.it col titolo: “Turismo genealogico, convegno alla Filologica di Udine”.
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Servizio giornalistico, di networking e fotografico di Elio Varutti 


venerdì 16 settembre 2016

Piccola Vedetta Fiumana, giornale dell’esilio, 1951

Voglio recensirlo anche se il volume è stato edito nel 1993 dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Firenze. Scritto da Carlo Cesare Montani, il libro ha per titolo: “La Piccola Vedetta Fiumana. Storia di un periodico dell’esilio”. Il giornale in questione ebbe vita nel 1951.
Cartolina del 1914

Contiene una Premessa di Sira Leghissa, presidente del sodalizio fiorentino degli esuli giuliano dalmati. Nella Prefazione Paolo Venanzi, direttore de «L’Esule», spiega che il giornale nacque nel mese di aprile del 1951 per opera di un “pugno di patrioti”, come Ugo Longo e Giovanni Perini.
È il primo periodico dell’esilio per i fiumani, dato che «La Voce di Fiume» sorse alla fine degli anni Sessanta. Montani – secondo Venanzi – effettua un’analisi profonda e a tratti sorprendente nel solco del fiumanesimo
Sin dai primi numeri il giornale portò a conoscenza il mondo degli esuli sulla storia di Fiume. Altre pagine interessanti furono dedicate alla cultura, alle questioni sociali, come il problema della casa ed alle cronache spicciole, come la vita dei fiumani dell’esodo sparsi per l’Italia.
Poi il giornale naufragò in una diatriba politica tra esponenti della DC e del PLI da un lato ed altri che facevano riferimento al MSI, che a giudizio di Ugo Longo non poteva garantire il rispetto della legalità nella battaglia irredentista (pag. 34).
Spedito il primo numero in mille copie, si ebbe la reazione di 137 lettere alla redazione, delle quali solo 3 di critica. L’esperienza de «La Piccola Vedetta Fiumana» durò una sola stagione, con Ugo Longo nella veste di direttore responsabile. Giovanni Perini era il condirettore, dimessosi dopo l’uscita del secondo numero, per le citate questioni politiche. I collaboratori sono stati: Elio Conighi, Giovanni Fletzer, Ruggero Gherbaz, Max Marelli, Alceo Minich ed Evelino Pizzarotti. I corrispondenti sono così elencati: Giacomo Pasquali, Luigi Peteani, Armando Sardi e Mario Valeri Manera.
Mi piace accennare al fatto che Elio Conighi (Fiume 1930 – Trento 1986) è figlio di Giorgio Conighi, alpino a Udine nella Grande Guerra e poi legionario fiumano e capitano assieme a Nino Host Venturi dei giovani volontari di Fiume (Legione Fiumana) che nel 1919 si erano schierati con Gabriele D’Annunzio, per l’annessione di Fiume all’Italia.
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Carlo Cesare Montani, La Piccola Vedetta Fiumana. Storia di un periodico dell’esilio, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Firenze, 1993, pagg. 96, no foto.

martedì 13 settembre 2016

Sappamukki, festa dell’alpeggio, Sappada 2016

I turisti possono rivivere le tradizioni paesane di una volta. L’hanno chiamata “Sappamukki”. È la festa dell’alpeggio delle mucche al rientro dalle malghe di montagna. Transumanza: è descritta così nei vocabolari e da qualche poeta. A Sappada si fa almeno dal 2007 o giù di lì.

È una sfilata di due giorni di festa. Le protagoniste sono le mucche, per l’occasione “vestite” con rami d’abete e coloratissimi fiori, fiocchi e guidate dai loro pastori. La festa è continuata poi con stand di prodotti tipici locali: dai formaggi, ai dolci, come lo Strudel o lo Strauben, ossia frittelle tirolesi e fino alle grappe prodotte con particolari erbe. Era aperto anche un fornito stand enogastronomico. Code lunghe alla cassa.
Nei secoli scorsi, nelle montagne della Carnia, nella buona stagione partivano non solo i pastori, ma anche alcuni loro familiari, bambini compresi. Con i bovini in fila tutti su pei sentieri fino alle malghe in quota, a 1700 metri di altitudine. È lì che i pascoli sono più vari e ricchi per l’alimentazione dell’animale. Nelle casere si trasferiva allora pure un pezzo della famiglia, i ragazzi e persino i bambini erano buone braccia da lavoro per l’antica famiglia patriarcale.
La consuetudine di trasferire le greggi dal monte verso il mare è tipica anche delle regioni appenniniche del centro Italia, però nella stagione fredda. Così i pastori dell’Abruzzo e del Sannio sono o erano transumanti nel Tavoliere della Puglia. Nel Novecento alcuni allevatori della Bassa friulana portavano all’alpeggio le loro vacche con i camion.

A Sappada, in provincia di Belluno, al confine con Forni Avoltri, che sta in Friuli Venezia Giulia, la festa della transumanza è stata allargata ai turisti. Anzi è divenuta motivo per destagionalizzare l’economia turistica della valle, che ha segnato dei buoni successi nei scorsi mesi estivi.
Già dal 5 settembre 2016 i rifugi della Val Sesis”, nella zona che porta alle sorgenti del Piave, c’era la possibilità di degustare il piatto “Sappamukki”. Si tratta di specialità tipiche locali, a base di formaggi e carni, dove l’afflusso di commensali è stato elevato.
Ad esempio pure i certi ristoranti di Sappada nel menu settembrino faceva la sua bella mostra il Gepichta Kropfn (vedi le ricette di Sappada), deliziosi ravioli alle erbe. In sostanza l’impasto è quello degli gnocchi di patate con la forma del tortello, ripieno di menta, ricotta affumicata e condito con burro di malga ed una spolverata di latteria vecchio o grana. Non può scappare poi il piatto di bocconcini di cervo in salmì con polenta. Altri puntano sulla zuppa di orzo e fagioli, adattissima al fresco della sera.

Sabato 10 settembre la mandria è scesa dalla Malga Casera Vecja verso i rifugi Rododendro e Piani del Cristo. Hanno fatto da festosa cornice i cori ANA degli alpini “Sorgenti del Piave” e il “Nino Baldi” di Trieste. Alle 15,30 c’era la dimostrazione della produzione del formaggio. Per i piccoli c’era la parete di roccia gonfiabile rossa per tentare un’arrampicata, assistiti da montanari autentici. Le mucche sono scese fino a Borgata Cretta, in paese. La partenza delle mucche verso valle era prevista alle 15.30, con arrivo in Borgata Cretta e successiva mungitura verso le 16.30. Alle 18.00 c’è stata una sfilata musicale della "Plodar Plech Musik". Il gruppo musicale ha percorso il centro del paese partendo da borgata Bach e raggiungendo località Eibn, dove alle 18.30 è stato aperto il tendone gastronomico, con l’esibizione dell'orchestra Fabrizio e Accademia per una serata all'insegna della festa danzante.
Domenica 11 settembre dalle 10,30 sono state fatte sfilare lungo Sappada vecchia le “armente”, così sono descritte le vacche nei registri contabili dell’Ottocento. Alle ore 11, in località Eibn, vicino alla Baita Pista Nera, c’è stata l’apertura dei chioschi, il mercatino e un pienone sotto i tendoni, i gazebo, le tende e gli ombrelloni. Erano esauriti persino i tavolini e le panche al sole.    
C’è stato lo spettacolo della Banda di Versciacco, del Gruppo Folkloristico Holzhockar, dei figuranti nei costumi tipici della vita contadina. La festa è proseguita per tutto il giorno al tendone in località Eibn, per concludere con un fiore: la premiazione dell'iniziativa Balconi Fioriti 2016.

La transumanza dell’economia
C’è un altro aspetto da accennare. Gli abitanti di Sappada hanno chiesto con un referendum di cambiare regione. Per legami storici col Friuli e, soprattutto con la Carnia, vorrebbero far parte della regione Friuli Venezia Giulia, anziché stare sotto il Veneto. Le procedure per il distacco da Belluno sono andate avanti, ma la burocrazia romana o di altre latitudini ci mette sempre lo zampino, così le cose vanno per le lunghe.

È successo allora che qualche attività economica abbia iniziato a cambiare la propria sede legale, o abbia intenzione di farlo, come la Società Campetti, col suo presidente Daniele Kratter. Hanno iniziato i piccoli imprenditori e poi anche quelli un po’ più grandi. Qualcuno sta parlando di “transumanza dell’economia”, nel senso che la sede delle imprese è stata trasferita (o sta per esserlo) nel confinante e vicino Comune di Forni Avoltri, che è in Friuli Venezia Giulia. C’è chi è andato alla Camera di commercio di Pordenone (che pure è in Friuli) a informarsi per fare tutte le pratiche. Insomma staremo a vedere se vincerà l’economia, oppure la burocrazia istituzionale. La voglia di Friuli aumenta sempre di più.  
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Servizio giornalistico, fotografico e di networking di Elio Varutti.
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Una versione di questo articolo è stata pubblicata il 13 settembre 2016 sul giornale web infofvg.it col titolo: “Festa dell’alpeggio a Sappada”.
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Vedi anche il videoclip girato da Elisabetta De Michele e pubblicato su Facebook, che si ringrazia per la diffusione. 

venerdì 9 settembre 2016

Educare al dono, con AFDS, Ministero e Università di Udine

Udine – C'è stato un convegno di grande interesse. Eccone la tematica di fondo: Donare sangue, donare il midollo osseo e, nel caso di fine vita, donare gli organi. A volte i convegni scientifici sono alquanto noiosi per l'uditorio poco preparato, con relatori saccenti, distaccati dal pubblico e appena appena motivati. Non è il caso di questo originale iniziativa di aggiornamento per insegnanti di Scienze motorie e sportive e per docenti delle sezioni di donatori di sangue dell'Associazione Friulana Donatori Sangue (AFDS) di Udine. 
Su tali impegnative tematiche si sono aggiornati oltre 115 professori della regione, assieme ai dirigenti dell’AFDS di Udine. Un bel successo per gli organizzatori!
Peressoni, Biasiol, mons. Mazzocato, Cargnelutti e Govetto

È accaduto il 6 settembre 2016, presso l’auditorium della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia “A. Comelli”, di Via Sabbadini a Udine. La mattinata di studio aveva per titolo “Educare alla salute, educare al dono. A scuola per far vincere la vita”. Organizzatori erano, oltre all’AFDS di Udine, l’Università friulana, con il suo corso di laurea in Scienze Motorie e quello magistrale in Scienza dello Sport e l’Ufficio Educazione Motoria Fisica e Sportiva di Udine, emanazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Proprio a nome di quest’ultimo ufficio ha aperto i lavori del convegno il professor Claudio Bardini, referente regionale per l’Educazione alla salute dell’Ufficio Scolastico Regionale.
Monsignor Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, ha detto di «approfondire bene il tema del convegno, dato che la salute fisica e il dono sono come un debito che gli adulti hanno nei confronti dei giovani, tali argomenti sono fatti propri anche dalla Chiesa».
Paride Cargnelutti, vice presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, ha insistito sul fatto che «l’impegno educativo di tale portata non è solo della scuola, ma anche della famiglia, delle altre agenzie educative, delle istituzioni del territorio, solo così potremmo rendere autonomi i nostri ragazzi dai sistemi informativi e dai modelli legati al consumo».
Udine, convegno Educare alla salute, educare al dono, 6 settembre 2016. Perissutti, Grassi, Peressoni, Biasiol, Mons. Mazzocato, Cargnelutti, Govetto e Raffaella Basana, in camicia bianca.

Roberto Peressutti, direttore del Centro regionale trapianti, ha accennato alla «forte solidarietà che possiamo trovare qui e proprio nel dono degli organi una famiglia che ha appena perso un proprio caro, può trovare un certo sollievo nella elaborazione del lutto».
L’intervento cardine del convegno è stato svolto da Renzo Peressoni, presidente dell’AFDS di Udine. «Esiste una bellezza del dono del sangue – ha detto Peressoni – e l’emotività non basta, perché si deve donare quello che serve e quando serve, secondo una cultura del dono che voi insegnanti sapete trasmettere agli studenti, evitando il profondo egoismo e la solitudine dell’individuo».
Claudio Bardini, apre i lavori del convegno

Gli ha fatto eco Pietro Biasiol, direttore titolare dell’Ufficio Scolastico Reginale del Friuli Venezia Giulia. Biasiol ha ricordato i recenti successi della scuola regionale, a livello di formazione «allora dobbiamo operare sotto un profilo etico, perché c’è una grande fiducia e ci anima una forte profondità di valori».
Ha portato i saluti del Magnifico rettore dell’Università di Udine il professor Bruno Grassi, coordinatore del Corso di laurea magistrale in Scienza dello Sport. Grassi ha detto che «è una eccellente idea quella di coniugare l’educazione alla salute con quella del proprio fisico e, infine, con il dono del sangue e lavoreremo in questo senso anche all’interno dell’università».
Vivianna Totis, del Dipartimento Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine ha portato il risultato di alcune ricerche, secondo cui i giovani sono più attratti dal volontariato, come il dono del sangue, piuttosto che dalla politica. Poi ha detto che da noi «la maggior parte delle donazioni viene impiegata per gli ammalati cronici, col 53 per cento delle sacche di sangue, poi ci sono quelli chirurgici (24%) e, per ultimi, quelli di medicina». Poi ha aggiunto che «il dono del sangue deve essere un atto fatto con la testa, non col cuore, perché bisogna essere consapevoli di non fare del male ad altri col proprio sangue eventualmente poco sano».
Totis, Baraldo e Mazzoli 
(i cavalieri recano i nomi della tavolata precedente…)

Massimo Baraldo, direttore dell’Istituto di Farmacologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine ha svolto una interessante relazione sul lungo e sconvolgente tema dello “Abuso di energy drink e sostanze eccitanti, uso sconsiderato e improprio di integratori e farmaci, droghe compensatrici e legali dagli effetti tossici sull’organismo e abuso sistematico di alcol per emergere come individuo in una dinamica di gruppo”.
Tommaso Mazzoli, docente di Informatica all’Università di Udine e in quella di Gorizia, ha trattato il tema attualissimo del “Cyberbullismo”.
Poi è stata presentata la Convenzione per l’educazione al dono e ad una vita in salute, predisposta dall’AFDS e dall’Ufficio Educazione Motoria, Fisica e Sportiva di Udine. Hanno parlato Peressoni, Bardini e Anna Chiarandini, consigliere provinciale dell’AFDS delle sezioni studentesche. Sono stati mostrati dei video, spot e banner preparati per le scuole.
“Educare alla legalità: il rispetto delle regole sulla strada e nella vita”. Un titolo così non poteva che essere trattato da un responsabile della Polizia Stradale di Udine e Carlo Piraneo l’ha fatto con semplicità e chiarezza.
Peressoni, Chiarandini e Piraneo

Gli ultimi tre interventi hanno visto dei relatori costretti sulla sedia a rotelle. Nel silenzio totale dell’auditorium Eros Scuz e Cristiano Picco, dell’Associazione sportiva disabili “Basket e non solo” hanno raccontato il cambiamento di vita subito a causa di un incidente stradale. Stessa impressione ha dato Laura Bassi, di Achilles International Italia Onlus. Tutti hanno voluto sottolineare l’importanza dei donatori di sangue «perché ci hanno ridato una nuova vita».
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Laura Bassi, Cristiano Picco e Eros Scuz, tre speciali relatori su sedia a rotelle esaltano il dono del sangue

Servizio fotografico, giornalistico e di networking di Elio Varutti

Peressutti, Grassi, Peressoni e Biasiol
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La prima versione di questo articolo è apparsa il 7 settembre 2016 sul giornale del web infofvg.it  con il seguente titolo: "

Educare al dono, convegno #AFDS, Ministero e Università (clicca qui per leggere l'articolo)

lunedì 5 settembre 2016

Friûl ferît, lis fotos di Riccardo Viola in mostre

Udin – E à par titul «Friûl ferît / Friuli Ferito. Il terremoto del 1976 nelle fotografie di Riccardo Viola». E je une mostre fotografiche metude adun inte “Cjanive de Filologjiche”, in Vie Manin 18/a, li dal sît de Societât Filologjiche Furlane, screade ai 2 di Setembar dal 2016.

Gianfranco Ellero al presente la mostre des fotografiis di Riccardo Viola screade inte Cjanive de Fiologjiche a Udin

«Cheste esposizion – al à dit il professôr Federico Vicario, president de Societât Filologjiche Furlane – e je za stade in mostre a Vençon pal 40.n inovâl dal taramot dal Friûl, dopo e je stade proponude a Osôf e Lignan, cumò le vin culì, tal Palaç Mantica inte sede di Udin dal nestri sodalizi dai 5 fintremai ai 11 di Setembar dal 2016, ancje cu lis primis pagjinis dai gjornâi dal timp».

Gianfranco Ellero e Federico Vicario

Dopo al à fevelât il professôr Gianfranco Ellero, curadôr de rassegne e confradi di Riccardo Viola, muart masse adore. «A volevin jessi ancje chi a Udin, intun periodi di grant moviment di int par “Friuli Doc” – al à dit Ellero – ancje se chest piçul spazi nol rive a tignî dentri lis passe 250 fotografiis in blanc e neri scatadis di Viola tra il 15 e il 20 di Mai dal 1976».
In mostre si viôt il Domo di Glemone cu la tor che e somee la ponte di une lance, dopo la sgorlade dal taramot. E je la glesie di Valerian “sclopade” parcè che i è colât dentri il cjampanili. «O dovès capî che par la fotografie dal Cjiscjel di Prampar – al à dit Ellero – il brâf Riccardo Viola al à scugnût lâ insom di une culine di claps e pieris dal Cjiscjel sdrumât». Chest a è il prin reportage fotografic dal taramot in Friûl, parcè dome dopo a son rivâts i esperts dal Ministeri e di altris ents publics.
«Viola nol jere un fotograf di sensazion – al à sierât Ellero – nol sbarave scats par jemplâ lis pagjinis di cualchi gjornâl di figuris, cheste e je une mostre dal cidin, no si cjate un om o une femine tes imagjinis, ma dome secuencis dal disastri tes oparis di art, oltri che su la vite e la comunitât. Lui al veve chel di documentâ i fats, cuntun voli dut particolâr».

Public ae mostre di fotografiis di Riccardo Viola. In prim plan Giuseppe Bergamini e, tal mieç, Eddi Bortolussi

Al à cjapât la peraule dopo Giuseppe Bergamini, diretôr dal Museu Diocesan e des Galariis dal Tiepolo, memoreant che il «gust pe art di Viola al passe ancje a nô altris, parcè lui al è stât un fotograf straordenari e modest, che jo lu ai cognossût e i ai dât la incjarie di fâ chestis fotografiis propri 40 agns indaûr, pes rivistis de Societât Filologjiche Furlane».
Par sierâ la scree de mostre al è intervignût Feliciano Medeot, diretôr de Societât Filologjiche Furlane, par mostrâ un video di Andrea Tomasin, fat cui materiâi fotografics di Riccardo Viola, di 15 minûts, in vision pal public inte istesse “Cjanive” de Filologjiche.
I oraris di visite a son dai 5 ai 11 di Setembar 2016: lunis, martars e miercus, des oris 10,30 aes 12,30  des 16,00 aes 18,00. Joibe, vinars, sabide e domenie des oris 10,30 aes 12,30 e des 16,30 aes 18,30. La rassegne e gjolt dal patrocini de Fondazion CRUP. E je stade inmaneade de Filologjiche cul jutori de Regjon Autonome Friûl Vignesie Julie e la colaborazion de Associazion Comuns Taramotâts e Sindics de Ricostruzion dal Friûl, dal Centri di Ricercje e Archiviazion de Fotografie (CRAF) di Spilimberg e dal studi Foto Viola di Mortean.



Servizi gjornalistic e fotografic di Elio Varutti
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La version par talian di chest articul si pues viodile culì:
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Udine - Si intitola «Friûl ferît / Friuli Ferito. Il terremoto del 1976 nelle fotografie di Riccardo Viola». È una mostra fotografica allestita nella “Cjanive de Filologjiche”, in Via Manin 18/a, nei sotterranei della Società Filologica Friulana, inaugurata il 2 settembre 2016.
«Questa esposizione Friûl ferît – ha detto il professor Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana – è già stata in mostra a Venzone, per il 40° anniversario del terremoto in Friuli, poi è stata riproposta a Osoppo e Lignano Sabbiadoro, adesso è anche qui, a Palazzo Mantica nella sede di Udine del nostro sodalizio dal 5 al giorno 11 settembre 2016, anche con le prime pagine dei giornali del tempo».
Poi ha parlato il professor Gianfranco Ellero, curatore della mostra fotografica e amico fraterno dello scomparso prematuramente Riccardo Viola a 79 anni. «Volevamo esserci anche qui a Udine, in un periodo di grande movimento di persone per Friuli Doc – ha detto Ellero – nonostante questo spazio limitato non possa contenere le oltre 250 fotografie in bianco e nero scattate da Viola tra il 15 e il 20 maggio 1976».
In mostra c’è il Duomo di Gemona col moncherino del campanile, dopo la tremenda scossa. C’è la chiesa di Valeriano “scoppiata” perché le è caduto il campanile dentro. «Dovete capire che per la fotografia al Castello di Prampero – ha spiegato Ellero – il bravo Riccardo Viola si è dovuto arrampicare su una grossa collina di detriti». Questo è il primo reportage fotografico del terremoto in Friuli, perché solo dopo sono arrivati gli esperti del Ministero e di altri enti preposti.
«Viola non era un fotografo sensazionalista – ha concluso Ellero – non sparava scatti per riempire le pagine di qualche giornale illustrato, questa è una mostra del silenzio, non trovate molti umani in queste immagini, ma solo sequenze del disastro sulle opere d’arte, oltre che sulla vita e la comunità. Lui amava documentare i fatti, con un esclusivo angolo visuale».
Ha preso la parola anche Giuseppe Bergamini, direttore del Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo, ricordando che il «gusto per l’arte di Viola passa anche a noi, perché lui è stato un fotografo straordinario e modesto, che io ho conosciuto e incaricato di fare queste fotografie proprio 40 anni fa, per le riviste della Società Filologica Friulana».
In chiusura dell’inaugurazione dell’esposizione è intervenuto Feliciano Medeot, direttore della Società Filologica Friulana, per mostrare un originale video di Andrea Tomasin, con i materiali fotografici di Riccardo Viola, della durata di 15 minuti, in visione per il pubblico nella stessa “Cjanive” (o cantina) della Filologica.

Gli orari di visita sono dal 5 al giorno 11 settembre 2016: lunedì, martedì e mercoledì, dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16,00 alle 18,00. Giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 18,30. La rassegna ha il patrocinio della Fondazione CRUP. È stata organizzata dalla Filologica col contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e la collaborazione dell’Associazione Comuni Terremotati e Sindaci della Ricostruzione del Friuli, del Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia (CRAF) di Spilimbergo e dello studio Foto Viola di Mortegliano.