Erano un paio d'anni che Silvio Cattalini, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), domandava a Franco Fornasaro, autore di origine istriana, di scrivere un libro sull'argomento dell'esodo giuliano dalmata e sulla situazione politico culturale dei Balcani nel Novecento.
Col titolo intrigante “Gli
appunti di Stipe” ecco fresco di stampa il romanzo documentario di Franco Fornasaro (Trieste 1952). “Le vicende qui narrate – come ha ricordato Silvio
Cattalini, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD, editrice del volume – inquadrano le
sofferenze e le ricchezze di un popolo diviso dalla Storia, vale a dire gli
italofoni e gli italiani dell’esodo e dei rimasti”.
Il volume è già stato presentato dalla giornalista Rosanna Turcinovich Giuricin su La Voce del Popolo. Quotidiano italiano dell'Istria e del Quarnero, del 1 agosto 2015, col titolo significativo: "Negli occhi di Stipe ci siamo noi tutti...".
In seguito anche il Messaggero Veneto, di Udine col giornalista Paolo Medeossi ha pubblicato un articolo in merito il 6 ottobre 2015 col titolo: "Nei ricordi di Fornasaro drammi e vicende di confine".
Rosanna Turcinovich, Franco Fornasaro, Silvio Cattalini e Paolo Medeossi. Fotografia di Elio Varutti.
Il testo scritto da Fornasaro, di 176 pagine, è
corredato da numerose carte geografiche della Balcania, con tutti i cambiamenti
di bandiera subiti nel Secolo breve. Si pensi che alla metà del Settecento,
tutto l’Adriatico era per la Serenissima Repubblica di San Marco, niente altro che il Golfo
di Venezia, considerati i porti e i territori veneziani posseduti da secoli in
Dalmazia, fino in Morea (Peloponneso). È un bel libro contenente le “riflessioni
sorte negli ultimi due anni di lezioni tenute da Fornasaro all’Università della Terza Età di Udine (UTE) – ha detto Paolo Medeossi, giornalista del «MessaggeroVeneto» – e a me, che sono udinese di nascita, che poi ho vissuto a Monfalcone,
che non è nei Balcani, ma quasi, e ho lavorato a Gorizia nella redazione del
giornale, mi vien da dire che la vita nei confini orientali d’Italia è tutto un
altro mondo, perché le oltre 700 persone sparite il 2 maggio 1945, durante
l’invasione titina di Gorizia, stanno a dirci qualcosa; bisogna sapere poi cosa
ha fatto di male il fascismo in Istria, prima del 1939; dobbiamo avere il
coraggio di chiarire la storia, come fa l’autore di questo libro, pacato e
intelligente, spiegando una materia incandescente e controversa”.
Parte del pubblico alla presentazione del libro di Fornasaro; Sergio Satti, primo a sinistra, Giorgio Gorlato, secondo vicino alla sua consorte Graziella Brusin; Annalisa Vukusa è la quarta.
Fotografia di Elio Varutti.
Fotografia di Elio Varutti.
Protagonisti del
romanzo sono un certo Matteo, giovane ricercatore universitario e Giuliano
Giuliani, vecchio docente in pensione, grande esperto e dotato di “un corredo
mastodontico di ricerche” sui temi della questione adriatica e dell’esodo giuliano
dalmata. “Stipe è un acronimo vezzeggiativo – ha
detto Franco Fornasaro – del nome Stephan (Stefano in serbo croato), già menzionato ne La miglior vita di Fulvio Tomizza,
autore un po’ dimenticato, con cui ho avuto la fortuna di discutere le
tematiche dell’Adriatico Orientale e della frontiera”.
Tomizza racconta di Stipe, anzi di don Stipe, “terzo
di cinque fratelli rimasti zappatori e mandriani a Draguć…” (pag. 49). Opera
nella parrocchia di un paesino dell’Istria, vicino a Umago, Radovani, Orehi,
Làzari, Crasti… Lo troviamo citato fino a pag. 258 del romanzo (Fulvio Tomizza,
La miglior vita, Milano, Rizzoli, 4.a
edizione, 1977).
All’incontro pubblico
di presentazione, svoltosi all’Albergo Astoria Italia giovedì 8 ottobre 2015
con oltre 50 partecipanti, è intervenuta anche la giornalista Rosanna Giuricin
Turcinovich, di Rovigno. “Questo libro è uno strumento importante – ha detto la
Turcinovich – per capire il baratro della Jugoslavia; è come un Bignami rispetto all’opera omnia di
Fornasaro che è Novecento Adriatico,
del 2011; mi auguro che possa essere utile ad uscire dai ghetti culturali degli
esuli, che spesso non sanno proporsi e dei rimasti, che hanno vissuto
nell’implosione della cultura e della lingua minoritaria italiana. Matteo, il
giovane protagonista del romanzo rappresenta il futuro per il mondo degli esuli
e dei rimasti e, in questo senso, auspico che pure in Italia ci sia la
sensibilità dimostrata dalle autorità accademiche di Toronto, dove Konrad Eisenbicher, docente di letteratura italiana del Rinascimento, ha spinto per
attivare un dottorato di ricerca sulla letteratura giuliano dalmata in Canada”.
Il focoso intervento di Paola Del Din; vicino a lei Enrico D'Este. Fotografia d Elio Varutti.
Enrico D’Este, di
ascendenza istriana e consigliere comunale a Udine, ha portato all’incontro il
saluto ufficiale di Furio Honsell, sindaco di Udine. Giorgio Gorlato, esule da
Dignano d’Istria, ha ringraziato l’autore per le chiarissime lezioni tenute
all’UTE, dicendosi “voglioso di gustare il libro con tante aspettative,
riguardo ad un nuovo modo di trattare le questioni del confine orientale
d’Italia”. Annalisa Vukusa, originaria di Zara, ha confermato il fatto dei
giuliano dalmati incapaci di porsi e di raccontare il proprio esodo, per
riservatezza o per tanti altri motivi. “Io stessa, ho vissuto per molti anni a
Trieste – ha aggiunto Vukusa – ma mi sono accostata tardi ai temi adriatici
perché mi sentivo sradicata, mi manca tanto il mare e poi con queste
pubblicazioni dobbiamo uscire dal Friuli Venezia Giulia e parlarne in campo
nazionale”. Sergio Satti, esule da Pola e vice presidente del Comitato
Provinciale di Udine dell’ANVGD, ha spiegato l’importanza del volume di
Fornasaro “perché affronta argomenti storici poco trattati, in modo semplice e
chiaro e ci fa capire anche i rapporti ed il ruolo della Chiesa”.
Paola Del Din, partigiana
della Osoppo, medaglia d’oro al valor militare, ha accennato “all’obbligo del
silenzio sui temi dell’esodo giuliano dalmata, per assecondare Tito, che andava
a guidare il gruppo di Paesi non allineati, né stalinisti, né capitalisti”. Sono
intervenuti, tra glia altri, Annamaria Pittana, con dei ricordi su Pola e Bruno
Rossi, nella cui famiglia c’è chi può vantare dei legami con Sebenico. Si è
notato in sala, infine, un folto gruppo di esuli da Pinguente. Nel libro, tra
l’altro, si accenna a Pisino, al Territorio Libero di Trieste, a Fulvio
Tomizza, Parenzo, Fiume, Zara e Pola.
Erano presenti alcuni
insegnanti, come i professori Anna Ghersani Durini, Elisabetta Marioni e Elio Varutti, dell’Istituto “B. Stringher”. Proprio uno degli insegnanti, oltre ad
apprezzare e ringraziare Fornasaro per la sua importante opera e a portare il
saluto di Anna Maria Zilli, Dirigente scolastico della scuola, ha presentato il
progetto “Storie di donne nel ‘900”, sostenuto dalla Fondazione CRUP, di cui è
referente il professor Giancarlo Martina che, tra l’altro, tratta temi come
“L’esodo giuliano dalmata insegnato a scuola”, oppure “Le donne dell’esodo
giuliano dalmata” e anche “Itinerario giuliano a Udine”.
Qui sopra un'altra immagine dell'attento pubblico alla presentazione di Fornasaro, che compare nella foto sottostante, assieme a Silvio Cattalini. Fotografia d Elio Varutti.
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C'è un altro articolo del 16 ottobre 2015 pubblicato sempre nel web su infofvg.it col seguente titolo: "Udine, presentato il romanzo di Fornasaro".
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Recensione per appunti
Devo confessare che la mia lettura del romanzo
documentario di Fornasaro sull’Istria è proceduta in modo vario, saltabeccando
da un paragrafo all’altro, senza procedere dall’inizio alla fine. Ho preso in
mano il libro in varie occasioni e momenti della giornata, perciò leggevo qui e
là. Prendevo appunti anch’io, come echeggia il titolo del volume stesso. Solo
dopo questa lettura “spezzata”, ho proceduto a leggero in modo ordinato.
È ben fatto. È un libro che chiarisce tanti aspetti
della questione balcanica. Fissa le responsabilità delle autorità italiane
sulle violenze perpetrate in Istria sotto il fascismo contro le persone di
etnia croata e slovena o non italiana (gli allogeni, come li definiva il
fascismo). Tra di loro c’era chi si ribellava all’occupazione italiana: Provincia
di Lubiana e Governatorato della Dalmazia, 1941.
Nel romanzo sono citati numerosi documenti ormai
pubblici. Sono menzionati i nomi dei generali comandanti italiani molto
servizievoli nei confronti dell’enunciato di Mussolini: “Se l’etnia non va d’accordo
con la geografia, è l’etnia che deve muoversi” (p. 70). Ci sono i generali:
Mario Roatta, Vittorio Ambrosio, Gastone Gambara, Mario Robotti… (p. 72). Sono
costoro responsabili dei Campi di concentramento per sloveni e croati di Arbe e
di Gonars. È colpa loro delle azioni di rappresaglia italiane che prevedevano
la distruzione e l’incendio di interi villaggi nell’entroterra croato e
sloveno.
Poi Fornasaro tratta delle foibe (p. 87, 103) come
resa dei conti contro gli italiani. C’è poi l’esodo (pp. 89, 93, 110, 111). Non
bisogna scordare l’antefatto. L’aspetto originale del lavoro di Fornasaro è la
trattazione di altri periodi storici, come gli anni sessanta, con gli Accordi
di Udine (1962) e la nascita della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
(1963). Ci sono pure gli anni settanta e ottanta con la morte di Tito. Non
manca la spiegazione delle guerre balcaniche degli anni novanta e la
dissoluzione della Jugoslavia. Molto interessanti sono gli aspetti contenuti
nei brani sugli anni dopo il 2000 per i contatti tra quelli dell’esodo e gli
italiani rimasti nelle terre annesse alla Jugoslavia. Fornasaro scrive che i
progetti nazionalisti iugoslavi erano uguali a quelli fascisti (p. 88).
Finalmente questo scrittore mette nero su bianco che
l’esodo giuliano dalmata durò almeno fino al 1962 (p. 90). Storici e
giornalisti (chissà perché?) lo fissano al 1956, nonostante molte testimonianze
successive a quell’anno citate nella vasta letteratura sull’esodo stesso. Poi si spiega che c’è stata “pulizia
ideologica ancorché etnica” (p. 102), gestita dall’OZNA, la polizia segreta di
Tito, con le sue eliminazioni dei “nemici del popolo”. Altro non sono che le
stesse azioni di Gestapo e dei fascisti (p. 101). Da ultimo, molto interessante,
c’è il Padre Nostro in dalmatico, del
secolo XV.
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Qui potrete trovare una versione di questo articolo pubblicata il 18 ottobre 2015 sulla testata nel web di friulionline.it col titolo: "Quelli dell'esodo e i rimasti: un libro sui giuliano-dalmati".
C'è un altro articolo del 16 ottobre 2015 pubblicato sempre nel web su infofvg.it col seguente titolo: "Udine, presentato il romanzo di Fornasaro".
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Questo articolo rientra
nelle attività del Centro
di ricerca, documentazione e produzione culturale sull’esodo giuliano dalmata,
per raccogliere, testi, documenti, interviste e fotografie di quei particolari
momenti storici. Il Centro di ricerca è sorto all’interno del Laboratorio di
storia dell’Istituto
Stringher di Udine, di cui è
referente il professor Giancarlo Martina. È parte del progetto, sostenuto dalla Fondazione Crup, “Storie
di donne del ‘900”, che ha ottenuto, tra gli altri, il patrocinio
di: Provincia di Udine, Comune di Udine, Club UNESCO di Udine, Società Filologica Friulana,
ANED,
ANVGD di Udine.
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