venerdì 1 febbraio 2019

Tarcento, Giorno della Memoria parlando del Ghetto di Varsavia e del Campo di Arbe


Non pare neanche vero che un Campo di concentramento possa salvare delle vite. Bisogna dire che l’Italia fascista, con la Germania, invade la Jugoslavia nel 1941. Nelle zone di occupazione italiana e in altre parti vengono relegati nei campi di concentramento (come a Gonars e a Arbe) gli allogeni, come vengono chiamati gli sloveni o i croati dissidenti o ribelli.
Tarcento, Giorno della Memoria. Fotografia di Bruno Bonetti

Succede altresì che, dal 1941 al 1943, al Campo di concentramento dell’Isola di Arbe, in Dalmazia, l’Esercito Italiano sottrae 2.180 ebrei iugoslavi dalle grinfie del nazisti e degli ustascia croati.  Per i piani di Hitler dovevano finire essi ad Auschwitz, noto Campo di sterminio. È una storia poco nota. Certi storici sono stai troppo impegnati a glorificare ogni forma di resistenza antifascista, oscurando la figura dell’italiano-brava gente.
Le cose cambiano dopo il 1989, con la Caduta del Muro di Berlino e il venir meno delle ideologie. Con la Legge italiana del 20 luglio 2000, n. 211, istitutiva del Giorno della Memoria e dalla analoga risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, c’è più consapevolezza sul tema della Shoah. Così si fa chiarezza e si rende giustizia a quegli ufficiali italiani che, rischiando la vita, si sono prodigati per evitare la deportazione di migliaia di ebrei. Di queste notizie ha parlato il professor Elio Varutti nella Biblioteca di Tarcento il 30 gennaio 2019, in occasione del Giorno della Memoria.
Ha aperto i lavori dell’incontro Luca Toso, vice sindaco di Tarcento, portando i saluti della Civica Amministrazione, presente in sala con altri consiglieri comunali, come Luca Paolone e  Luisa Fossati. In seguito è intervenuta la seconda relatrice della riunione, la studiosa Tiziana Menotti sul “Ghetto di Varsavia”.
Tarcento, Tiziana Menotti relatrice al Giorno della Memoria. Fotografia di E. Varutti

Tra i grattacieli di Varsavia. Ciò che resta del ghetto più grande d'Europa
“Prima del 1939, a Varsavia viveva la comunità ebraica più grande d'Europa con circa 400.000 unità – ha detto Tiziana Menotti – Nel marzo 1940 i nazisti ordinarono di recintare la zona abitata tradizionalmente dagli ebrei. L'operazione terminò il 16 novembre 1940, quando il ghetto, indicato ufficialmente come quartiere residenziale ebraico, fu chiuso definitivamente”.
Il ghetto di Varsavia era il più grande d'Europa anche per superficie (4 km²). Il muro che lo delimitava era alto 3 metri e lungo 18 chilometri. Nel ghetto vennero inglobate 73 delle 1800 vie della città comprendenti 27.000 appartamenti, un cimitero, un campo sportivo, 14 orfanotrofi, alcuni teatri, negozi e ristoranti di lusso per gli ebrei facoltosi. L'estensione del ghetto subì vari ridimensionamenti. Nel 1941 furono creati il ghetto piccolo (100.000 ebrei) e il ghetto grande (300.000 ebrei).
Tarcento, Giorno della Memoria, parte del pubblico in sala. Fotografia di E. Varutti

Nel ghetto imperversavano la fame, le malattie e la morte. Nel 1941 vi morirono circa 100.000 persone. Il 22 luglio 1942 iniziò la “Grande Operazione“, la deportazione, durata quasi 2 mesi, di circa 265.000 ebrei nel vicino campo di sterminio di Treblinka, attivo dal 23 luglio 1942. Ogni giorno venivano deportate dalle 2000 alle 13.500 persone che morivano subito dopo l'arrivo nel lager. Tra il 18 e il 22 gennaio 1943, in occasione dell'ennesimo tentativo di deportazione, gli ebrei si difesero per la prima volta con le armi. La rivolta culminò con l'eroica insurrezione del ghetto di Varsavia (19 aprile -16 maggio 1943), che costò la vita ai circa 60.000 ebrei sopravvissuti alla deportazione. Il ghetto di Varsavia è andato completamente distrutto.
“Al suo posto, oltre a un  frammento di muro e ad alcune tracce dei suoi vecchi confini sparse tra i grattacieli della città – ha concluso la Menotti – si snoda un commovente percorso della Memoria che accompagna il visitatore fino alla Umschlagplatz, nella parte più a nord del grande ghetto, da dove partivano ogni giorno i convogli diretti a Treblinka con il loro carico umano destinato alle camere a gas”.
Tiziana Menotti (Udine 1954) è medico e slavista, appassionata di lingua e cultura ceca. Fotografia di Leoleo Lulu
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

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