Il toponimo di Chiasalp, in Comune di Moimacco (UD) è formato da Chiasa e da alp. Si può dire che Chiasa è una forma friulana del tipo comune diffuso in Italia (Caselle, Casette) derivante da Casa. In Friuli c’è, ad esempio, Chiasottis in Comune di Mortegliano. Federico Vicario cita un “Pyeri di Chyasottis” annotato nel Registro della Confraternita dei Pellicciai di Udine (Vicario F 2010 : 507).
Chiasa è un etimo trasparente
dal latino Casa. In
friulano è: cjase. Nel contesto del
Comune di Moimacco sta ad indicare un insieme di dimore al di fuori del centro
abitato. La villa rustica romana era
costruita in aperta campagna, con adeguati spazi per gli addetti
all’agricoltura. La domus era abitazione
di un ricco patrizio dell’antica società romana, mentre le classi povere (i
plebei) risiedevano in edifici chiamati insulae.
Col termine Alp-e si intende la parte
più grande dell’altura di un paese, o di un agglomerato edilizio (Cinausero Hofer B, Dentesano E 2011). In
effetti i “Casali Chiasalp” sono citati nella tavola IGM di Cividale del
Friuli, Comune di Moimacco, come ha riportato Ermanno Dentesano nel 2005. La
zona è pianeggiante, con un’altitudine che varia dai m. 118 di Moimacco ai 125
di Bottenicco e ai m. 119 di Chiasalp. Ecco che con -alp deve intendersi in questo frangente un casolare invece di un
rilievo, pur mite, del terreno.
È noto che Moimacco sia
un toponimo prediale formato da un patronimico latino e dal tipico suffisso
aggettivale celtico in –acco (in
antico: –accus) invece della forma
latina Mommejanus, col suffisso in –ano, o –anus, alla latina. Mommejus, oppure Mummius sarebbe il nome
dell’antico proprietario del podere, passato poi a designare, nella sua forma
di aggettivo, il paese intero (Visintini
M 1980 : 12). Si sa pure che la pronuncia più antica di Moimacco era: Momiaco.
Secondo Cornelio Cesare Desinan la dizione primigenia è mutata per una
“metatesi”, o rovesciamento fonemico (Desinan
CC 2005 : 132).
La citazione più antica
di Moimacco rilevabile nei documenti medievali risale al XII secolo, come ha
notato Pio Paschini. Con una bolla del 24 novembre 1192 papa Celestino III
conferma i diritti e i possedimenti capitolari della Collegiata di Cividale;
fra le varie chiese ad essa sottoposte c’è proprio quella di Moimacco (Gaberchek C 1980 : 77). Il toponimo Moymas è menzionato pure negli anni
successivi.
Le
scoperte del 1821 di Michele della Torre
È del 1821 la scoperta
di ampie vestigia romane a Chiasalp. Michele della Torre, a poca distanza di
una grande villa a Moimacco di tipo urbano-rustico affiorata dopo uno scavo di
decine di giorni, trova un secondo gruppo di costruzioni di epoca romana.
Precisamente tra Togliano e Moimacco, nel n. di mappa 1.553 presso i campi dei
conti de Puppi, detti “Chiasalp”, egli rileva due edifici separati dal torrente
Rucco. Rimane il disegno di quegli scavi archeologici conservato presso il
Museo Archeologico di Cividale del Friuli (Libro III, Tavola XIV, come annota
Maria Visintini, pag. 29). I due antichi edifici paiono suddivisi in vari vani.
C’è persino un’area con trenta sarcofagi accostati a coppie. Nello scavo furono
trovati frammenti di mosaici, di urne fittili, un frammento di macinino in
pietra, un’insegna militare di legione e ferro grossi ad uso di carro (Visintini M : 30).
I frammenti musivi
fanno supporre l’esistenza di una villa signorile, mentre gli altri reperti
inducono a pensare a dimore di lavoranti e a locali di servizio. Potrebbero
essere l’una ipotesi e l’altra vissute in tempi diversi. C’è persino un locale
absidato a forma di exedra, sorta
forse in una seconda fase della villa, dopo la metà del III secolo e il V
secolo d.C., come emerso in certe ville di Ostia; detta ipotesi è formulata
dalla Visintini. Altri rinvenimenti fanno avvalorare la tesi che si tratti di
una villa romana. Si è notato un settore riscaldato a suspensurae, analogo al tepidarium
dello stabilimento termale pubblico di Forum
Iulii, nome romano di fondazione di Cividale del Friuli. Si sono trovate
varie monete e ciò porta a dire che fu abitata dal I secolo a.C. fino al IV
secolo d.C. La villa, a nord-ovest di Cividale, fu in un secondo tempo
destinata a sepolcreto. Fin qui la Visentini (p. 30).
Una interpretazione
assai suggestiva è proposta dallo stesso scopritore del sito archeologico:
Michele della Torre. Gli edifici di epoca romana di Chiasalp, a suo dire,
potrebbero essere niente meno che un tempio di Nettuno. “Egli giunse a questa
identificazione – ha scritto la Visintini – seguendo il parallelo topografico
Roma-Cividale, in base al quale l’acqua Vergine di Roma, che scorre presso il
Quirinale e sbocca a Campo Marzio, corrisponderebbe al Torrente Rucco, che
scorre ai piedi dei colli a nord-ovest di Cividale. Poiché presso l’acqua
Vergine sorgeva il Tempi di Nettuno, anche a Cividale si sarebbe ripetuta la
stessa topografia” (Visintini M :
31-32).
Per avvalorare la sua
teoria Michele della Torre, friulano illustre, sostiene che “le trenta
sepolture a cassa, ritrovate in un’ala
del grade cortile del fabbricato proverebbero l’esistenza del supposto
tempio di Nettuno poiché …per istituto di luoghi sacri alle Deità tenevansi
vicini i loro defunti, così è per il Direttore argomento di asserire con
maggior fiducia, che ivi possa essere stato il Tempio di Nettuno” (Idem).
Sempre ai tempi del
Regno Lombardo Veneto, sotto il dominio austriaco, c’è una notizia del 1831
riguardo ai beni e proprietà da vendersi nelle Provincie Venete, tratta dal Foglio d’Annunzj della Gazzetta privilegiata
di Milano. Il giornale milanese comunica la messa in vendita del borgo
Chiasalp con la seguente dicitura: “Distretto di Faedis. Partita di Chiasalp di
7 case, 72 pezzi di terra di pertiche 739, con 124 annualità perpetue della
cassa di ammortizzazione” (pag. 1.302).
Riguardo al suffisso –alp, –alpis, si aggiunga che Giovanni
Frau attesta in Svizzera, nel Vorarlberg, in luoghi di primitive regioni
celtiche, dal 1368 un alpis de Madrixio.
La seconda parola è riconducibile alla base latina mater, unita al suffisso –is(i)us,
ma è la prima che ci interessa (Frau
G 2010 : 279).
C’è un’ultima
considerazione da proporre come ipotesi di ricerca su Chiasalp. Sarà solo
un’assonanza, ma –alp si avvicina
alla parola friulana Aip, Laip, Agplus e
Alpis. Come si vede nel vocabolario “Nuovo Pirona”, aip, con le citate varianti, sta ad indicare un trogolo (parola non
a caso di origine longobarda), ovvero una vasca di abbeveraggio animale. Il
tutto ci porta al corso d’acqua (torrente Rucco) e al Tempio di Nettuno, dio
delle acque appunto, adombrato da Michele della Torre, ma non si vuol correre
troppo con la fantasia.
Nome
strano e tante riflessioni
Qui di seguito c’è il
gradito contributo di Barbara Cinausero Hofer e Ermanno Dentesano sul tema.
“Chiasalp è un nome
alquanto strano, che si presta a molte riflessioni, senza con ciò escludere che
la soluzione possa essere delle più banali, nascosta dietro un angolo. Ovviamente
si tratta di un nome composto, come scritto poco sopra, la cui prima parte è
trasparente e probabilmente di origine moderna, che non si esita a collocare
nella prima metà del secondo millennio, se non ancor più tarda.
Il problema è quell’alp che compone la seconda parte sembra
avere proprio l’origine citata. La questione pone però qualche dubbio perché in
tal caso dovrebbe trattarsi di un toponimo originatosi in epoche veramente
molto antiche. La base ha infatti sì prodotto molti toponimi, anche in tempi a
noi più vicini, ma quasi sempre con riferimenti a luoghi pascolivi di alta
quota. A ciò si aggiunga che la diffusione di tale base pare essere avvenuta da
est con propagazione verso ovest, sfiorando dapprima a nord delle Alpi, per poi
valicarle e diffondersi a sud. In tale movimento avrebbe aggirato l’area più
orientale delle Alpi, lasciando scoperto il settore delle Giulie (Rousset PL 1991: 185). La spiegazione si
attaglierebbe quindi bene a Stavoli
Posalalp di Ovaro, per esempio.
A ciò si aggiunga una
ulteriore difficoltà, legata a una base simile e parimenti antica, che però ha
valore idronimico (Beretta C 2003:
26, 37) e a tale proposito ci sovviene un Rio
Costalp di Zuglio.
Anche in assenza di
difficoltà del tipo appena indicato, è sempre preferibile avanzare ipotesi di
basi più recenti, ma in questo caso non è semplice.
Potremmo in effetti
pensare a un latino albus ‘bianco’,
ma con una forte limitazione: se si tratta di un aggettivo legato alla prima
parte, che è femminile, dovrebbe essere alba
che in forme più recenti e in alcune aree sarebbe diventata albe. Poiché la vocale “a” non cade mai
nel passaggio al friulano, è impossibile che alba sia diventato alb
con successivo assordamento della consonante finale (>alp). Non resterebbe allora che pensare a un maschile o
neutro album, come aggettivo retto da
un appellativo, poi caduto. L’aggettivo si sarebbe così sostantivato e sarebbe
stato poi assunto come specificativo con l’introduzione del nuovo appellativo Cjase.
A questo punto bisogna
dire che tale processo, benché possibile, è piuttosto arduo da sostenere. Un’ultima
possibilità, anch’essa piuttosto labile, è che la consonante finale del termine
alp sia di restituzione, come è
successo con i termini lacum>lâc>lât,
stomachum>stomi(t), ma anche con toponimi come Carpacco/Cjarpât, Casiacco/Cjasiât e qualche altro. In questo caso
la difficoltà sta nel fatto che mentre le consonanti di restituzione di questi
nomi sono tutte precedute da una vocale, nel caso di alp essa sarebbe preceduta da “l”, che però è liquida e
sostanzialmente semivocale. Ciò renderebbe possibile la realizzazione, ma è
chiaro che il processo formativo sarebbe complesso”.
Con queste righe di
riflessione, composte da Barbara Cinausero Hofer e Ermanno Dentesano, si
conclude, per il momento la ricerca presente. Pare interessante accennare,
infine, al fatto che da qualche decennio il borgo Chiasalp è un accogliente
agriturismo, gestito dalla famiglia Nicolini
Giorgio, i cui avi, come la famiglia Pontoni Giorgio, sono impegnati in
attività agricole dalla fine dell’Ottocento.
Bibliografia
- Barbara Cinausero
Hofer, Ermanno Dentesano, Dizionario
toponomastico. Etimologia, corografia, citazioni storiche, bibliografia dei
nomi di luogo del Friuli e della provincia di Trieste, con la
collaborazione di Enos Costantini e Maurizio Puntin [S.l., a cura dell’A.], Palmanova
(UD), Officine Grafiche Visentin, 2011.
- Michele della Torre, Prospetto storico, V, cap. XLI, pp.
120-121, Archivio Museo Archeologico di Cividale del Friuli (UD).
- M. della Torre, Libro III, Tavola XIV, Archivio Museo
Archeologico di Cividale del Friuli (UD).
- Ermanno Dentesano, Raccolta dei toponimi del Friuli riportati
sulle tavolette IGM 1/25.000, la bassa, Associazione per lo studio della
friulanità del Latisanese e del Portogruarese, Latisana (UD), S. Michele al
Tagliamento (VE), 2005.
- Cornelio Cesare
Desinan, “Atôr atôr di Cividât”, in Cividât,
a cura di Enos Costantini, Claudio Mattaloni, Mauro Pascolini, Societât
Filologjiche Furlane, 76n Congres, 26 setembar dal 1999.
- Foglio
d’Annunzj della Gazzetta privilegiata di Milano,
vol. II, 23 novembre 1831.
- Giovanni Frau,
“Rivisitazioni toponomastiche”, in: Il
mestri dai nons: saggi di toponomastica in onore di Cornelio Cesare Desinan,
a cura di Franco Finco e Federico Vicario, Udine, Società Filologica Friulana,
2010, pp. 275-281.
- Carlo Gaberschek, “Dal
Medio Evo ai giorni nostri”, in: Carlo Gaberscek, Maria Visintini, Moimacco: storia e ambiente [S.l. :
s.n.], Udine, Arti grafiche friulane, 1980, pp. 75-170.
- Pio Paschini, Storia del Friuli, vol. I, Udine, Libreria
editrice “Aquileia”,1953.
- Giulio Andrea Pirona,
Ercole Carletti, Giovanni Battista Corgnali,
Il nuovo Pirona: vocabolario friulano (1.a edizione: 1932), Udine, Società
filologica friulana, II ediz. II ristampa, 2011.
- Federico Vicario, “In
lu lù chu si clama. Presenze toponomastiche nelle carte friulane antiche”, in: Il mestri dai nons: saggi di toponomastica
in onore di Cornelio Cesare Desinan, a cura di Franco Finco e Federico
Vicario, op. cit., pp. 503-517.
- Maria Visintini, “Un
angolo di Friuli romano riscoperto nei manoscritti di Michele Della Torre”, in:
Carlo Gaberscek, Maria Visintini, Moimacco:
storia e ambiente, op. cit., pp. 7-72.
---
Note
– Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, docente di Sociologia del
ricordo alla Università della Terza Età (UTE) di Udine. Networking di
Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Barbara Cinausero Hofer,
Ermanno Dentesano, che si ringraziano per il contributo scientifico portato
alla fine dell’articolo. Rivolgo i miei autentici ringraziamenti al personale e
alla direzione delle seguenti biblioteche per la collaborazione riservata:
Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi”, Udine e Biblioteca del Seminario
arcivescovile “Mons. Pietro Bertolla”, Udine. Grazie alla dott.ssa Katia
Bertoni, della Biblioteca della Società Filologica Friulana, Udine.
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