Durante la Seconda guerra mondiale, come avvenuto in altri conflitti, accadde che all’interno di una stessa famiglia vi fossero delle nette divisioni ideologiche tra fratelli: chi era fascista e chi divenne partigiano. Successe così anche nella famiglia di Giovanni Secco, nato a Faedis nel 1871 e morto a Udine nel 1955. Il suo primogenito, di nome Luca Pio, classe 1908 era fervente fascista. Fu impegnato in combattimenti in Etiopia e in Somalia, finché nel febbraio 1942 fu preso prigioniero dagli inglesi e portato a Mombasa, in Kenia, ove rimase fin oltre la fine del secondo conflitto mondiale. Egli fu a Gondar, Lago Tana (Etiopia) Mogadiscio (Somalia), prigioniero degli inglesi a Mombasa (Kenya), Sella Culqualber (luogo di eroici combattimenti) e Amba Alagi, secondo notizie della famiglia.
Luca Pio Secco, in giacca chiara, a Dancaz (Etiopia) nel 1939.
Collezione Giorgio Secco, Udine
In una cartolina, spedita alla madre Italia Tomat di Faedis, tramite la Croce Rossa e in una lettera del 6 aprile 1943 alla sorella Lisetta (Collezione Giorgio Secco, Udine), chiese notizie del fratello Arrigo, che nel frattempo era divenuto partigiano osovano, nelle malghe di Porzus, sopra Attimis. Al termine della guerra i due fratelli abitarono nella stessa casa, nonostante le divergenze politiche, perché tra di loro c’era un legame familiare fortissimo. Luca Pio Secco morì nel 1971.
Cartolina di Luca Pio Secco, prigioniero degli inglesi
nel 1942 a Mombasa (Kenya). Collezione Giorgio Secco, Udine
Proprio Arrigo Secco, nato a Faedis nel 1916, nome di battaglia SECONDO, è uno di quelli che riuscì a salvarsi dall’eccidio di Porzus, messo in atto dai partigiani garibaldini il 7 febbraio 1945. A raccontare l’episodio, tramandato nelle vicende familiari è una sua discendente: Monica Secco, insegnante di matematica a Udine. “Zio Arrigo era sposato con la partigiana Vania – ha detto la professoressa Monica Secco – e scampò ai fatti di Porzus, poiché incaricato di recarsi in paese in missione, così mi hanno raccontato i famiglia”. Arrigo Secco morì a Udine nel 1968 e, per la sua attività nella Resistenza, fu insignito della medaglia di bronzo. Fin qui i ricordi familiari.
Arrigo Secco in bicicletta assieme al nipotino Giorgio, nato nel 1936,
a Feletto Umberto (Tavagnacco) nel 1939 Collezione Giorgio Secco, Udine
L’attività partigiana di Arrigo Secco, detto SECONDO, è documentata pure in un libro di Giampaolo Gallo sulla Resistenza in Friuli. Prima ancora che nascessero le Brigate Osoppo Friuli (BOF), egli combatté dalla metà di settembre 1943 nel battaglione “Rosselli”, composto da un numero variabile di uomini che andava da 40 a 70 elementi. Fu il primo distaccamento “Giustizia e Libertà”, sorto ad opera del Partito d’Azione al comando di Carlo Comessatti, nome di battaglia SPARTACO. Il vice-comandante era Alberto Cosattini, detto COSIMO, mentre il commissario politico era Fermo Solari, SOMMA.
Arrigo Secco negli anni 1960 a Udine. Collezione Giorgio Secco, Udine
Nella stessa famiglia c’era poi il nonno Eustachio Talotti, nato a Campoformido il 19 ottobre 1900, convinto comunista, che verso il 1925 dovette emigrare con la moglie Luigia Zugolo e la figlia Wilma in Francia, dato che Luigi Zugolo, suo cognato nonché fratello della moglie, lo avvisò dell’imminente arresto per le sue idee politiche. I figli nacquero in Francia, come Talotti Leony Maria a Périgueux 21 luglio 1926, oppure come Talotti Robert Alfred, nato a Guéret il 14 gennaio 1928 e Talotti Odile, nata a Nouziers il 15 gennaio 1932. Negli anni Venti diversi friulani andarono il esilio in Francia, per sfuggire alla repressione politica fascista.
C’è da dire che molti adolescenti furono attratti dall’attività partigiana. Tali simpatie crebbero all’interno dei ricreatori, come fu per E.V., residente a Ciconicco, che realizzò una artigianale agenda tascabile col disegno delle “BOF” (Collezione privata, Udine).
Agenda tascabile autoprodotta da un simpatizzante tredicenne
delle Brigate Osoppo Friuli, la cui famiglia abitò in Via delle Fornaci.
Collezione privata, Udine
In una ricerca per l’esame di stato Cristian N., diplomatosi Tecnico dei servizi turistici nel 2008 all’Istituto Stringher di Udine, ha raccontato la vicenda di un suo zio materno, imparentato pure con un allievo dell’Istituto Malignani. Silvio Noacco, detto CEPOT, di Taipana fu partigiano prima coi garibaldini e poi passò con gli osovani delle BOF. Durante un rastrellamento tedesco in paese fu ferito in più parti del corpo e, quindi, fu ricoverato in ospedale. Siccome fu catturato vicino ad un covone di fieno dov’erano state nascoste armi per tre combattenti, rischiò la fucilazione. Aveva 21 anni. Per sua fortuna, mentre era a letto con le ferite ancora aperte, venne il giorno della Liberazione, così si salvò. Come ha confermato Federico Vincenti, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), Silvio Noacco, nome di battaglia BOSCO, di Taipana è riconosciuto partigiano dal 14 agosto 1944 al 24 giugno 1945. Appartenne al Battaglione guastatori della Osoppo, il cui comando era situato a Salandri, frazione di Attimis. La sua storia è contenuta pure in un libro di memorie paesane di Sandrino Coos. Federico Vincenti, secondo ricerche d’archivio degli anni 2008-2009, ha riferito che un capo partigiano, il comandante ISONZO, di Ragogna, si prese il suo gruppo di partigiani e se li portò in Val d’Arzino, lasciando una “relazione negativa sui comportamenti del comandante BOLLA alle malghe di Porzus”. Così pure ISONZO e i suoi ragazzi scamparono all’eccidio di Porzus.
1. Wolf, ragazzo partigiano delle BOF
A questo punto racconto la storia, in prima persona, di Antonio Friz, studente di Udine Sud. Il paragrafo presente è stato già pubblicato, in una prima versione, nel Numero Unico «Festa Insieme Baldasseria» del 2010.
Abitavo in Via delle Fornaci a Udine. Me la ricordo, la signora Maria Friz, da quando ero bambino, verso il 1958-1959. Assieme a mia madre si andava verso il centro della città, per qualche spesa, lasciandoci alle spalle i platani del Viale Palmanova.
Antonio Friz WOLF, a sinistra, e Bepi Tomat BOCJATE. Archivio Osoppo della Resistenza in Friuli (AORF), giovani partigiani
osovani (Cartella Z – Fototeca, foto n. 71)
Camminando lungo il cavalcavia, che da Viale Palmanova conduce in Porta Aquileia, si giunge al piazzale antistante, intitolato a Gabriele d’Annunzio. Sui marciapiedi del cavalcavia, fiancheggiati da alberi bagolari, ci capitava spesso di incontrare la signora Friz, che scendeva per andare a fare la spesa nel negozio di coloniali di Kratcki e al panificio De Luisa, in Viale Palmanova. La bottega di cereali e farine di Antonio Kratcki, dove oggi c’è il bar Manhattan, era attiva anche nel 1910; vendeva all’ingrosso vino e oli. La Friz abitava nelle case dei Ferrovieri. Quelle che si vedono dal cavalcavia, precisamente al civico numero 15 di Via Pradamano, in parrocchia di San Pio X, dunque.
“È la mamma di Tonino, un povero giovane ammazzato dai tedescacci” – mi diceva mia madre, dopo aver salutato la signora. Per mia madre l’unico “col viso de bon”, oltre a Tonino Friz, era don Adelindo Fachin, parroco fresco di nomina nella neonata parrocchia di San Pio X. Con la signora Friz erano sempre le stesse identiche parole. Lei faceva sempre le stesse identiche meste espressioni del volto non solo con me, con mia madre, ma anche con le altre signore del quartiere. Era come un rito collettivo.
La signora Friz si prendeva tutti i complimenti possibili ed immaginabili per quel povero ragazzo che le avevano ucciso in quella maniera e a quell’età. Qualche volta la signora Friz piangeva. Le altre donne, compresa mia madre, la consolavano con parole di circostanza e con carezze sulle spalle, raramente con qualche abbraccio. Poi, crescendo, ho scoperto che scene di questo genere vengono anche riprodotte a teatro. La morte, la vita e l’elaborazione del lutto sono fatti umani, così fondamentali da rappresentare artisticamente.
Da bambino, ho visto le donne oranti e piangenti in qualche funerale di paese, anche qui in Friuli. Quando mi stupii perché esse venivano pagate, mi dissero che era giusto compensarle, dato che avevano pianto “proprio bene”.
Chi fosse interessato alle vicende di Antonio Friz, può leggere l’articolo di: DON LINO (Aldo Moretti), “Il diciottenne Tonino Friz sacrificatosi «per una nobile causa»”, pubblicato sul numero unico Baldasseria ’84.
Lapide posta in Via Verdi n. 30, dove aveva sede il carcere del Tribunale di Udine
e dove il partigiano osovano Antonio Friz WOLF fu fucilato il 10 dicembre 1944,
assieme ad altri tre patrioti. (Foto E. Varutti)
2. I bombardamenti aerei americani, 1944-1945
Andiamo un po’ indietro nel tempo. Seguirò i racconti dei vicini di casa e della gente della zona tra Via delle Fornaci e il Viale Palmanova, come il signor Giovanni Comuzzi (Montemurlo, Prato 1918-Udine 2011) oppure la signora Iole Croatto vedova Falzone (Attimis 1917-Udine 2013), autentiche biblioteche parlanti! Per non parlare di Adelia Mariuz vedova Larice, nata a Cordenons nel 1914, catechista per decenni nella parrocchia di San Pio X a Udine, abitando in Via delle Fornaci. Queste persone raccontavano i fatti vissuti e ti facevano venire i brividi, per il modo con cui riuscivano a rappresentare la bellezza della vita.
Nei primi anni della Seconda guerra mondiale la vita nel quartiere meridionale di Udine fu abbastanza tranquilla. A turbarla, facendola piombare nel terrore e nella disperazione, furono i bombardamenti angloamericani del 1944 e 1945, mirati alla distruzione degli impianti ferroviari, ma spesso fuori bersaglio e causa di morte tra la popolazione inerme. C’era un terno blindato dei nazisti da mettere fuori gioco, perché bombardava gli stavoli delle colline dove si rifugiavano i partigiani.
Anche il Collegio della Gioventù Italiana Littorio (GIL) di Via Pradamano venne bombardato, poiché era diventato una caserma nazista. Dal 1947 al 1960 fu Centro di Smistamento Profughi per i rifugiati dall’Istria, Fiume e Dalmazia.
La nostra zona apparteneva alla parrocchia del Carmine, infatti, la parrocchia di San Pio X sorse nel 1958. Ho consultato il Libro Storico della Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, scoprendo che il parroco del tempo annotò accuratamente gli eventi luttuosi dell’epoca. La prima incursione aerea, il 3 agosto 1944, rase al suolo sei case del Borgo Aquileia. Il 28 dicembre dello stesso anno, alle 12 e 30, gli aerei americani portarono morte e distruzione in Via del Vascello, Via della Cernaia, Via Medici, Via Roma e nel Viale della Stazione con 18 vittime della parrocchia del Carmine. Il giorno successivo un nuovo bombardamento provocò soprattutto danni materiali.
Il 20 gennaio 1945 fu colpito lo scalo ferroviario di Via Buttrio e il 20 febbraio fu attaccata la Caserma Valvason, a fianco del Carmine, causando sette vittime civili. Gli aerei alleati sganciarono bombe su Via Aquileia anche il 21 e il 23 febbraio successivi. Il 24 dello stesso mese fu lesionata la Chiesa di Baldasseria e alcune case vicine, provocando il panico in una zona considerata sicura e nella quale si era rifugiato anche il cappellano del Carmine, don Felice Spagnolo, facente funzioni di parroco al posto del titolare che si era messo al riparo fuori Udine, presso la casa di famiglia.
Tra le altre, don Spagnolo fu un grande amico di mio padre, Giacomo Varutti. Forse perché organizzarono nel chiuso della canonica della parrocchia del Carmine, sin dal 1943, le prime riunioni della Resistenza, con gli opuscoli della Osoppo, come ha lasciato scritto mio padre. Ad esempio nel 1943 Emilio Lussu pubblicò “La ricostruzione dello Stato”, ristampato più volte dal Partito d’Azione a Udine. C’era poi una pubblicazione di un radiomessaggio del Papa del 1° settembre 1944, stampata dalle Arti Grafiche Friulane, col titolo “S.S. Pio XII nel 5° anniversario della guerra traccia alti orientamenti per la rinascita della vita civile”.
Non fu irrilevante l’approvvigionamento e il materiale di meccanica fornito, nel 1944-1945, alle Brigate Osoppo Friuli da simpatizzanti attivi nelle parrocchie della Beata Vergine del Carmine, del Tempio Ossario e del Santissimo Redentore a Udine. Dal 1931 era parroco del Redentore Monsignore Luigi Pilosio. Fu egli una figura di prete collegata alla profuganza e alla solidarietà. Durante la Prima guerra mondiale, infatti, fu nominato cappellano dei profughi che avevano abbandonato il Friuli, invaso dalle truppe austro-tedesche, ed erano stati sparpagliati in varie regioni italiane. Dal 1943 Monsignore Pilosio si occupò di tenere delle riunioni segrete e veramente “sotto chiave” nello scrittorio della sua canonica, dove venivano respirati i primi aneliti di democrazia tra i simpatizzanti delle Brigate Osoppo Friuli, chiamatesi così in onore dei moti risorgimentali del 1848 alla fortezza di Osoppo, nella collina friulana. Molti giovani simpatizzarono per quel movimento che lottò contro l’invasore nazista, anche a Udine Sud, “ancje fûr di Puarte Aquilee”.
3. I caduti di Udine Sud nella Seconda guerra mondiale
Al termine del conflitto, il bilancio dei caduti residenti nel territorio dell’attuale parrocchia di San Pio X fu molto pesante: 48 morti su circa 800 abitanti. Tra di loro c’era un giovane partigiano di 18 anni, Tonino Friz, chiamato WOLF. È il figlio di quella signora, amica di mia madre, che io conobbi da bambino come “La mamma di Tonino, che el xe sta copà dai tedescacci”.
Il 10 dicembre 1944 egli fu fucilato, assieme ad altri tre partigiani nel cortile del Palazzo di giustizia, in Via Treppo, più precisamente “in Vie de Roe”, ossia al civico n. 30 di Via Verdi, dove scorre la roggia. Sul muro del tribunale fu posta una lapide, che ricorda i quattro partigiani lì fucilati. Come già detto Antonio Friz, nome di battaglia WOLF, aveva 18 anni, essendo nato a Pontebba il 6 febbraio 1926, da Roberto Friz e Maria Rizzi. Aveva sei fratelli: Costantino, Enrico, Anna, Giuseppe, Beniamino e Rita. Era uno studente, aveva frequentato la seconda liceo scientifico al “Marinelli” e subito dopo l’8 settembre del 1943 partecipò al cosiddetto Battaglione studenti, che stampava un suo giornale clandestino «La libertà», diffuso nelle scuole. Poi nell’estate Tonino era salito in montagna a fare il partigiano col fazzoletto verde. Nel 1944 la sua famiglia risiedeva al numero 16 di Via Medici, lungo Viale Palmanova.
La sera del 9 dicembre 1944 lui e altri suoi compagni erano scesi in città per compiere un’azione militare molto complessa, d’intesa anche con gli angloamericani che avrebbero bombardato la periferia per creare confusione tra i tedeschi e i fascisti. L’obiettivo dei partigiani guastatori era la stazione. Si trattava di far saltare il deposito delle locomotive e la piattaforma girevole, indispensabile per le manovre dei treni, poiché era stato segnalato il treno blindato con cui i nazisti colpivano gli stavoli dei partigiani sulle colline a cannonate. Contemporaneamente i partigiani volevano liberare i prigionieri politici nel carcere di via Spalato. Purtroppo qualcuno aveva fatto la spia e i tedeschi stavano attendendo i guastatori partigiani, come fa il gatto col topo. WOLF fu catturato, condotto in tribunale e condannato a morte insieme agli altri tre che si trovavano lì da prima e che quindi non avevano partecipato a quell’azione. Il giorno dopo furono tutti fucilati.
L’ultima lettera di Antonio Friz alla famiglia dice così: “Carissimi genitori e fratelli, quando riceverete questa io sarò morto. Non piangete, ma siate forti e pregate. Perdonate tutti i dispiaceri che vi ho recato ma ricordatevi di vostro figlio che sempre vi ha amato. Ricevete tutti l’ultimo forte abbraccio. Vostro per sempre. Toni”.
L’elenco completo delle 49 vittime di Udine Sud cadute nella Seconda guerra mondiale, con qualche cenno biografico, ce l’ha proposto Monsignor Aldo Moretti nel 1985, proprio sul Numero Unico stampato per la sagra di Baldasseria. Vedi: Aldo Moretti, “I caduti dell’oltre – cavalcavia e di Baldasseria nella guerra 1940 – 1945”, in Baldasseria ’85. Qui se ne riporta solo il nominativo: Baldan Sergio, Battistutti Beniamino, Barazzutti Umberto, Bellina Adolfo, Boldarino Severino, Boratto Remo, Bortolossi Elda, Brezil Giuseppe, Buziol Umberto, Calligaris Giacinto, Candotti Giovanni, Chiarparini Bruno, Cignolini Maria, Clocchiatti Marino, Comuzzi Antonio, Crapiz Luigi, Danieli Valeria, De Marchi Lino, Disnan Dino, Durli Giovanni, Francescato Ettore, Franzolini Adelchi, Franzolini Virgilio, Friz Antonio, Gargiulo Antonio, Garofalo Umberto, Germi Gerolamo, Giuffrida Giovanni, Gremese Bruno, Gremese Giuseppe, Maestrutti Bruno, Marquardi Luigi, Merlino Alberto, Michelutti Lino, Moretti Ezio, Muratori Renato, Paladin Giovanni, Paoloni Olimpio, Patussi Sante, Pavan Anna, Plaino Giobatta, Polonio Giuseppe, Provvisionato Giuseppe, Roiatti Gino, Savorgnani Ermes, Taddeo Bernardo, Tavano Giovanni, Tavano Marco e Zorzetti Bruno.
C’è un altro fatto riguardo a Tonino Friz, di cui sono venuto a conoscenza il 24 marzo 2010, da parte del professor Michele Piva, già insegnante della scuola media di avviamento “P. Valussi” di Via Crispi a Udine. Nel 1959 nacque in città, nell’ambito della scuola “Valussi”, un nuovo Istituto Professionale di Stato per il Commercio, che fu intitolato a Stringher. Dovendo attribuire il nome alla nuova scuola il preside, Adelchi Nuciforo, chiese ai vari professori di suggerirgli qualche nome valido. Oltre a quello di Bonaldo Stringher, primo governatore della Banca d’Italia, gli fu fatto pure il nome di Antonio Friz, giovane partigiano udinese, nome di battaglia WOLF. Un’ultima coincidenza da notare è che proprio nel sito Internet dello Stringher si trovano notizie sul partigiano Friz.
Via delle Fornaci nel 1950. (Archivio IACP, Udine)
Ringraziamenti
Oltre le persone intervistate, i prestatori delle immagini, e le famiglie della parrocchia di San Pio X che mi hanno messo a disposizione dei documenti ringrazio, per la collaborazione alla ricerca il parroco della parrocchia della Beata Vergine del Carmine, gli operatori dello sportello Certificati storici dell’anagrafe del Comune di Udine, gli operatori dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine e anche don Sandro Piussi, direttore della Biblioteca del Seminario di Udine, dove ho consultato l’Archivio Osoppo della Resistenza in Friuli (AORF), curato da Monsignore Aldo Moretti, da cui proviene la fotografia dei giovani partigiani osovani qui pubblicata (Cartella Z – Fototeca, foto n. 71).
Bibliografia
Archivi, Biblioteche e Istituti storici
Archivio dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), Udine.
Archivio Istituto Autonomo Case Popolari, Udine.
Archivio Osoppo della Resistenza in Friuli (AORF), presso Biblioteca del Seminario, Udine.
Archivio della Parrocchia di San Pio X, Udine.
Biblioteca Civica di Udine.
Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione (IFSML), Udine.
Libro Storico, Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, Udine.
Collezioni private
Collezione Giorgio Secco, Udine
Collezione privata, Udine
Fonti edite
Sandrino Coos, Un’osteria, un borgo, un paese: ricordi di una microstoria locale, Grafiche Toffoletti, Tarcento (UD), 2005.
Giampaolo Gallo, La Resistenza in Friuli 1943-1945, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine, 1988.
E. Varutti, Wolf, ragazzo partigiano : la storia di Antonio Friz, studente di Udine Sud, «Festa Insieme Baldasseria», pp 15-17, 2010.
Fonti iconografiche
Le fotografie sono di Elio Varutti, ove non altrimenti indicato.
Fonti orali
Le interviste (int.) sono state condotte da Elio Varutti a Udine, con taccuino ed e-mail.
Federico Vincenti (Udine 1922-2013), int. del giorno 8 luglio 2009.
Monica Secco (Udine, 1963), int. del 31 maggio 2009 e 19 novembre 2014.
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In una sua lettera del 6 aprile 1943, da prigioniero degli inglesi, Luca Pio Secco
chiede notizie alla sorella Lisetta di suo fratello Arrigo, che era partigiano osovano.
Collezione Giorgio Secco, Udine
Collezione Giorgio Secco, Udine
Istituto Statale d’Istruzione Superiore “B. Stringher” Udine. Laboratorio di Storia, Progetto «Il Secolo breve in Friuli Venezia Giulia», sostenuto dalla Fondazione CRUP. Ha collaborato alla elaborazione di questo prodotto la classe 5 ^ D ristorazione. Anno scolastico 2013-2014. Coordinamento didattico: professoressa Carla Maffeo (Italiano e Storia). Dirigente scolastico: Anna Maria Zilli. Networking: prof. Elio Varutti, Discipline Economiche Aziendali; dicembre 2014.
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