Esistono degli episodi della microstoria che vengono a galla solo da alcune carte d’archivio o da particolari testimonianze orali. Se ne propongono qui due, avvenuti nel 1944: uno è riferito alle località di Udine, Trieste e a Forgaria, mentre il secondo si è svolto a Tramonti di Sotto.
Nelle famiglie Garlatti, di Forgaria, certi giovani si salvarono dai rastrellamenti nazisti, con qualche mossa di resistenza passiva all’invasore, mentre altri morirono nei lager. Certo, la vita in paese scorreva tra varie difficoltà, dato che, ad esempio, la popolazione doveva affrontare pure un’epidemia di tifo, come si sa dalla corrispondenza intrattenuta dal prefetto, in tedesco, con l’autorità centrale (1).
Nel 1944, come ha ricordato Mario Garlatti (2) “mio padre finì prigioniero a Udine in un comando delle Waffen SS”. È l’arma delle Schutz-Staffeln, ovvero Reparto di difesa, particolare milizia nazista. Detto ufficio si trovava precisamente nel palazzo di Via Crispi, al civico numero 4, in un complesso scolastico. Era un vero e proprio luogo di concentramento di prigionieri e rastrellati dai nazisti
Eugenio Garlatti, diciottenne di Forgaria, scampato al lager nazista
con un atto di resistenza passiva (Collezione Mario Garlatti, Udine).
Nel dopoguerra vi ebbe sede la scuola di avviamento “P. Valussi” e nel 1959 sorse l’Istituto di Stato per i Servizi Commerciali “B. Stringher”, col preside Adelchi Nuciforo. Ecco il racconto: “Ricordo che mio padre Eugenio Garlatti, nato a Forgaria nel 1926, fu preso prigioniero dai nazisti; era un ragazzo e lo portarono a Trieste in un ufficio vicino a Via Ghega; assieme ad altri prigionieri doveva fare dei lavori a Barcola”. I lavori forzati con la Todt erano svolti per il ripristino delle infrastrutture bombardate e per la fortificazione dei presidi militari. L’Organizzazione Todt prese nome dall’ingegnere tedesco Friedrich Todt, che ne fu il primo artefice.
“Durante un bombardamento alleato a Barcola – prosegue la testimonianza – scapparono tutti. Mio padre fu ripreso dai nazisti e lo portarono a Udine nel palazzo dove oggi c’è lo Stringher, in Via Crispi, lì c’era un comando delle Waffen SS e, mentre lui si trovava da solo in un ufficio pieno di schedari, non essendo osservato, provò a cercare la sua scheda personale e, trovatala, la strappò, portandosela via, così non fu più ricercato, né imprigionato. Ricordo, invece, che suo cugino Carlo Garlatti Costa fu catturato a Forgaria, mentre i familiari gli dicevano di non uscire di casa e di non farsi notare. Anni più tardi i miei parenti ricevettero una comunicazione riferita alla sua morte avvenuta ad Auschwitz. Ricordo, infine, la vicenda di una ragazza di Forgaria, innamoratasi di un ufficiale cosacco, alleato dei nazisti, che se la portò via con sé. In paese, per decenni, aspettarono notizie di lei, che sparì per sempre”. Forgaria fu un presidio cosacco di un certo rilievo nella repressione antipartigiana (3) e, allo stesso tempo, obiettivo di attacchi sferrati dalla resistenza attiva della Brigata “Garibaldi”.
Sofia Bosari (nata a Kiev nel 1918) qui fotografata il 5 aprile 2013
Sofia, detta Sonia, e Laura Bosari, nel 1945 (Collezione Fabbro Mancini, Udine)
Alcuni autori, come Enzo Cecconelli, menzionano l'uso militare di edifici scolastici a Udine da parte dei nazifascisti, come sito di concentramento dei rastrellati da inviare ai campi di sterminio in Germania. "Nel settembre 1944 - scrive Cecconelli -, durante l'occupazione tedesca, l'Istituto tecnico 'A. Zanon' venne adibito a campo di concentramento dei rastrellati nelle operazioni antipartigiane". Furono concentrati in tali ambienti situati tra piazza Garibaldi e Largo Ospedale Vecchio, pure gli sfollati di Attimis, Faedis e Nimis, paesi friulani bruciati dai nazisti e dai cosacchi, per rappresaglia antipartigiana. L'Istituto Zanon cambiò sede nel 1955, quando fu trasferito in piazzale Cavedalis. Nell'edificio di piazza Garibaldi fu poi sistemata la scuola media "A. Manzoni". L'insieme di edifici scolastici, dagli anni '60 fino al 2010 è definito "complesso scolastico Manzoni - Stringher", con aule fino in via Crispi. Negli edifici di via Crispi e Largo Ospedale Vecchio furono concentrati i rastrellati di Forgaria e di altri paesi della zona collinare, come riferito da Sofia Bosari e Iole Croatto.
Iole Croatto (Attimis 1917-Udine 2013), fonte inesauribile
di testimonianze sull'ultima guerra e sulla ricostruzione in Friuli
Il più grande rastrellamento antipartigiano effettuato dai nazisti, coadiuvati dai fascisti e dai caucasici, iniziò il 15 ottobre 1944, come scrisse nel suo diario la maestra di Forni di Sotto, Ines Polo Grillenzoni (4). Atti di resistenza passiva devono essere stati messi in atto, proprio in quei giorni, anche dai ragazzi di Forni di Sotto, costretti dai Cosacchi a portare le munizioni fino ad Ampezzo.
Come riporta (5) il Diario della Pieve “I più grandicelli saranno condotti a Tramonti… e adibiti a lavori militari”. Il parroco (6) fornese si sofferma sulle svariate ruberie perpetrate da quelli che descrive, con amara ironia, come: “Regalo sorpresa di Hitler! Una delle sue armi segrete! I Cosacchi!”.
Carriaggi di Cosacchi a Villa Santina nel 1944 (Archivio IFSML, Udine)
Nel caos della guerra, si assisteva al rimpatrio di varie persone dall’estero, c’erano i profughi della Venezia Giulia e gli sfollati delle città, che sfuggivano ai bombardamenti alleati. C’era l’assistenza per loro? E come funzionava? Era solo sulla carta e senza alcun esito, dato che il signor Zattiboni (7), commissario prefettizio del Comune di Tramonti di Sopra, il 2 marzo 1945, comunicò alla Prefettura di Udine che “sono stati collocati al lavoro durante il mese di febbraio 1945 NEGATIVO”. Nessun profugo o sfollato fu aiutato, dunque, da quel commissario prefettizio. La comunicazione, secondo il prefetto De Beden, è di così poco conto che, data la scarsità di carta, il foglio venne riciclato, sul retro, quale minuta di messaggi.
Nel 1944 proseguivano i rastrellamenti nazisti, coadiuvati da Cosacchi e Camice Nere. Il fatto di resistenza attiva, descritto ora, si riferisce ad uno scontro armato, culminato con la fucilazione per rappresaglia di dieci partigiani a Tramonti di Sotto, il 13 dicembre 1944, da parte di militi della X MAS, alleati dei nazisti (8).
Erano i momenti nei quali, col beneplacito della Intelligence inglese, certe formazioni di partigiani, come quelli delle Brigate Osoppo Friuli, cercavano un contatto coi militi fascisti, in funzione anticomunista, per preservare il territorio nazionale dalle mire espansioniste titine. Le autorità tedesche d’occupazione erano a conoscenza della diversità politica tra le formazioni partigiane. Oltre ai servizi segreti, funzionava l’attività di censura postale, che inviava le informazioni raccolte tradotte al Präfekt De Beden. Egli, il 2 settembre 1944, ricevette il testo del “Blatt der Patrioten der Brigade Osoppo Friuli”. Il Foglio notizie dei partigiani osovani era stato inviato da Tricesimo al signor Marino Nenini, parrucchiere di Buttrio (9).
Cosacchi ed esuli giuliano dalmati in Friuli
In altre località del Friuli i profughi giuliano
dalmati e gli sfollati ci sono eccome. Secondo Mirella Del Negro, di
Martignacco, esistono “alcune decine di schede di profughi giuliano dalmati
nell’Archivio storico del Comune di Martignacco”. Si tratta di esuli e sfollati
da Pola e da Fiume, che nel 1944 sono sottoposte a intensi bombardamenti degli
alleati. I profughi, su ordinanza del podestà, vanno accolti nelle case dei
compaesani che, nei primi momenti, sono poco favorevoli ad ospitare gli
sfollati giuliano dalmati.
Dalla memorialistica in lingua friulana si sa che:
“Alore [a Fontanebuine, tal 1944] o vin scomençât a viodi tantis feminis
zovinis e mancul zovinis... A jerin lis sfoladis di Pola che a vivevin tes
barachis a Felet” (Allora [a Fontanabona di Pagnacco, nel 1944] abbiamo
iniziato a vedere tante donne giovani e meno giovani… Erano le sfollate di Pola
che vivevano nelle baracche a Feletto Umberto). È la testimonianza di Danila
Braidotti, Nila, riportata in “Fontanebuine”, edito nel 2016.
È nella Baraccopoli di San Rocco, a Udine, che furono
portati i primi esuli dall’Istria. Lo ha scritto Maria Maracich, a p. 19, di un
suo memoriale del 2013, intitolato “Il Viaggio di Meri”. Le baracche erano
situate dietro la chiesa di San Rocco, tra via San Rocco e via Vincenzo Joppi.
Costruita dopo la Grande guerra in seguito al 1917, quando ci fu l’esplosione
della polveriera di Sant’Osvaldo, la baraccopoli di 29 grandi capanni, ospitava
all’inizio gli sfollati e i senzatetto a causa dello scoppio e, poi, le
famiglie poco abbienti. Nel 1944 ospitò i primi profughi istriani dell’esodo
giuliano dalmata. Fu abbattuta durante gli anni 1960-1965, mano a mano che
venivano edificate le case popolari.
Dal libro di Giorgio Stella “Ti racconto San Rocco” si
sa che alla fine degli anni ’50 la famiglia istriana Clauti, composta dai
genitori e i quattro figli, aprì con successo in via San Rocco il bar
‘Allegria’ a Udine. La laboriosa famiglia Clauti in seguito rinnovò il locale,
aprendo nelle vicinanze la merceria ‘Da Nucci’, con una delle figlie. Nello
stesso quartiere abitava Livio Marsich, detto il fiuman, originario dell’Isola
di Veglia. Varie donne istriane, ospiti del Centro smistamento profughi di via
Pradamano, suonavano alle porte delle case di borgo San Rocco tentando di
vendere biancheria ricamata del corredo da sposa in cambio di poche lire, ma la
miseria era troppo diffusa in tutto il Friuli.
Il professor Stefano Perini in un incontro pubblico a
Fauglis di Gonars, il 24 febbraio 2017, ha comunicato “alcuni dati sul Comune
di Aiello del Friuli riguardo ai profughi italiani d’Istria, di Fiume e della
Dalmazia; nel 1945, c’erano 110 profughi italiani di Zara e molti altri
dell’Istria più tardi, nel 1946”.
Ecco una testimonianza sullo sfollamento da Milano,
dato che molti spostamenti imposti dal regime erano dai centri urbani alle
periferie. “Nel 1943 a causa dei bombardamenti eravamo sfollati a Udine in Via
Castellana a casa della nonna Ines – ha raccontato Carmen Burelli – poi mia
sorella soffriva per gli scoppi anche a Udine, così la mia famiglia è sfollata
a Ciconicco, nella casa di una vedova che ci affittava la camera e l’uso
cucina”. Come vi siete trovati? “Quelli del paese non ci volevano – è la
risposta – a scuola non potevamo portare il legno per la stufa, come faceva
ogni bambino, ma loro erano figli di contadini e avevano la legna, noi no, così
i compagni di classe ci prendevano in giro”.
Avete visto i Tedeschi, i partigiani e i Cosacchi?
“Sì, tutti – ha aggiunto la signora Burelli – poi i miei zii sono andati a
Milano per trovare i nostri mobili caricati su un carro ferroviario che non
arrivava mai, finalmente è arrivato a Udine, allora lo zio Angelo col carro e
il cavallo ci porta un trumò e la nonna aveva messo delle patate nel cassetto,
ma ad un posto di blocco i Tedeschi fermano il carro e imprigionano lo zio per
deportarlo in Germania, ma i ferrovieri spiavano ai prigionieri come passare da
un buco e scappare. Lo zio Angelo è fuggito dal treno e la mitragliatrice
tedesca gli sparava dietro. Noi sfollati dormivamo su certe brande militari con
le lenzuola col timbro dei militari”.
Ricorda qualcosa d’altro? “Nel 1946 eravamo di nuovo
in cerca di una casa – ha concluso la testimone – ci viene assegnato un
appartamento in un cortile in Via Mantica. Eravamo felici, la mamma è andata a
pulirlo, prima che ce lo assegnassero, ma nella notte un gruppo di altri
senzatetto si è approfittato e lo ha occupato. Verso il 1950 ci viene assegnato
un appartamento nelle Case Fanfani, ma pure lì si infila una famiglia
approfittona di sinistrati. Allora l’ente preposto ci diede una bicamere,
eravamo una famiglia di sei persone, con un’altra in arrivo”.
Carriaggi cosacchi (fotografia della copertina del bel libro di Patrizia Deotto,
Stanitsa Tèrskaja L'illusione cosacca di una terra (Verzegnis, ottobre 1944 - maggio 1945),
Gaspari editore, Udine 2005 e poi anche in altri siti web)
Gaspari editore, Udine 2005 e poi anche in altri siti web)
Come richiede ogni sporca guerra civile talvolta c’erano dei morti passati per le armi senza un regolare processo. Nel dicembre 1944 i tedeschi, con reparti della X MAS e Cosacchi, effettuarono un rastrellamento nel settore tra l’Arzino e il Meduna. “Le formazioni partigiane della Osoppo e della Garibaldi ivi appostate – aggiunge il documento dell’IFSML –, sotto la forte pressione, ripiegarono disperdendosi in posizioni di fortuna sulle alture”.
A questo punto è opportuno spiegare che il documento in questione altro non è che un verbale di interrogatorio, del 6 agosto 1952, con cui il giudice istruttore del Tribunale di Pordenone interrogò il partigiano osovano Luigi Olivieri Ginepro, residente a Cividale, sui fatti di resistenza a Tramonti (10). Qui i rifornimenti alimentari venivano portati, con la gerla, dalle ragazze di Tramonti fino alle case di Palcoda; anche queste sono forme di resistenza passiva.
“Il mattino del 12 dicembre [1944] – prosegue il testo di Ginepro – un reparto della predetta unità nemica [la X MAS], mosse da Tramonti di Sotto sulla località Palcoda ove erano rifugiati alcuni partigiani. Seguì un impari scontro: pochi poterono scampare alla cattura; il comandante Battisti (medaglia d’oro) alla cattura preferì la morte. E si uccise. Un discreto numero di partigiani catturati venne condotto a Tramonti di Sotto. Il mattino del 13 dicembre nei pressi del Cimitero di Tramonti di Sotto, un plotone del predetto Battaglione Valanga [della X MAS, comandato dal capitano Manlio Maria Morelli] eseguì la fucilazione di dieci partigiani presi a caso tra i catturati e senza processo”. In paese resta una lapide (con alcune imprecisioni nei nomi) per ricordare quel tragico evento, ma è una lastra di cui molti si sono dimenticati. [Sul comandante Battisti si rinvia a un brano più oltre].
La lapide dei 10 partigiani fucilati a Tramonti di Sotto si trova a sinistra entrando in paese. Contiene alcuni errori nei nomi, nella data dell’evento (che è 13 dicembre 1944). Ricorda, nell’ultima riga, il comandante partigiano “Battisti” della Divisione Sud Arzino e la sua compagna Paola De Cillia, che non risultano tra i fucilati di quel giorno (Foto di Maurizio Corrado, Udine)
Nell’interrogatorio l’osovano Luigi Olivieri precisa che: “Da notizie raccolte dopo il fatto risulta che l’esecuzione fu decisa da ufficiali della predetta unità senza processo. Dettagli sulla esecuzione potranno essere richiesti all’allora cappellano di Tramonti di Sotto”.
Secondo Alfio Anziutti Timilin, di Forni di Sopra, come scrive nel suo romanzo storico La guerra di Rosa “il muro del cimitero è crivellato di proiettili, la "X Mas" passa per le armi dieci giovani partigiani, uccisi con un macabro rituale uno a uno ogni cinque minuti” (11).
“Il Battaglione Valanga - prosegue il racconto di Luigi Olivieri - era comandato dal Capitano Morelli. Degli altri ufficiali ho annotato il capitano Barbesino (veramente nei miei appunti leggo: Capitano Baresini, responsabile dei fucilati di Tramonti di Sotto = Piemontese); il ten. Bertozzi e il S.ten. medico Truci Giulio di Criside, nato a Firenze il 30.12.1914, laureato all’Università di Firenze il 12.7.1939 che ha presenziato alla esecuzione dei dieci partigiani”.
Nella conclusione, Olivieri, cita altre fonti: “Ritengo che su questo doloroso fatto possa fornire utili informazioni anche il ten. paracadutista Cino Boccazzi, medico a Treviso, che fu catturato in quel rastrellamento ed ebbe colloqui col Morelli e l’ex Comandante della Osoppo Candido Grassi Verdi”. Colpisce la frase “… ebbe colloqui col Morelli…”. Il prigioniero di un nemico subisce interrogatori, forse torture. I colloqui, invece, sono tipici proprio di chi ha contatti col nemico.
Forgaria in un’immagine ai tempi del terremoto del 1976
I Dieci partigiani fucilati dai fascisti a Tramonti di Sotto il 13 dicembre 1944
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Nome cognome Luogo, data di nascita Residenza, note Divis. partigiana, nome di battaglia
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Carlo Sclavi Buenos Aires 19.11.1917 Casteggio di Pavia Garibaldi “Cicco” [o Chico]
Adalgerio Ceccone Colloredo di Montalb.(Ud)16.11.1923 Fagagna (Ud) Garibaldi “Moschetti”
Gino Minin Tramonti di Sotto, 24.9.1925 Tramonti di Sotto Garibaldi “Carnera”
Salvatore Villani S. Teresa di Gallura (Ca) 6.12.1914 Brigad. dei CC.RR. [Carabinieri Reali]
Osoppo “Cossu”, medaglia d’argento al valore militare alla memoria
Gino De Filippo Claut 20.12.1926 Claut (Ud) Garibaldi “Nerone”
Ottavio Cominotto Pinzano (Ud) 29.6.1920 Valeriano (Ud) Garibaldi “Romeo”
Cosimo Moccia Manduria (Ta) 1.1.1922 Carabiniere. Osoppo “Aldo”
medaglia d’argento alla memoria
Osvaldo Rigo Chiusaforte 13.7.1926 Pontebba Garibaldi “Davide”
Vittorio Flamini Assisi 21.1.1919 Assisi Garibaldi “Fracassa”
Ulderico Rondini Vienna 6.7.1924 Roma Osoppo “Romano”
medaglia d’argento alla memoria
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Fonte: Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia, Udine
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Battisti, è il nome di battaglia di Giannino Bosi, partigiano garibaldino, prima comandante della Brigata «Tagliamento» e, dal 7 ottobre 1944, comandante del Comando di Coordinamento del Gruppo Brigate «Sud», ossia garibaldini e osovani riuniti assieme.
Il 6 dicembre 1944, Palcoda fu circondata dai militi della X MAS, durante un rastrellamento antipartigiano. Così scrive Mario Candotti: “Battisti, benché pregato di lasciarsi trasportare fuori della zona rastrellata – era infatti sofferente a un ginocchio e non poteva camminare velocemente – non acconsentì, volle rimanere al posto di comando, anzi di retroguardia ai suoi; e proprio a Palcoda, vicino al gruppetto di vecchie case friulane dalle scale esterne di pietra e dai ballatoi di legno, sostenne l’ultimo combattimento… e cadde…Accanto a lui il corpo senza vita della sua compagna Jole De Cillia Paola” (12).
La conferma del suicidio, oltre che dal comandante Luigi Olivieri Ginepro, viene pure da un altro partigiano: Domenico Cavan, nato il 23 novembre 1924 ad Alesso, Comune di Trasaghis (UD). Nelle sue Note manoscritte (13) sulle stesse pagine del citato saggio di Mario Candotti, il Cavan si segna questo appunto, accanto alla descrizione della morte di Battisti e della sua compagna: “Si sono suicidati?”.
Ad ulteriore verifica del fatto suicida – vicenda ricordata, peraltro, nella motivazione della Medaglia d'Oro assegnata postuma a Giannino Bosi – si ricorda che quando un partigiano veniva ferito, l’ordine chiaro per gli altri del gruppo fosse di abbandonarlo. Il 19 ottobre 1944, tra le località di Pozzis, in Comune di Verzegnis, e di San Francesco, in Comune di Vito d’Asio, durante un altro scontro armato dei partigiani contro forze tedesche e fasciste, il combattente di nome di battaglia Polacco fu ferito. Così spiega i fatti Domenico Cavan: “Ha preso una raffica nella pancia. La brutta ferita (provoca un’agonia di 5 ore) lo abbiamo nascosto in un campo di granoturco. Gli abbiamo lasciato 1 pistola. Più tardi abbiamo sentito un colpo. Si era sparato”.
Il 6 dicembre 1944, Palcoda fu circondata dai militi della X MAS, durante un rastrellamento antipartigiano. Così scrive Mario Candotti: “Battisti, benché pregato di lasciarsi trasportare fuori della zona rastrellata – era infatti sofferente a un ginocchio e non poteva camminare velocemente – non acconsentì, volle rimanere al posto di comando, anzi di retroguardia ai suoi; e proprio a Palcoda, vicino al gruppetto di vecchie case friulane dalle scale esterne di pietra e dai ballatoi di legno, sostenne l’ultimo combattimento… e cadde…Accanto a lui il corpo senza vita della sua compagna Jole De Cillia Paola” (12).
La conferma del suicidio, oltre che dal comandante Luigi Olivieri Ginepro, viene pure da un altro partigiano: Domenico Cavan, nato il 23 novembre 1924 ad Alesso, Comune di Trasaghis (UD). Nelle sue Note manoscritte (13) sulle stesse pagine del citato saggio di Mario Candotti, il Cavan si segna questo appunto, accanto alla descrizione della morte di Battisti e della sua compagna: “Si sono suicidati?”.
Ad ulteriore verifica del fatto suicida – vicenda ricordata, peraltro, nella motivazione della Medaglia d'Oro assegnata postuma a Giannino Bosi – si ricorda che quando un partigiano veniva ferito, l’ordine chiaro per gli altri del gruppo fosse di abbandonarlo. Il 19 ottobre 1944, tra le località di Pozzis, in Comune di Verzegnis, e di San Francesco, in Comune di Vito d’Asio, durante un altro scontro armato dei partigiani contro forze tedesche e fasciste, il combattente di nome di battaglia Polacco fu ferito. Così spiega i fatti Domenico Cavan: “Ha preso una raffica nella pancia. La brutta ferita (provoca un’agonia di 5 ore) lo abbiamo nascosto in un campo di granoturco. Gli abbiamo lasciato 1 pistola. Più tardi abbiamo sentito un colpo. Si era sparato”.
Il comandante partigiano Giannino Bosi, Battisti
Retorica
della Resistenza. Un fatto di fuoco amico a San Vito di Fagagna diventato
eroismo
A San Vito di Fagagna c’è
chi conferma la presenza saltuaria dei cosacchi e ricorda che l’unico
partigiano morto in paese ai primi di luglio 1944 non sia stato per il fuoco
tedesco, ma per fuoco amico. «Io c’ero – ha detto Nello Varutti – ero un
ragazzo e lo sapevano anche il dottor Zucchiatti ed Emilio Pontello, Sartôr, che sono ormai morti… Lôr a àn
viodût la sene, doi grups di partigjans a jentravin in paîs. A vevin di declarâ
la peraule di ordin par cognossisi, ma a àn di vê falât, cussì un al à tirât cul
mitra e al à copât un partigjan. Un altri presint al fat al è Elio Bernardis,
classe 1927 di San Vît di Feagne e al jere ancje so pari. Chest Bernardis lu àn
menât vie cuntun cjarut. Il muart lu àn lassât li, te place dongje la glesie».
(Loro hanno visto la scena, due gruppi di partigiani entravano in paese.
Dovevano dirsi la parola d’ordine per riconoscersi, ma devono aver sbagliato,
così uno ha tirato col mitra ed ha ammazzato un partigiano. Un altro presente
al fatto è Elio Bernardis, classe 1927 di San Vito di Fagagna e c’era pure suo
padre. Questo Bernardis l’hanno portato via con un carretto. Il morto l’hanno
lasciato li in piazza, presso la chiesa).
Il caduto del 3, o 5 luglio
1944 era Celso Fior, della classe 1928, figlio di Ermenegildo. Il suo nome di battaglia
è “Lupo”, della III Brigata Osoppo Friuli. La tomba familiare a Verzegnis lo
ricorda come “giovane che donò la vita alla lotta di redenzione”; ciò
coinciderebbe con tale testimonianza orale. Pure il diario parrocchiale di
Verzegnis, di don Graziano Boria, il 21 luglio 1944, riferisce la notizia
“della morte del partigiano Celso Fior avvenuta a San Vito di Fagagna”, senza
altre spiegazioni particolari, circa le sparatorie avvenute tra partigiani. La retorica
partigiana nei decenni successivi portò i relatori a dire che il Fior morì sotto il fuoco tedesco. Ciò non è vero,
mentre la lapide della famiglia è molto chiara e rende onore al caduto.
La lapide, con fotografia,
reca la seguente iscrizione: “Qui Celso Fior ‘Lupo’ nella lotta per la
redenzione donò la sua giovinezza fulgido esempio di sacrifico alle giovani
generazioni. Verzegnis 10.7.1928 + San Vito di Fagagna 3.7.1944. la famiglia
pose”.
Per il diario parrocchiale
di Verzegnis, di don Graziano Boria, vedi la trascrizione di Evaldo Marzona,
pubblicata in: A. Stroili, (a cura di), I
cosacchi in Italia, 1944-’45. Atti dei convegni di Verzegnis, p. 179.
Le prigioni naziste a Udine
Tra i luoghi di detenzione nazista a Udine, come ha
raccontato Eugenio Garlatti al figlio Mario, c’era anche la scuola “A. Manzoni”
in piazza Garibaldi, il cui corpo di fabbrica si allunga fino in via Crispi e
Largo Ospedale Vecchio. Era proprio una caserma delle Waffen SS, dato
che si sono fatti costruire il rifugio antiaereo sito al Giardino Del Torso,
divenuto luogo di visita d’istruzione dal 2012. Altri luoghi di prigionia in
città erano il carcere di Via Spalato, le celle del tribunale, sito in Vicolo
Porta e Via Treppo e la caserma dell’8° Alpini, in Via S. Agostino.
Anche un’altra testimonianza e una fonte scritta vanno
a corroborare il fatto che il complesso Manzoni-Stringher sia stato un luogo di
incarcerazione nazista. Nel saggio di Enzo Cecconelli, intitolato “Musei di
Storia Naturale ieri e oggi, Udine”, del 1972, a p. 29, si legge che: “Nel
settembre del 1944, durante l’occupazione tedesca, l’Istituto tecnico ‘A.
Zanon’ venne adibito a campo di concentramento dei rastrellati nelle operazioni
antipartigiane”. Si ricorda che lo Zanon di allora occupava gli edifici di
Piazza Garibaldi fino a Via Crispi, detti negli anni 1960-1970 “complesso
Manzoni-Stringher”. La notizia di Cecconelli, anche se confutata da una fonte
orale anonima è stata ripresa nel seguente volume: Roberto Bruno, Elisabetta
Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi,
esuli giuliano dalmati e il Centro di
Smistamento Profughi di Udine 1943-1960, Udine, Istituto “B. Stringher”,
2015, alle pp. 63-64-65.
Il complesso Manzoni-Stringher fu proprio un lager
nazista nel 1944? Di certo furono concentrati qui pure gli sfollati di Attimis,
Faedis e Nimis, paesi incendiati dai nazisti, per rappresaglia antipartigiana.
L’Istituto “Zanon” cambiò sede nel 1955, quando fu spostato nell’attuale di
piazzale Cavedalis. Nell’edificio di piazza Garibaldi fu poi sistemata la
scuola media “A. Manzoni”. Dagli anni ’60 il gruppo di edifici viene definito
“complesso scolastico Manzoni Stringher”, con aule fino in via Crispi.
Una testimonianza davvero straordinaria è quella sulla
vicenda di Maruska Sabornaia, una ucraina sposata a un emigrante friulano
esperto in edilizia. Lei, nel 1918, a Kiev diede alla luce Sofia Bosari, detta
Sonia, una nostra importante fonte orale. Sui cosacchi in Friuli esiste già un
prodotto video dell’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “B. Stringher” di
Udine, pubblicato il 18 aprile 2012 su Youtube. Si tratta di un’intervista,
condotta dallo scrivente e dai suoi allievi, alla signora Sofia Bosari (Kiev
1918), registrata in casa sua, a Udine il 25 gennaio 2012, in presenza di
familiari ed amici.
Parte della famiglia Bosari, come accennato, coi
ragazzi, si era rifugiata negli stavoli sui monti (fienili montani con
dormitorio). Quando alle cinque del mattino entrarono nelle camere i cosacchi,
gridando “partizani”, ci fu una grande confusione. I rastrellati furono portati
a piedi fino a Udine e imprigionati nelle scuole di Largo Ospedale Vecchio e
nell’Oratorio del Cristo, come accadde per i rastrellati di Forgaria del 21 maggio
1944. Tali spazi fungevano da Campo di concentramento, per deportare i
malcapitati, poi, in Germania. Tra i prigionieri c’era pure Giuseppe Bosari,
detto Beppino, che riuscì a scappare gettandosi da un balcone, eludendo la
guardia dei repubblichini. È noto l’uso militare degli edifici scolastici da
parte dei nazisti a Udine, come ha scritto Cecconelli. Alcuni insegnanti
dell’Istituto “Stringher” hanno cercato i sotterranei dell’atrio della scuola,
scoprendo che ci sono molti vani piccoli e stretti, come fossero tante celle.
Hanno fotografato tali spazi che potrebbero essere stati dei luoghi di
prigionia e di tortura dei rastrellati.
“I cosacchi – ha aggiunto Sofia Bosari – avevano le
dita piene di anelli d’oro, cercavano i partizani, ma anche le donne
giovani e il fieno per i cavalli, noi pregavamo loro di lasciarci in pace,
allora un cosacco medico anziano ha detto ai più sfegatati: Qui non siamo in
Polonia! così hanno lasciato tutto il fieno per le nostre mucche”.
La testimonianza di Sofia Bosari è già stata
pubblicata nel 2015 in Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuli giuliano
dalmati e il Centro di Smistamento
Profughi di Udine 1943-1960, alle pp. 63-65.
Verzegnis (UD), Tomba di Celso Fior “Lupo” con l’epitaffio
della famiglia. Fotografia di Nello Varutti, San Vito di Fagagna (UD)
Ringrazio i prestatori e gli autori delle fotografie. Per la disponibilità dimostrata ringrazio le direzioni e gli operatori delle biblioteche e degli archivi visitati per il presente contributo. Sono riconoscente anche alle fonti orali per le loro cortesi testimonianze che, raffrontate con i tradizionali materiali di studio e di ricerca, hanno consentito di ricostruire il presente brano di microstoria.
1) ARCHIVIO DI STATO DI UDINE (d’ora in poi ASUd), Prefettura, Gabinetto, Corrispondenza Deutschen Berater, Minuta del prefetto De Beden, busta 49, fasc. 167, ms., 25 novembre 1944. Questo articolo, con il titolo "Resistenza attiva e passiva a Udine e a Tramonti di Sotto nel 1944" è stato pubblicato su “Sot la Nape”, 2, Avrîl-Jugn 2011, pp. 64-68 - rivista della Società Filologica Friulana. In questa sede se ne propone una versione leggermente aggiornata.
2) Intervista a cura dello scrivente al signor Mario Garlatti, Udine 1957, avvenuta il 24.11.2010. Altra fonte orale sui rastrellamenti nazisti in Friuli: Sofia Bosari (Kiev, 1918), int. del 25.01.2012 a Udine, Istituto Statale d'Istruzione Superiore B. Stringher di Udine. Networking di Elio Varutti per il Progetto "Il Secolo breve in Friuli Venezia Giulia", cofinanziato dalla Fondazione CRUP. La stessa Sofia Bosari è stata ripresa in un video intervista riguardo alle violenze cosacche in Friuli nel 1944-1955.
3) ARCHIVIO DELLA CURIA ARCIVESCOVILE UDINESE, Lettera di Mons. Nogara al Comandante delle SS di Spilimbergo, Carteggio Nogara, fascicolo Allo, documenti, sez. 2, 12-13, Udine 17 aprile 1945.
4) E. POLO, Cronaca di vita scolastica 1939-1951, Forni di Sotto (Ud), Centro di Cultura Popolare Fornese, Coordinamento Circoli Culturali della Carnia, 1994. p. 35. Vedi poi: E. CECCONELLI, Musei di Storia Naturale ieri e oggi Udine, Udine, Orto botanico dell'Istituto Tecnico per Geometri "G.G. Marinoni", 1972, pag. 29. Fonti orali: Sofia Bosari (Kiev, 1918), int. citata e Iole Croatto, vedova Falzone (Attimis 1917 - Udine 2013), int. del 10 ottobre 2011, in presenza del figlio Salvatore Falzone (1945).
5) ARCHIVIO PARROCCHIALE DI FORNI DI SOTTO (Ud), Libro storico, 15 ottobre 1944, ms.
6) Idem, 31 dicembre 1944, ms.
7) ASUd, Prefettura, Gabinetto, Lettera del Commissario prefettizio Zattiboni del Comune di Tramonti di Sopra al prefetto, b 51, f 169, dattiloscr., 2 marzo 1945.
8) ISTITUTO FRIULANO PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE del Friuli Venezia Giulia (d’ora in poi IFSML), Udine, Fondo Rappresaglie Eccidi Arresti in Friuli, b 1, f 8, cc 1-3 (fotocopie di dattiloscritti e manoscritti). Nelle parentesi riquadrate vi sono alcune precisazioni dell’Autore. Si è consultato pure: P. STEFANUTTI, Novocerkassk e dintorni. L’occupazione cosacca della Valle del Lago (ottobre 1944 – aprile 1945), Udine, IFSML,1995.
9) ASUd, Prefettura, Gabinetto, Lettera del presidente della Provinziale Kommission der Zensur von Udine al prefetto De Beden, b 51, f 169, ms., 2 settembre 1944.
10) Luigi Olivieri “Ginepro”, fece parte del Comando unificato “Garibaldi-Osoppo”, che il 30 aprile 1945 diede l’ordine di insurrezione ai partigiani, liberando Udine dall’occupazione nazista, con attacco finale fissato per le ore 6 del 1° maggio. Gli alleati entrarono in Udine alle ore 15,30 (G. GALLO, La resistenza in Friuli 1943-1945, Udine, IFSML, 1989, p. 260).
11) Alfio Anziutti "Timilin", La guerra di Rosa. Resistenza e vita a Forni di Sopra: 1944-1945, Forni di Sopra (UD), Circolo Fornese di Cultura, 2013, p. 62. Per info ed eventuali acquisti: Grillo Gino edicola, Via Vittorio Veneto, 4 - 33024 Forni di Sopra UD - telefono 0433-88239.
12) Mario Candotti, Lotta partigiana tra Meduna, Arzino e Tagliamento: i rastrellamenti dell’autunno 1944, «Storia Contemporanea in Friuli», IFSML, XI, 12, 1981, pp. 11-107.
13) Domenico Cavan, Note a Lotta partigiana tra Meduna, Arzino e Tagliamento: i rastrellamenti dell’autunno 1944 di Mario Candotti, 1981-2014, ms. (Collezione privata, Udine).
Ruderi della chiesa di Palcoda a Tramonti di Sotto (Pro Loco di Tramonti di Sotto, provincia di Pordenone)
Testimonianze orali
Interviste effettuate a Udine, con taccuino, penna e macchina fotografica, a cura dello scrivente ai sottoelencati signori, ove non altrimenti indicato. Per la disponibilità dimostrata, l’Autore ringrazia le fonti orali, i prestatori delle fotografie, le direzioni e gli operatori delle biblioteche e degli archivi visitati per il presente contributo di ricerca.
Sofia Bosari, detta Sonia (Kiev 1918-Udine 2016), int. del 25 e del 30 gennaio 2012, con la collaborazione degli allievi Simone Martinis e Ioan Rares Chirca, delle professoresse Tiziana Mancini e Maria Pacelli, di Paolo Fabbro e di Franca Daboni.
Carmen Burelli, Udine, 1938, int. del 20 gennaio 2018.
Mirella Del Negro, Martignacco 1949?, intervista (= int.) del 16 dicembre 2017 a Martignacco (UD).
Mario Garlatti, Udine 1957, int. del 24 ottobre 2010.
Stefano Perini, Trieste 1950, int. a Gonars (UD) del 24 febbraio 2017.
Nello Varutti, di Leopoldo, San Vito di Fagagna (1931-2014), int. del 4 novembre 2011.
Bibliografia, fonti d’archivio
Archivio Parrocchiale Di Forni Di Sotto (UD), Libro storico, 15 ottobre 1944, ms.
Archivio Di Stato Di Udine (d’ora in poi ASUD), Prefettura, Gabinetto, Corrispondenza Deutschen Berater, Minuta del prefetto De Beden, busta 49, fasc. 167, ms., 25 novembre 1944.
Bibliografia, fonti edite
Danila Braidotti, “Nila”, Fontanebuine, Udine, Fuoricatalogo, 2016.
Roberto Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuli giuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960, Udine, Istituto “B. Stringher”, 2015.
Enzo Cecconelli, Musei di Storia Naturale ieri e oggi, Udine, Udine, Orto Botanico dell’Istituto Tecnico per Geometri “G. G. Marinoni”, 1972.
Roberta Corbellini, Laura Cerno, Luisa Villotta, Rifugio antiaereo Giardino Del Torso, Udine, Comune di Udine, 2012.
G. Gallo, La resistenza in Friuli 1943-1945, Udine, IFSML, 1989.
Maria Maracich, Il Viaggio di Meri, Codroipo (UD), Edizioni Beltramini, 2013.
Anna Rita Morleo, Sulle orme di una medaglia. Storia minima di un partigiano manduriano, Manduria (TA), Barbieri Selvaggi, 2014.
E. Polo, Cronaca di vita scolastica 1939-1951, Forni di Sotto (Ud), Centro di Cultura Popolare Fornese, Coordinamento Circoli Culturali della Carnia, 1994.
Pieri Stefanutti, Novocerkassk e dintorni. L’occupazione cosacca della Valle del Lago (ottobre 1944 – aprile 1945), Udine, IFSML,1995.
Giorgio Stella, Ti racconto San Rocco. Storia di un suburbio tra luoghi e identità, Udine, in fase di stampa.
Adriana Stroili, (a cura di), I cosacchi in Italia, 1944-’45. Atti dei convegni di Verzegnis (1.a edizione: 2008), Tolmezzo (UD), Moro, Comune di Verzegnis, 2010.
E. Varutti, “Resistenza attiva e passiva a Udine e a Tramonti di Sotto nel 1944”, «Sot la Nape», LXIII, 2, 2011, pp. 64-68.
Filmografia
Sitologia
E. Varutti, Udine, la Todt in Baldasseria e i Cosacchi in Porta Aquileia, on-line dal 16 novembre 2014.
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