Kekko, Sergio, Michele, Sandro: sono solo alcuni dei
nomi dei ragazzi che facevano parte delle bande di Via delle Fornaci. Sarà
stato il 1961. Poi giù, in
Baldasseria, c’era Luciano, che da bravo figlio di
contadini se la prendeva con tutti noi figli di impiegati, di poliziotti, di maestri o di
pompieri. Erano botte da orbi, ma non ricordo grandi spargimenti di sangue.
Sergio, ad esempio, era uno che menava.
Gli incontri di lotta erano sempre preceduti da
certi rituali, come fanno due galli in un pollaio. Sguardi, controllo dei movimenti... Si iniziava con delle
parolacce. Poi il capo di una delle bande in attrito passava a dare delle
spinte al capo delle banda contendente. Tutti i componenti delle rispettive
bande stavano ai margini ad osservare, comprese le femmine, come Gigliola,
Isabella, Loredana, Rosanna e Gabriella.
Il tutto era molto scenografico ed abbondavano le
parolacce. C’era la platea di spettatori, che annuiva, che mugugnava o che
condivideva le frasi declamate con grida ed applausi. Il rituale, a volte, era
lungo e complesso.
Le case Fanfani di via delle Fornaci a Udine, foto del 1952. Archivio dell'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale (Ater) di Udine, già Istituto Autonomo Case Popolari (Iacp) di Udine
Gli spintoni da ruzzolare a terra erano all’ordine del
giorno. Non parliamo delle minacce, tipo: “E io chiamo mio papà, che è
poliziotto!”. Ricordo che partecipavano anche le femmine, con voci grosse,
gridolini, gesti osceni, urla e quant’altro.
Ogni tanto incontro Claudio, che
oggi lavora in Comune e mi dice: “Che cosa vuoi, a quel tempo si giocava
così!”. Kekko era il capo della mia banda e si scontrava sempre con Sergio.
Eravamo tutti appartenenti alle bande di Via delle Fornaci.
Poi c’erano Rudi, Sandro
e Paolo lo Svizzero sempre di Via delle Fornaci, mentre Aurelio, Lino, Cesco e
Marco erano di Via Strassoldo, ma nostri alleati.
Il primo gruppo di ragazzi di quartiere, nel 1950, come mi ricorda Enzo Fattori, era formato da fratelli, nel senso che essendoci tante famiglie numerose, si nominavano i fratelli Assolari, Toros, Cane, Paesano, Falzone, Fattori, Eisberg, Vrech e così via. Memorabile fu una battaglia intrapresa con una guardia urbana, giunta in motoretta su chiamata di qualche mamma preoccupata per le zuffe della muleria. Tutto era pronto, i ciuffi d'erba sradicati erano messi in posizione; erano le munizioni per accogliere quelli di fuori, come l'ignaro vigile urbano, che sembrava Alberto Sordi nel famoso film. La guardia fece il suo dovere, ammonì i discoli a comportarsi bene. Alla fine del suo pistolotto, fu avvolto dal lancio dei ciuffi d'erba, uso pallottole. Girati i tacchi, risalì alla svelta sulla motoretta e per un bel po' non si fece più vedere. Anche Lino Leggio ha raccontato nel suo bel libro qualche vicenda vissuta col vigile urbano; vedi La banda delle cataste.
Titti, il Terrore di via
Celebrino - Quando si andava a dottrina da don Adelindo nella
neonata parrocchia di San Pio X, che sorse nel 1958, succedeva che ci si scontrasse con la Banda di
Luciano. Erano il gruppo dei Leoni. Le abbiamo sempre prese da quella banda. Potrei giungere ad affermare
che il gruppo dei Leoni ne dava un sacco e una sporta a tutte le altre bande, tranne a quella di
Titti il Terrore di Via Celebrino, che scorrazzava pure in Via Bombelli, come ha raccontato Maurizio Corrado.
I componenti di tale banda, della quale facevano parte il tale Maurizio e poi c'era un tipo detto "Testadoppia", erano veramente dei duri, compreso "Giannetti". Essi erano proprio il Terrore di Via Celebrino, dove sorse la nuova chiesa e la nuova parrocchia di San Pio X, nel 1958. Fortuna che arrivò don Adelindo. Con le sue grandi mani della pedemontana sapeva mettere ordine con le bande più cattive.
Uno che è passato sotto
le grinfie di Titti il Terrore di via Celebrino è Sergio R. Mi ha raccontato
che in un
tardo pomeriggio d’inverno per fare più veloce in rientro a casa, passò tra le piante dei caseggiati di via Celebrino. Fu intercettato
dalla banda di Titti. “Chi sei, cosa fai qua?”. Poi fu sollevato da Titti stesso,
tenendolo con due mani per il collo e gli fu detta la frase storica: “Non
passare più di qua”. Naturalmente obbedì all’ingiunzione.
La
banda di Paesano – Nel sotterraneo della nuova chiesa di
S. Pio X, negli anni ’60, facevano lezione alcune classi della scuola media di
via Pradamano. All’uscita di scuola un ragazzo non riusciva a far partire il
motorino. Sergio R. aveva visto armeggiare vicino al serbatoio Sandro P. In
pratica gli aveva svuotato il serbatoio, perciò il motorino non partiva, mentre
il proprietario si disperava.
“Una insegnante, in
classe, ci richiamò ai doveri e responsabilità – ha detto Sergio R. – cui è
chiamato un buon cittadino invitandoci a parlare, se ci fosse stato qualcuno a conoscenza
dei fatti. Per senso civico avrebbe dovuto informare chi di dovere, il tutto
con l’appoggio e la solidarietà espressa dai compagni di classe anch’essi
toccati dal richiamo fatto dall’insegnante”. Così venne a galla chi aveva fatto
quel brutto scherzo. Sergio R. alzò la
mano e disse: “È stato Sandro P.”. Ramanzina assicurata a Sandro P. ed elogio
per Sergio R. che aveva fatto semplicemente da “persona informata sui fatti”. Alla
sera però, mentre rincasava in via Strassoldo, il testimone vide un gruppetto
che lo aspettava dietro l’angolo. Era la
banda di Paesano cui apparteneva M. Marsilio. Allora Sergio R.,
impaurito per le eventuali botte, fece ritorno sui suoi passi e rientrò da un’altra
strada, aggirando l’ostacolo.
Sergio R. mi ha
ricordato anche le battaglie con gli stoppini di carta lanciati a soffio con
una canna. Beppe Liani, delle Case dei Ferrovieri, una volta si presentò alle
sfide con una sorta di faretra con gli stoppini già confezionati con tanto di
colla sulla punta per renderli più aerodinamici. La suddetta
faretra era fatta riciclando le confezioni in cartone di VIM, detersivo per
stoviglie. Pochi giorni dopo quella
innovazione di Liani tutto il quartiere si era dotato della cartucciera, o
faretra, con i colpi da sferrare. Eravamo aperti alle nuove tecnologie…
Alcuni di noi, i più irrispettosi, chiavavamo "Din don dan Delindo" il buon parroco don Adelindo. Erano cose innocenti, fatte senza cattiveria nei confronti di un parroco assai buono e benvoluto da tutti. Don Adelindo Fachin nacque a Segnacco, in Comune di Tarcento il 9 luglio 1922 e morì a Udine il 7 settembre 1966.
Torniamo alle bande giovanili di Udine sud. È che la Banda di Luciano era composta da
figli di contadini. Erano tutti sani, rubizzi e forzuti. Mi ricordo certe sventole
prese dalle manacce di Luciano, che oggi conduce un Agriturismo. Ed è bravissimo!
Gruppo Leoni di via Baldasseria Alta. Luciano è il secondo da sinistra, accosciato, 1965 - Per la gentile concessione alla pubblicazione della fotografia ringrazio Germano Vidussi
“California” era il soprannome di uno vicino alla Banda di Titti il Terrore
di Via Celebrino, che abitava vicino alla parrocchia. Peccato che la vicinanza
del parroco di fresca nomina, don Adelindo Fachin, non gli abbia giovato molto,
considerato che Titti rimane nel ricordo di molti di noi come un violento
terribile.
California era diverso. Secondo me era un buono. Gli piaceva
suonare la chitarra. Era bravo con le canzoni dei
Dick Dick. “
Ti sogno California…”. Ecco da dove può essere nato il suo pseudonimo.
California era il
soprannome di
Giorgio Masiero, un designer.
Come è accaduto per qualcun altro di quei
ragazzi, oggi non c’è più. L’infarto, o il tumore o qualche altro accidente - persino il
suicidio - si sono portati via qualche
pezzo delle bande di quel tempo. Giorgio Masiero amava definirsi
il designer di
Gheddafi, l'autodidatta di successo, l'uomo che si vantava di aver arredato il
centro residenziale militare libico (Tripoli e Bengasi), la Sberbank a San Pietroburgo e gli interni
della Camera di commercio a Mosca. A 18 anni Giorgio Masiero seguì un
corso di disegno alla Scuola d'arte e mestieri “Giovanni da Udine” e iniziò a
disegnare e progettare. A 21 anni lavorava a Udine per la boutique Mic Mac di Marino
Pasqualin, per il Lambertin sportivo di Lamberto Favella. Poi si lanciò nel
mondo del design.
La chiesa di San Pio X a Udine, costruita nel 1959-1961, progetto dell'architetto Giacomo Della Mea.
Archivio della parrocchia di san Pio X
Mi ricordo che qualche decina di anni or sono incontrai
California e
ricordavamo assieme i tempi delle bande. Si parlava del libro scritto da
Lino Leggio sulle nostre bande giovanili. Il mio amico Marcello era assieme a noi.
California ci raccontava di avere sfondato nel mondo del design e dell’arredamento.
Lavorava in Libia, nei paesi arabi e in Russia. Si dedicava all’arredamento di
grandi alberghi. Faceva affaroni d’oro. Aveva uno studio a Milano. Lavorava
molto a Padova. Ad un certo punto aveva perfino l’autista, con un’automobile
privata.
Per un certo periodo di tempo
California aprì uno studio di progettazione
di interni addirittura in
Piazza Libertà, a Udine. Era il massimo per tutti noi
vedere che aveva fatto carriera uno delle bande di ragazzi degli anni Cinquanta
e Sessanta. Eravamo molto orgogliosi. Lo siamo tutt’oggi.
Ci faceva morire dal ridere
California, perché qualche volta viaggiava in
treno e si portava dietro la valigia ventiquattrore, molto professionale. Poi
aveva un’altra custodia ampia, dalla quale, come un mago, estraeva un motorino
pieghevole con certe ruote piccine, da sembrare un giocattolo. Metteva in moto,
saltava in sella e via andava agli appuntamenti per il centro delle città, dove
firmava contratti a tanti zeri. Era una soluzione pratica, che gli invidiavano
in molti. Lui aveva delle idee geniali. Se pioveva si metteva un cappellaccio e
un impermeabilone scuro e via col quel motorino da circo. Anche se c’erano gli
ingorghi, lui passava a zig zag e raggiungeva il luogo dell’appuntamento, dove
firmava altri contratti da Nababbo.
Udine - Case dei ferrovieri di Via Pradamano angolo Via Cernaia, costruite nel periodo 1920-1930. Ringrazio per la fotografia: Alessandro Rizzi.
Ad un certo punto California dovette decentrare il lavoro, perché ne aveva
troppo, offrendolo a certi architetti e professionisti di Udine. “Anche se
eravate di un’altra banda – avrà pensato California – vi do da lavorare per
me”. Già, perché California era così buono, che cercava gli architetti della
sua stessa parrocchia, per offrirgli un certo lavoro. Non erano mica spiccioli.
Agiva così solo perché li conosceva ed aveva una certa fiducia in loro. Non ci
fu mai nient’altro. Forse un caffè offerto al bar, oppure un “tajut di Tocai”.
Cose che farebbero rabbrividire certi costruttori del terzo millennio,
ingolfati come sono in storie di tangenti a funzionari, di “escort” e di altro
malaffare. Bravissimo California! È la frase che ci si ripete oggi, quando ci
incontriamo nelle osterie del quartiere, abitato ormai da oltre il 30 per cento
di extracomunitari.
Udine - La nota azienda "Società Anonima Molini sul Ledra" in Viale Palmanova, nel 1938, dietro ci sono i campi di Baldasseria. Demolita negli anni 1990-1995. Oggi c'è la sede del Consorzio per Acquedotto del Friuli Centrale (CAFC)
Chei dal ueli - Altri autori locali si sono
cimentati con racconti e romanzi sugli anni 1950-1960 a Udine e dintorni, oltre
a Lino Leggio, con la sua
Banda delle cataste.
Penso al romanzo di
Daniele Murello, oppure alla banda di
Chei dal ueli (Quelli dell’olio), cui faceva parte
Fausto Deganutti. Erano ragazzi di
Via dei Medici e di Via del Vascello, oltre il Viale Palmanova. Avevano tutti una
spilletta di un distributore di benzina di Piazzale D’Annunzio, dove sta la
stupenda
Porta Aquileia.
Torniamo alla
muleria di Via Celebrino e Via di Brazzà,
le strade vicine alla Cappella e alla Chiesa di San Pio X. Ernesto il Rosso era un tipo a muso duro. Faceva parte di una delle bande
di quelli che abitavano vicino alla parrocchia di San Pio X. Quando c’era lui
avvenivano delle zuffe di sicuro, ma non si andava mai oltre le parolacce, gli
spintoni e qualche pugno male assegnato.
I figli dei ferrovieri come Gianpaolo, Lucio ed altri
appartenevano alla Banda dei Ferrovieri. Il loro territorio confinava con quello
delle bande di Via delle Fornaci. Guai a chi, vestito da pellerossa, da “
cowboys”, o da soldato USA del 1945 osasse sconfinare. Scattava subito una
battaglia con sassi, frecce, lance (ossia dei volgari stecchi), stoppini di
carta lanciati con le cerbottane. Altre armi usate erano i ciuffi d'erba, per
cui il manto erboso della zona veniva frequentemente saccheggiato. Poi c’erano
i sassi lanciati con la fionda, che potevano provocare delle brutte ferite. Le
fionde erano, tuttavia, un ordigno che veniva confiscato spesso dalle mamme,
preoccupate che il figlio andasse a fare del male ad altri. Molto utilizzati
erano i bastoni di ogni misura. Servivano a costruire anche i mitra Sten,
quando si giocava di
partigiani.
La copertina del libro di Fausto Deganutti, del 2012. La fotografia mostra la banda di "Chei dal ueli" (Quelli dell'olio, nel senso di 'olio motore', dato che usavano per riconoscersi un distintivo della benzina Esso).
Talvolta la Banda dei ferrovieri fu nostra alleata in
certe guerre contro la Banda di Via Medici (Chei dal ueli), oppure contro la Banda di Via
Strassoldo, dove abitavano le famiglie dei postelegrafonici. Con i ragazzi di
questa strada ricordo che, invece di fare delle guerre, si organizzavano dei
festini col mangiadischi. I balli erano tipo twist, rock and roll e poi i
famosi lenti. La grande preoccupazione delle madri era per le luci roche
utilizzate nel soggiorno durante il ballo della mattonella.
Udine - Ecco il distributore di benzina della Esso in Porta Aquileia, meglio dire Piazzale D'Annunzio. Qui si riforniva di distivi della Esso la Banda di Chei dal ueli di Via dei Medici. Cartolina degli anni 1960-1970. Collezione E. Varutti, Udine
Molti ragazzi di quei tempi potrebbero condividere i
miei racconti. Sarebbero concordi senz’altro sulla seguente frase: “Eravamo
poveri sì, ma non ladri”. È accaduto, infatti, che certi autori hanno descritto
le bande di ragazzi udinesi degli anni Cinquanta, come delle gang americane.
Secondo questi scritti le bande erano dedite al furto dei materiali ferroviari,
per rivenderli al ferrovecchio e guadagnare qualche soldo.
Io non posso
affermare che siano avvenuti fatti del genere. So che giravano delle voci su
come Tizio si facesse i soldi. In ogni caso era un fatto veramente isolato.
Tizio era un fanfarone. Quello che andava raccontando doveva essere sempre
diviso per due. Altro che ladri, eravamo pieni di fame.
Udine - Via Baldasseria Bassa in uno scatto del 1977. Questo è il borgo della Piccola Parigi, luogo equivoco di un tempo.
Archivio della parrocchia di San Pio X
Baldasseria - Il maestro Alfredo Orzan ha descritto, nel 1984, il borgo della Piccola Parigi sul numero unico
della parrocchia di San Pio X, dedicato alla sagra di Baldasseria. Secondo
Carletto Domenico, intervistato nell'agosto del 1971, quando aveva 79 anni, in
occasione della locale sagra, i casali di Baldasseria Bassa vennero denominati
Piccola Parigi all'inizio del '900 (forse anche prima), quando la zona era un
covo di contrabbandieri. Il centro della borgata era costituto dallo stallone o
stazione per il cambio dei cavalli, fabbricato che fu poi adibito ad
abitazione.
Nell'Ottocento, quando
c'era il Regno Lombardo Veneto, le diligenze e le carrozze trainate da cavalli
provenienti da Trieste, da Gorizia e dirette a Vienna, sostavano qui, per il
cambio dei cavalli. Tale sosta favoriva il contrabbando di merci reperibili nel
porto giuliano, ma attirava anche donne compiacenti in cerca di zerbinotti
danarosi. Forse il toponimo nacque allora, per significare, come raccontava
Carletto Domenico, il luogo poco raccomandabile e malfamato simile a certi
quartieri della capitale francese. Era un quartiere a luci rosse, dove si
sviluppava la prostituzione.
L'osteria Al Francese
sorse dopo il 1945, per coincidenza nella stessa zona della Piccola Parigi. La intitolò Gino Colle, un emigrato in
Francia per tanti anni. Ad intitolarla così furono gli stessi avventori che dicevano:
"Anin a bevi un tai là dal francês" (Andiamo a bere un bicchiere di
vino là dal francese). Ecco spiegati
i francesismi di Baldasseria...
Germano Vidussi, accosciato secondo da destra, nel
gruppo Leoni di Via Baldasseria Media
nel 1965; dietro si scorge la Cappella di San Pio X. Ringrazio per la fotografia: Germano Vidussi
Bibliografia: fonti edite
- Roberto
Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi, esuligiuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960,
Udine, Istituto d’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”, 2015.
- Fausto Deganutti, In seconda io ero quasi sicuramente
bravisimo! Adesso mi scricchiolano le ginocchia, [S.l., ma: Udine] :
Selekta, 2012.
- Daniele Murello, Fantastici ’50 & ’60, Romagnano al
Monte (SA), Book Sprint Edizioni, 2013.
- Franco Sguerzi – Elio
Varutti, La nostra parrocchia di San Pio
X a Udine 1958-2008. Cinquanta anni di memorie condivise, Udine, Academie
dal Friûl, 2008.
- Per approfondire gli aspetti storici di Baldasseria, si può vedere in questo blog: Itinerario storico di Baldasseria, Udine, 19.04.2016.
-Per vari riferimenti ai tratti biografici di Giorgio Masiero
sono riconoscente all’ottimo lavoro di Mario Blasoni, giornalista del Messaggero Veneto di Udine. Vedi in
merito:
“Giorgio Masiero, il designer di Gheddafi”, in Mario Blasoni,
Cento udinesi raccontano, Udine, La
Nuova Base, 2004, pp. 282-284.
- Elio Varutti, "Il contesto del nuovo quartiere di Via Pradamano. Gioventù unita, sana e leale", Giorgio Della Longa (a cura di), Due uomini e una chiesa. San Pio X, Udine, Parrocchia di S. Pio X, 2019, pp. 100-109., 2019.
Udine, 1964 chierichetti di San Pio X, tutti nelle varie bande degli anni '60. Tutti agli ordini di don Adelindo dispensava certe forme educative che sono molto servite... Ringrazio per la diffusione della fotografia Germano Vidussi
Fonte auditiva
- Udine
anni cinquanta [Audioregistrazione] / con Lino Leggio,
Nicola Cossar, Umberto Sereni; introduzione di Romano Vecchiet. - [Udine :
s.n.], 2003. - 2 audiocassette (180 min.). - (Incontri con l'autore ;
2003/07/17) [Biblioteca civica V. Joppi, Udine].
Udine, Via della Madonnetta, anni 1965-1970. Ringrazio per la fotografia: Alessandro Rizzi.
Informatori
Oltre a Luciano Gon, Marcello
Mencarelli, Germano Vidussi e Claudio Smedile, sono grato a Giorgio Romanello, Enzo Fattori, Sergio Romanelli, Loris Zanuttini, detto Zanza e Maurizio Corrado, per
avermi precisato i ricordi di quando eravamo ragazzini.
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- L’articolo presente è stato in parte pubblicato sul numero unico per
la sagra di Baldasseria, nella zona di Udine sud. Eccone la precisa citazione.
Elio Varutti, Le bande
di Via Fornaci e di Baldasseria, «Festa insieme Baldasseria», 2016, pagg. 34-36.
Udine - Una cartolina di Porta Aquileia, 1949. Alle spalle del fotografo, oltre la ferrovia, c'è il quartiere di Udine Sud, con le case popolari di Via delle Fornaci, in costruzione dal 1950. In Via Pradamano, presso la ex-GIL funziona dal 1947 il Centro Smistamento Profughi, operativo fino al 1960. Di qui passarono oltre centomila esuli italiani d'Istria, di Fiume e dalla Dalmazia.
E il "Pipe" chi se lo ricorda?
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