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venerdì 10 dicembre 2021

Profughi goriziani e trentini in Toscana a Levane e Laterina, 1918-1919

Profughi a Laterina pure nella Grande guerra? La località di Laterina è nota nella storia del Novecento perché recluse, dal 1941 sotto il fascismo in un Campo di concentramento, qualche migliaio di prigionieri britannici catturati in Africa. Detta struttura detentiva attraversa varie fasi secondo come variava il fronte, tra Tedeschi ed Anglo-americani. Dal 1946, oltre a imprigionare recalcitranti della RSI, inizia ad accogliere 1.500 profughi della Venezia Giulia, in fuga dalle prevaricazioni dei miliziani jugoslavi di Tito. Dal 1948 gli arrivi si fanno sempre più intensi, fino a superare le 10mila presenze non solo di esuli giuliani, ma pure di espulsi dalle ex colonie d’Africa. Il Campo chiude i battenti nel 1963. Negli anni successivi, dall’Amministrazione comunale viene riadattato ad area artigianale. 

Nella fotografia qui sotto: Gorizia, intorno al 1915. Da sinistra: Giuseppe Cumar (nato nel 1861) con la moglie Orsola Culot (1861) e le figlie Maria (1906) e Giovanna (1896), tutti nati a Gorizia e profughi a Levane, provincia di Arezzo. Collezione Tamara Badini. 

Parliamo ora della Grande guerra. Si sa vagamente dal sito web di “radiocora.it” che il campo di Laterina ha “ospitato al termine della Prima guerra mondiale 14 famiglie provenienti dal Trentino”. Ora c’è un’altra fonte che rafforza tale fatto. Vero è che, secondo Franco Cecotti, la maggior parte delle notizie storiche sui profughi goriziani e istriani del 1914-1918 si riferisce al loro internamento in Austria, Slovenia e Boemia, voluto dalle autorità dell’Impero d’Austria-Ungheria, poco si sa della loro profuganza in Toscana, organizzata dalle autorità italiane. C’è stato il fenomeno del confino nel Meridione per coloro (preti o maestri) che venivano definiti “austriacanti”, ma del popolo comune non si sono trovate altre notizie. Siamo orgogliosi di alzare il sipario su un fatto sconosciuto della storia nazionale.

È Tamara Badini a svelare un pezzo della storia di Gorizia e dell’Italia riferibile al 1918-1919 raccolto dalla voce della sua prozia Maria Cumar (nata nel 1906). Due suoi bisnonni erano Giuseppe Cumar e Orsola Culot, entrambi nati a Gorizia nel 1861. Avevano cinque figli, nati tra il 1887 e il 1906.

Raccontava Maria Cumar: “Durante la guerra, fin che si poteva, siamo rimasti a Gorizia. I bambini li si potevano mandare a Livorno, ma mia mamma ha detto: “no, no, se dobbiamo morire è meglio che moriamo tutti insieme”. Così siamo rimasti ancora a Gorizia. A un certo punto però siamo andati profughi a Levane, un paese di circa 200 persone [molti di più, come si vedrà più sotto, NdR], vicino a Montevarchi, in provincia di Arezzo. Siamo andati : io, mia mamma, mio papà, mio fratello Pepi [Giuseppe, nato nel 1900] e mia sorella Nina [Giovanna, nata nel 1896]. Dipendevamo dal Patronato Profughi di Montevarchi, che ci dava anche le scarpe. Eravamo in un asilo, noi femmine dormivamo in una camera con sei brande. C’erano anche molti trentini. Mio papà andava a lavorare dai contadini. Quando c’era la vendemmia andavo anch’io, dormivamo su, facevano un banchetto. Mia sorella andava a cucire, mio fratello Pepi andava a lavorare in un altro paese, alle ferriere. Io andavo a scuola e poi andavo da una famiglia e li aiutavo a pulire le scale dell’ufficio della posta. Mi davano anche il pranzo. C’era il papà, la figlia Irma e un’altra figlia, Marianna, sposata a Roma. Nel 1966, quando eravamo nelle Marche, sono andata a trovare la signorina Irma. Siamo stati là [a Levane] 11 mesi, siamo partiti nel 1918 e tornati nel 1919”.

Nella fotografia, del 1922, si vede l'Ufficio postale di Levane nell’attuale via Leona 28. Qui Maria Cumar ha raccontato di aver aiutato nel 1918-1919 a fare la pulizie dei pavimenti, in cambio del pasto.

Tamara Badini è autrice di un volume sul Collegio Santa Gorizia, fondato nel 1920 nel capoluogo isontino e aperto fino al 1965, che accolse varie centinaia di allieve, alcune delle quali profughe, o orfane provenienti dall’Istria, Fiume e Dalmazia.

La ricerca sul campo - Claudio Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo, ha effettuato una ricerca sul territorio. Il parroco del paese di Levane, don Angelo Sabatini, ha riferito che vi sono state numerose nascite degli anni intorno al 1917, per cui gli abitanti dovevano essere almeno 1.500 persone, confortato in ciò dai tanti battesimi di allora, ben riportati nei registri della parrocchia. Allora non potevano essere solo 200, come accennato dall’intervistata poco sopra. Visionando, inoltre, il libro di Emanuele Repetti, intitolato: Dizionario Geografico Fisico Storico del Valdarno Superiore 1833-1846, si nota che: “Anno 1839 Levane, abitanti 1.265 – Prepositura”. È una parrocchia con privilegi particolari, in Toscana, la prepositura. I residenti, dunque, nel 1834 erano 1.265, in leggera crescita fino alla fine del secolo. L’intero Comune di Montevarchi, nel 1911, secondo i dati del censimento, conta 13.118 residenti, perciò è plausibile che circa il 10 per cento di essi (1300-1.500 individui) costituisse la popolazione della frazione di Levane intorno alla Grande guerra. Nella foto qui sotto, di Claudio Ausilio 2021, si vede l'ingresso del vecchio Ufficio postale di Levane, in Via Leona.

La vicenda riguardo alla costituzione dell’asilo di Levane è assai complessa. Sorge nell’Ottocento, grazie ad un legato testamentario alla parrocchia del luogo. L’edificio si trova presso l’antico ponte del 1368, in parte abbattuto nel 1934, per un allargamento del piano stradale. Il benestante Antonio Del Secco, essendo senza eredi, nel 1835 lascia dei capitali per un’istituzione educativa, oltre che per un medico e un religioso. Nel 1849 Maria Fratini, vedova Del Secco, rinforza il legato per l’istituzione di una scuola femminile. Nei decenni successivi il Comune di Montevarchi, chiamato dallo stato ad istituire una scuola pubblica opera assieme alla istituzione già esistente, pur se di tipo religioso, nominando Soprintendente il parroco. Nel 1902 sorge però una controversia tra l’apparato comunale e il parroco, o preposto, come si usa dire in certe parti della Toscana. Ecco perché le bambine profughe nel 1919, come ha riferito Maria Cumar, dormivano all’asilo e ricevevano aiuti dal Patronato Profughi di Montevarchi. Nei decenni successivi del Novecento l’asilo cambia nome leggermente. È l’asilo infantile “Del Secco Abelli” in via della Repubblica, presso la farmacia.

Nella fotografia del primi decenni del Novecento, si vede il Ponte di Levane, l'edificio a sinistra reca l'insegna dell'asilo Del Secco, che ospitò le giovani profughe goriziane e trentine. Fotografia Vestri, Montevarchi.

L’Ufficio Postale di Levane nel corso degli anni ha cambiato più volte sede. Nel 1917 era nell’attuale via Leona 28 (vedi foto sede postale anno 1922). In questo periodo Maria Cumar aiutava a fare le pulizie dei pavimenti dell’ufficio postale, come si è letto. Poi il sito diventa una falegnameria dell’artigiano Luigi Santinelli, successivamente barbiere di Franco Ferroni, dopodiché l’edificio è stato trasformato in civile abitazione.

Fonti orali - Tamara Badini, Gorizia 1947, vive a Torino, int. telefonica del 26 novembre 2021.

- Don Angelo Sabatini, parrocchia di San Martino a Levane, frazione di Montevarchi (AR), int. a cura di Claudio Ausilio del 4 dicembre 2021.

Fotografia di Claudio Ausilio, 2021 - La facciata dell'Asilo Del Secco Abelli di Levane.

Fonti originali - Messaggio e-mail di Tamara Badini a Claudio Ausilio del 3 febbraio 2015.

Messaggi e-mail di Tamara Badini a E. Varutti del 26 novembre 2021 e del 10 dicembre 2021.

Archivi – La consultazione degli archivi aretini è opera di Claudio Ausilio, che ha digitalizzato i materiali stampati.

Archivio fotografico Vestri, Montevarchi (AR), fotografie storiche.

Archivio della Parrocchia di San Martino a Levane, frazione di Montevarchi (AR), pubblicazione del 1902.

Cenni bibliografici e sitologici

- Tamara Badini, Il collegio Santa Gorizia. Una strada verso il mondo, Mariano del Friuli (GO), Edizioni della Laguna, 2013.

- Ivo Biagianti (a cura di), Al di là del filo spinato. Prigionieri di guerra e profughi a Laterina (1940-1960), Firenze, Centro Editoriale Toscano, 2000.

- Franco Cecotti, Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell'Isontino, dell'Istria, Gorizia, Goriziana editoriale, 2001.

Laterina: storia di un campo ‘dimenticato’, on line dal 16 febbraio 2020 su radiocora.it

- Preposto Giuliano Mangoni, La scuola Del Secco Fratini. Questione tra il Comune di Montevarchi e il Preposto di Levane, San Giovanni in Valdarno (AR), Tipografia di M. Righi e C., 1902.

- Emanuele Repetti, Dizionario Geografico Fisico Storico del Valdarno Superiore, 1833-1846, nel web.

- Mario Ristori, Montevarchi com’era, Omaggio ai Fotografi Vestri, nel web.

- Elio Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, Firenze, Aska edizioni, 2021.


Una splendida immagine dei fotografi Vestri col Ponte di Levane, visto da monte, primi decenni del Novecento

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Note - Progetto e ricerche di Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo). Testi di Elio Varutti (ANVGD di Udine) e Tamara Badini. Networking di Marco Birin e E. Varutti. Lettori: Tamara Badini, Claudio Ausilio e professor Stefano Meroi. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull'esodo giuliano dalmata, Udine e Delegazione ANVGD di Arezzo.

Fotografie della collezione di Tamara Badini, dei fotografi Vestri, di Claudio Ausilio e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente è: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi.


giovedì 27 febbraio 2020

Luigi Del Vita, bersagliere da Montevarchi ucciso nell’eccidio di Tolmino, 1945


I massacri dei titini, dopo il 1945, anche in Toscana come in altre parti d’Italia hanno lasciato qualche famiglia che non si dà pace per la perdita di un proprio parente. C’è da dire che l’Italia di Mussolini, con Hitler e soci, aveva invaso la Jugoslavia nel 1941. Poi mutarono le sorti del conflitto.

Succede a Montevarchi, in provincia di Arezzo, un comune italiano di 24.481 abitanti. È il caso di Luigi Del Vita, un bersagliere diciannovenne del Reggimento Volontari “L. Manara”, I Battaglione “B. Mussolini”. È figlio di Mario, nato a Montevarchi (AR) il 14/09/1926. La data della sua scomparsa o uccisione è fissata al mese di maggio 1945 in località “Tolmino-Santa Lucia”, nella provincia di Gorizia del Regno d’Italia, oggi Slovenia. Questi sono dati contenuti nell’Elenco “Livio Valentini”, Caduti Repubblica Sociale Italiana, disponibile in Internet. Del Vita stava nello stesso reparto del tenente Oscar Busatti, di Ferrara, di cui il redattore del blog presente ha già scritto qualche giorno fa.
In una fotografia della collezione familiare Luigi Del Vita si è fatto ritrarre in sella ad una bicicletta, con la sigaretta in mano, forse per mostrare qualcosa di più dell’età che aveva e la dedica è tutta per la “mamma Pasqualina”. La famiglia Del Vita era molto nota a Montevarchi, tanto che si ricorda il nonno Giustino, perché sin dal 1902 aveva aperto un’edicola cartolibreria, che divenne un punto di riferimento in paese (Vezzosi; vedi in Bibliografia). Nonno Giusto in effetti è citato, a pag. 1626, come “cartolaio” del mandamento di Montevarchi nell’Annuario d’Italia, Guida generale del Regno, Roma, Bontempelli, anno XIV, disponibile alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
Il bersagliere Del Vita Luigi di Montevarchi, classe 1926, della 3^ compagnia è fra i 79 uccisi, dopo la fine della guerra, nella caverna a Tolmino. Poi i titini minano l’ingresso della grotta e fanno saltare in aria il varco, per cancellare le prove dell’orribile strage. Il suo nominativo sta nella lista ufficiale alla quale fa riferimento Onorcaduti Italia per il recupero delle salme, in collaborazione con la corrispondente Onorcaduti della Slovenia. Nel 2018 Onorcaduti della Croazia ha collaborato fattivamente per l’esumazione di nove resti umani nella fossa comune di Castua, presso Fiume, eliminati dai titini il 4 maggio 1945, tra i quali sono state identificate le spoglie del senatore Riccardo Gigante e del vicebrigadiere dei Carabinieri Alberto Diana. Alcuni di tali resti ossei, oggi, riposano nel Tempio Ossario di Udine.
Sebastiano Pio Zucchiatti, 79 bersaglieri uccisi dai titini nella caverna di Tolmino, pastelli su cartoncino, cm 21 x 29, 2020 (courtesy dell’Artista)

Anche in base alle ricerche di Luigi Papo: “Del Vita Luigi, nato nel 1926 a Montevarchi, bersagliere [risulta] prigioniero nella ‘gabbia’ di Tolmino, ucciso nei primi del maggio 1945”. Si allude, forse, ad una cancellata che chiudeva l’ingresso della caverna. È menzionato dal Ministero degli Esteri Sloveno lo stesso Del Vita Luigi, secondo Nataša Nemec, ricercatrice di Nova Gorica (Slovenia) con la seguente dicitura, mostrando un lieve errore nel cognome: “De Vita Luigi, bersagliere”.
Alcune notizie sono emerse da una comunicazione e-mail a Claudio Ausilio, del 20 febbraio 2012, di Francesca-Paola Montagni Marchiori, che gestisce l’archivio storico del battaglione ed è responsabile del gruppo famigliari dei caduti e assassinati del Battaglione presso I Battaglione Bersaglieri Volontari. “Gli artefici del ritrovamento – ha scritto Francesca-Paola Montagni Marchiori – sono stati i reduci con l’aiuto dell’esule da Tolmino Dott. Liberini che da bambino fu testimone dei fatti [allora egli] ha steso una accurata perizia consegnata dai reduci a Onorcaduti del Ministero della Difesa e che è il documento che identifica i siti e sul quale si sono basate le indagini geofisiche dei periti geologi. Inoltre il battaglione fu fondato e aveva il suo comando a Verona e nacque dalle ceneri dell’8 Reggimento”.
Luigi Del Vita, in abiti borghesi, in una fotografia della collezione familiare, con tenera dedica alla mamma Pasqualina

Titini a Gorizia coi consiglieri sovietici
È risaputo che l’occupazione di Gorizia da parte dei miliziani di Tito, assistiti da consiglieri sovietici, durò 40 giorni, durante i quali furono arrestati centinaia di italiani. Gli artificieri iugoslavi fecero persino saltare i ponti sull’Isonzo, rallentando così l’arrivo delle truppe alleate, per procedere meglio alla caccia degli italiani, innalzando i cartelli "Gorica je naša" (Gorizia è nostra). Poi puntarono sul Tagliamento. Esiste un elenco di 651 civili e militari arrestati a Gorizia e deportati dai titini fra il 1° maggio e il 12 giugno 1945 che, pur necessitando di ovvi aggiornamenti, rappresenta il teatro delle eliminazioni al confine orientale. In ogni pattuglia titina aggirantesi per la città con tanto di elenco, durante la cattura, partecipa pure un partigiano garibaldino italiano, per individuare meglio i potenziali catturandi (Scomparsi Da Gorizia, pag. 18).
Riguardo alla presenza di consiglieri russi Antonio Zappador, esule istriano, ha riferito che a Verteneglio due militari ucraini, in veste di consiglieri sovietici, avendo riconosciuto sua madre Olga Alexsandrovna Rackowsckij, della nobiltà ucraina, le si sono inginocchiati accanto baciandole la veste, alla faccia dell’uguaglianza socialista.
Luigi Del Vita, foto dal giornale "La Nazione", Cronaca di Arezzo del 1° agosto 1995, che si ringrazia per la pubblicazione e diffusione nel blog

Fonti orali e del web
- Comunicazione e-mail a Claudio Ausilio, di Montevarchi (AR) del 20 febbraio 2012, di Francesca-Paola Montagni Marchiori sull’eccidio della caverna di Tolmino.
- Antonio Zappador, Verteneglio 1939. Intervista di Elio Varutti del 23 febbraio 2020 a Fossoli di Carpi (MO).

Ringraziamenti
Per il presente articolo la redazione del blog è riconoscente al signor Claudio Ausilio, esule da Fiume e socio dell’ANVGD di Arezzo, che ha fornito gentilmente i materiali di ricerca, nonché la fotografia del bersagliere scomparso, contattandone i suoi familiari e proseguendo una tradizionale e collaudata collaborazione con l’ANVGD di Udine. Si ringrazia Giovanni Doronzo per la fotografia di Dignano d'Istria. Grazie a Daniela Zatta, discendente di Del Vita per l'immagine del suo caro parente.

Collezione familiare
Daniela Zatta, nipote di Luigi Del Vita, Montevarchi (AR), fotografia.

Cenni bibliografici
- Annuario d’Italia, Guida generale del Regno, Roma, Bontempelli, anno XIV.
- Associazione Congiunti dei Deportati in Jugoslavia, Gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945, a cura del Comune di Gorizia, Gorizia, 1980.
- Guglielmo Vezzosi, “Massacrato. A guerra finita”, «La Nazione», Cronaca di Arezzo, 1 agosto 1995 (o 1° settembre).

Sitologia
Giovanni Doronzo, Muro di Dignano d'Istria con storiche pitture, febbraio 2020 (courtesy dell'Autore)
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Testi e ricerche di Claudio Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo che si ringraziano per la cortese concessione alla diffusione e pubblicazione nel blog presente e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI – 33100 Udine.– orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.