UDINE - È stato ricordato l’ingegnere Silvio Cattalini, nato
a Zara nel 1927 e morto a Udine nel 2017, alla presentazione di un recente
romanzo. Era lunedì 12 giugno 2017, quando lo scrivente ha illustrato al
pubblico il libro di Elettra e Maria Serenella Candiloro, intitolato “Voci dal silenzio”. Edito a San Giuliano Terme, (PI), dalla casa editrice Dreambook nel
2016, il romanzo è sull’esodo da Fiume, nel Quarnaro e su un’intensa biografia
familiare.
Federico Vicario, a sinistra, Maria Serenella e Elettra Candiloro con Elio Varutti. Fotografia di D&C
L’evento pubblico è stato organizzato dal Comitato
Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia
(ANVGD), in collaborazione con la Società Filologica Friulana. La presentazione
si è tenuta presso la “Cjanive de Filologjiche” (La Cantina della Filologica),
in Via Manin 18/a di Udine, alle ore 18.00.
Erano presenti le autrici. Il volume, oltre a una vicenda
dell’esodo di italiani da Fiume (seconda guerra mondiale), contiene qualche
termine in lingua friulana e una storia di emigrazione da Valeriano, vicino a
Pordenone a Fiume, nel Golfo del Quarnaro, di fine Ottocento come terrazzai.
Ha fatto gli onori di casa il professor Federico Vicario, presidente della
Società Filologica Friulana. Ha voluto salutare il folto pubblico in lingua
friulana. Poi Varutti ha portato il saluto di Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD. Varutti è intervenuto nella sua veste di vice
presidente dell’ANVGD di Udine. Tra i presenti c’erano anche Bruna Travaglia,
esule da Albona, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Eda Flego,
profuga da Pinguente ed altri fuoriusciti da Fiume, Istria e Dalmazia.
Una parte del pubblico alla Cjanive de Filologjiche per le sorelle Candiloro. Fotografia di Giorgio Gorlato
Che romanzo è?
Questo avvincente volume appartiene in pieno alla seconda
generazione della letteratura dell’esodo. Quella che non rivendica
autoreferenzialità, ma che espone in modo pacato le vicende, senza rancori
bollenti. Il testo presenta vari spunti di auto-riflessione. È impostato su una
serie di biografie descritte dal personaggio immaginario nei brani, ma che ha
un riscontro diretto nella realtà del clan familiare delle Candiloro. Queste sorelle,
che oggi vivono a Piombino con gli attuali legami familiari, vantano delle
ascendenze, oltre che da Fiume, anche dal Friuli e dalla Sicilia.
È questo un tipo di scrittura venuto a galla dopo gli anni
2004-2007. Ossia dopo l’approvazione della legge sul Giorno del Ricordo (2004)
e dopo il celebre discorso (2007) del presidente Giorgio Napolitano di denuncia
del silenzio della storia sui fatti delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata
dei 350 mila profughi italiani fuggiti dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.
Alcuni di loro, a questo proposito, rifiutano il verbo
“fuggire”, ma la paura c’era. La gente spariva di sera. Venivano a prenderla in
sette-otto in divisa. Caricavano gli italiani su un camion “per precisazioni”, dicevano i
titini. Sparivano così, non si sapeva più nulla di loro. Più tardi si scoprirono le uccisioni nelle foibe. Ammutolirono in molti. Qualcuno cercò informazioni dalle autorità titine. Sparì pure lui o lei.
Oggi gli esuli ci tengono a precisare che fu un’uscita autorizzata, dopo avere optato per l’Italia. Con documenti regolari, insomma, anche se aspettati per vari anni dagli uffici di Zagabria.
Oggi gli esuli ci tengono a precisare che fu un’uscita autorizzata, dopo avere optato per l’Italia. Con documenti regolari, insomma, anche se aspettati per vari anni dagli uffici di Zagabria.
Elio Varutti legge un brano del libro delle sorelle Candiloro. Fotografia di D&C
Ma quanto gli è costata quella uscita? È proprio vero che fu
un trasloco qualsiasi, oppure fu un autentico fuggifuggi dalle prevaricazioni
titine, dalle violenze e dalla paura di finire ucciso nella foiba?
Sin dalla copertina, che riporta un’elegante illustrazione
acquerellata di Sara Angiolini, c’è una citazione dell’esodo giuliano dalmata,
con bambini, ragazze in gruppo e due donne che portano una cesta, nella fuga
dalla Jugoslavia di Tito. Quell'immagine è ormai un'icona dell'esodo degli
italiani dall'Istria col piroscafo Toscana.
Tutto è incentrato sulla vita a Fiume, nel Quarnaro, di una
coppia di giovani che si sposano nel 1938. Poi arrivano i venti di guerra e lui
parte per la Libia, essendo stato richiamato militare, lasciando la giovane
sposa in attesa di una bambina.
Il libro è tutto con nomi di fantasia, ma si incardina sulla
storia vera ed avvincente della famiglia delle autrici e dei loro avi. Le
stesse scrittrici mostrano, per così dire, una certa dicotomia
nell’appartenenza socio-territoriale. Cerco di spiegare meglio. La primogenita
è nata a Fiume, mentre la secondogenita nasce a Udine, durante l’esilio dei
genitori, che come capita alle genti dell’esodo d’Istria, Fiume e Dalmazia, li
porta in varie parti d’Italia: Friuli, Sicilia e Toscana. Alla fin fine sono
questi i luoghi dei nonni e degli studi universitari delle giovani degli anni
1950-1960.
Una parte del pubblico. In primo piano la signora Maria Lunazzi Mansi, di Fiume. Fotografia di D&C
La prima autrice è molto legata alla città mitteleuropea di
Fiume italiana. Ambra (questo è lo pseudonimo) descrive il legame profondo dei
fiumani con la città. C’è il significato profondo della perdita dello spirito
fiumano, oltre ai beni materiali, come le case, i negozi, i magazzini, i
cantieri e le industrie. «Quello che è
andato perduto – è scritto a pag. 112 del volume – quello che i fiumani
rimpiangono di più, è lo spirito di una città che sentivano diversa, amica,
calda ed accogliente, anche con chi non vi era nato, ma vi era giunto in un
momento della sua vita. No, se non si è vissuti a Fiume, non si può capire».
La sorella nasce a Udine, con la famiglia in esilio. Giuditta
(nella finzione del libro romanzo) si sente cittadina udinese. Lo scrive (alle
pagine 182 e 211). La vita della famigliola fiumana nel capoluogo friulano si
sviluppa in Baldasseria Bassa, dove le giovani ricordano i lavatoi sul canale
Ledra. Le donne andavano a lavare i panni presso tali lavatoi. Ce n’erano
diversi in città.
Il volume rivela la storia di un insegnante di ragioneria e
tecnica commerciale, divenuto preside dell’Istituto Zanon, del Deganutti e
poi del Marinoni di Udine. Con Ignazio
Candiloro l’istituto autonomo dei geometri, staccatosi dallo Zanon nel 1961,
sarà intitolato a “Gian Giacomo Marinoni”. La proposta di dedicare la nuova scuola
per i geometri friulani a un friulano del Seicento giunge curiosamente da un
siculo, che fece il militare a Pola, emigrò a Fiume per lavoro e finì esule tra
Friuli, Sicilia e Toscana. Marinoni era un patrizio udinese al servizio dell’imperatore d’Austria, come
matematico capo di corte.
Francesco, alias Ignazio Candiloro, è il protagonista
principale del libro. Nel volume c’è tanta storia: l’amore nato a Fiume, la
guerra in Libia, il campo di prigionieri italiani di Yol (India), i titini, le
foibe, Caporetto, la questione di Fiume con D’Annunzio che girava per la città
del Quarnaro col suo cavallo bianco. C'è tanto Friuli, si va da Pinzano a
Valeriano, Ragogna, San Daniele, ai baracconi di Udine (luna park e ambulanti)
e molto altro.
Maria Serenella Candiloro, Elio Varutti e Elettra Candiloro. Fotografia di Giorgio Gorlato
Dibattito e contributi
dei presenti
Nel ricco dibattito che si è svolto è intervenuta Annalisa Vucusa, di padre zaratino, autrice di Sradicamenti.
La Vucusa ha pure accennato all’esistenza di una sindrome dello sradicamento, o
di una sorta di lacerazione identitaria per certi discendenti dell’esodo giuliano dalmata. «Non ci sentiamo legati a nessun luogo
– ha detto la professoressa Vucusa – perché siamo stati strappati dalle nostre
terre».
Secondo gli psicologi la sindrome da sradicamento si avvicina
a quella da abbandono. In quest’ultima c’è la sofferenza per aver perso
qualcuno o per certi debiti affettivi. Ne soffrono gli umani, ma non solo. C’è
il senso della perdita del genitore. Si sta persi ed indifesi nell’universo. Con
la sindrome da sradicamento c’è chi ha vissuto interiormente il senso di
perdere la patria.
Elettra Candiloro rispondendo alle domande del pubblico ha
spiegato perché non ha voluto e non vuole mettere più piede a Fiume. «La città che io conoscevo da bambina e dai
racconti dei miei genitori non c’è più – ha concluso – oggi c’è Rijeka».
C’è stato poi un contributo della signora Maria Lunazzi
Mansi, cresciuta a Fiume. «Ricordo
il Ricovero Branchetta – ha detto rivolgendosi alle sorelle Candiloro – e poi
le scuole medie Silvio Pellico, la
mia maestra era Maria Elisa Fortino… ah, io abitavo in Via Fratelli Branchetta,
ricordate anche voi le scuole Silvio
Pellico?» Tale scuola è citata alle pagine 42 e 43 di un altro volume intitolato Ricordo di Fiume., edito dai Giuliani nel Mondo
Ci sono state alcune risposte, altre domande o contributi. Le Candiloro
hanno autografato vari libri, fatto le dediche ai presenti che si sono fermati
al termine dell’incontro per varie ciacole.
Fiume in una foto dei Primi '900 che curiosamente taglia l'aquila della Torre civica
Cenni bibliografici
- Elettra e Maria Serenella Candiloro, Voci dal silenzio, San Giuliano Terme (Pisa), Dreambook, 2016, euro
13, pagg. 226.
ISBN 978-8899830052
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Un cenno bibliografico merita pure Ignazio Candiloro, per i
più appassionati della “Partita doppia” e contabilità:
- Candiloro,
Ignazio, Uomini, numeri e conti :
(biografie e saggi), Roma, Palombi, 1975-1985.
La pubblicazione suddetta contiene i seguenti temi: Leonardo
Fibonacci, matematico e computista. Antonio Zanon, economista friulano del
Settecento. La figura di Fabio Besta nella storia della ragioneria. Luca Pacioli,
matematico del secolo XV. Vita e opere di G.G. Marinoni, scienziato friulano
del Settecento. La computisteria negli scritti dei matematici del XIII, XIV e
XV secolo. La partita doppia ed il «Tractatus XI» di Luca Pacioli. La letteratura
contabile del secolo XVI. La letteratura contabile del secolo XVII (parte
prima). La letteratura contabile del secolo XVII (seconda parte). Si tratta di
un estratto da: «Istruzione tecnica e professionale», 1975-1985.
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