sabato 17 giugno 2017

Presentato “Voci dal silenzio”, libro delle Candiloro sull’esodo dal Quarnaro

UDINE - È stato ricordato l’ingegnere Silvio Cattalini, nato a Zara nel 1927 e morto a Udine nel 2017, alla presentazione di un recente romanzo. Era lunedì 12 giugno 2017, quando lo scrivente ha illustrato al pubblico il libro di Elettra e Maria Serenella Candiloro, intitolato “Voci dal silenzio”. Edito a San Giuliano Terme, (PI), dalla casa editrice Dreambook nel 2016, il romanzo è sull’esodo da Fiume, nel Quarnaro e su un’intensa biografia familiare.
Federico Vicario, a sinistra, Maria Serenella e Elettra Candiloro con Elio Varutti. Fotografia di D&C

L’evento pubblico è stato organizzato dal Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), in collaborazione con la Società Filologica Friulana. La presentazione si è tenuta presso la “Cjanive de Filologjiche” (La Cantina della Filologica), in Via Manin 18/a di Udine, alle ore 18.00.
Erano presenti le autrici. Il volume, oltre a una vicenda dell’esodo di italiani da Fiume (seconda guerra mondiale), contiene qualche termine in lingua friulana e una storia di emigrazione da Valeriano, vicino a Pordenone a Fiume, nel Golfo del Quarnaro, di fine Ottocento come terrazzai.
Ha fatto gli onori di casa il professor Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana. Ha voluto salutare il folto pubblico in lingua friulana. Poi Varutti ha portato il saluto di Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD. Varutti è intervenuto nella sua veste di vice presidente dell’ANVGD di Udine. Tra i presenti c’erano anche Bruna Travaglia, esule da Albona, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Eda Flego, profuga da Pinguente ed altri fuoriusciti da Fiume, Istria e Dalmazia.
Una parte del pubblico alla Cjanive de Filologjiche per le sorelle Candiloro. Fotografia di Giorgio Gorlato

Che romanzo è?
Questo avvincente volume appartiene in pieno alla seconda generazione della letteratura dell’esodo. Quella che non rivendica autoreferenzialità, ma che espone in modo pacato le vicende, senza rancori bollenti. Il testo presenta vari spunti di auto-riflessione. È impostato su una serie di biografie descritte dal personaggio immaginario nei brani, ma che ha un riscontro diretto nella realtà del clan familiare delle Candiloro. Queste sorelle, che oggi vivono a Piombino con gli attuali legami familiari, vantano delle ascendenze, oltre che da Fiume, anche dal Friuli e dalla Sicilia.
È questo un tipo di scrittura venuto a galla dopo gli anni 2004-2007. Ossia dopo l’approvazione della legge sul Giorno del Ricordo (2004) e dopo il celebre discorso (2007) del presidente Giorgio Napolitano di denuncia del silenzio della storia sui fatti delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata dei 350 mila profughi italiani fuggiti dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.
Alcuni di loro, a questo proposito, rifiutano il verbo “fuggire”, ma la paura c’era. La gente spariva di sera. Venivano a prenderla in sette-otto in divisa. Caricavano gli italiani su un camion “per precisazioni”, dicevano i titini. Sparivano così, non si sapeva più nulla di loro. Più tardi si scoprirono le uccisioni nelle foibe. Ammutolirono in molti. Qualcuno cercò informazioni dalle autorità titine. Sparì pure lui o lei. 
Oggi gli esuli ci tengono a precisare che fu un’uscita autorizzata, dopo avere optato per l’Italia. Con documenti regolari, insomma, anche se aspettati per vari anni dagli uffici di Zagabria.
Elio Varutti legge un brano del libro delle sorelle Candiloro. Fotografia di D&C

Ma quanto gli è costata quella uscita? È proprio vero che fu un trasloco qualsiasi, oppure fu un autentico fuggifuggi dalle prevaricazioni titine, dalle violenze e dalla paura di finire ucciso nella foiba?
Sin dalla copertina, che riporta un’elegante illustrazione acquerellata di Sara Angiolini, c’è una citazione dell’esodo giuliano dalmata, con bambini, ragazze in gruppo e due donne che portano una cesta, nella fuga dalla Jugoslavia di Tito. Quell'immagine è ormai un'icona dell'esodo degli italiani dall'Istria col piroscafo Toscana.
Tutto è incentrato sulla vita a Fiume, nel Quarnaro, di una coppia di giovani che si sposano nel 1938. Poi arrivano i venti di guerra e lui parte per la Libia, essendo stato richiamato militare, lasciando la giovane sposa in attesa di una bambina.
Il libro è tutto con nomi di fantasia, ma si incardina sulla storia vera ed avvincente della famiglia delle autrici e dei loro avi. Le stesse scrittrici mostrano, per così dire, una certa dicotomia nell’appartenenza socio-territoriale. Cerco di spiegare meglio. La primogenita è nata a Fiume, mentre la secondogenita nasce a Udine, durante l’esilio dei genitori, che come capita alle genti dell’esodo d’Istria, Fiume e Dalmazia, li porta in varie parti d’Italia: Friuli, Sicilia e Toscana. Alla fin fine sono questi i luoghi dei nonni e degli studi universitari delle giovani degli anni 1950-1960.

Una parte del pubblico. In primo piano la signora Maria Lunazzi Mansi, di Fiume. Fotografia di D&C

La prima autrice è molto legata alla città mitteleuropea di Fiume italiana. Ambra (questo è lo pseudonimo) descrive il legame profondo dei fiumani con la città. C’è il significato profondo della perdita dello spirito fiumano, oltre ai beni materiali, come le case, i negozi, i magazzini, i cantieri e  le industrie. «Quello che è andato perduto – è scritto a pag. 112 del volume – quello che i fiumani rimpiangono di più, è lo spirito di una città che sentivano diversa, amica, calda ed accogliente, anche con chi non vi era nato, ma vi era giunto in un momento della sua vita. No, se non si è vissuti a Fiume, non si può capire».
La sorella nasce a Udine, con la famiglia in esilio. Giuditta (nella finzione del libro romanzo) si sente cittadina udinese. Lo scrive (alle pagine 182 e 211). La vita della famigliola fiumana nel capoluogo friulano si sviluppa in Baldasseria Bassa, dove le giovani ricordano i lavatoi sul canale Ledra. Le donne andavano a lavare i panni presso tali lavatoi. Ce n’erano diversi in città.
Il volume rivela la storia di un insegnante di ragioneria e tecnica commerciale, divenuto preside dell’Istituto Zanon, del Deganutti e poi del Marinoni di Udine. Con Ignazio Candiloro l’istituto autonomo dei geometri, staccatosi dallo Zanon nel 1961, sarà intitolato a “Gian Giacomo Marinoni”. La proposta di dedicare la nuova scuola per i geometri friulani a un friulano del Seicento giunge curiosamente da un siculo, che fece il militare a Pola, emigrò a Fiume per lavoro e finì esule tra Friuli, Sicilia e Toscana. Marinoni era un patrizio udinese al servizio dell’imperatore d’Austria, come matematico capo di corte.
Francesco, alias Ignazio Candiloro, è il protagonista principale del libro. Nel volume c’è tanta storia: l’amore nato a Fiume, la guerra in Libia, il campo di prigionieri italiani di Yol (India), i titini, le foibe, Caporetto, la questione di Fiume con D’Annunzio che girava per la città del Quarnaro col suo cavallo bianco. C'è tanto Friuli, si va da Pinzano a Valeriano, Ragogna, San Daniele, ai baracconi di Udine (luna park e ambulanti) e molto altro.
Maria Serenella Candiloro, Elio Varutti e Elettra Candiloro. Fotografia di Giorgio Gorlato


Dibattito e contributi dei presenti
Nel ricco dibattito che si è svolto è intervenuta Annalisa Vucusa, di padre zaratino, autrice di Sradicamenti. La Vucusa ha pure accennato all’esistenza di una sindrome dello sradicamento, o di una sorta di lacerazione identitaria per certi discendenti dell’esodo giuliano dalmata. «Non ci sentiamo legati a nessun luogo – ha detto la professoressa Vucusa – perché siamo stati strappati dalle nostre terre».
Secondo gli psicologi la sindrome da sradicamento si avvicina a quella da abbandono. In quest’ultima c’è la sofferenza per aver perso qualcuno o per certi debiti affettivi. Ne soffrono gli umani, ma non solo. C’è il senso della perdita del genitore. Si sta persi ed indifesi nell’universo. Con la sindrome da sradicamento c’è chi ha vissuto interiormente il senso di perdere la patria.
Elettra Candiloro rispondendo alle domande del pubblico ha spiegato perché non ha voluto e non vuole mettere più piede a Fiume. «La città che io conoscevo da bambina e dai racconti dei miei genitori non c’è più – ha concluso – oggi c’è Rijeka».
C’è stato poi un contributo della signora Maria Lunazzi Mansi, cresciuta a Fiume. «Ricordo il Ricovero Branchetta – ha detto rivolgendosi alle sorelle Candiloro – e poi le scuole medie Silvio Pellico, la mia maestra era Maria Elisa Fortino… ah, io abitavo in Via Fratelli Branchetta, ricordate anche voi le scuole Silvio Pellico?» Tale scuola è citata alle pagine 42 e 43 di un altro volume intitolato Ricordo di Fiume., edito dai Giuliani nel Mondo

Ci sono state alcune risposte, altre domande o contributi. Le Candiloro hanno autografato vari libri, fatto le dediche ai presenti che si sono fermati al termine dell’incontro per varie ciacole.

Fiume in una foto dei Primi '900 che curiosamente taglia l'aquila della Torre civica

Cenni bibliografici
- Elettra e Maria Serenella Candiloro, Voci dal silenzio, San Giuliano Terme (Pisa), Dreambook, 2016, euro 13, pagg. 226.
ISBN 978-8899830052
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Un cenno bibliografico merita pure Ignazio Candiloro, per i più appassionati della “Partita doppia” e contabilità:            
- Candiloro, Ignazio, Uomini, numeri e conti : (biografie e saggi), Roma, Palombi, 1975-1985.

La pubblicazione suddetta contiene i seguenti temi: Leonardo Fibonacci, matematico e computista. Antonio Zanon, economista friulano del Settecento. La figura di Fabio Besta nella storia della ragioneria. Luca Pacioli, matematico del secolo XV. Vita e opere di G.G. Marinoni, scienziato friulano del Settecento. La computisteria negli scritti dei matematici del XIII, XIV e XV secolo. La partita doppia ed il «Tractatus XI» di Luca Pacioli. La letteratura contabile del secolo XVI. La letteratura contabile del secolo XVII (parte prima). La letteratura contabile del secolo XVII (seconda parte). Si tratta di un estratto da: «Istruzione tecnica e professionale», 1975-1985.

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