Pubblichiamo volentieri un articolo,
scritto da Carlo Cesare Montani, in memoria di Italo Gabrielli, un esule da
Pirano, scomparso l'altro ieri a Trieste. Ringraziamo il signor Montani, esule da Fiume, per questo accorato
intervento e per il corredo fotografico del servizio sottostante, ove non
altrimenti indicato. Lo scomparso Italo Gabrielli, già presidente dell'Unione degli Istriani,
nell'autunno 1972 dalle pagine de “Il Piccolo” indusse il maresciallo Tito a
dichiarare che “oltre 300 mila istriani hanno lasciato l’Istria”. Fu il primo
di una serie di articoli, segnalazioni, opinioni, pareri, interventi e
volantini, in difesa della verità e dei diritti degli Esuli pubblicati su vari
giornali. (a cura di E.V.)
Italo Gabrielli. Foto Montani
Onore a Italo Gabrielli.
Pensiero e azione di un patriota esule dall’Istria
Esule da Pirano, patriota intemerato e straordinario
protagonista della lunga battaglia contro la stipula e la ratifica del trattato di Osimo che nel 1975 diede alla Jugoslavia l’ultimo lembo dell’Istria
italiana, in spregio di etica e diritto, e senza contropartite di sorta, il professor Italo Gabrielli è “andato avanti”. Ha affidato alla storia un messaggio
di autentica fede e di indomita speranza, e spunti di riflessione sempre
attuali, che costituiscono un forte memento per tutti, ed in primo luogo per
coloro che continuano a perseguire obiettivi contingenti all’insegna
dell’opportunismo, facendo strame dei valori di un’antica e nobile civiltà.
Nella vicenda istriana, giuliana e dalmata dell’ultimo mezzo
secolo Gabrielli, scomparso alla vigilia dei 97 anni, spesi al servizio della
Patria e della scienza, ha svolto un ruolo di grande rilievo morale, ancor
prima che politico. Senza di lui e senza il suo impegno convinto e tenace, i
fautori di Osimo avrebbero trovato ostacoli meno significativi nel loro disegno
oggettivamente colpevole. È vero che la “Zona B” venne perduta, col sacrificio
di Buie, Cittanova, Isola, Pirano ed Umago, andato ad aggiungersi a quello
assai più ampio compiuto sottoscrivendo il “diktat” (10 febbraio 1947), ma se
non altro il disegno di creare una Zona franca industriale a cavallo del Carso,
in territorio italiano e jugoslavo, che avrebbe ulteriormente pregiudicato
l’avvenire di Trieste, venne scongiurato. Lo stesso dicasi per altre ipotesi
d’intervento a carico dell’Italia, tra cui la surreale realizzazione di una
faraonica idrovia che avrebbe dovuto unire l’Adriatico al bacino del Danubio,
scavalcando elevate altitudini, con quali costi è facile immaginare.
Il percorso patriottico di Italo Gabrielli è stato un segno
di incrollabile coerenza di tutta la vita, a partire dal lunghissimo impegno in
armi iniziato nel 1941, e trovando momenti di massimo impegno civile nel quinquennio
successivo ad Osimo. In quel periodo - anche nel ruolo di Presidente
dell’Unione degli Istriani - egli seppe porre in luce con encomiabile
oggettività le responsabilità degli “osimanti” e le connivenze di cui costoro
ebbero a fruire “in alto loco”: fra le tante, persino quella del Presidente
della Repubblica Giovanni Leone, il quale si permise di assicurare a Lino
Sardos Albertini, andato a Roma con una folta delegazione triestina a
rappresentare l’inopportunità della ratifica, che non avrebbe mai sottoscritto
la legge, mentre l’aveva già controfirmata poche ore prima. Erano tempi duri,
in cui si rischiava anche di persona, perché l’imperativo, nell’epoca plumbea
della “solidarietà nazionale” e della “non sfiducia”, era quello di sopire e
quando necessario, di soffocare le sacrosante proteste degli esuli e di tutti i
veri italiani; ma Gabrielli, assieme a tanti altri patrioti, non era certo uomo
da tirarsi indietro, ed ebbe modo di dimostrarlo tangibilmente.
Pirano, Palazzo Gabrielli. Fotografia Montani
In proposito, non è fuori luogo ricordare come la “Lista per
Trieste”, sorta quale spontanea reazione alla nequizia di Osimo, avesse
raccolto 65 mila firme per sottolineare il carattere popolare di un’opposizione
che ebbe carattere interclassista ed interpartitico, ma sempre all’insegna di
un beninteso patriottismo dal volto umano. Del resto, il clamoroso successo
elettorale della “Lista” ed i forti ridimensionamenti delle forze politiche
governative e della stessa sinistra, avrebbero dimostrato, ben oltre talune
approssimative interpretazioni autonomistiche, che l’anima della città di San
Giusto era sempre quella del 3 novembre 1918, quando accolse i primi
bersaglieri.
Le occasioni perdute furono tante anche in tempi successivi,
a cominciare dall’inizio degli anni novanta, quando la Repubblica federativa
jugoslava, catafratta da una crisi economica senza precedenti e senza uguali,
cadde come un castello di carte. Gabrielli, che nel frattempo aveva fondato il
Gruppo “Memorandum 88” in cui convennero le forze migliori del movimento
giuliano e dalmata, profuse le forze della sua esperienza e del suo
patriottismo, collezionando ripetute “sconfitte” di cui parlava sempre con rammarico,
ma nello stesso tempo con la matura consapevolezza di avere compiuto il proprio
dovere e di avere gettato un buon seme destinato a germogliare, perché la
storia costituisce un perenne divenire, imponendo, come avrebbe detto San
Paolo, il dovere di “essere pronti”.
Cattolico di comprovata osservanza, ed in quanto tale sempre
pronto ad impegnarsi in favore della giustizia e della verità, Italo sapeva e
voleva confrontarsi con la triste realtà “effettuale” dei suoi tempi, ma senza
compromessi sul piano dei valori morali e delle “alte non scritte ed inconcusse
leggi” che dovrebbero prevalere sul diritto positivo, almeno nel cuore degli
uomini liberi. In questa ottica, il Presidente Gabrielli, unitamente a coloro
che si impegnarono al suo fianco, non può e non deve essere considerato un
“perdente” sia pure a termine: al contrario, esce da una lunga e complessa
esperienza come vero vincitore sul piano dell’ethos, diversamente da tutti
coloro che affossarono le “speranze d’Italia” nel 1947 a Parigi, nel 1975 ad
Osimo, e più tardi, quando riconobbero in modo smaccatamente gratuito
l’indipendenza delle nuove Repubbliche di Croazia e Slovenia; o peggio, quando
rinnegarono le scelte per cui si erano immolati i Martiri triestini del maggio
1945 (Corso Italia) e quelli del novembre 1953 (Chiesa di Sant’Antonio), senza
dire delle migliaia di cittadini inermi ed incolpevoli, infoibati od altrimenti
massacrati dai partigiani slavi e dai loro corifei.
Cartolina de Piran. Da Facebook
Il tricolore italiano e la bandiera dell’Istria erano
particolarmente cari alla mente ed al cuore di Italo, quali simboli dei valori
di fede e di speranza cui si faceva riferimento, tanto più saldi in un Uomo
come lui, che non aveva mai fatto mistero della sua milizia cristiana, e tanto
più esemplari in chi aveva perduto, assieme alla propria terra, importanti beni
materiali, ceduti per cifre unitarie meno che marginali. Del resto, il vessillo
regionale, con la sua celebre capretta, sottintende una paziente ma pervicace
attesa: il “grido dell’Istria” dei terribili anni quaranta non può, non deve
avere echeggiato invano.
Gabrielli si è battuto con costante coraggio - giova
sottolinearlo - anche per le questioni riguardanti l’indennizzo e laddove
possibile, la restituzione dei suddetti beni, evidenziando quanto siano state
diffuse e ricorrenti le responsabilità e le menzogne istituzionali. Ciò, per
un’esigenza elementare di giustizia, essendo a più forte ragione iniquo che gli
esuli abbiano dovuto pagare doppiamente: dapprima perché costretti a lasciare i
propri focolari ed ancor più dolorosamente le tombe avite, e poi per essersi
dovuti fare carico, loro malgrado, di una parte molto significativa dei debiti
di guerra. Ciò, ben s’intende, senza pregiudizio veruno per i valori
essenziali: del resto, come fu detto, chi ha cura del poco, a più forte ragione
avrà cura del molto.
Col trattato di Osimo, ancor prima che una vergogna, come
talvolta si sente tuttora ripetere, fu commesso un reato imprescrittibile,
quello di alto tradimento: all’epoca, avrebbe potuto e dovuto essere punito con
la pena dell’ergastolo, che solo parecchi anni più tardi, grazie ad una
sorprendente maggioranza “trasversale”, sarebbe stata ampiamente ridotta,
assieme a quella per il reato di oltraggio alla bandiera, declassato a semplice
illecito amministrativo. Ebbene, ad Italo Gabrielli si deve dare atto della
coerenza con cui si è sempre battuto nel campo dell’onore, contro Osimo ed i
suoi artefici, ma più generalmente, per obiettivi di giustizia, onde fossero
riconosciuti i gravissimi torti subiti dagli esuli, spesso fino al delitto, e
con essi, la verità storica. Eppure, i giuliani, gli istriani e i dalmati,
popolo paziente come pochi, erano immuni da colpe, salvo quella, peraltro
indelebile, del “reato di Italianità”.
Pirano ai primi del '900. Da Facebook
L’impegno a tutto campo di questo autentico “vir bonus cum
mala fortuna compositus” è stato tanto più commendevole, perché ha sempre
ignorato i limiti della bassa politica, all’insegna di valori universali, con
l’obiettivo di non disperdere l’esempio dei Martiri: da quelli del primo irredentismo,
simboleggiati nei grandi Nomi di Guglielmo Oberdan e di Nazario Sauro, a quelli
di una tragedia epocale che si tradusse nelle foibe o nella strage di Vergarolla, a guerra abbondantemente finita (18 agosto 1946). Non va
trascurato, peraltro, uno scopo di maggiore impatto che il grande patriota
istriano, con indiscutibile ed evidente merito, ha inteso perseguire
contestualmente: promuovere un’informazione “formativa” a tutto campo per cui
la grande massa degli ignari possa finalmente apprendere e comprendere, ed i
migliori si apprestino, sull’esempio di Italo, a muovere con rinnovata lena
verso “egregie cose”.
“Non omnis moriar”. L’affermazione di Orazio è sempre valida
per chi, come il professore, lascia un segno tangibile della sua presenza nel mondo
ed affida alle future generazioni un testimone ed un esempio di alto valore
spirituale. Italo Gabrielli: presente!
Biografia di Italo
Gabrielli
Italo Gabrielli (Pirano 26 gennaio 1921 - Trieste 5 gennaio
2018), discendente da un’antica famiglia istriana di consolidate tradizioni
irredentiste, dopo avere ottenuto la maturità classica presso il Liceo “Combi”
di Capodistria, si iscrisse alla Facoltà di Fisica presso la Normale di Pisa, dove conseguì la laurea
nel 1946, a seguito di un lungo periodo sotto le armi e l’esodo a Trieste.
Nominato assistente presso la nuova Facoltà di Ingegneria del capoluogo
giuliano, intraprese la carriera dell’insegnamento come professore associato,
proseguita fino al 1991, alternandola con ripetute collaborazioni in Italia ed
all’estero, fra cui l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il Consiglio
Nazionale delle Ricerche, il CERN di Ginevra, il Lawrence Radiation Laboratory
di Berkeley (California), i Centri francesi di Grenoble e Saclay e quello
polacco di Danzica: durante tali attività, fu Autore di oltre 80 pubblicazioni
scientifiche su Riviste internazionali del settore, ed intervenne a Congressi
di fisica in numerosi Paesi, quali Italia, Belgio, Francia, Giappone, Gran
Bretagna, Jugoslavia ed Unione Sovietica. Il multiforme impegno a livello
universitario e nel campo della ricerca non gli precluse l’impegno politico,
tradottosi in alcune centinaia di pubblicazioni monografiche e di articoli in
difesa di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, ingiustamente sacrificate allo
straniero.
Tra le opere di
maggiore impatto specifico firmate da Italo Gabrielli, cfr. “Dove l’Italia non
poté tornare” (1954-2004), Associazione Culturale Giuliana, Trieste 2004, pagg.
48 (per il cinquantenario del ripristino della sovranità nazionale sulla città
di San Giusto); “La mia vita di Esule”, in AA.VV., Il dovere della memoria,
Unione degli Istriani, Trieste 2008, pagg. 73-95 (con altre dieci testimonianze
di esuli e patrioti); “Istria Fiume Dalmazia: Diritti negati - Genocidio
programmato”, Edizioni Lithos Stampa, Udine 2011, pagg.160 (esaustiva
ricostruzione storica e giuridica dell’ultimo secolo di storia locale). Sempre
in prima linea nel suo costante impegno patriottico, Gabrielli fu Presidente
dell’Unione degli Istriani (1976-1981), Consigliere comunale della “Lista per
Trieste” (1982-1988) sorta quale espressione della protesta popolare contro il
trattato di Osimo, e fondatore del “Gruppo Memorandum 88” finalizzato a
promuovere la tutela delle terre adriatiche nuovamente irredente. Coniugato con
Alma Cosulich nel 1964, è padre di quattro figli (tra cui Marco - attuale
Presidente del Consiglio comunale di Trieste) che ne continuano l’opera.
Giova rammentare che, in occasione della struggente udienza
che il Santo Padre Giovanni Paolo II concesse agli esuli giuliani, istriani e
dalmati (26 ottobre 1985), il contributo di Italo Gabrielli alla realizzazione
ed all’organizzazione dell’iniziativa fu decisivo.
Carlo Cesare Montani
Cartolina di Pirano da Facebook, grazie a Paolo De Luise, de Piran
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Testo e opinioni di Carlo Cesare Montani, esule da Fiume. Ricerche
e networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e di Elio Varutti
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