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domenica 13 marzo 2022

Ecco Mario Candotto, da Ronchi, sopravvissuto al Campo di concentramento di Dachau

È riuscito a sopravvivere al lager perché lavorava in modo coatto per la BMW, vicino a Monaco di Baviera. Ci sapeva fare col tornio, nonostante le sue conoscenze di meccanica fossero dovute solo alla scuola, come ha raccontato. Solo così è riuscito a portare a casa la ghirba. Si sa che a Flossenbürg i tedeschi realizzano uno stabilimento sotterraneo BMW per la produzione di motori per mezzi corazzati, come ha scritto Maria Chiara Laurenti, nel 2007.

Lo scampato al lager è Mario Candotto, da Ronchi dei Legionari (GO) - foto sopra -, che ha detto di aver lavorato per la BMW a Trostberg, un sotto-campo di Dachau e, per tre mesi, dal 20 luglio 1944 in poi, anche a Markisch, in Bassa Lorena, annessa al Terzo Reich, in francese è: Sainte-Marie-aux-Mine. Ovvero: Santa Maria delle Miniere. La fabbrica là era in un tunnel ferroviario, per sfuggire ai bombardamenti angloamericani. Io dipendevo da un ‘meister’ in fabbrica, che non mi maltrattava, come invece facevano le guardie nel lager con baracche di 500 detenuti, anzi lui mi faceva trovare qualche pezzo di pane. L’ho rivisto nel dopoguerra e faceva finta di niente, ero assieme ad un altro sopravvissuto di Pola, che gli ha gridato: Ehi meister, così ci siamo messi a scambiare qualche parola. Il turno di lavoro in fabbrica era di 12 ore e quello che subentrava al mio posto era un croato del lavoro volontario, un ustascia, guai se avesse saputo che ero stato catturato come sospetto partigiano, perché me gaveria copà”.

Mi vuol parare di Dachau? “Sì, i nazisti in Campo di concentramento volevano cancellare l’essere umano – ha risposto – eravamo più di 32.000 prigionieri, ma per loro eravamo solo dei numeri. Negli appelli estenuanti al freddo io dovevo dire, in tedesco, il n. 69.610. Era tutto un gridare. Nessuna guardia parlava in modo normale. Il problema più grave era la fame. Poi le botte, il terrore, le urla e la divisa a righe, che oggi… digo el pigiama. Nel dopoguerra no te podevi parlar del Campo de concentramento neanche in famiglia. Iera robe che pochi i credeva, sembrava esagerazioni. Me diseva: Basta parlar de guera ”. Foto sotto: cartolina di Ronchi dei Legionari, viaggiata nel 1935 foto G. Peluchetti, Monfalcone.

Quando è stato arrestato a Ronchi dei Legionari e da chi? “Era il 24 maggio del 1944 – ha detto Candotto – all’alba arrivano i camion di tedeschi con i repubblichini per un rastrellamento. Hanno catturato una settantina persone, compresa la mia famiglia. Dopo si sa che 32 ronchesi sono morti nei lager. A casa mia sono entrati i repubblichini e sono andati a cercare in vari posti, compresa la vaschetta del water, dove avevo nascosto una bustina partigiana con la stella rossa [il copricapo è detto: la titovka, NdR]. Ci hanno portati via tutti. Con me c’erano mia mamma Maria Turolo, mie sorelle Ida e Fede, oltre a mio papà Domenico Candotto, detto Muini [in friulano], o Monego [in bisiaco, idioma di Ronchi e Monfalcone, NdR], perché era sagrestano a Porpetto (UD). Ci hanno trasferito al carcere del Coroneo di Trieste. Dopo un po’ di giorni ci hanno caricato sui carri ferroviari, non sapevamo perché, poi abbiamo visto il campo di concentramento. I carri con i prigionieri erano aperti, ma nessuno, per paura, tentava di scappare. Il grande rastrellamento nazista a Ronchi è stato possibile perché due partigiani avevano fatto la spia: erano un certo Florean, detto ‘Cicogna’ e il tale Soranzio, detto ‘Crock’, oppure: ‘Cubo”.

Sono diversi i partigiani doppiogiochisti, anzi troppi. Gli esperti ne parlano poco, forse perché la polvere del salotto è meglio lasciarla sotto il tappeto. È stato Mario Tardivo, presidente dell’ANED di Ronchi a fare i nomi di quelle due spie sulla Cronaca di Gorizia de «Il Piccolo» del 5 maggio 1999; si tratterebbe di Ferruccio Soranzio, nome di battaglia ‘Crock’ ed Umberto Florean ‘Cicogna’. Le cifre degli arresti di Ronchi sono state pubblicate su «Il Piccolo» del 26 maggio 2016. Gli arrestati sono imprigionati dalla “SIPO Triest” (Archivi di Arolsen). La Scherheitspolizei (SIPO) è la polizia di sicurezza tedesca di stanza a Trieste. Per i ronchesi ed altri detenuti il 31 maggio 1944 è il giorno di partenza per i lager nazisti.

Lager di Dachau - Scheda di Candotto Mario, nato nel 1926 a Polpetto (sic, in realtà: Porpetto). Arolsen Archives (D).

Com’è stata la liberazione a Dachau? “Ci sono arrivato il 2 giugno 1944 e alla fine pesavo circa 40 chili – ha replicato Mario Candotto – un prigioniero russo spilungone pesava solo 28 chili, la mattina del 29 aprile 1945 molte guardie SS erano scappate con i kapò resisi colpevoli di violenze e assassini di detenuti. Prima di quella giornata hanno preso 1.500 prigionieri dal nostro sotto-campo per ammassarli a Dachau, volevano far sparire tutte le tracce della prigionia. Non ci danno la sveglia alle 4,30 come al solito e c’era trambusto da qualche giorno, poco dopo abbiamo visto una jeep coi soldati americani vicino al Campo, era una grande gioia, ci hanno detto di stare calmi, per evitare spargimento di sangue e vendette varie sulle ultime guardie arresesi agli alleati, così abbiamo fatto, poi con i documenti in una decina di italiani ci siamo diretti verso Salisburgo e lì abbiamo trovato un Campo per reduci, dove ci hanno rifocillato e poi via verso Tarvisio e l’Italia. È a Salisburgo che una mia sorella sopravvissuta pure lei ad Auschwitz, ha visto il mio nome scritto sul registro del Campo di reduci, scoprendo che ero ancora vivo”.

Con quale mezzo viaggiavate? “Son tornà a casa a pie in più di dieci giorni! – ha detto Candotto – ma mio papà e mia mamma non sono più tornati, mia mamma Maria Turolo (1890-1945) ha finito di vivere in una Marcia della morte, così mi ha raccontato una certa Brumat, detta Slavica, mio papà Domenico Candotto (1886-1944) stava nella baracca dei preti per almeno due mesi, lavorava in fabbrica ed è morto in una succursale del lager. L’ha sotterrato un altro detenuto di Monfalcone nel piccolo cimitero del paese, mi disse che aveva un anello di ferro al dito, prodotto da un chiodo”.

In effetti negli Archivi di Arolsen (Germania), consultabili in Internet, si è trovato il certificato di morte del padre di Mario Candotto. Il suo babbo Domenico Candotto, di Porpetto (UD), risulta deceduto il: “23 novembre 1944 a Dachau II”.

Lager di Dachau - Documento di Candotto Mario, nato nel 1926 a Polpetto (sic, in realtà: Porpetto). Arolsen Archives (D).

Come mai da Porpetto la sua famiglia è giunta a Ronchi dei Legionari? “Mio papà era caligher – ha aggiunto Mario Candotto – pensi che nel 1911 aveva fabbricato un paio di scarpine per la principessa Iolanda di Savoia, ma non le sono state recapitate, perché qualcuno aveva introdotto un biglietto contro i regnanti, così sono ritornate indietro con i carabinieri in casa. Eravamo sette fratelli e il primogenito Massimo era un seminarista, ma poi ha cambiato idea, così è stato uno scandalo per tutta la famiglia. Venivamo segnati a dito per il paese; è per tale motivo che mio padre ha cercato lavoro nei cantieri, ci siamo stabiliti a Ronchi e ha dovuto iscriversi al fascio per lavorare. Due mie sorelle si sono sposate. Poi arriva la seconda guerra mondiale, un mio fratello è militare in Jugoslavia e ci raccontava le ingiustizie contro la popolazione che vedeva là.

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 cosa succede? “In tre fratelli, Lorenzo, Massimo ed io volevamo andare coi partigiani garibaldini – ha spiegato il testimone – ma a Vermegliano, che fa parte del comune di Ronchi dei Legionari, i miei fratelli mi hanno detto: Tu vai a casa, qui siamo già in due. Allora io son tornato a casa, mentre loro sono andati a Doberdò del Lago (GO), dove era in corso l’ammassamento delle reclute partigiane. Loro hanno partecipato alla costituzione della Brigata proletaria. Dopo un comizio ai cantieri navali del 10 settembre, c’è stato l’invito agli operai ad unirsi ai partigiani titini. Oltre 1.000 volontari si incamminano verso il punto di raccolta alle Cave di Selz, frazione di Ronchi, per attaccare poi Gorizia, difesa dai nazifascisti. La battaglia del 28 novembre 1943 segna l’annientamento della Brigata proletaria, dove muore anche un mio fratello. Poi io ho fatto il portaordini dei partigiani”.

Lager di Dachau - Certificato di morte di Domenico Candotto, padre di Mario. Archivi di Arolsen (D)

Conteme la storia delle due monete in Campo di concentramento. “Quando ero prigioniero a Dachau – ha precisato Candotto – mentre si aspettava l’appello in cortile, spostavo la ghiaia con i piedi e ho visto due monete da cinque marchi l’una, allora le ho ricoperte e, dopo la guerra, quando sono tornato a Dachau in un viaggio della memoria con l’ANED, perché sa, io sono iscritto all’ANED di Udine, sono andato a cercare proprio quelle monete tra la meraviglia e la curiosità dei presenti, ma non le ho mica più trovate”.

Nella primavera del 1947, dopo la firma del trattato di pace (10 febbraio) e il ritorno della sovranità italiana nell’Isontino (Gorizia, Ronchi e Monfalcone), più di duemila operai dei Cantieri navali di Monfalcone, uno dei principali del Mediterraneo, lasciano il lavoro, le case e l’Italia per raggiungere i Cantieri di Fiume e Pola e altre località ormai annesse alla Jugoslavia, dove sperano di vivere in una società libera e più giusta. In seguito, la delusione per le condizioni di vita e la scelta di appoggiare Stalin contro Tito dopo la “scomunica” del partito comunista jugoslavo in seguito alla Risoluzione del Cominform del 28 giugno 1948, causarono una sconfitta bruciante che ebbe devastanti ripercussioni sulle vite personali e familiari: dal ritorno a casa alla detenzione nei gulag di Tito, tra i quali “l’inferno” di Goli Otok, l’Isola Calva. (vedi: Chiara Fragiacomo, 2017).

Ho saputo che è stato uno dei ‘cantierini’ andati a rinforzare il cosiddetto paradiso socialista di Tito. “Sì, sono partito anch’io come tanti qui di Ronchi e lavoravo in una autorimessa – ha concluso Mario Candotto – ma sono ritornato in Italia quattro mesi prima della Risoluzione del Cominform del 1948, così non mi hanno recluso nel campo di concentramento titino. Che delusione un guerrigliero come Tito, che poi pensa solo al potere, così ho gettato la tessera del partito comunista e mi sono avvicinato al movimento anarchico”.

Sul "Piccolo", del 30 luglio 2025, e sul sito web della RAI, TGR del Friuli Venezia Giulia, si legge che Mario Candotto è morto a Ronchi dei Legionari (GO).

Fonte orale – Mario Candotto - foto sopra -, Porpetto (UD), 2 giugno 1926, intervista di Elio Varutti del giorno 11 marzo 2022 a Ronchi dei Legionari (GO), in presenza di Paolo Boscarol, Franco Pischiutti e di Zorzin.

Cenni bibliografici e del web (consultazione del 12.3.2022)

- Arolsen Archives, Archiv zu den Opfern und Überlebenden des Nationalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Candotto Mario, geburtsdatum 06.02.1926, prisoner 69.610.

Chiara Fragiacomo, Fuga dall’utopia. la tragedia dei“monfalconesi”. 1947-1949, Novecento.org, n. 8, agosto 2017.

- Maria Chiara Laurenti, L’economia tedesca e il lavoro dei deportati, Pinerolo (TO), aprile 2007.

Giovanni Melodia, La liberazione di Dachau nelle parole degli americani, Archivio storico dell’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED).

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Note – Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Networking di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Mario Candotto, Paolo Boscarol e il professor Stefano Meroi. Grazie all’architetto Franco Pischiutti (ANVGD di Udine) per la collaborazione riservata alla ricerca. Copertina: Mario Candotto. Fotografie di Elio Varutti.

Ricerche per il blog presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/


domenica 28 ottobre 2018

La spy story di Riccardo Bellandi presentata a Monfalcone con l’ANVGD


Il Comitato di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) insieme alle ACLI di Monfalcone e all’Associazione dei Toscani in Friuli Venezia Giulia hanno organizzato una pubblica iniziativa sul teme del confine orientale. L’evento aveva il patrocinio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.


Bellandi, Boscarato, Paoletti e Zuccolin al tavolo della presidenza a Monfalcone con le ACLI, l'ANVGD di Udine e l'Associazione Toscani in FVG

Il giorno 24 ottobre 2018, alle ore 18.00, a Monfalcone, presso la Parrocchia di San Nicolò, in sala coro, in Via 1° Maggio n. 84, c’è stata la presentazione del libro di Riccardo Bellandi  "Lo spettro greco", una spy story sulla guerra fredda al confine orientale italiano.
Erano presenti Danilo Boscarato, presidente del Circolo ACLI Giovanni XXIII della parrocchia di S. Nicolò, assieme a Bruna Zuccolin, presidente ANVGD di Udine. Silvia Paoletti, presidente delle Acli provinciali di Gorizia, ha sottolineato la buona collaborazione con l’ANVGD di Udine, nonché con l’Associazione dei Toscani in FVG. Diverse domande sono state poste dal pubblico all’autore Riccardo Bellandi, che ha risposto rilevando come la conoscenza dei fatti della guerra fredda sarebbe da divulgare fra le giovani generazioni.
Riccardo Bellandi spiega il suo libro con diapositive in Power Point

La trama del giallo di Bellandi
Sin dal titolo, “Lo spettro greco”, l’autore evoca lo stato di guerra civile creatosi in Grecia dopo la seconda guerra mondiale. Un fatto analogo poteva accadere nell’Italia sconfitta dagli alleati anglo-americani e sull’orlo di una guerra civile fomentata dall’Armata jugoslava, che alitava ostinatamente sui confini orientali. La missione di spionaggio descritta nel volume mira a svigorire la componente filo-jugoslava e rivoluzionaria del PCI, per evitare proprio lo stato di guerra civile come in Grecia, con un personaggio chiave nato a Zara.
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.


mercoledì 1 febbraio 2017

Economic performances in North-East Italy, 1997-2017

Since the 90s there has been a considerable increase in what is commonly called globalization. This international phenomenon (globalization) is a typical English term meaning “worldwide” and indicating the tendency of companies to extend their activities to the international markets. 
They not only export their products but also built up new factories and plants abroad taking advantage of the lower wages and lower taxes that are required in some foreign countries. Also rates of exchange play an important part in international trade.

The Geographic Area
The geographic area of the Italian North-East is formed by three regions: Friuli Venetia Julia (capital Trieste), Venetia (capital Venice) and Trentino Alto Adige (capital Trent).
Before the fall of the Berlin Wall (1989), which caused an increase in the expansion of the markets towards Central Europe, the Central Institute of Statistics published the following data: the total population of the North-East amounted to 6.5 million inhabitants (57 million in Italy, 10,3 million in Czech Republic and 4.8 million in Finland), of whom 55.5% were employed in the tertiary sector (banks, insurance, trade and services); 10.7% were employed in agriculture and 33.7% in industry.
The industrial reality of the North-East Italy is based on the big industries situated mainly in the Venetia region (chemical, petroleum-chemical, mechanical and metallurgical plants). Very important are also the textile and clothing industries of Benetton and Stefanel (but Stefanel is risking to fail in 2016) with their network of franchising selling points, the glasses factories and the port of Venice. Along with these big enterprises in North-East Italy there is also a great number of small and medium-size factories. 
In the Friuli Venetia Julia region particularly important are the metal-mechanic and food industries (in Trieste and Udine), and the cutlery and furniture manufactures (in Pordenone). The port of Trieste, equipped for the container traffic is also the terminal of an oil pipeline linked with Bavaria in Germany. Of great relevance are also the shipyards in Monfalcone (Gorizia province) where the biggest cruise liners are built.
In Trentino-Alto Adige, in addition to the hydroelectric plants, the main industries have developed in the valley of the river Adige. In Bolzano / Bozen (bilingualism Italian, German) there are chemical, mechanical and textile factories. Tourism is very important, not only for the world-wide attraction of Venice, but also for winter sports: Sappada, Cortina (Belluno province); Val Gardena, Val Pusteria (Bolzano province).
In Friuli the most famous ski resorts are: Forni Avoltri, Forni di Sopra, Ravascletto, Tarvisio, Sella Nevea (Udine province); Piancavallo (Pordenone). Remarkably important for tourism are also the famous seaside resorts of: Iesolo, Caorle and Bibione (Venice province); Lignano Sabbiadoro (Udine); Grado (Gorizia) and Sistiana (Trieste).

Thanks for photography to Acciaierie Bertoli Safau,  steelmaking division of the Danieli Group

The Praise of Bill Clinton
In 1996 the President of the Unites States spent a few but significant praising words about the strong presence of small and medium-size enterprises in the Italian North-East. Before him some professors of English and American universities wondered why there was such a lively industrial activity in this area. The answer may be found not only in the working capacity of the people, but also in a sound political power which will acquire further autonomy in a near future.
Some politicians together with artisan associations and some trade unionists of the catholic area have recently founded the political party of the North-East; it is a new political movement gathering people dissatisfied with the traditional political parties.

The performances of North-East Italy
Half of the assets of the 1995 Italian balance of trade was produced in this North-East (almost 22 thousand billion Italian lire). The export per person in the North-East is above 11 million Italian lire, the double of the national average. In the North-East the increase of the national gross product was over 5%, the unemployment rate was 5.8%, while the national average was 12%.
A national survey published in the press («Corriere della Sera» of the 7.th February 1997) pointed out that the North-East is the area where people spend more money on unnecessary expenses such as tourism and flowers.
Manzano, Straw of chairs, half of '900. Thanks for photography to Manzano turismo

The Chair Triangle
It is a flat area including three small towns (Corno di Rosazzo, Manzano and San Giovanni al Natisone) where the manufacture of chairs is the biggest in the world. This area is developing into an “industrial district” of then small towns with 1,200 enterprises, aiming at improving the transport network, logistics, the managerial and vocational training, taking advantage of the European Union programs for small and medium-size enterprises. In 1998 they produced 40 million of chairs: 80% of the Italian production; 50% of the European production and the 30% of the world. They employment 12,000 engaged.

The Territorial Agreements
In Italy new relationships between public and private sectors are arising. Orchestration is the keyword of these new relations. Legislative measures are being taken to maximize the public intervention with the agreement of enterprises.
Such new laws are meant to give breath to economic sectors in depressed areas and in areas of industrial recession.

A historical Outline
The place name Friuli from the etymologic point of view comes from “Forum Iulii” ( the place of Julius). The historical Latin abbreviation was: “Fr. Iulii”. The ancient pronunciation perhaps was: “Foroiùlii, or Friùli”, reading the abbreviation.
This is the ancient Latin name for “Cividale del Friuli”, which means the trading post of Julius Caesar, who founded the town in 52 B.C. on a previous Gallic Celtic settlement. Aquileia, born as a Latin colony in 181 B.C., was a famous fluvial port and became the second town of the Empire in the second century A.D., with almost 200 thousand inhabitants (nowadays Udine has less than 100 thousand inhabitants).
In 568 A.D. Alboin, the king of the Longobards, arrived in Italy from Pannonia, the Hungarian plain. The Longobards, called in ancient times “Winnili”, were a Scandinavian people and  they founded the Friulian dukedom (capital Cividale). The feudalism began with Charlemagne.
After the decline of Aquileia there was the rise of Venice which held its political and military power on the present North-East from 1420 to the signing of the Treaty of Campoformido in 1797, between Napoleon and Austria, which marked the end of the “Dogi” (political leaders of the time).
In 1740 Maria Theresia from Austria transformed Trieste from a small fishermen port into the most important trading and insurance Centre of the Hapsburg Empire. In 1842-’45 the Austrian government urged the Representatives of the Stock Exchange in Trieste to organize a mission in the regions of the Red Sea and the West Indies to investigates about the possibility of navigation through the Suez Isthmus, which was transformed into canal in 1869.
From 1866 Venice, the Venetia region, the Friuli region with Udine became part of the Kingdom of Italy, born in 1860. In 1918 after the First World War also Trent, Gorizia and Trieste were united to Italy.

The economic structure of Udine province and Friuli Venetia Julia 1996-2011
How is the economic structure of Udine province? See the Graph n. 1 – Provincial Value-added of Udine, please. In 1996 it’s mainly based on industrial production which accounts for 30,3% of the total added value. It’s followed by cottage industry with 18%, commerce with 12,9% and services with 8,9%.
Transportation and forwarding make up 7,9%, while finance and tourism amount to 4,9% of the total added value. Finally agriculture accounts for 3% of added value in the province of Udine.
The economy is changing. The tertiary sector is running, with the new technologies services industry. Now you see in the Graph n. 2 the focus of the Friuli Venetia Julia enterprises, that is based on InfoCamere Data. In 2011 it’s mainly based on commerce and refreshment which accounts for 30,8% of the total added value. It’s followed by agriculture and fishing with 17,9%, services for enterprises with 17,8%, buildings with 16,2%, industry only 10,9% and services for persons with 6,4%.

The North-east economy in 2015
If you look to the 500 top enterprises of the Friuli Venetia Julia region there is an optimistic situation. The names of these primary companies, published on the «Messaggero Veneto» are: Fincantieri S.p.A., Danieli & C. S.p.A., Fratelli Csulich S.p.A., Fir.Fer S.p.A., Rizzani De Eccher S.p.A., Inca Properties S.r.l., Riello Group S.p.A., Illycaffé S.p.A., Acegasapsamga S.p.A., Savio Macchine Tessili S.p.A., Cividale S.p.A., Fantoni S.p.A., Stroili Oro S.p.A., Ital Tbs S.p.A., Dynamic Technologies S.p.A., Bofrost Italia S.p.A., B. Pacorini S.r.l., Ilcam S.p.A. e Limacorporate S.p.A.
In this top list there are not the insurance and finance sectors. The author is Stefano Micelli, director of Foundation North-East and professor of Economics and Enterprises management to the Venice “Ca’ Foscari” University. He is also the director of the Venice International University. 

From January to September 2016 the export of Udine province were as in 2015. It was 3.713,3 million of euro as to 3.770,8 for last year, by Udine Confindustria Research Department, ISTAT Data and “Realtà industriale”, gennaio 2017. 

See now the Graph n. 3 to read the export of Udine province in January – September 2015-2016, million of euro, also in this table.
                                                Year    2016                2015
Machinerys & Devices                     1020,6             1004,9
Metallurgy                                        893,3               825,2
Metal products                                  388                  293,7
Furniture                                           334                  335,4
Electrical equipment                           218                  199
Computers                                          72,7                 86,6
Rubber & plastic                                161,7               165,9
Food & beverage                                202,4               206,4
Wood                                                  57,2                 60,8
Paper                                                  39,6                 41,2
Chemical products                               85,7                 87,8
Pharmaceutical product                        34,4                 27,3
Medical & dental equipment                83,5                 61,6
 
Thanks for photography to Fincantieri S.p.A.

References
- AA. VV., L’economia del Friuli dalla depressione allo sviluppo, l’evoluzione di un secolo, Udine, Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Udine, 1996.
- Archivio di Stato di Trieste, Archivio Camera di Commercio, buste 17/488 e 490.
- “Indici e performance delle prime 500 aziende del Friuli Venezia Giulia”, «Messaggero Veneto», Nordest Economia, gennaio 2017.
- Gian Carlo Menis, Storia del Friuli, Udine, Società Filologica Friulana, 7.ma edizione, 1990.
- Raimondo Strassoldo, Giovanni Delli Zotti (eds), Cooperation and Conflict in Border Areas, Milano, Angeli, 1982. 
- Ugo Tucci, Mercanti, navi, monete nel Cinquecento veneziano, Bologna, Il Mulino, 1981.
- Elio Varutti, Laura Morandini, Economic performances in North-East Italy. A special lecture at the “B. Stringher” Institute of Udine for the student exchange and partnership with the Kokkola “Ammattioppilaitos” (Finland) and with the Brno “Business and Hotel School” (Czech Republic), Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali, Udine, 1997, typescript, pp. 1-9.

giovedì 5 maggio 2016

L’esodo giuliano dalmata a Udine visto da Gli Stelliniani

Parli di esodo istriano a Udine e si scoprono gli altarini. Nel senso che ci sono sempre più persone che si dichiarano coinvolte con quel fenomeno storico avvenuto tra il 1943 e il 1956 circa.
Giuseppe Santoro, Gabriele Damiani, Silvio Cattalini e Elettra Patti (Fotografia di Elio Varutti)

Del resto a Udine, dal 1945 al 1960, nel Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano transitarono oltre cento mila esuli italiani cacciati dai miliziani di Tito dalle terre perse. Poi essi furono assegnati ad uno dei 140 Centri di Raccolta Profughi giuliano dalmati del Belpaese. Succede ancora e sempre più spesso che un personaggio pubblico dica: “Anch’io ho un parente finito nella foiba”.
A dire di avere ascendenze dall’Istria, da Fiume o dalla Dalmazia, non sono solo il sindaco di Udine (Furio Honsell), il noto giornalista (Licio Damiani, Gian Paolo Polesini), il bravo scrittore (Lino Leggio), il direttore della Biblioteca civica (Romano Vecchiet). Ormai si sono aggiunti artisti (Michele Piva, Marina Toffolo, Tullio Svettini), liberi professionisti (Gabriele Damiani), imprenditori (Fabiola Modesto Paulon), insegnanti (Paola Barbanti, Anna Ghersani Durini, Daniele D’Arrigo, Francesca Laudicina, Antonella Mereu) e presidi di scuola (Gabriele Di Castri)…
L’outing sull’esodo giuliano dalmata sembra inarrestabile. Succede che non si parli mai del parente infoibato o ucciso dai titini. D’improvviso ci si sfoga in un incontro pubblico davanti a persone sensibilizzate sul tema e rispettose del dolore provato. È accaduto proprio così lo scorso 22 aprile 2016 nell’aula magna del Liceo classico “Stellini” di Udine in un incontro intitolato “L’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati”.
Il primo a parlarne è stato Giuseppe Santoro, Dirigente scolastico del liceo, mentre apriva i lavori del convegno, cui hanno partecipato oltre 40 persone. «Queste vicende mi toccano da vicino – ha detto Santoro, raggelando la sala – perché io porto il nome di un infoibato, dato che finì probabilmente nella foiba il fratello di mia madre, che era un diciottenne, operaio alla Fincantieri di Monfalcone e lì è sparito, è uscito di casa e non è mai più tornato».
Silvio Cattalini ed Elettra Patti
(Fotografia di Giorgio Gorlato)

A quel punto si è messo ad applaudire Gabriele Damiani, presidente dell’Associazione “Gli Stelliniani”, che ha organizzato l’evento assieme alla scuola udinese e al Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD). Il pubblico ha risposto con un sobrio applauso di solidarietà. Damiani, col nonno di Neresine di Lussinpiccolo, ha ricordato le paure e le angosce degli esuli finiti a Udine al Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano, da dove transitarono oltre cento mila italiani, dal 1947 al 1960, in fuga dall’Istria, dalla Alta Valle dell'Isonzo, da Fiume e Dalmazia.
Ha parlato poi il professor Stefano Perini, per accennare al «Giorno del Ricordo che abbiamo celebrato anche qui nella nostra scuola». In seguito c’è stato il secondo “outing” sui temi dell’esodo e delle foibe. «Mio suocero era di Dignano d’Istria – ha detto Perini, con voce rotta dalla commozione – e i suoi cugini, di 17 anni, furono sottoposti dai titini ad un processo in piazza, poi furono eliminati». Si chiamavano Ferruccio e Aldino. In famiglia, ha aggiunto Perini, ricordavano sempre che i croati del tribunale popolare ripetevano sprezzanti: «Cossa femo de questi?». Poi il professore ha illustrato i punti salienti dell’esodo giuliano dalmata nel Novecento.
Un assorto Giuseppe Santoro e un pensoso Gabriele Damiani (Fotografia di Elio Varutti)

L’intervento successivo è stato del professor Angelo Viscovich, esule di San Lorenzo di Albona, che ha voluto riassumere nella sua esposizione l’indagine sui profughi condotta dall’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia nel 2009. «Le ultime generazioni dell’esodo giuliano dalmata – ha detto Viscovich – hanno solo una memoria familiare e desiderano conoscere quei fatti ancor di più oggi senza rancori, ma per orgoglio identitario, anche perché l’esodo non è più nascosto».
Le conclusioni dell’incontro sono state tratte dall’ingegnere Silvio Cattalini, esule da Zara e presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD dal 1972. «La mia città italiana non esiste più – ha detto Cattalini – i miei antenati erano costruttori navali, prima a Spalato e Traù, poi a Zara e abbiamo perso tutto, bisogna parlare di più di questi fatti soprattutto nelle scuole, perché il nostro esodo è una parte della storia d’Italia».
Elettra Patti, Angelo Viscovich, Stefano Perini, in prima fila tra il pubblico nell'aula magna del liceo "Stellini" di Udine
(Fotografia di Giorgio Gorlato)

Gli interventi dei relatori sono stati inframezzati da alcuni brani di musica classica eseguiti al pianoforte dal maestro Francesco Grisostolo e da alcune liriche del poeta istriano Mario Mari, recitate dalla professoressa Elettra Patti. Mario Mari, nato a Pola nel 1907, dopo avere insegnato a Zara, Pisino, Fiume, oltre che nella sua città, fu esule a Udine, dove insegnò proprio al liceo classico dal 1945 al 1974.


Il maestro Francesco Grisostolo ha eseguito brani di Skrjabin, Debussy e Chopin (Fotografia di Giorgio Gorlato)

L'avvocato Gabriele Damiani, presidente dell'Associazione "Gli Stelliniani", nato nella Lussino italiana e vissuto lì negli anni quaranta, sventola nervosamente i fogli della sua relazione e la sua attuale tessera sanitaria, dove risulta essere nato in "YU", problema burocratico tipico degli esuli italiani. L'Associazione "Gli Stelliniani" è sorta nel 1995. (Fotografia di Elio Varutti)

Esempio classico di strafalcione su documento d'identità del Ministero del Tesoro, emesso nel 1989. La signora risulta nata a Fiume, con l'aggiunta di "JU", poi cancellata con aggiunta di asterisco rosso e approvazione della cancellatura in verticale. Collezione Conighi, Udine.