giovedì 5 maggio 2016

L’esodo giuliano dalmata a Udine visto da Gli Stelliniani

Parli di esodo istriano a Udine e si scoprono gli altarini. Nel senso che ci sono sempre più persone che si dichiarano coinvolte con quel fenomeno storico avvenuto tra il 1943 e il 1956 circa.
Giuseppe Santoro, Gabriele Damiani, Silvio Cattalini e Elettra Patti (Fotografia di Elio Varutti)

Del resto a Udine, dal 1945 al 1960, nel Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano transitarono oltre cento mila esuli italiani cacciati dai miliziani di Tito dalle terre perse. Poi essi furono assegnati ad uno dei 140 Centri di Raccolta Profughi giuliano dalmati del Belpaese. Succede ancora e sempre più spesso che un personaggio pubblico dica: “Anch’io ho un parente finito nella foiba”.
A dire di avere ascendenze dall’Istria, da Fiume o dalla Dalmazia, non sono solo il sindaco di Udine (Furio Honsell), il noto giornalista (Licio Damiani, Gian Paolo Polesini), il bravo scrittore (Lino Leggio), il direttore della Biblioteca civica (Romano Vecchiet). Ormai si sono aggiunti artisti (Michele Piva, Marina Toffolo, Tullio Svettini), liberi professionisti (Gabriele Damiani), imprenditori (Fabiola Modesto Paulon), insegnanti (Paola Barbanti, Anna Ghersani Durini, Daniele D’Arrigo, Francesca Laudicina, Antonella Mereu) e presidi di scuola (Gabriele Di Castri)…
L’outing sull’esodo giuliano dalmata sembra inarrestabile. Succede che non si parli mai del parente infoibato o ucciso dai titini. D’improvviso ci si sfoga in un incontro pubblico davanti a persone sensibilizzate sul tema e rispettose del dolore provato. È accaduto proprio così lo scorso 22 aprile 2016 nell’aula magna del Liceo classico “Stellini” di Udine in un incontro intitolato “L’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati”.
Il primo a parlarne è stato Giuseppe Santoro, Dirigente scolastico del liceo, mentre apriva i lavori del convegno, cui hanno partecipato oltre 40 persone. «Queste vicende mi toccano da vicino – ha detto Santoro, raggelando la sala – perché io porto il nome di un infoibato, dato che finì probabilmente nella foiba il fratello di mia madre, che era un diciottenne, operaio alla Fincantieri di Monfalcone e lì è sparito, è uscito di casa e non è mai più tornato».
Silvio Cattalini ed Elettra Patti
(Fotografia di Giorgio Gorlato)

A quel punto si è messo ad applaudire Gabriele Damiani, presidente dell’Associazione “Gli Stelliniani”, che ha organizzato l’evento assieme alla scuola udinese e al Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD). Il pubblico ha risposto con un sobrio applauso di solidarietà. Damiani, col nonno di Neresine di Lussinpiccolo, ha ricordato le paure e le angosce degli esuli finiti a Udine al Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano, da dove transitarono oltre cento mila italiani, dal 1947 al 1960, in fuga dall’Istria, dalla Alta Valle dell'Isonzo, da Fiume e Dalmazia.
Ha parlato poi il professor Stefano Perini, per accennare al «Giorno del Ricordo che abbiamo celebrato anche qui nella nostra scuola». In seguito c’è stato il secondo “outing” sui temi dell’esodo e delle foibe. «Mio suocero era di Dignano d’Istria – ha detto Perini, con voce rotta dalla commozione – e i suoi cugini, di 17 anni, furono sottoposti dai titini ad un processo in piazza, poi furono eliminati». Si chiamavano Ferruccio e Aldino. In famiglia, ha aggiunto Perini, ricordavano sempre che i croati del tribunale popolare ripetevano sprezzanti: «Cossa femo de questi?». Poi il professore ha illustrato i punti salienti dell’esodo giuliano dalmata nel Novecento.
Un assorto Giuseppe Santoro e un pensoso Gabriele Damiani (Fotografia di Elio Varutti)

L’intervento successivo è stato del professor Angelo Viscovich, esule di San Lorenzo di Albona, che ha voluto riassumere nella sua esposizione l’indagine sui profughi condotta dall’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia nel 2009. «Le ultime generazioni dell’esodo giuliano dalmata – ha detto Viscovich – hanno solo una memoria familiare e desiderano conoscere quei fatti ancor di più oggi senza rancori, ma per orgoglio identitario, anche perché l’esodo non è più nascosto».
Le conclusioni dell’incontro sono state tratte dall’ingegnere Silvio Cattalini, esule da Zara e presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD dal 1972. «La mia città italiana non esiste più – ha detto Cattalini – i miei antenati erano costruttori navali, prima a Spalato e Traù, poi a Zara e abbiamo perso tutto, bisogna parlare di più di questi fatti soprattutto nelle scuole, perché il nostro esodo è una parte della storia d’Italia».
Elettra Patti, Angelo Viscovich, Stefano Perini, in prima fila tra il pubblico nell'aula magna del liceo "Stellini" di Udine
(Fotografia di Giorgio Gorlato)

Gli interventi dei relatori sono stati inframezzati da alcuni brani di musica classica eseguiti al pianoforte dal maestro Francesco Grisostolo e da alcune liriche del poeta istriano Mario Mari, recitate dalla professoressa Elettra Patti. Mario Mari, nato a Pola nel 1907, dopo avere insegnato a Zara, Pisino, Fiume, oltre che nella sua città, fu esule a Udine, dove insegnò proprio al liceo classico dal 1945 al 1974.


Il maestro Francesco Grisostolo ha eseguito brani di Skrjabin, Debussy e Chopin (Fotografia di Giorgio Gorlato)

L'avvocato Gabriele Damiani, presidente dell'Associazione "Gli Stelliniani", nato nella Lussino italiana e vissuto lì negli anni quaranta, sventola nervosamente i fogli della sua relazione e la sua attuale tessera sanitaria, dove risulta essere nato in "YU", problema burocratico tipico degli esuli italiani. L'Associazione "Gli Stelliniani" è sorta nel 1995. (Fotografia di Elio Varutti)

Esempio classico di strafalcione su documento d'identità del Ministero del Tesoro, emesso nel 1989. La signora risulta nata a Fiume, con l'aggiunta di "JU", poi cancellata con aggiunta di asterisco rosso e approvazione della cancellatura in verticale. Collezione Conighi, Udine.

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