L’inaugurazione si tiene venerdì 4 novembre 2016, alle ore 15,
presso il Cinema Cristallo, di Viale Dante Alighieri, 29 a Grado, in provincia
di Gorizia. La rassegna fotografica si intitola “Da Perla dell’Adriatico a
retrovia di guerra”. È organizzata dal Servizio Cultura e Sport del Comune di
Grado. Ha per titolo: “Momenti di guerra. Vita vissuta nelle retrovie della
Prima Guerra Mondiale”.
Fotografia di Europeana 1915-1918.
Collezione Pierluigi Roesler Franz
Collezione Pierluigi Roesler Franz
Fu l’imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria a definire Grado “la perla
dell’Adriatico”, poco tempo dopo divenne retrovia di guerra. Alcune immagini
della mostra evocano la realtà creata dal conflitto sull’Isola d’Oro, altra
definizione fantasiosa di Grado, sul litorale.
La rassegna è stata curata dal Laboratorio di Storia dell’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher” di Udine, assieme a
Giancarlo Martina (referente del Laboratorio stesso), Cristiano Meneghel e Anna Maria Zilli (Dirigente scolastico dell’Istituto). La rassegna gode di alcune “incursioni
artistiche” del professor Michele Ugo Galliussi, docente di storia della stessa
scuola alberghiera, commerciale e turistica del capoluogo friulano.
È incredibile che un gruppo di insegnanti di una scuola
pubblica, pur riuniti in un Laboratorio di Storia, riesca ad allestire una
mostra fotografica di un certo livello, eppure è accaduto. Certo, è successo, con
la collaborazione di varie istituzioni e, in primis, di musei di portata
nazionale. Fare un plauso a questo momento culturale è poca cosa. È da
sottolineare, a mio modesto parere, il valore etico ed innovativo di fare
scuola in un certo modo, collaborando con primarie istituzioni.
L’evento è in collaborazione con: Europeana 1915-1918, Museo Centrale del Risorgimento di Roma, Museo Civico del Risorgimento di Bologna e
Associazione Storica e Culturale “Quello che le montagne restituiscono” di Pontebba, in provincia di Udine.
Grado nei siti web
Pensate che nel 1892 l’imperatore
Francesco Giuseppe inaugura la “Stazione di Cura e Bagni di Grado”. È una delle
prime strutture turistiche peninsulari, dotò l’isola di un caratteristico porto
interno e, per proteggerla dalle mareggiate, fece costruire una diga divenuta
in seguita una bellissima passeggiata lungomare.
In seguito vengono costruiti raffinati palazzi
ed eleganti ville, come quelle del complesso realizzato nel 1900 dai baroni
Bianchi e che sono tuttora il fiore all’occhiello della ricezione alberghiera
di Grado. tali impianti danno nuovo impulso al turismo e fanno da cornice ad ampi viali
alberati donando all’isola quell’atmosfera aristocratica mitteleuropea che ancora
oggi il turista respira.
Nel 1918 l’Isola del Sole ritorna
italiana e negli anni trenta la costruzione di un prestigioso stabilimento
termale marino dona nuovo slancio al turismo di Grado, che ebbe in quegli anni
l’onore di ospitare Freud e Pirandello.
Il poeta Biagio Marin contribuì
poi alla realizzazione del “Parco delle rose”, fresca zona verde ai margini
della spiaggia che ritroviamo all’inizio del nuovo millennio, assieme al parco
termale acquatico, a completare l’esclusiva proposta della spiaggia Grado Impianti Turistici.
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Si propone qui di seguito una piccola ricerca personale per un approfondimento su Grado...
Grado, marzo 1918, osservatorio dell’artiglieria austriaca
con Carlo Leopoldo Conighi, seduto al centro.
Al cannocchiale il suo commilitone Josef Glaser.
(Collezione Conighi di Udine)
Momenti di guerra. Da Perla dell’Adriatico a Retrovia di
guerra
(a cura di Giancarlo Martina)
Alla vigilia della Grande Guerra
sull’isola di Grado, “perla dell’Adriatico” come la chiamava Francesco
Giuseppe, l’autorità dell’Austria Ungheria era rappresentata dal personale
della gendarmeria comandato da Ludwig Fuchs, dal personale della ferrovia che
arrivava fino a Belvedere, dall’ufficio postale posto dietro la chiesa di San
Rocco e dalla parrocchia che aveva il compito di tenere l’anagrafe cittadina. A
Porto Buso invece si trovava la caserma della Guardia di Finanza austriaca,
comandata dal tenente Johann Mareth, che vigilava il confine lagunare col Regno
d’Italia.
Nella notte del 24 maggio 1915, Grado venne attaccata da tre cacciatorpediniere italiane provenienti da Venezia. Il Bersagliere e il Corazziere bombardarono dapprima la cittadina tentando, invano, il taglio del cavo telegrafico Grado-Cittanova d’Istria. Lo Zeffiro invece attaccò la caserma di Porto Buso, distruggendola in parte, provocando 11 morti e catturando 48 membri della guarnigione. Grado, dopo questo primo attacco, venne abbandonato in fretta e furia dagli austro-ungarici perché troppo esposta e vulnerabile.
Nella notte del 24 maggio 1915, Grado venne attaccata da tre cacciatorpediniere italiane provenienti da Venezia. Il Bersagliere e il Corazziere bombardarono dapprima la cittadina tentando, invano, il taglio del cavo telegrafico Grado-Cittanova d’Istria. Lo Zeffiro invece attaccò la caserma di Porto Buso, distruggendola in parte, provocando 11 morti e catturando 48 membri della guarnigione. Grado, dopo questo primo attacco, venne abbandonato in fretta e furia dagli austro-ungarici perché troppo esposta e vulnerabile.
I primi bersaglieri del 3° Rgt
ciclisti del Regio Esercito italiano arrivarono sull’isola, lasciata senza viveri
e corrente, appena nella mattinata del 26 maggio, contestualmente alla
lentissima avanzata del grosso delle truppe verso il Carso. Già dal 1° giugno
la situazione del paese apparve grave al tenente Santoni. La mancanza degli
uomini, già arruolati nelle file imperial-regie, aveva privato le famiglie di
braccia forti per i lavori e la pesca. Si dispose quindi l’arrivo d’urgenza di
generi alimentari di prima necessità da distribuire alle famiglie più
bisognose.
Nell’Isola Gorgo venne allestita
una base per idrovolanti completa di caserma, comando e hangar, mentre sulle
isole di Morgo, Porto Buso, San Pietro d’Orio, Ravaierina, e ancora presso
l’arenile principale, Golametto, Punta Spin furono posizionate diverse batterie
di artiglieria pesante per interdire azioni navali austriache nel golfo. A
Punta Sdobba, oltre a batterie di artiglieria furono posizionati grossi pontoni
armati al fine di appoggiare le azioni della III Armata sull’Ermada. Presso
l’Hotel Lido le donne vennero impiegate peri realizzare indumenti militari in
lana, e dopo il 1916 in tela per confezionare arredi di casermaggio. Nella sede
comunale venne allestito un ambulatorio di primo soccorso e nella Villa Santina
l’ospedale pediatrico, mentre presso l’Hotel Riviera l’Ufficio Beneficenza
aveva il compito di rendere meno gravosa l’esistenza di molte famiglie gradesi.
Furono numerose le refezioni per bambini e famiglie povere presso diversi
ristoranti dell’isola.
Molte altre isole della laguna
furono poi utilizzate come deposito di munizioni tra cui la famosa isola di
Barbana, il cui custode del santuario, al pari del parroco di Grado e di quasi
tutto il clero isontino, venne internato in Italia per sospetti sentimenti
antitaliani e austriacanti.
Cartolina da Internet, anni 1930-1940
Con la rotta di Caporetto tra il
26 e il 27 ottobre 1917 le batterie di Punta Sdobba spararono gli ultimi colpi
per proteggere la ritirata della III Armata, che attraversò l’Isonzo in
straordinaria piena. Intanto in fretta e furia i fanti della Regia Marina
fecero saltare tutte le batterie e il materiale non trasportabile presente
sulle isole della laguna. Molti abitanti, per paura di ripercussioni, decisero
di seguire gli italiani in fuga, aggravando lo spopolamento e l’impoverimento
del paese. Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre Luigi Rizzo, partito
dal Lido di Venezia, con due MAS fece esplodere alcune batterie a Porto Buso e
Sant’Andrea che si sospettava ancora funzionanti.
Alla rioccupazione austriaca seguì la rimessa in efficienza di molte batterie, specialmente quella antiaerea dell’arenile principale, mentre come ricordò mons. Luigi Faidutti la situazione alimentare, già grave per il mantenimento dell’esercito Imperial-Regio, diventò drammatica “dal 16 novembre senza pane, da Natale senza carne; pesca solo in misura minima per le famiglie indigenti; caccia … del tutto vietata; patate solo 8 kg, farina soltanto 4 kg, zucchero soltanto 1 kg per persona distribuiti dal giorno della rioccupazione fin oggi. Manca sapone, manca petrolio, mancano candele”. L’occupazione austriaca però coincise anche con la riapertura del santuario di Barbana e la ripresa dei pellegrinaggi, la riapertura dell’asilo infantile e il riattamento di molti edifici danneggiati dai bombardamenti dei due anni precedenti
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Ora si presenta un serie di fotografie del 4 novrembre 2016, all'inaugurazione della mostra di Grado.
Alla rioccupazione austriaca seguì la rimessa in efficienza di molte batterie, specialmente quella antiaerea dell’arenile principale, mentre come ricordò mons. Luigi Faidutti la situazione alimentare, già grave per il mantenimento dell’esercito Imperial-Regio, diventò drammatica “dal 16 novembre senza pane, da Natale senza carne; pesca solo in misura minima per le famiglie indigenti; caccia … del tutto vietata; patate solo 8 kg, farina soltanto 4 kg, zucchero soltanto 1 kg per persona distribuiti dal giorno della rioccupazione fin oggi. Manca sapone, manca petrolio, mancano candele”. L’occupazione austriaca però coincise anche con la riapertura del santuario di Barbana e la ripresa dei pellegrinaggi, la riapertura dell’asilo infantile e il riattamento di molti edifici danneggiati dai bombardamenti dei due anni precedenti
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Ora si presenta un serie di fotografie del 4 novrembre 2016, all'inaugurazione della mostra di Grado.
Rassegna stampa e siti web di riferimento:
Da Friulionline del 2 novembre 2016:
Da IL FRIULI del 2 novembre 2016: Nelle retrovie della Prima Guerra Mondiale: una mostra.
Da Il Centenario 1914-1918: Momenti di guerra.
Da IL PICCOLO del 2 novrembre 2016:
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