Vi presento un racconto di Aldo Tardivelli, nato a Fiume nel
1925 ed esule a Genova. Scritto nel 2006, il testo originale si basa sui
ricordi di sua moglie, Graziella Superina, deceduta nel 2011. Ho usato il corsivo per indicare l’originale scritto
dal signor Tardivelli e il virgolettato per le parole di Graziella Superina, di
Tulio Tardivelli, padre di Aldo, o di altre mie testimonianze riportate alla
fine di questo racconto straordinario.
Fiume, la sinagoga del 1903. Cartolina da Internet
Attentato alla bellissima sinagoga di Fiume, 1944
Gli uomini delle Waffen
SS sono diventati le belve del Terzo Reich – così ha scritto Aldo Tardivelli –.
Ecco un racconto dedicato a noi più grandi e ai giovani, che non hanno
conosciuto questa storia. Descriverò un popolo di cittadini esemplari ai quali
non è stata data la possibilità di vivere in pace nelle terra natale.
«Era il 14 Settembre del 1943 – diceva
Graziella Superina – quando l’occupatore nazista s’impadronì della città di
Fiume. Dopo pochi mesi decretò, il 25 Gennaio 1944, non solo la distruzione
della bellissima sinagoga (1902 – 1944), ma anche quella del popolo di religione
ebraica. La morte per mezzo della dinamite e del fuoco distrusse totalmente
l’edificio di culto e la deportazione nei Campi di sterminio colpì i suoi
fedeli.
Quel giorno di gennaio
sentimmo un forte odore acre di bruciato. Un fumo scuro si levava da una parte della
città. Non avevamo sentito né la sirena dell’allarme aereo, né quella dei
pompieri, che avevano la caserma di fronte a casa nostra, ma qualche cosa di
grave doveva essere successo.
Per la strada c’era
gente allarmata e si sparse la voce che aveva preso fuoco “la casa degli
ebrei”.
In un primo momento
sembrò che si trattasse di una disgrazia – ha spiegato Graziella Superina – ma
poco dopo si seppe che già da Via Parini la strada era stata bloccata dalle Waffen
SS.
Appare allora in tutta
la drammaticità, una situazione inaspettata – affermava Graziella Superina – la
sinagoga era stata data alle fiamme dai tedeschi, con un attentato. Qualcuno
assicurava che nella “casa degli ebrei” si complottava contro i tedeschi. Altri dicevano che lì doveva esserci una
stazione radio che comunicava al nemico gli obiettivi da colpire a Fiume con i
bombardamenti. Altri sostenevano che lì
i partigiani ci nascondevano armi e gli esplosivi per gli attentati. Sembrava
strano che proprio in quel luogo simile fosse stato opportuno nascondere roba
del genere».
Fiume, Calle del Volto, a cura del Libero Comune di Fiume in Esilio. Collezione Carlo Leopoldo Conighi, esule da Fiume; Udine.
Gli ebrei a Fiume dal
XV secolo
Ricordo ancora com’era
la loro splendente sinagoga – ha aggiunto Aldo Tardivelli – raccontando, con le
parole di Graziella, la sua storia e di quella comunità, che pacificamente
viveva nella mia città:
«La presenza della comunità ebraica
nella città di Fiume si era già notata sin dal XV Secolo, si trattava di gruppi
di commercianti provenienti dall'altra sponda dell'Adriatico, specie dalle
Marche.
A Fiume, nei tempi
passati, la comunità ebraica non poteva abitare ovunque pertanto si erano
appartati in una piccola zona della Cittàvecchia, nella Giudecca. Solo dopo,
dal 1781 in poi, con una legge emanata dall'Imperatore Giuseppe II, la
"Libertà di culto" si estese con uguaglianza per tutti i residenti
nella città.
La prima Sinagoga che
intendevano costruire non ebbe molta fortuna – ha continuato Graziella Superina
– Le difficoltà erano insormontabili e così le funzioni sacre, e l’insegnamento
della dottrina ebraica continuavano a svolgersi in case private.
Il terreno che il
Municipio aveva riservato per la costruzione del tempio non era certo dei più
felici incassato com’era fra un palazzo ed un bivio di strade circostanti di
Via Parini, ma fu risolto energicamente dall’architetto. Eravamo nel 1890,
quando quella moltitudine d’ebrei fiumani aveva dato inizio alla raccolta
d’offerta di denaro per l'acquisto di un terreno e la costruzione del Tempio che doveva essere abbastanza grande, perché ospitasse all’interno quella
numerosa comunità ebraica fiumana di duemila anime. Quei fondi raccolti non
bastavano al compimento dell’opera bisognava reperibili altrove, rivolgendosi
alle altre comunità religiose che offrirono denaro, e così fecero alcune
banche, privati cittadini e il Governatore che elargisce la bella somma di
duemila corone dalla cassa personale. Un contributo notevole di tutta la
cittadinanza fiumana.
L’edificio era di squisita
fattura. Era pittoresco – prosegue il racconto – per il contrasto dei materiali
usati, il rosso e il bianco facevano di quest’edificio una presenza originale e
armoniosa con quattro piccole cupole sugli angoli, e una centrale di forma
quadrangolare. Solo dopo avere atteso tanto tempo, con immani sacrifici e
privazioni i lavori per l’edificazione del Tempio iniziati nell’autunno del
1902, furono ultimati nel 1903 e la comunità poté festeggiare il loro primo
Capodanno nel Tempio».
Graziella Superina. Collezione Aldo Tardivelli, Genova
La comunità ebraica
fiumana – ha scritto Aldo Tardivelli – diventata ormai parte integrante della
cittadinanza poteva abitare in ogni luogo. Si dedicarono al commercio, all’artigianato,
aprirono negozi d’abbigliamento, mobilio, tappeti e articoli per l’arredamento
della casa. Sono stati i primi commercianti che hanno agevolato i cittadini ad
acquistare ratealmente le merci, con un contratto basato sulla reciproca
fiducia.
Il racconto di
Graziella Superina continua così: «Avevo tante amiche che frequentavano
la stessa classe della scuola elementare “Dante Alighieri”. Una fra queste,
Elena, compagna di banco e di giochi. Il più delle volte, durante la sosta
delle lezioni nell’ora della ricreazione mi offriva una parte della sua
merenda, che era un po’ più sostanziosa della mia. Le lezioni in classe
procedevano regolarmente fino l’ora della religione cattolica, quando la mia
(povera) amica doveva uscire dalla classe e attendere, in solitudine, nel corridoio
la fine della lezione».
Purtroppo, in quel
tempo lontano, la discriminazione razziale contro il popolo ebraico si era
manifestata in modo subdolo da parte di alcuni individui che si ritenevano
superiori – ha commentato Aldo Tardivelli – tutto, fatalmente… oggi, potrebbe
ricominciare come sempre?
L’interno della
sinagoga secondo Tulio Tardivelli
Ancora oggi quella
Sinagoga mi ricorda mio padre Tulio – ha aggiunto Aldo Tardivelli – con la sua
voce piacevole aveva incominciato a raccontare una storia curiosa, che iniziava
così:
«Ero entrato per curiosare e osservare
da vicino l’interno di quell’edificio del culto ebraico. Arrivato d'innanzi al
portone mi ero tolto il cappello e il custode del Tempio, con gentilezza, aveva
fatto presente che si poteva entrare solo con il capo coperto. All’interno del
Tempio il mio papà si era trovato d’innanzi a ad uno spazio unico, la zona del
culto rialzata come in una delle nostre chiese, divisa dal resto del Tempio da
una grata di ferro battuto con ai lati le “menorah”, i "candelabri a sette
braccia", e aldilà nell’interno i seggi per il rito del "Torah",
i cinque libri che contenevano la "Rivelazione". La bellezza
dell’interno l’aveva colpito notando i colori appariscenti e dominanti, come l’azzurro
della sotto-cupola trapuntata di piccole stelle dorate, il rosa dei marmi delle
colonne che sostenevano la galleria riservata alle donne e su, in alto, lo
splendore dell’oro dei capitelli».
La storia raccontata da
mio padre Tulio volgeva al termine, mentre un’altra storia drammatica, molti
anni dopo, si sarebbe abbattuta come un uragano con l’eliminazione fisica di
quasi tutta la comunità ebraica fiumana per opera dei nazisti delle SS.
La repressione nei
confronti dei cittadini di religione ebraica si era manifestata particolarmente
virulenta. Non avevano provveduto in tempo a salvarsi dalla cattura, e noi,
inermi, avevamo dovuto assistere con profonda vergogna a tale misfatto.
Rastrellamento di ebrei
di Fiume
Nel silenzio della
notte udivamo i passi ferrati delle truppe speciali Waffen SS che, con
rastrellamenti casa per casa catturavano i nostri concittadini. Riconobbi
immediatamente le uniformi delle Waffen SS e le parole di comando che
scandivano: “Alles raus”, tutti fuori. Oppure: “schnell, schnell”, avanti,
avanti a quel glorioso equipaggio di prigionieri ebrei, uomini, donne, vecchi e
bambini erano colpiti dai calci dei fucili sulla schiena, mentre uscivano dalle
loro abitazioni e scendendo di corsa nella strada, portando con sé i loro
miseri bagagli. Lungo la strada i soldati tedeschi avevano al guinzaglio dei
grossi cani che ogni tanto lanciavano un latrato in mezzo a quella colonna di
disperati, furono percossi in modo brutale facendoli entrare a spintoni su dei
carri merci adibiti al carico del bestiame, li contavano e quando il carro era
pieno lo chiudevano come se dentro ci fossero dei sacchi invece che degli
esseri umani... i beni di tutti e di coloro che non erano riusciti a fuggire
furono confiscati.
Fiume, la sinagoga bruciata dai nazisti nel 1944
Con rapidità! I loro
nomi, molto conosciuti da tutti, si diffusero di bocca in bocca per tutta la
città:
“Dio mio, Dio mio, ma cosa
fanno ai quei poveri Ebrei – diceva la gente di Fiume – ma cosa possono aver
fatto di brutto quelle persone che conoscevo come brava gente, Va bene sono
ebrei e che è di male? A Fiume gli Ebrei erano da sempre!”
Eravamo stupiti,
costernati, avendo saputo che anche il mobiliere dal quale mio padre aveva
acquistato, anni prima, i mobili della sala da pranzo, “la Bella Ebrea” che
aveva il più fornito negozio di mercerie della città, nei pressi della stazione
Principe, tutta gente bene educata, gentile, era stato obbligato con la
famiglia a salire nei vagoni ferroviari, nel posto degli animali.
Dove conducevano i
tedeschi quella povera gente? All’alba i nostri concittadini sarebbero spariti
per sempre!
Lo venimmo a sapere
alla fine della guerra. Erano stati avviati alla morte nel Campo di sterminio
di Aushwitz, di Dachau ed altri luoghi di eliminazione.
Con l’invasione nazista
dell’Europa, i Campi di concentramento si affollarono di prigionieri di varie
nazionalità. Fra i reclusi c’era anche una moltitudine d’ebrei fiumani e
l’inizio di un doloroso cammino verso i campi della morte! Una persecuzione, la
più orribile dei crimini commessi nel corso della storia umana durante la Seconda
Guerra Mondiale.
Quelli che avranno la
fortuna di tornare a casa cercheranno invano di ritrovare i luoghi che un tempo
erano famigliari, vedere che la loro Sinagoga non esisteva più, perché era
stata distrutta dai nazisti, subito dopo la cattura. La cosa più terribile sarà
di non riuscire a ricordare bene il significato della vita trascorsa, ma appena
le circostanze in cui si è svolta. Tenteranno penosamente di raccontare
soltanto particolari sconnessi della vita, e tutto confuso nel ricordare quel
che è già svanito nella memoria. È stato come un popolo di “larve umane” che
furono costrette a vivere come bestie braccate. Essi non potranno tornare più come prima.
Purtroppo, e con
sicurezza, temo, che fra gli ebrei scomparsi per sempre, ci sarà stata, certamente,
anche l’amica Elena. Sarà andata ad infoltire l’elenco, incredibilmente lungo,
di altre migliaia d’infelici della nostra città, a trovare la morte. Un
martirio più cruento della storia, che ancora oggi, nell’anno 2006, si ha il
dovere di ricordare. Con amarezza.
I nostri padri, compilatori di codici, per
giudicare alla fine del conflitto, non avevano neppure lontanamente immaginato
che in Germania sarebbero un giorno avvenute stragi in massa e si sarebbe fatto
del genocidio un’istituzione!
Solo recentemente, ma
sono passati tanti anni dalla fine della guerra, si è scoperto l’italiano commissario
Giovanni Palatucci, nato ad Avellino il 31maggio 1909, funzionario di polizia
che da 1939 al 1944, a Fiume, riuscì a salvare migliaia di ebrei, ed altre
etnie in transito nella Città, destinati ai campi di sterminio nella Germania nazista.
Pur potendosi mettere
in salvo, Palatucci continuò la sua missione fino all’arresto e alla
deportazione nel “Campo di stermino di Dachau, dove morì il 10 febbraio 1945.
Fin qui il racconto di Aldo Tardivelli, basato sui ricordi
della moglie Graziella Superina e del babbo Tulio Tardivelli.
Giovanni Palatucci. Fotografia da Internet
Altre testimonianze
sugli ebrei di Fiume
Un’altra fonte orale, nelle ricerche scolastiche, ha riferito
i ricordi della sua famiglia. È il professor Ezio Cragnolini, nato a Gemona del
Friuli (UD) nel 1955, da me e dagli allievi intervistato il 28 novembre 2007. «Mia madre – ha detto Cragnolini –
raccontava di certi treni carichi di gente, che si lamentava nei carri bestiame
fermi in stazione a Gemona e lei assieme ad altri gemonesi davano un po’ di uva
e un po’ di frutta dai finestrini a quei poveretti (ebrei di Fiume?), che erano
italiani».
La prima persona che mi parlò di una retata nazista nel
quartiere ebraico di Fiume, in realtà mi stava raccontando i fatti dell’esodo
degli italiani dalla città del Quarnaro, dopo il giorno 8 settembre 1943. Con
questa digressione ebbi conferma che la Shoah passò per Udine, Gemona e
Tarvisio. «I tedeschi presero donne, bambini ed
anziani – ha detto
la signora N.C. – e li portarono via con
i camion. Nei giorni successivi altri camion e uomini in divisa per caricare
mobili, merci ed ogni cosa. Si portarono via tutto, non lasciarono neanche uno
spillo». Si può
vedere, in merito, una lettera alla redazione di un quotidiano: E. Varutti, “Fiume
1943”, «Il Manifesto», 5 luglio 2001.
Fiume, Torre civica, disegno di G. Garavaglia. Settimo raduno nazionale dei Fiumani, Genova 27-28 settembre 1969. Collezione Carlo Leopoldo Conighi, esule da Fiume; Udine.
La sinagoga moresca di
Fiume, 1903
Ricordo, infine, che fu l’ingegnere Carlo Alessandro Conighi a
costruire la sinagoga di Fiume, nel 1902-1903, secondo il progetto del celebre
architetto ungherese Leopold Baumhorn, specializzato nella costruzione di
sinagoghe monumentali. La costruzione, iniziata nel 1902, si concluse l’anno
successivo ad opera dell’impresa dell’ingegnere di Fiume Carlo Alessandro
Conighi. Il luogo di culto ebraico fu solennemente inaugurato il 22 ottobre
1903. Baumhorn scelse uno stile eclettico per gli esterni, dove si intercalano
più stili: il Neo-bizantino, il Neo-moresco e la Sezession del Carnaro, mentre l’interno
fu più chiaramente improntato alle forme neo-moresche.
Il cronista del «Piccolo della Sera», nel 1933, riferendosi all’impresa edile di
Carlo Alessandro Conighi, scrive, tra l’altro: “A Fiume costruì innumerevoli edifici tra i quali il
Palazzo del Governo Marittimo (1884)… il Tempio israelitico”.
È in un numero de «L’Arena di Pola» del 2014 che si trova
pure la notizia sulla costruzione della sinagoga affidata all’impresa
dell’ingegnere fiumano Carlo Conighi.
Anche Rina Brumini descrive la sinagoga di Fiume: “Il nuovo
tempio fu eretto dall’ingegnere fiumano Carlo Conighi” (p. 97). La stessa
autrice cita i seguenti cognomi di ebrei sefarditi (iberici): Piazza, Valenzin,
Cohen, Pardo, Jesurum, Bemporath, Penso, Ventura e Mondolfo. Il panorama mutò
nel sec. XIX quando si aggiunsero le famiglie askenazite (del Centro Europa):
Eisner, Reizner, Wilhelm, Rosemberg, Hering, Kelner, ma anche Russi, Mortara,
Pincherle e Treves (p 98).
Carlo Alessandro Conighi. Disegno di Gino Leoni, 1926.
Collezione Carlo Leopoldo Conighi, esule da Fiume. Udine.
Fonti orali e
ringraziamenti
Ringrazio per la disponibilità dimostrata nella raccolta
delle informazioni il signor Aldo Tardivelli, esule fiumano a Genova. Sono
riconoscente alle altre persone intervistate per la sensibilità dimostrata
nell’indagine storica. Le interviste sono state effettuate a Udine da Elio
Varutti, con penna, taccuino e macchina fotografica, se non altrimenti
indicato. Le fotografie sono della Collezione Aldo Tardivelli di Genova, se non
altrimenti precisato.
Per la collaborazione alla ricerca sono riconoscente a
Claudio Ausilio, delegato provinciale dell’Associazione Nazionale Venezia
Giulia Dalmazia (ANVGD) di Arezzo, perché mi ha messo gentilmente in contatto
col signor Tardivelli, preparando il momento dell’intervista.
- Signora N. C., (Udine 1926 - 2015), visse a Fiume e a Udine,
intervista del 24 febbraio 1996 e del 15 novembre 2005.
- Ezio Cragnolini, Gemona del Friuli, provincia di Udine 1955,
int. del 28 novembre 2007.
- Aldo Tardivelli, Fiume il 20 settembre 1925, esule a Genova,
int. telefonica e per e-mail nel periodo 20-27 gennaio 2017, con la
collaborazione di Claudio Ausilio.
Collezioni private
- Collezione Carlo Leopoldo Conighi, esule da Fiume. Udine.
- Collezione Aldo Tardivelli, Genova.
Riferimenti
bibliografici
- «Arena di Pola» - Rassegna stampa n. 904 del 01/02/2014.
- Rina Brumini, “Gli Ebrei di Fiume”, «La
battana», rivista trimestrale di cultura, Fiume / Rijeka (Croazia), XLV,
ottobre-dicembre 2008, pp. 83-116.
- “L’opera e la fede di Carlo Conighi”, «Il Piccolo della
Sera», XI, N.S., n. 4114, Trieste, 25 febbraio 1933, Anno XI, p.1.
- Aldo Tardivelli, “Un’amica ebrea”, testo videoscritto in
formato Word, 2006, p. 1-5.
- E. Varutti, “Fiume 1943”, «Il Manifesto», 5 luglio 2001.
Fiume, Via Giuseppe Verdi. Collezione Carlo Leopoldo Conighi, esule da Fiume; Udine.
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