Ne ha viste di tutti i colori il
protagonista di questa vicenda. Con i suoi 91 anni suonati ha ancora una voglia
disperata di raccontare la sua esperienza di italiano di Fiume, sottrattosi alle
sgrinfie dei titini. Il suo nome è Aldo Tardivelli, con il papà Tulio, ferroviere
a Fiume, morto nel 1943. Suo nonno era Napoleone Tardivelli, legionario di
D’Annunzio. Aldo Tardivelli, classe 1925, era amico del senatore Riccardo Gigante, l’autonomista fucilato dai miliziani di Tito nel 1945.
Lucia Tardivelli e Graziella Superina, foto dal lasciapassare, 1948
Nella Fiume occupata dai titini
il 3 maggio 1945 e poi annessa alla Jugoslavia con il Trattato di pace del 1947, il signor Aldo, disegnatore provetto, pur di restare nella sua città
natale aveva “accettato di fare il pompiere nella Manifattura Tabacchi”.
Le sue disgrazie, però, iniziano nel
settembre 1948 quando opta per l’Italia, nel rispetto delle leggi jugoslave. Lo
chiama il capo reparto e, circondandolo con altri titini, gli grida: “Ha optato
per l’Italia, buttate fuori questo disgraziato!” Così ha inizio l’odissea di
Aldo, ormai senza lavoro.
“Dal giorno che eravamo stati
licenziati dalla Manifattura – racconta Aldo Tardivelli – dovevo cercare di
percorrere un altro via, per assicurare alla mia famiglia un pasto giornaliero,
e così giravo in lungo e largo per la città in cerca di possibili fonti di
guadagno poiché ormai avevamo venduto tutto quello che era stato possibile”.
Campo Profughi di Laterina, Aldo Tardivelli, Graziella Superina e la piccola Lucia, Settembre 1948
C’erano dei problemi a Fiume nel
1948? “Bisognava evitare incontri sospetti nel cercare un amico che ci poteva
aiutare, e fare in modo di non essere fermato con il pretesto di vagabondaggio
dalla Milizia Popolare – risponde Aldo – le vie cittadine erano percorse da
gruppi di persone che trasportavano sulla schiena, o su dei carretti a mano,
pezzi di mobilio ed altri oggetti voluminosi che erano stati venduti o
barattati dai nostri connazionali con i nuovi
abitanti, come d’altronde avevano fatto tutti quelli che si trovavano nelle
nostre condizioni. Per la nostra famiglia si avvicinava il giorno fortunato
lungo le strade che percorrevo, faticosamente, tutti i giorni, avevo incontrato
per caso l’amico Molaroni che era stato licenziato dalla stessa Manifattura
Tabacchi dove aveva lavorato in coppia con uno sfortunato elettricista Lanza,
arrestato innocentemente per sabotaggio intervenendo nell’assemblea dei
lavoratori contro l’Ufficio del Personale, nell’attesa di ricevere i documenti
per andare in Italia”.
Aldo Tardivelli
E poi? “Ebbe così l’inizio di un
piano di collaborazione e sopravvivenza – dice Aldo – che consisteva in un
commercio clandestino. Bisognava cercare di acquistare dai nostri più fortunati
concittadini, che erano già in possesso dei documenti necessari per affrontare
l’esilio, degli apparecchi radio prima che questi articoli, vietati ad essere esportati, fossero
sequestrati al momento del carico delle masserizie sui carri ferroviari”.
L'amico Molaroni, essendo un
esperto elettricista, provvedeva ad un’accurata restaurazione degli apparecchi
applicando tutte le strategie, con vernici d’alluminio, lucido da scarpe ed
altri accorgimenti per farli apparire presentabili agli acquirenti. Appena
eseguito il restauro delle radio provvedevamo alla loro vendita ai nuovi
abitanti che arrivavano a frotte dai paesi circostanti”.
Molti italiani hanno dovuto aspettare
i permessi di uscita per svariati mesi, se non anni. Aldo riesce a partire in
treno alla una e mezza di notte nel 1948. Gli optanti per l’Italia dovevano
partire in piena notte, altrimenti la gente avrebbe visto quanti se ne andavano via da Fiume.
Mappa del Centro Raccolta Profughi di Laterina. Planimetria dopo il 1950. Fotografia per gentile concessione di Claudio Ausilio, delegato provinciale ANVGD di Arezzo
Dal Campo Profughi del Silos di Trieste a Udine
La prima tappa dell’esodo
disgraziato è il Centro Raccolta Profughi (CRP) del Silos a Trieste. “Era pieno
di rifugiati italiani – ha detto Aldo Tardivelli – non c’era più posto, non
c’erano letti, in certi posti non c’era neanche la luce, ho dormito per terra,
mia moglie Graziella Superina con la bambina, per fortuna, ha trovato posto da
una sua zia: Francesca Morsi”. Il racconto si fa convulso e rotto
dall’emozione. Il ricordo di quei momenti è come una tenaglia nel petto. È la
pinza dell’umiliazione, dello scoramento e della vergogna.
Laterina, Centro Raccolta Profughi, Baracca n. 1-1948, particolare del progetto. Fotografia per gentile concessione di Claudio Ausilio, delegato provinciale ANVGD di Arezzo
“Ho dormito su un pezzo di non so
che cosa buttato lì per terra al buio – spiega il signor Aldo – la mattina dopo
mi sono accorto che ero finito a dormire, come tanti altri profughi italiani,
vicino a degli escrementi, ma era buio, non si vedeva niente… Confesso che ho
pianto per la disperazione e mi chiedevo che ci stavo io a fare in quel brutto
posto lì”.
La destinazione successiva è il
Centro di Smistamento Profughi (CSP) di Udine, che non era un hotel a cinque
stelle. È un altro momento disgraziato per il nostro testimone. Il CSP è pieno
come un uovo. Nel capoluogo friulano i bambini e i giovani profughi italiani
vengono ospitati nei collegi religiosi, ma per gli uomini e per i vecchi c’è
posto solo per terra. A Udine, in Via Pradamano, per sua fortuna, Aldo si ferma
per pochi giorni.
“Ho tanto detto e spiegato che
avevo delle zie a Genova in grado di ospitarmi – aggiunge Aldo Tardivelli – che
speravo mi mandassero in treno fino là, invece guardo il biglietto ferroviario
e il foglio di via, destinazione: Centro Raccolta Profughi di Laterina. Non
sapevo neanche cosa fosse!”.
Graziella Superina e Lucia Tardivelli, CRP di Laterina
Il Campo Profughi di Laterina
A Laterina, in provincia di
Arezzo, in mezzo ai prati, fu costruito nel 1941 un campo di concentramento per
prigionieri inglesi e americani in numerose baracche, dopo il 1945 vi furono
rinchiusi per poco tempo i fascisti repubblichini. Dopo il 1947 furono accolti
i profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia.
“Le disgrazie e le delusioni non
sono finite a Udine, quando non mi mandarono dai miei parenti genovesi –
continua il testimone – perché il treno quando arriva a Bologna non può nemmeno
fermarsi per dare un po’ di latte ai bambini, con le crocerossine pronte al
servizio, perché i ferrovieri comunisti ci spediscono dritti in Toscana”.
Pure la cartolina... del Campo Profughi
Com’era la vita al CRP di
Laterina? “Il Campo profughi è distante dalla stazione otto chilometri –
precisa il signor Aldo, un po’ alterato – e ce li siamo dovuti fare tutti a
piedi tra il polverone della strada bianca. Il Campo profughi di Laterina era
una disgrazia! Cosa siete venuti a fare qui? – ci dicevano gli abitanti del
luogo. Solo baracche. Alle finestre c'erano delle coperte, perché mancavano i vetri. Sono rimasto lì per un mese, poi ho raggiunto le zie a Genova che mi
hanno aiutato a trovare un lavoro e una casa, così ho portato anche mia moglie
e mia figlia a Genova”.
Cosa ci dice della tragedia delle
foibe?
“Sono morti che meritavano un po’
più di pietà – conclude Aldo Tardivelli – poiché anche una sola tomba può
lasciare dietro di sé solo dolori a tutte le persone che li subirono, senza
trattenere l’angoscia e le lacrime come perenne ricordo, e fra questi ci sono i
resti mortali del giovane cugino di mia moglie Rodolfo Jannuale”.
Aprile 2003 - visita della memoria della famiglia Tardivelli al CRP di Laterina, provincia di Arezzo
Altre interviste su Laterina
Un altro profugo ricorda il Campo
profughi di Laterina, perché lì gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia tra
quelle baracche subiscono l’avvelenamento da cibo da parte di persone locali.
“I ne gà avelenado – afferma il signor Giuseppe Marsich, scappato da Veglia nel
1949 e pure lui per tre giorni ospite al CSP di Udine – e se doveva corer tuti
ai bagni, dopo me ricordo che a Laterina jera una baraca ciesa, el campo
sportivo e la riva dell’Arno, dove noi gente de mar se podeva far qualche
nodadina; gli abitanti dei paesi vicini i faseva manifestazioni contro de noi
profughi; eh, nel 1949 no se podeva andar in ciesa in Jugoslavia, perché te
ieri indicado a dito e acusado in publico de clericalismo, i faseva come un
processo davanti a tuti; un mio conoscente che jera ufizial de la marina de
Tito, gà dovuto sposarse in ciesa de note, per no farse veder dai titini, se no
perdeva el posto”.
Alfio Mandich, di Fiume, ha
riferito che “i profughi di Laterina si sentivano come pellerossa in una
riserva con tanto di quel filo spinato che circondava il campo profughi”. Il
suo itinerario? Ovvio: il Campo Profughi del Silos a Trieste, poi il Centro di
Smistamento di Udine, il CRP di Ancona e, infine, Laterina.
Centro Raccolta Profughi di Laterina, Elvira Dudech (al centro in camicia bianca) davanti alla propria baracca con le amiche, 1949. Fotografia per gentile concessione di Claudio Ausilio
La signora Dudech, esule da Zara,
ospite al Campo di Laterina, ha raccontato che i toscani dicevano ai loro figli
che “se non sarà boni ve faremo magnar dai profughi”.
Un’amica di Elvira Dudech ha scritto queste parole sulla facciata posteriore delle fotografie qui pubblicate in suo ricordo. “Elvira Dudech era nata a Zara il 22 luglio 1930. Fu esule da Zara dal 15 giugno 1948, nel CRP di Laterina per quattro anni. È ripartita per Udine nell’anno 1952.
Un’amica di Elvira Dudech ha scritto queste parole sulla facciata posteriore delle fotografie qui pubblicate in suo ricordo. “Elvira Dudech era nata a Zara il 22 luglio 1930. Fu esule da Zara dal 15 giugno 1948, nel CRP di Laterina per quattro anni. È ripartita per Udine nell’anno 1952.
Un incontro breve, ma
intenso; una persona di cui fino a quel giorno ignoravo l’esistenza; una
esperienza di vita che mi ha portato…”.
Elvira Dudech, al centro, in passeggiata nel corso di Laterina, 1949. Fotografia per gentile concessione di Claudio Ausilio
Pure le sorelle Egle e Odette
Tomissich, di Fiume, ricordano di aver dormito sul pavimento al Campo del Silos
a Trieste. “Fu un’esperienza traumatica il Silos di Trieste nel 1948 – hanno
raccontato le sorelle Tomissich – non c’era neanche la corrente elettrica,
tutto occupato, mancavano le brande e dovevamo dormire sul pavimento”.
21 gennaio 1944 - Bombardamento inglese su Fiume. Foto da Facebook
Il signor Luciano Pick, inoltre, ci ha comunicato che: “La mia nonna
materna e mio zio Bepi Svob hanno soggiornato a lungo preso il Campo Profughi
di Laterina e, quando hanno raggiunto Padova, dove noi eravamo esuli, non
ricordo che abbiano esaltato il loro soggiorno forzato”.
Fonti orali, iconografia e
ringraziamenti
Ringrazio per la disponibilità
dimostrata nella raccolta delle informazioni il signor Aldo Tardivelli, esule a
Genova. Le interviste sono state effettuate a Udine da Elio Varutti, con penna,
taccuino e macchina fotografica, se non altrimenti indicato. Si ringraziano gli
altri intervistati sotto riportati per la collaborazione all’indagine. Le fotografie sono della Collezione Aldo
Tardivelli di Genova, se non altrimenti precisato.
Per la collaborazione alla
ricerca sono riconoscente a Claudio Ausilio, delegato provinciale
dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) di Arezzo, perché
mi ha messo gentilmente in contatto col signor Tardivelli, preparando il
momento dell’intervista.
- Elvira Dudech, Zara 1930 – Udine
2008, int. del 28 gennaio 2004.
- Giuseppe Marsich, Veglia 1928,
“italiano all’estero”, Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, int. del’11
febbraio 2004.
- Luciano Pick, Fiume 1940, esule a
Pertegada di Latisana, in provincia di Udine, messaggio in Google del 24
gennaio 2017.
- Aldo Tardivelli, Fiume il 20
settembre 1925, esule a Genova, int. telefonica e per e-mail nel periodo 20-24 gennaio 2017, con la preziosa collaborazione di Claudio Ausilio.
- Egle Tomissich, Fiume 1931, int.
del 3 febbraio 2011 e del 18 dicembre 2016.
- Odette Tomissich, Fiume 1932,
int. del 3 febbraio 2011.
Centro Raccolta Profughi di Laterina 1949, processione. Fotografia per gentile concessione di Claudio Ausilio
Riferimenti bibliografici e nel web
- Alfio Mandich, “Ricordi
dell’esodo. Quando se partiva senza saver dove se andava”, «La Voce di Fiume»,
30 aprile 1997.
- Elio Varutti, Il campo profughi di via Pradamano e
l'associazionismo giuliano dalmata a Udine : ricerca storico sociologica tra la
gente del quartiere e degli adriatici dell'esodo : 1945-2007,- Udine,
Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Comitato provinciale di Udine,
2007. - 393 p. : ill.; 30 cm
- E. Varutti, Il Campo Profughi del Silos a Trieste, 2015.
- Ospiti di gente varia : cosacchi, esuli giuliano dalmati e il Centro di smistamento profughi di Udine, 1943-1960 / Roberto Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti.
- Udine : Istituto statale d'istruzione superiore "Bonaldo
Stringher", 2015. - 127 p. : ill. ; 24 cm
Centro Raccolta Profughi di Laterina 1949, processione. Sopra: dietro la statua della Madonna Missionaria, ragazze e donne di Zara. Sotto la banda musicale in una curva del campo profughi. Fotografie per gentile concessione di Claudio Ausilio
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