Mario Mari è nato a Pola nel 1907 da padre istriano e madre
carnica. Si laurea in Lettere classiche presso l’Università di Padova nel 1930.
Il professor Mario Mari negli anni Sessanta
Riceve per alcuni anni le supplenze e vari incarichi di insegnamento in certi
licei dell’Istria e della Dalmazia, allora italiane. Si appassiona alla poesia.
Nel 1933-1934 insegna anche al liceo “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli.
Entra in ruolo a Pola nel 1936 insegnando nel locale liceo.
Nel 1945, costretto a lasciare l’Istria, ottiene la cattedra di Italiano e Latino
nella sezione B del Liceo classico “Jacopo Stellini” di Udine, che ricopre fino
alla quiescenza, avvenuta nel 1974. Muore nel 1992 a Udine.
Il suo nome e la sua arte poetica cadono nell’oblio. Nel
2007, grazie alla studiosa Marianna Deganutti, di Cividale del Friuli, riscopre
il poeta, dedicandogli un volume nel centenario della sua nascita, col titolo
Mario Mari 1907-2007. Il testo contiene ventinove liriche e due brani in prosa.
Mario Mari sposò la cividalese Luigia Zanuttig, che gli diede
due figli: Marisa, deceduta a pochi mesi colpita da poliomielite e Luigi
(1938-2010), che seguì le orme paterne nell’insegnamento, divenendo uno dei
migliori docenti di lettere classiche che il liceo “Stellini” abbia avuto.
Copertina del libro di Marianna Deganutti
Le opere edite
Mario Mari scrisse poesie e saggi di critica letteraria. Tra
le composizioni poetiche si ricordano: Fiorita,
del 1930; La poesia muore (1932); Secca vena (1935); Marisa (1938); Tra sorriso e
pianto (1941); Aquileia. Canti delle
terre perdute istriane e dalmate (1947); Amore e morte (1948); Frammenti,
epigrammi, ribellioni (1951); Canti
dell’esilio (1954); Itinerari poetici
(1956); Vivere di poesia (1962); Trieste-Tristia (1972); Friuli poetico (1980).
Tra i suoi saggi di critica letteraria spiccano: Carducci romantico (1933); Carducci e Goethe (1934); Riflessi dannunziani in Germania: H. Mann
(1937); Amor di Dante, saggi critici
sulla Divina Commedia (1965); Dante,
Manzoni, Leopardi (1974).
Si riporta qui di seguito la poesia “Arena di Pola”.
Arena di Pola
Arena di Pola, tu miri
con occhi cavi la sorte
dei figli che abbandoni
piangenti, sull’onda amara.
Tu non conosci morte:
gli uomini, il loro destino,
si perdono nel tempo;
non vincono l’azzurro
dell’acqua che ti bagna.
Come possiamo vivere
noi, esuli tuoi figli,
con gli occhi sempre pieni
d’azzurro del tuo mare,
se non per ritornare?
O mare, mare, mare,
tramandati nei figli,
anela ad una sponda
che vibra in ogni vena!
Con i pesanti massi
dell’ampia tua corona
ti incidi, o nostra arena,
nell’anima il ritorno.
Risorgerà quel giorno
in noi, nei nostri figli,
finché sarà una terra
che noi dobbiamo amare;
finché sarai diadema,
o arena, là, sul mare.
Riferimenti
bibliografici
Elettra Patti, “Rileggendo l’opera poetica di Mario
Mari”, «La Voce degli Stelliniani», XVI, 1, febbraio
2017, pag. 11.
Nessun commento:
Posta un commento