mercoledì 5 aprile 2017

Son mi a netar la Madonna del Villaggio Giuliano, Udine

La vedevo sempre più pulita e lucidata. Ogni volta che passavo vicino alla ancona della Madonna della Rinascita al Villaggio Giuliano di Udine, la vedevo sempre più linda. 
L'ancona votiva di Via Casarsa a Udine, al centro del Villaggio Giuliano. 2017

Ricordo che nel 2013 la pietra aveva una grossa macchia scura di smog. Persino i mattoni del basamento erano un po’ ballerini. Il bassorilievo in bronzo, opera di Domenico Mastroianni (Arpino, Frosinone 1876 - Roma 1962), era tutto scuro.
Proprio in quel luogo, sin dal 1952-1953, le donne giuliane e dalmate si riunivano a maggio per recitare il rosario, attirando altre donne e uomini. Gli udinesi così si mescolavano con i profughi giuliani, fiumani e dalmati nel rito religioso spontaneo, meravigliando il clero locale.
L’effigie della Madonna è ricordata da un professore udinese. È Claudio Della Longa, che ha detto: «Ricordo che gli istriani del Villaggio Giuliano, costituito da una quindicina di case costruite nel 1951-1952, si riunivano vicino alla sacra ancona nel mese di maggio per le preghiere ed il vespero».
Il signor Giuseppe Marsich, esule da Veglia, ricorda di essere andato ad abitare verso il 1952 nel Villaggio Giuliano di Udine. «Xe case fate coi schei de l’UNRRA CASAS, dei americani nelle strade de Via Casarsa, Via Cormòr Alto e Via Cordenons, jera tutti campi in quella volta». Al Villaggio Giuliano ci abitano, o ci hanno vissuto, o lo conoscono anche i signori Tancredi e i fratelli Mattini di Pinguente. «Al Villaggio Giuliano de Udine jera tanti scampadi da Pinguente – hanno ricordato».
Poi ad un certo punto, nel 2016, è comparsa pure una piccola targa con la seguente scritta: “VILLAGGIO GIULIANO / 1953 / PROFUGHI ISTRIANI-DALMATI”. Chissà chi è stato a posizionarla? E chi è stato a lucidare, restaurare e pulire tutto l’insieme?
Domenico Mastroianni, Madonna della Rinascita, bronzo, Villaggio Giuliano di Via Casarsa, di Udine. 2017

Finalmente ho scoperto chi è l’autore del restauro e della pulizia della sacra immagine di Via Casarsa. «Son sta mi a lustrar la Madonna del Villaggio Giuliano, perché abito lì – esordisce così il signor Alberto Nadbath, di Udine, ma col papà di Abbazia – e con la varecchina ho spazzolato la pietra, perché era tutta scura, poi ho sistemato i mattoni alla base».
Di antica origine ungherese il signor Nadbath mi accenna al fatto che con la nonna, pure lei esule, dopo il 1947-1948 «si poteva parlare solo in tedesco». Come si chiamava suo padre? «Mio padre era Gualtiero, detto Walter, classe 1913, nato ad Abbazia e morto a Udine nel 1996. Era finito in Africa per la guerra del 1940, poi gli inglesi l’hanno fatto prigioniero e recluso in India e poi in Gran Bretagna, dove con altri italiani dovevano lavorare a raccogliere patate con un cucchiaio, sembra incredibile a raccontarla».
Alberto Nadbath mi riferisce qualcosa sul vecchio parroco di S. Giuseppe «oggi c’è un colombiano che ha un mucchio di parrocchie da seguire! Invece don Armando, che lo ha preceduto, ci raccontava di avere conosciuto i profughi del Villaggio Giuliano, perché prima alcuni di loro erano al Centro di Smistamento Profughi di Via Pradamano. È stato lui, don Armando, a continuare la tradizione del rosario a maggio presso l’ancona della Madonna del Villaggio Giuliano. Io tengo pulita e ordinata l’opera, aggiungo il ghiaino e ho messo la targa di ricordo».
Signor Nadbath ha qualche altro fato da raccontare su quel sacello? «Sì, mi ricordo che da bambino con gli altri figli degli esuli giuliano dalmati giocavamo a nascondino – risponde Nadbath – e il libera-tutti era proprio lì sul marmo della Madonna; chi stava sotto doveva appoggiare la testa sul braccio alla pietra e ad occhi chiusi contare, mentre gli altri andavano a nascondersi… Ah che robe!»
Per caso ha dei parenti che con l’esodo sono andati all’estero? «Sì, so che ci sono miei parenti finiti a Vienna – è la conclusione di Alberto Nadbath – ed altri ancora negli Stati Uniti d’America, sa siamo un po’ sparsi pel mondo».
Progetto delle abitazioni del Villaggio Giuliano di Via Cormòr Alto, Via Casarsa, Via Cordenons a Udine, studio di Roma, 1950. Archivio del Comune di Udine

Altri ricordi sui profughi giuliano dalmati
Il Centro di Smistamento Profughi (CSP) di Via Pradamano a Udine, da dove passarono oltre 100 mila esuli, è ricordato anche dal signor Roberto Zini, un toscano che ho incontrato ad una delle manifestazioni sul Giorno del Ricordo. «Abitavo di fronte al Bar Cantoni, in piazzale Cavalcaselle e passavo in Via Pradamano negli anni 1950-1955 e sentivo ogni giorno un grande odore di minestrone. E pensavo: Ma quanto minestrone faranno lì dentro?». Ricorda qualcosa d’altro sui profughi giuliano dalmati? «Mi viene in mente che i preti del Campo Profughi erano quelli della parrocchia del Carmine, come don Armando Bassi, don Giovanni Perosa, che poi andò a Pagnacco».
A volte i ricordi paiono insignificanti, ma in poche parole è detto molto. È il caso del signor Gino Nonino, abitante in Baldasseria, nella stessa zona del CSP di Via Pradamano. «Era tutta brava gente, alcuni istriani si sono sposati con la gente di Baldasseria, loro stavano al Campo Profughi di Via Pradamano, me li ricordo, tutti gran lavoratori!»
Ho intervistato oltre 300 persone sull’esodo giuliano dalmata e sulla vicenda delle foibe, ma certi racconti vengono in mente quando si è vicini al Giorno del Ricordo. Il silenzio dei profughi si stempera vieppiù quando cade il 10 febbraio di ogni anno. «La cugina di mio marito – ha riferito Rita Fontanello – è di Dignano d’Istria e non voleva che si parlasse mai dell’Istria o di Jugoslavia. Si doveva parlare sottovoce di quei posti in sua presenza. Lei diceva che le venivano in mente le voci. Si riferiva alle grida degli infoibati ancora vivi. Quelle voci venivano ascoltate dai paesani vicino alle foibe. Tutto ciò le faceva molto dolore. Non si doveva mai parlare di Istria con lei».
La targa posta da Alberto Nadbath nel 2016 sul sacello della Madonna della Rinascita al Villaggio Giuliano di Udine, 2017

Contatti con profughi giuliano dalmati e loro discendenti
Alcuni discendenti di profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia mi contattano nei social media (Google, Facebook, LinkedIn ed altri). Ornella Dall’Alba mi ha scritto che «Il senso della patria perduta è quello che ha accompagnato mio padre, Manlio Dall’Alba, esule fiumano, per tutta la vita, che ebbe alcuni amici uccisi nella foiba». Manlio Dall’Alba, alla data dell’11 febbraio 1947, risulta del Comitato Giuliano di Roma, Ufficio di Fiume, come si legge nelle riviste della Società Studi Fiumani.
Nello stesso gruppo di Facebook Rita Mattioli, di Parenzo, ha descritto un momento della vita in un Centro Raccolta Profughi, quello di Marina di Carrara, spiegando come dormivano: «Noi a Marina di Carrara con le coperte e brandine da campo». Vedendo una fotografia del Centro Smistamento Profughi di Udine, c’è chi digita alcune stentate parole. È successo a Nicolò Zupcich, nato a Zara, durante la seconda guerra mondiale, che ha scritto in dialetto: «Madre e fradei i stava in sto campo; i me gà contà in un altro a Roma, Centocelle, ex caserma. Maledetta guerra».
C’è chi vede una fotografia nel web e si mette a scrivere un messaggio carico di affetti. È successo a Marina Zappetti, di Bolzano, dopo aver letto il mio articolo sull’esodo di Liana Di Giorgi Sossi, riguardo al Centro Raccolta Profughi di Firenze di Via Guelfa. «Nella foto di gruppo riconosco i miei amatissimi zii Nerucci e Romano Tuntar, quanti racconti su Via Guelfa e sul nido/asilo della Manifattura Tabacchi di Firenze».
Altri si chiedono se c’è qualche parentela tra i lettori del social media, come Maria Tuntar, di Capriata d’Olbia, ex provincia di Alessandria, che ha scritto: «Chissà Romano Tuntar forse era parente nostro? Io sono nata a Laterina, Arezzo». Qualcuno si commuove nel leggere l’articolo sull’esodo di Liana Di Giorgi Sossi, venuta via col piroscafo “Toscana” e le invia un messaggio affettuoso. È il caso di Claudio Ispa, di Pola, che ha scritto: «Eravamo sulla stessa nave, mi gavevo sette anni. Un saluto caro a te e famiglia»
Gianna Villatora, di Pola, il 22 dicembre 2016, riguardo all’esodo col piroscafo “Toscana”, mi ha comunicato che: «Anch’io nel 1947 da Pola a Grado, avevo due anni e mezzo, credo con lo stesso piroscafo… non so se a Trieste o Venezia, poi siamo stati a Grado, ex provincia di Gorizia».

Il Villaggio Giuliano di Udine in uno scorcio da Via Casarsa

Fonti orali, del web e ringraziamenti
Ringrazio le seguenti fonti orali per la disponibilità riservata. Le interviste sono state raccolte da Elio Varutti a Udine, con taccuino, penna e macchina fotografica nelle date citate, se non altrimenti riportato.
- Ornella Dall’Alba, messaggi in Facebook, nel gruppo “Esodo Istriano per non dimenticare”, del 4 e 5 maggio 2016.
- Claudio Della Longa, 1957, Udine, intervista del 30 aprile 2012.
- Rita Fontanello, 1947, San Michele al Tagliamento, Venezia, int. dell’11 febbraio 2017.
- Claudio Ispa, 1940, Pola, vive a Rivarolo Canavese, Torino, messaggio in Facebook del 19 gennaio 2017
- Giuseppe Marsich, 1928, italiano all’estero, Veglia, Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, int. del giorno 11 febbraio 2004. Suo fratello, Livio Marsich (Veglia 1932-Udine 2011) ha voluto che dopo il suo funerale, svoltosi a Udine nella Chiesa di San Rocco gremitissima di parrocchiani ed esuli, le sue ceneri riposassero a Veglia, oggi Croazia.
- Onorina Mattini “Là de Maria Osso”, 1924, Pinguente, int. del 10 febbraio 2017.
- Vittore Mattini “Là de Maria Osso”, 1929, Pinguente, int. del 15 febbraio 2007.
- Rita Mattioli, Parenzo, vive a Torino, messaggio in Facebook del 20 gennaio 2017.
- Alberto Nadbath, 1951, Udine, int. del 2 aprile 2017.
- Gino Nonino, 1944, Baldasseria, Udine, int. del 17 aprile 2016.
- Cesare Tancredi, 1933, Pinguente, int. del 28 febbraio 2007.
- Luciana Tancredi, 1935, Pinguente, int. del 28 febbraio 2007.
- Maria Tuntar, nata nel CRP di Laterina, ex provincia di Arezzo, vive a Capriata d’Olbia, ex provincia di Alessandria, messaggio in Facebook del 20 gennaio 2017.
- Gianna Villatora, 1944, Pola, messaggio in Facebook del 22 dicembre 2016.
- Marina Zappetti, di Bolzano, messaggio in Facebook del 20 gennaio 2017.
- Roberto Zini, 1938, Pistoia, int. del 20 febbraio 2015.
- Nicolò Zupcich, Zara, messaggio in Facebook dell’8 febbraio 2017.

Udine - Villaggio Giuliano con l'icona della Madonna della Rinascita in basso a destra, 2017

Bibliografia e sitologia
- Elio Varutti, Il Campo Profughi di Via Pradamano e l’Associazionismo giuliano dalmata a Udine. Ricerca storico sociologica tra la gente del quartiere e degli adriatici dell’esodo 1945-2007, Udine, ANVGD, Comitato Provinciale di Udine, 2007.
- E. Varutti, “Cara maestra, le scrivo dal Campo profughi. Bambini di Zara e dell'Istria scolari a Udine, 1948-1963”, «Sot la Nape», Bulletin of the Friulian Philological Society, Udine, Italy, 2008.
- Roberto Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospiti di gente varia. Cosacchi, Esuli Giuliano Dalmati e il Centro di smistamento profughi di Udine 1943-1960, Udine, Istituto Statale d’Istruzione Superiore “B. Stringher”, 2015, pagine 128.
- E. Varutti, Quattro Villaggi giuliani a Udine, articolo nel web del 2016.
Per i dati su un Itinerario giuliano a Udine, costruito da una classe di studenti assieme allo scrivente e ad altri professori nel 2013, si veda: Itinerario giuliano a Udine. Esodo istriano, un brano sconosciuto di storia locale.
- Per le notizie sul più grosso Centro Smistamento Profughi giuliano dalmati, che sorse a Udine vedi l’articolo scritto nel 2014, con successivi aggiornamenti in questo stesso blog: Il Centro di smistamento profughi istriani di Udine, 1945-1960.
- Riguardo agli intervistati di Pinguente d’Istria, c’è questo articolo del 2015: Tecnica della pulizia etnica. Un infoibato di Pinguente, 1943.
- Per leggere un’intervista a Flavio Serli di Umago vedi:  Esodo da Umago nel 1961. Cognome straziato (2016).
- Per una ricerca sul senso della patria fiumana perduta e altre notizie riportate dal professor Daniele D’Arrigo di Udine, nel 2016, vedi: La patria perduta. Profughi da Fiume, 1943-1947.

- Un articolo nel web sull’esodo di Liana Di Giorgi Sossi, Da Pola al Centro Profughi di Firenze, con pareti di cartone, 2017.
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Servizio giornalistico, fotografico e di networking di Elio Varutti 

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