venerdì 27 aprile 2018

25 aprile a Porzûs con l’Associazione Partigiani Osoppo


I soci dell’APO (Associazione Partigiani Osoppo) si sono ritrovati a Porzûs il 25 aprile 2018, vicino alle celebri malghe, in comune di Faedis, provincia di Udine Hanno passato un momento di riflessione e di convivialità. Qui il 7 febbraio 1945 avvenne l’eccidio di 17 partigiani osovani (i cosiddetti fazzoletti verdi) per mano di partigiani garibaldini comunisti, con l’accusa di intelligenza col nemico.
Porzûs - Roberto Volpetti, con la giacca, e Paride Cargnelutti al convivio dei soci dell'APO

A guidare il gruppo dei soci APO era Roberto Volpetti, vice presidente dell’APO. Erano presenti nel momento conviviale anche Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), assieme a Elio Varutti, vice presidente ANVGD di Udine e altri soci del sodalizio. Tra i presenti c’era anche Paride Cargnelutti, consigliere regionale, che ha voluto salutare il pubblico nel capannone di Mario.
Negli stessi momenti saliva alla malghe di Porzûs per rendere omaggio ai partigiani trucidati anche Silvio Berlusconi, con vari esponenti di Forza Italia. La visita del cavaliere non è stata del tutto gradita, tuttavia, da Paola Del Din, quasi di 95 anni, insegnante e partigiana medaglia d’oro al valor militare, come ha riportato il «Messaggero Veneto» del 27 aprile 2018.

Come avvenne l’eccidio del 1945
Nella strage morì anche Guido Pasolini, fratello del celebre poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini. Un reparto di oltre cento garibaldini comandati da Arturo Toffanin (il suo nome di battaglia è “Giacca”) sale alle malghe di Porzûs. Per i più pignoli si ricorda che il toponimo è Topli Uorch, comune di Faedis. Fanno finta di essere sbandati, per non insospettire i dirigenti osovani. Arrivati alle malghe i garibaldini uccidono Francesco De Gregori, Gastone Valente, una donna e un partigiano garibaldino. Quest’ultimo era riuscito a scappare da un treno della deportazione e poi aveva ricevuto l’ordine di raggiungere il comando partigiano più vicino, che era appunto quello di De Gregori. Proprio De Gregori (parente omonimo del celebre cantautore) era stato da poco nominato capo di stato maggiore della formazione.
Aldo Bricco, nuovo comandante della I brigata Osoppo – come si legge nel sito web dei partigiani dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) – si salva per puro caso. Altri quattordici partigiani osovani sono portati a valle e trucidati nei giorni successivi. Il commissario politico delle Garibaldi Friuli, Mario Lizzero, da sempre favorevole al comando unificato con le Osoppo, riesce a rimediare alla frattura, che rischia di spaccare definitivamente la Resistenza nell'area. Nel dopoguerra, Toffanin – che si rifugia in Jugoslavia, dove morirà di vecchiaia – e due dirigenti del PCI di Udine sono condannati per l’eccidio.
Roberto Volpetti. Fotografia di B. Zuccolin
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. V. Fotografie di E. Varutti ove non altrimenti indicato.

Ville aperte 2018 in Friuli Venezia Giulia


Anche quest’anno a partire dal del 1° maggio si terrà la rassegna di Ville Aperte. La manifestazione è stata voluta e appoggiata dai Comuni di Manzano, Buttrio, Pavia di Udine, Pradamano, Premariacco e San Giovanni al Natisone, in provincia di Udine, per promuovere il loro territorio. L’esperienza originale riprende grazie alla disponibilità dei proprietari che aprono straordinariamente al pubblico le loro dimore meravigliose, permettendo ai visitatori di apprezzare un patrimonio storico-culturale di grande spessore.
Giuseppe Morandini, al centro, presidente della Fondazione Friuli, durante la conferenza stampa di presentazione di Ville aperte 2018. Foto B. Zuccolin

Visite guidate ogni ora dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00 a cura delle guide di Itineraria – Associazione Guide Turistiche Autorizzate per la Regione Friuli Venezia Giulia.
Itineraria e Aster Turismo/Territoria Nordest organizzano per lunedì 1° maggio 2018 la 14^ edizione di Ville Aperte.
Le undici splendide dimore storiche private, con i loro parchi e giardini, sono aperte al pubblico nel seguente orario: 10.00 – 13.00 e 14.00 – 18.00. Le visite guidate iniziano ogni ora dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00. La manifestazione si conclude alle ore 18.00.
La giornata è arricchita da percorsi in carrozze trainate da cavalli, concerti, mostre e degustazioni in villa, mentre i numerosi ristoranti e agriturismi del territorio propongono piatti speciali e menù eccellenti di tradizione friulana.
Numerosi agriturismi, trattorie e osterie con cucina hanno sposato l’iniziativa presentando dei menù a tema. L’ingresso alle ville, le visite guidate e le attività collaterali sono gratuiti. All’interno delle dimore non è consentito fare fotografie o filmati. Gli animali domestici purtroppo non sono ammessi.
L’iniziativa è stata presentata al pubblico il 26 aprile scorso a Palazzo Contarini, in via Manin 15 a Udine, sede della Fondazione Friuli. Oltre a Giuseppe Morandini, presidente della Fondazione Friuli, erano presenti all’incontro Lucio Zamò, rappresentante di “Noi Cultura e Territorio”, Maria Paola Frattolin presidente di Itineraria, Gilberto Ganzer, storico dell’arte e Federico Poillucci, presidente della Friuli Venezia Giulia Film Commission.
Tra il qualificato pubblico di giornalisti e cineoperatori, erano presenti in sala Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), la professoressa Renata Capria D’Aronco, presidente del Club UNESCO di Udine,  alcuni presidi e vari soci della Società Filologica Friulana.

Programma di Ville aperte
Le seguenti ville sono aperte al pubblico il 1 maggio 2018: Casa Beltrame Peruzzi, via Beltrame, 18, Caminetto di Buttrio (Ud). Parco di Villa di Toppo Florio, via Morpurgo, 6, Buttrio (Ud). Casa Forte Nussi Deciani, via dei Ronchi, 12, Case di Manzano (Ud). Belvedere e Oratorio di Villa de Marchi Ottelio, via Orsaria, 1, Localita” Ottelio, Manzano (Ud). Villa Romano, via S. Tommaso, 8, Case di Manzano (Ud). Villa Agricola Pighin, via della S.S. Trinita’, 1, Risano di Pavia di Udine. Villa Frattina Caiselli, piazza della Vittoria, Percoto di Pavia di Udine. Villa Caimo Dragoni, via Liberta’, 4, Lovaria di Pradamano. Villa Giacomelli, via Roma, 47, Pradamano (Ud). Rocca Bernarda, via Rocca Bernarda, 27, Ipplis di Premariacco (Ud). Villa de Brandis, via Roma, 117, San Giovanni al Natisone (Ud).
Sono inoltre visitabili i seguenti siti: Abbazia di Rosazzo, piazza Abbazia, 5, Manzano (Ud). Acetaia Midolini, via delle Fornaci, 1, Manzano (Ud). Area archeologica del Castello di Manzano e sentiero della Sdricca, Manzano (Ud). Chiesetta SS. Trinita’, via SS. Trinita’, Risano di Pavia di Udine (Ud).
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Gabriele Anelli Monti. Fotografia di Bruna Zuccolin.

giovedì 26 aprile 2018

Udine, Festa della Liberazione, anche l’ANVGD in piazza


È la prima volta che un sindaco di Udine legge i nomi di persone uccise e gettate nella foiba, o scomparse, o diversamente trucidate. Lo ha fatto Carlo Giacomello – sindaco reggente – in una piazza Libertà gremita di persone, di autorità politiche e di militari durante le celebrazioni del 25 Aprile 2018. Tra il silenzio della folla ha letto ad alta voce prima i nomi dei partigiani fucilati davanti al carcere o al tribunale. Poi ha declamato i nomi dei soldati britannici uccisi dai nazifascisti, i nomi dei caduti nell’eccidio di Porzûs, dove partigiani garibaldini comunisti passarono per le armi 17 partigiani osovani, accusati di “intelligenza col nemico”.
Udine, piazza Libertà, 25 aprile 2018 - Festa della Liberazione, al centro Bruna Zuccolin, presidente ANVGD di Udine, in giacca bianca accanto al labaro dell'ANVGD 

Col concetto che la storia unisce e non divide, Giacomello ha voluto ricordare anche l’ingegnere Silvio Cattalini, che fu presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) Comitato Provinciale di Udine dal 1973 al 2017. “Ricordo Cattalini – ha detto il sindaco – perché ha evitato che si cancellassero le sofferenze passate dalla gente dell’esodo giuliano dalmata”.
Hanno poi parlato diversi studenti per leggere le motivazioni delle medaglie assegnate ai Comuni friulani, primo fra tutti quello di Udine, tra gli applausi del pubblico, in uno sventolio di bandiere sindacali e di formazioni dell’estrema sinistra.

Gino Dorigo, rappresentante sindacale, ha voluto polemizzare con l’intervento di Carlo Giacomello. A parere del sindacalista “i morti non sono tutti uguali”. Ha poi spiegato che a suo parere non si può mettere sulla stessa onda chi è “morto per la libertà con chi fino all’ultimo è rimasto legato all’odio”.
In piazza c’erano tanti sindaci con la fascia tricolore e numerosi gonfaloni dei Comuni. C’erano naturalmente i rappresentanti dell’Associazione Partigiani Osoppo (APO) e dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), oltre ad altre rappresentanze istituzionali e associative. A trasformare il 25 aprile in una festa di tutti per fortuna ci hanno pensato altre persone, come ad esempio quel giovane afgano che sorreggeva il labaro dell’Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti, Delegazione di Udine (ANED). Oppure i discendenti della Brigata Ebraica, presenti con il loro striscione. Altri ancora hanno dato colore e novità alla Festa della Liberazione di Udine, come ad esempio la Comunità musulmana udinese presente con vari cartelli e bandiere col tricolore italiano. In un angolo qualche manifestante sventolava perfino una bandiera palestinese.

Non mancava il cartello giallo con lo slogan “Verità per Giulio Regeni”. Proprio il caso di Regeni, torturato e ucciso in Egitto, è stato menzionato dal sindaco Giacomello, ricordando che il futuro per tutti si chiama Europa, rifiutando i muri e i facili populismi.
“Mi piacerebbe – ha aggiunto Giacomello – che il 25 aprile diventasse come il 14 luglio per i francesi o il 4 luglio per gli americani, ossia una ricorrenza nazionale di tutti e per tutti”. Un concetto non facile da digerire per qualcuno. Basti vedere cosa è successo in altre località del Paese. A Trieste il sindaco Roberto Dipiazza, esponente del centrodestra è stato fischiato e contestato nel suo intervento dal canto di “Bella ciao”. Perfino il rabbino di Trieste Alexander Meloni alla Risiera di San Sabba, unico lager nazista in Italia, mentre iniziava il rito ebraico è stato contestato da fischi e sventolii di bandiere palestinesi. Tensioni anche a Firenze, Roma e Milano. Che brutta festa…

Nomi di infoibati letti dal sindaco Carlo Giacomello a Udine
1) Stellio  Apollonio, nativo di Orsera, Istria, Carabiniere Ausiliario. Venne catturato dagli slavi a Orsera il 17 maggio 1945 e portato al carcere di Parenzo. Poi non si seppe più nulla.   
    2) Antonio Babudri, nato ai primi del ‘900 a Trieste, colono a Capodistria, nel paese di Bertocchi, scomparso nel 1944 e eliminato in foiba. 
     3) Attilio Benvenuti, nato ad Isola d’Istria (Pola) il 24 maggio 1899. Servitore dello Stato, catturato a Trieste nel maggio 1945. Imprigionato ai Gesuiti e quindi al Coroneo. Condotto alla Casa del Popolo di Isola. Massacrato dai partigiani in agro di Capodistria
   4) Marino Bosdaves, nato a Udine nel 1913. Agente di Pubblica Sicurezza. In servizio presso la Questura di Gorizia, prelevato da partigiani titini il 2 maggio 1945 poi non si seppe nulla
    5) Nazario Cattunar, nato nel 1908 a Villanova di Verteneglio, della Milizia Difesa Territoriale, disperso il 1° maggio 1945, fu ucciso e buttato nella foiba di Vines.
    6) Giusto Chersi, nato nel 1902 a Parenzo, impiegato; infoibato a Vines nel settembre-ottobre 1943. Esumato e riconosciuto dalla moglie Giulia Gripari e dal cognato Giuseppe Gripari. 
     7) Mario Chersi di Francesco, anni 47, nato a Parenzo, panettiere; infoibato a Vines nel settembre-ottobre 1943”. Esumato e riconosciuto dalla cognata Giulia Gripari e dal fratello di lei Giuseppe Gripari.
    8) Martino Chiali, di Martino, nato nel 1887 a Marzana è tra le vittime della foiba di Terli, vicino a Barbana d’Istria. 
      9) Maria Cramer, negoziante a Montona, scomparsa e uccisa nel 1945. La sua lapide è al Parco della Rimembranza di Cava Cise, ma non si sa dove siano i suoi resti umani.
     10) Albina Gobbo, di 31 anni, detta “Zora”, eliminata in foiba nel 1943, probabilmente in quella di Vines, una località vicino ad Albona, suo paese di origine.
      11) Marco Gobbo, nato nel 1882 a Brovigne di Albona, eliminato in foiba nel 1943, probabilmente in quella di Vines, una località vicino ad Albona.
    12) Giovanni Gorlato, nato nel 1900, notaio di Dignano d’Istria, arrestato dai titini il 3 maggio 1945 e poi scomparso; per i compaesani fu gettato in foiba.
  13) Luigi La Micela, nativo di Sicli, in provincia di Ragusa. Maresciallo dell’Esercito Italiano. Arrestato dai soldati jugoslavi a Gorizia il 9 maggio 1945 e portato prima ad Aidussina, poi ad Idria e di nuovo ad Aidussina ove si trovava nel giugno del 1945. Da allora non se ne seppe più nulla.
    14) Francesco Mattini, nato nel 1895 a Pinguente, dipendente dell’acquedotto, imprigionato e messo a morte nell’Abisso Bertarelli, tra il 27 e 30 settembre 1943.
   15) Carlo Alberto Privileggi, di Parenzo, ingegnere, prelevato dai titini locali nel settembre 1943, ucciso e precipitato nella foiba di Vines. Esumato dal maresciallo Harzarich e riconosciuto dal fratello Gino Privileggi.
    16) Giuseppe Rauni, nato a Albona nel 1902, prelevato dai titini il 2 novembre 1943 e vittima della foiba.
   Una parte della delegazione dell'ANVGD di Udine in corteo in via Poscolle: Elio Varutti, vice presidente col labaro, Bruna Zuccolin, presidente, Bruno Bonetti, segretario e Franco Pischiutti, socio

I discendenti delle persone dei n. 1, n. 4 e n. 13 sono state insigniti dalla Prefettura di Udine nel 2017 nel Giorno del Ricordo, con la motivazione ufficiale scritta accanto. L’elenco soprastante è stato stilato dai dirigenti dell’associazionismo giuliano dalmata locale con Bruna Zuccolin, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) Comitato Provinciale di Udine dal 2017, quando mancò l’ingegnere Silvio Cattalini, presidente dello stesso sodalizio per 45 anni. I discendenti delle succitate persone scomparse, massacrate o infoibate sono esuli a Udine e sono soci dell’ANVGD, o sono esuli in Friuli Venezia Giulia, o sono in contatto con l’ANVGD di Udine per le cerimonie patriottiche e religiose regionali del caso.
Tali nomi sono citati nel libro di E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie di Udin, 2017.
Udine piazzale 26 Luglio 1866, la delegazione dell'ANVGD di Udine vicino a Enrico Pizza, assessore del Comune di Udine, col garofano rosso in mano

A rigor di notizia il numero totale degli scomparsi, dei prelevati dai titini e uccisi nella foiba o nella fossa comune ammonta a 665 persone per i nati nella provincia di Udine. Da tale elenco sono esclusi i nomi afferenti alla provincia di Pordenone che sono riportati in un elenco a parte. I dati sono stati raccolti sulla base della letteratura dell’esodo (Padre Flaminio Rocchi, in primis), su dati ministeriali e sulle ricerche dei discendenti degli assassinati comunicate all’associazionismo giuliano dalmata. La lista in possesso dell’ANVGD di Udine, aggiornata al 21 aprile 2018, è stata gentilmente comunicata dai signori Laura Brussi, esule da Pola e da Carlo Cesare Montani, esule da Fiume.
L’elenco delle 665 persone della provincia di Udine arrestate dai titini, uccise, o sparite nel nulla si apre con il seguente nominativo: “Addeo Giovanni, nato a Udine il 24 agosto 1924, militare della Guardia Nazionale Repubblicana, Milizia di Difesa Territoriale - 5^ Reggimento, 1^ Compagnia; egli risulta disperso dal giorno 8 febbraio 1945 sul fronte orientale, nella zona di Montespino, provincia di Gorizia, essendo stato catturato dopo combattimento”.
La sequela di nominativi si chiude con “Zulli Mario, nato ad Aquileia il 21 marzo 1924, militare, caporale dell’Esercito Repubblicano, 14^ Battaglione Costiero, disperso dal 5 maggio 1945 nella zona di Monte Santo - Sella, Gorizia, foibe”.
Udine, piazzale 26 Luglio 1866, Monumento alla Resistenza, bambini, autorità politiche e pubblico alla Festa della Liberazione. A sinistra lo striscione della Brigata Ebraica e al centro il labaro dell'ANVGD, oltre a bandiere varie

Commenti dal web sul 25 aprile a Udine
Riportiamo alcuni commenti dal web sulla partecipazione dell’ANVGD di Udine alla festa della Liberazione del 2018 e degli anni precedenti.
Sergio Satti, esule da Pola e decano dell’ANVGD di Udine, ha scritto in una e-mail: “mi dispiace di non essere stato presente alla manifestazione. Ricordo ancora quando partecipavo con Silvio Cattalini che sollecitato dal sindaco Honsell, dopo tanti anni di assenza da questa manifestazione, decise di essere presente con il nostro labaro listato a lutto per evidenziare il dramma delle nostre genti. Sono grato dell’attenzione  riservataci  dal Comune di Udine”.
Un’altra esule da Pola, la signora Laura Brussi, ha manifestato per e-mail il suo pensiero in merito: “Gentile Professore, il coinvolgente svolgimento della cerimonia di Udine torna a Vostro onore: a noi, il compito di ringraziare sentitamente. Non ci risulta che in occasione del 25 Aprile fossero mai stati scanditi, a pubblica memoria e riflessione, i Nomi dei nostri infelici quanto innocenti Caduti. Spiritualmente, la Vostra iniziativa rammenta ai nostri cuori la Campana del Sacrario di Rovereto (TN), ed i suoi cento rintocchi di ogni sera; al pari di Santa Maria del Valle de los Caidos (El Escorial) dove vinti e vincitori sono stati accolti in un solo abbraccio.
In questa ottica, il nostro ringraziamento intende trascendere ogni limite formale, estendendosi a tutti coloro che hanno impiegato decenni, all’insegna della fede e della perseveranza, nella ricerca dei Nomi e delle storie dei Caduti, molti dei quali giacciono per sempre negli abissi della nostra triste terra, ma vivono nelle preghiere dei familiari e di tutti noi. Non possiamo portare un fiore sui luoghi di tanti sacrifici talvolta eroici, e di tanti orrendi delitti contro l’umanità, ma dobbiamo essere fedeli all’invocazione di Mons. Santin in suffragio delle Vittime, nella certezza che “le vie dell’iniquità non possono essere eterne. Nessuno muore del tutto finché ne sia conservato il ricordo (Jorge Luis Borges). Grazie a tutti.
Laura Brussi - Esule da Pola. Volontariato per non dimenticare. Associazione Nazionale Congiunti dei Deportati dispersi in Jugoslavia (ANCDJ) – Trieste. Delegazione per il Lazio”.


Riferimenti bibliografici

- Elenco degli infoibati, uccisi o trucidati nativi della provincia di Udine, aggiornato al 21 aprile 2018, a cura di L. Brussi e C.C. Montani esuli a Latina, dattiloscritto, formato Excel.

- Giacomina Pellizzari, “Partigiani e infoibati, è di nuovo polemica”, «Messaggero Veneto» del 26 aprile 2018, Cronaca di Udine, p. 22.

- Alessia Pilotto, “La storia ci fa capire chi era nel giusto. La verità è una sola e va tramandata”, «Il Gazzettino», del 26 aprile 2018, Cronaca del Friuli, p. III.

- Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica, 1990.

- E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie di Udin, 2017

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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie di Daniela Conighi ove non altrimenti indicato.
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Udine, piazzale 26 luglio 1866 - Monumento alla Resistenza, festa del 25 aprile 2018
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Sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD)
Comitato Provinciale di Udine:
Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine
telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 10-12
e-mail: anvgd.udine@gmail.com

giovedì 19 aprile 2018

Baracche dell’esodo istriano. Visita all’ex Campo profughi di Laterina, Arezzo

Oggi vengono utilizzate come magazzino. Sono le baracche del Centro Raccolta Profughi (CRP) di Laterina, in provincia di Arezzo. Non tutte hanno resistito alla prova del tempo da quando furono edificate nel 1941. Esse divengono proprietà del comune nel 1968 e, come ha scritto Giampaolo Trotta alle pagine 29-32 di un suo libro, il municipio adibisce a zona artigianale i terreni su cui sorgono. Così oggi le si individua tra un capannone in cemento armato e l’altro.
Centro raccolta profughi di Laterina, ora magazzino, Claudio Ausilio, a sinistra, vicino alla moglie Franca Casini e alla nipote Emma con Daniela Conighi e Elio Varutti, vice presidente ANVGD di Udine. Fotografia di Antonio Cascini

Si propone qui una visita commentata a questa ormai vetusta struttura di accoglienza, eppure piena di storia. Le baracche sono state un Campo profughi per gli italiani d’Istria, Fiume, Dalmazia (soprattutto), ma anche dal Dodecanneso e dall’Africa settentrionale. Per 15 anni ebbero tale funzione. Solo per cinque anni furono un campo di prigionia di varie fazioni in conflitto. Sono rimasti pochi degli originari 19 edifici costruiti dal fascismo nel 1941, che costituivano il Campo di concentramento per prigionieri inglesi, sudafricani e delle altre colonie britanniche, per 2.500-3.000 posti. Era il “PG 82” (Campo per prigionieri di guerra n. 82).
Dopo l’8 settembre 1943 fino al mese di luglio 1944 la struttura funziona come Campo di concentramento nazista per contenere prigionieri inglesi, americani e soldati italiani di Badoglio. Dal mese di luglio 1944 ad aprile 1945 è un Campo di concentramento anglo-americano per detenere prigionieri tedeschi e repubblichini. Finita la guerra, dal 1945 al 1946 è ancora un Campo di internamento per custodire militari della Repubblica di Salò e civili fascisti sospettati di essere responsabili di crimini, che dopo le adeguate indagini, mano a mano vengono liberati. Poi, dal 1948 al 1963, la stessa struttura diviene CRP dell’esodo giuliano dalmata da cui passarono oltre 4 mila individui in fuga dalle violenze titine. Ci sono discendenti di esuli giuliano dalmati nati in Campo profughi.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Fotografia di E. Varutti

L’idea di tale visita commentata è sorta in seguito al gemellaggio voluto dal Consiglio Esecutivo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) del Comitato Provinciale di Udine, con la sua presidente Bruna Zuccolin con il Comitato Provinciale di Arezzo della stessa ANVGD, rappresentato da Claudio Ausilio e da Manlio Giadrossich.

Visita d’istruzione alle ultime baracche di Laterina
Le delegazioni dell’ANVGD di Udine e di Arezzo si ritrovano nel pomeriggio del 16 aprile 2018 a Laterina. Fa da cicerone nella visita il signor Claudio Ausilio, esule da Fiume. “Son venuto via che avevo due anni nel 1950 – dice – e ci trasferimmo a Montevarchi, provincia di Arezzo, perché mio padre lavorava alla Voplin, l'Azienda cittadina gas - acqua di Fiume e chiese in seguito ad opzione di essere riassunto in servizio presso un'azienda similare in Italia. Gli diedero un posto al Comune di Montevarchi. Noi non siamo passati dai campi profughi. Mi sono interessato alle questioni dell’esodo giuliano dalmata solo da quando sono in pensione”.
CRP di Laterina, baracca n. 2, ora magazzino privato; sullo sfondo il paese di Laterina. Fotografia di E. Varutti

Si misura col contachilometri il tragitto che i profughi dovevano fare a piedi dalla stazione ferroviaria di Laterina fino al Centro raccolta profughi. Più o meno sono 5,5 chilometri su una strada bianca, a quel tempo, cioè di sassi, polvere e pozzanghere, in caso di pioggia.
Siamo nella odierna zona artigianale. Qui nel 1941 sorse il Campo di concentramento, divenuto CRP nel 1948, come riportato da Ivo Biagianti a pag. 41 del suo libro. Siamo in Via Cinchio Bertinell’area compresa tra la Via Vecchia Aretina e il fiume Arno, ma più vicino c’è il torrente Bregine. Vicino ci sono i toponimi di Case Nuove, Case Palagio, Casaccia e l’Isola.
Si visitano tre baracche di quelle poche rimaste, dopo bombardamenti, crolli e incendi verificatisi in vari periodi. Sono oggi di proprietà del signor Antonio Cascini, artigiano. Nella baracca n. 1 c’è il deposito del signor Antonio, che continua a ripetersi: “Non si sa nulla di quella povera gente che stava qui e mi piacerebbe saperne qualcosa”. Nella baracca n. 2 ci sono i materiali da lavoro di un imbianchino. Tra le due c’è una baracca più piccola e senza numerazione, che fu ricostruita verso il 1950, con basamento rinforzato per contrastare l’umidità. Era il locale ricreativo.
All’esterno sulle pareti si notano ancora le indicazioni delle latrine differenziate in “Uomini” e “Donne”, con accesso dall’esterno, come ricorda la signora Loretta Rusich, citata poco più sotto. Le finestre originali hanno la misura di cm 30 x 50. Dall’esterno si intravvede sulla collina il paese di Laterina, dove i profughi salivano per recarsi a fare un po’ di spesa, dopo la chiusura della mensa per avvelenamento.
Laterina, Campo profughi, baracca n. 1, ora magazzino privato, interno. Caldo d'estate, freddo d'inverno. Fotografia di E. Varutti
  
“I ne gà avvelenado – ha raccontato il signor Giuseppe Marsich, “italiano all’estero” di Veglia – e se doveva correr tuti ai bagni, dopo me ricordo che a Laterina iera la baraca ciesa, el campo sportivo e la riva dell’Arno, dove noi gente de mar se podeva far qualche nodadina; gli abitanti dei paesi vicini i faseva manifestazioni contro de noi profughi, scampadi dai jugoslavi”.
Ecco un’altra testimonianza. Manlio Giadrossich, detto “Gloria”, è nato a Lussinpiccolo nel 1947 e ora vive a San Giovanni Valdarno, provincia di Arezzo. Lo incontro a Montevarchi, a casa del signor Ausilio. “Siamo partiti da Lussino nel 1950 – ha raccontato Giadrossich – alla quarta volta che si chiedeva il passaporto e ce lo diedero solo per andata. Il soprannome della mia famiglia è Gloria, per via di un’ava che aveva un negozio di scarpe a Lussino. Si viene via io, la mamma, il papà, il nonno e la nonna”. 
Passate anche voi dai Campi profughi? “No, la prima tappa è a Trieste – ha risposto Giadrossich – lì stavamo in una cantina di parenti, poi si va a Padova, rione Arcella, e a Marghera, dove mia madre ha la comunicazione dai carabinieri di aver avuto un posto in Comune a San Giovanni Valdarno, dato che anche prima dell’esodo lavorava in Comune, così ci siamo spostati in Toscana”.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Resti delle latrine maschili, con in alto la vasca dell'acqua. Fotografia di E. Varutti

Messaggi dal web sul CRP di Laterina
Ho avuto occasione di raccogliere vari messaggi in Facebook, nel gruppo intitolato “Un Fiume di Fiumani”, come ad esempio quello Loretta Rusich, che ha riferito: “Avevo quattro anni, mi ricordo il freddo, il fango, l’odore dell’acqua stagnante, l’odore dell’unico gabinetto in fondo alla baracca e il gracidare delle rane”.
“Mi son nata a Laterina nel 1958 – ha scritto Anna Mavar – ma semo stadi poco”. Altri fiumani di spirito, come Luciano Paoli fa l’elenco delle presenze, assieme a certi ricordi: “Mio padre Nello Paoli e mia madre Liliana Puhar con i suoi genitori e fratelli; mio padre era il postino del campo. Mio padre si ricorda la strada per andare a prendere l’acqua da bere”.
Villi Mavar insiste sulle difficoltà a reperire l’acqua potabile: “Me ricordo che facevamo un sacco de strada con le bottiglie, per andar a prender acqua minerale alla fonte”. Suo nonno era Santo Mavar, classe 1893, di Castua, operaio a Fiume. Il babbo è Marcello Mavar, la mamma si chiama Paola e c’è una sorella, di nome Jana.
CRP di Laterina, baracca n. 2, ora magazzino privato. Una delle striminzite finestre originali. Fotografia di E. Varutti

La strage di Vergarolla fa da volano per l’esodo
Lo si legge negli ultimi libri sull’esodo giuliano dalmata. La strage di Vergarolla del 18 agosto 1946, secondo vari storici, fu voluta e preparata dai titini. Essa ha dato una grande spinta all’esodo da Pola, da dove vien via il 95% degli italiani, svuotando la città portuale a stragrande maggioranza italiana.
La pensa così anche Claudio Bronzin, nato a Pola nel 1935. Oggi gira in varie scuole in Toscana e in Lombardia a parlare della sua esperienza nel Giorno del Ricordo
“Ho perso una zia nell’eccidio di Vergarolla – ha detto – e altre mie zie sono rimaste ferite, volevamo tanto restare nella nostra città, anche perché c’erano gli inglesi, ma la strage di Vergarolla ha tolto ogni dubbio. Prima si va a Trieste, avevo dodici anni e le autorità chiedono ai miei genitori dove si voleva andare… il più lontano possibile da Pola, fu la risposta. Così siamo finiti a Firenze”.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Si intravvede la scritta "Uomini", dove all'aperto c'era la porta d'ingresso della latrina, poi murata. Foto di E. Varutti

Mario Andretti, profugo istriano a Udine e Lucca
Passa nei campi profughi toscani pure un esule istriano che ebbe grande notorietà nel mondo. È senza dubbi Mario Andretti, nato a Montona, cittadino USA e fuoriclasse dell’automobilismo. Come hanno scritto sulle pagine de «Il Piccolo» di Trieste, del 9 ottobre 2011, fu campione del mondo di Formula 1 nel 1978 guidando la Lotus modello 79. Quell’anno vinse sei Gran Premi e ottenne otto pole position. Egli rappresenta un binomio macchina-pilota insuperabile. 
Complessivamente Andretti ha disputato 131 Gran premi, ne ha vinti 12, è salito 19 volte sul palco. Ha conquistato 18 pole position e ha totalizzato per 10 volte il giro più veloce. Nel 1984 ha vinto il titolo nella formula Usac gareggiando per la scuderia dell’attore Paul Newman. Dal 2005 è stato inserito nella Automotive hall of fame che raggruppa le più importanti personalità al mondo distintesi in campo automobilistico.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora deposito privato. Particolare costruttivo poggiato in terra, fonte di grande umidità. Foto di E. Varutti

È uno tra i piloti automobilistici più popolari di tutti i tempi, ma soprattutto nel 2011 è il sindaco del Libero comune di Montona in esilio. La cacciata dalla natia Istria della famiglia Andretti ha provocato, anni dopo, per lui gloria, ricchezza e la cittadinanza USA. La sua vicenda familiare è tuttavia triste e tragica, con crudeltà e ingiustizie subite dagli slavi. È il 1948, l’anno della fuga da Montona, sotto la pressione titina. 
La vita per gli italiani era divenuta impossibile nel territorio annesso alla Jugoslavia. Andretti ha otto anni e del giorno di quella partenza concitata ricorda soprattutto i mobili di casa accatastati su un camion sotto la fitta pioggia. “Erano spariti tre miei cugini più grandi – ha detto Andretti ai giornalisti de «Il Piccolo» – due di loro, scoprimmo atrocemente, erano stati ammazzati dai titini, il terzo riapparve nel 1958. Si era arruolato nella Legione straniera senza avvisare nessuno. Quando dopo anni mia zia lo venne a sapere, svenne”.
Da Montona al Campo profughi di Lucca, la famiglia Andretti, con Mario, in basso vicino al gemello ALdo, 1947. Mario fu pilota automobilistico italiano naturalizzato statunitense, attivo sia negli Stati Uniti sia in Europa. Campione del mondo 1978

Il papà di Andretti si chiamava Alvise, ma tutti lo conoscevano per Gigi, Gigi Ghersa come si chiamava prima del cambio del cognome. “Avevamo sette tenute agricole per complessivi 800 ettari – ha riferito Andretti ai giornalisti de «Il Piccolo» – e mio padre oltre che il proprietario ne era l’amministratore. Mia nonna si chiamava Benvegnù e aveva una trattoria già allora molto nota in mezza Istria”. Una raccolta di ricette è stata ereditata dalla figlia di Andretti, che di nome fa Barbara. In Pennsylvania lei prepara per i suoi familiari, gnocchi con il sugo di carne, seppie nere, pan di Spagna e fritole, mantenendo le tradizioni gastronomiche . 
Laterina, via Cinchio Berti, Cippo  del Comune del 1999 in ricordo del "dolore della prigionia e dell'esodo". Foto di E. Varutti

Laterina, via Cinchio Berti, dedica sul Cippo  del Comune del 1999, con parole di Rosetta Roselli, già sindaco di Laterina scomparsa nel 2017. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo

Lo zio, Quirino Ghersa, era il parroco di Montona. “È stato soprattutto mio zio, quand'era ancora vivo, a occuparsi, purtroppo invano, della possibilità di recupero dei nostri beni – ha riportato Andretti ai giornalisti de «Il Piccolo» – io ho buttato via 10-15 mila dollari con avvocati. Allora ero pronto a ricomprarmi la mia casa sulla rupe. Sono tornato a Montona per la prima volta nel 1988 e ho portato con me mia mamma, mia sorella e mio padre che, nella piazza del paese, si è messo a piangere”. Gli Andretti hanno rivisto la loro casa, con i nuovi abitanti. Non hanno voluto fare polemiche. Hanno cercato di capire com’era la proprietà, scoprendo che ben cinque individui dicono di vantare diritti di proprietà su quell’area. La casa dei vecchi nonni invece, che era alla base della rupe, non esiste più.
Il 1948 è ancora un anno di vicissitudini per la famiglia. Dapprima finiscono al Centro di smistamento profughi di Udine e poi vengono spediti al campo profughi di Lucca. Poi c’è l’imbarco per l’America. Oggi Mario Andretti è sempre innamorato delle automobili e di Montona.
Una visita, organizzata dall'ANVGD di Arezzo, al Centro raccolta profughi di Laterina nel 2013 con una scolaresca dell'Istituto Statale d'Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci”, di Firenze. Il professore accompagnatore  è Girolamo Dell'Olio, in alto a destra, vicino a Rosetta Roselli, che ideò i testi della lapide commemorativa di Laterina (1999) e della targa al Monumento di Montevarchi (2014). Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo

Commenti dal web sull’articolo “Baracche di Laterina”
Abbiamo ricevuto vari commenti di apprezzamento per l’articolo sopra riportato, soprattutto da parte di profughi e loro discendenti collegati alle vicende del CRP di Laterina, come è ovvio. Persino le autorità politiche di Arezzo, Montevarchi e Laterina Pergine Valdarno ci hanno manifestato giudizi positivi e stima civile per un incontro orientato ai valori umani in dimensione europea, privo di rancore. Anche le famiglie dei partecipanti all’evento si sono sentite coinvolte nella ricerca di certi fatti storici poco accennati nei libri di storia, come l’esodo giuliano dalmata.
Tutti i commenti sono incentrati sull’importanza della condivisione del ricordo, come hanno sottolineato, ad esempio, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Sergio Satti, esule da Pola (soci dell’ANVGD di Udine) e alcuni docenti di storia del liceo classico “J.  Stellini” di Udine.
La lettera che più ci ha colpito è, in realtà, un accorato contributo storico firmato da Laura Brussi, esule da Pola e da Carlo Cesare Montani, esule da Fiume, che proponiamo qui sotto, con qualche notazione redazionale in patentesi riquadrate (E.V.)
“Gentile Professore,
La ringraziamo per la Sua cortese comunicazione e per le notizie sulla Vostra visita a Laterina: uno dei campi di raccolta peggiori, anche se furono tutti contrassegnati da dolore, disperazione e nostalgia, come emerge da tante testimonianze, ed in primo luogo da quelle di Padre Flaminio Rocchi. La Sua cronaca fornisce alcuni interessanti spunti di riflessione, a cominciare dal gemellaggio fra i Comitati associativi di Arezzo e di Udine: se non sono male informato, un quid novi nella complessa storia del movimento esule in Italia, caratterizzato da rilevanti e ricorrenti contrasti, persino nell’ambito di una stessa Associazione.
Oggi, le seconde e terze generazioni hanno assunto la difficile eredità dei padri, se non altro per la legge inesorabile del tempo: in questa ottica, è importante avere contributi di informazione, ed inviti alla meditazione, come quelli che ci vengono da Voi e dalla Vostra meritoria opera per un Ricordo costruttivo, che non sia una semplice ritualità ripetitiva. Ad esempio, è importante sapere quanto fu duro l’ostracismo ai profughi da parte delle popolazioni locali, non solo ad Ancona, Bologna, Genova, Venezia, e via dicendo, ma anche in luoghi apparentemente meno indisponibili al pari di Laterina (potremmo aggiungere Marina di Carrara, Tortona e vari altri) dove le dimensioni umane ridotte alla comunità del paese avrebbero dovuto indurre, se non altro, maggiore comprensione. Va aggiunto che le Amministrazioni locali ci hanno messo del proprio, con particolare riguardo a quelle social comuniste come Laterina, onde cancellare la storia e la memoria.
Planimetria del Centro raccolta profughi di Laterina, ricostruzione storica a cura di Tommaso Ricci e Claudio Ausilio riferita al 1950. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo

Spesso, i campi furono organizzati (si fa per dire) con la semplice riapertura di quelli precedentemente utilizzati per i prigionieri di guerra, in quali condizioni di funzionalità, per non dire di igiene, è facile immaginare. Gli esuli, anzi, furono trattati peggio dei prigionieri stessi: mi risulta che in varie circostanze, come da testimonianza dell’Esule da Parenzo, Ottavio Sicconi, ora proprietario di una libreria a Latina, abbiano ricevuto una balla di paglia, e null’altra suppellettile se non l’infastidito invito ad arrangiarsi. D’altro canto, i prigionieri erano tutelati dalle convenzioni internazionali (che l’Italia rispettava  diversamente dalla Jugoslavia) mentre i profughi costituivano una fastidiosa sopravvenienza passiva.
In questo senso, la Sua iniziativa è meritoria ed esige un ringraziamento non formale: sarebbe anzi il caso, a mio giudizio, che qualcuna delle nostre Organizzazioni raccogliesse il Suo egregio esempio come ha fatto con il prezioso volume [sul Centro smistamento profughi a Udine di Via] Pradamano, e che promuovesse uno studio a livello nazionale sulla vita nei campi e sulle cifre di quella pagina di storia, tanto più triste in quanto accompagnata dalla consapevolezza del carattere irreversibile dell’Esodo. 
Vieste (FG), Giorno del Ricordo 2015, scolaresca in visita d'istruzione fotografata sotto la targa che ricorda quando il Comune di Vieste, nel 1947, deliberò la cessione di parte del suo territorio e della spiaggia per fondare la Nuova città di Pola, con tutti gli esuli in fuga dall'Istria. Progetto non realizzato. Collezione Laura Brussi, esule di Pola

Sappiamo, ad esempio, quanti furono coloro che scomparvero durante la permanenza nei campi, alcuni dei quali restarono in funzione sino alla fine degli anni sessanta? Ricordo di avere visitato Marina di Carrara proprio in quell’epoca! Ma forse, uno studio del genere non sarebbe gradito ai padroni del vapore perché attesterebbe, meglio di tanti pur lodevoli contributi monografici, le responsabilità politiche dell’epoca, culminate negli incentivi all’emigrazione in terre lontane, scelta da circa un quarto dei profughi, e nel rifiuto di possibili ancorché problematiche concentrazioni, come quelle che erano state ipotizzate a Fertilia, a Vieste [vedi qui sopra una fotografia di una visita studentesca], nel Trentino, e che rimasero naturalmente sulla carta. 
Caro Professore e gentile Signora, onore a Voi, che non lasciate alcunché d’intentato nell’opera di una documentazione tanto più apprezzabile in quanto oggettiva; ed un  rinnovato ringraziamento altrettanto sostanziale da parte di quanti ritengono, come noi, che la storia, ben lungi dall’essere un mero orpello culturale, sia arra di progresso etico e civile, e quindi, di un futuro migliore.
Cordialmente. 
Carlo Cesare Montani, esule da Fiume e Laura Brussi, esule da Pola”.
Montevarchi, Giardino Martiri dell'Istria, incrocio via dei Pianeti nella frazione di Levane. Monumento dello scultore Giuseppe Setti che rappresenta le mani degli infoibati, inaugurato nel 2014. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
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Fonti orali e ringraziamenti
Per la impareggiabile collaborazione nella ricerca dei materiali originali su cui studiare e per il sopralluogo ai resti del CRP di Laterina sono riconoscente al signor Claudio Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo.
Per i vari materiali messi a disposizione della ricerca ringrazio gli esuli intervistati e i loro discendenti. Le interviste (int.) sono state condotte da E. Varutti con penna, taccuino e macchina fotografica, se non altrimenti indicato.
- Claudio Ausilio, Fiume 1948, esule a Montevarchi, provincia di Arezzo, int. del 16-17 aprile 2018, oltre ai contatti al telefono del 12 – 20 gennaio 2017 e ai messaggi in Facebook del 4 – 6 novembre 2017.
- Claudio Bronzin, Pola 1935, esule a Firenze, int. telefonica del 16 aprile 2018.
- Manlio Giadrossich “Gloria”, Lussinpiccolo, provincia di Pola, 1947, esule a San Giovanni Valdarno, provincia di Arezzo, int. a Montevarchi (AR) del 16 aprile 2018.
- Giuseppe Marsich, Veglia 1928, “italiano all’estero” (Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni), intervista a Udine del giorno 11 febbraio 2004 e del 10 febbraio 2018.
- Anna Mavar, Laterina (AR), vive a Piossasco (TO), messaggio in Facebook del 10 marzo 2018.
- Villi Mavar, messaggio in Facebook del 10 marzo 2018.
- Luciano Paoli, vive a Livorno, messaggio in Facebook del 10 marzo 2018.
- Loretta Rusich, Fiume 1946, esule in Toscana, messaggio in Facebook del 9 marzo 2018.
Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Cerimonia del 10 febbraio 2018 con gli studenti della scuola media e con le autorità civili e militari. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo

Fonti originali archivistiche
- Delibera del Comune di Laterina n. 69 del 14 agosto 1963, Sviluppo industriale del Comune. Chiusura del C.R.P., Archivio del Comune di Laterina (AR), dattiloscr.
- Lettera del Prefetto di Arezzo al Ministero dell’Interno avente per oggetto: Comune di Laterina – Aggravio finanziario a seguito istituzione Campo Profughi, 5 ottobre 1948, Archivio del Comune di Laterina (AR), dattil.
- Giada Mastinu, Visita al Centro Raccolta Profughi di Laterina (AR), Classe III Tecnico Industria Fotografica, ISIS “Leonardo da Vinci”, Firenze, 20 dicembre 2013, testo in formato PDF.

Bibliografia, fonti edite
- Ivo Biagianti (a cura di), Al di là del filo spinato. Prigionieri di guerra e profughi a Laterina (1940-1960), Comune di Laterina (AR), Centro Editoriale Toscano, 2000.
- Classe V, Scuola elementare di Laterina, La bambola di porcellana. Testimonianze e documenti sulla seconda guerra mondiale relativi al territorio di Laterina, Arezzo, Edizione a cura del Comune di Laterina, s.d. (2000)
- “Delegazione di Arezzo. la visita all’ex Campo profughi di Laterina”, «Difesa Adriatica», 5, maggio 2014, p. 8.
- S.D., “Sempre peggio a Laterina. Intossicazione generale da cibo guasto. Viva agitazione tra i profughi del campo”, «Difesa Adriatica», 5,  5 febbraio 1949.
- “Laterina, le case del dolore. Prima campo di concentramento, poi di prigionia. E infine i profughi: una memoria che non va perduta” «La Nazione», 26 maggio 2012, p. 15.
- P. C. H. [Patrizia C. Hansen], “Laterina, quelle lontane memorie del campo profughi”, «Difesa Adriatica», 10, ottobre 2013, p. 6.
- Beppe Pegolotti, “Centodiciotto lire al giorno e pochi metri nella baracca”, «La Nazione italiana», 24 aprile 1951.
- Giampaolo Trotta, Guida storico-artistica di Laterina e del suo territorio comunale, with english translation, Arezzo, Comune di Laterina, C&M Agency, 2001. 
- E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie di Udin, 2017, anche in versione web: Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960.

 Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Targa commemorativa. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
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Sitologia
- Andretti: Riacquisterò la mia casa di Montona, «Il Piccolo», 9 ottobre 2011.

Il Campo di Laterina, on-line in formato PDF.  

Laterina, un ventennio di storia raccontato attraverso il campo n°82. A Laterina le tracce della guerra e dell'esodo istriano. Una raccolta di articoli sul CRP di Laterina dal 2012 al 2018 nel sito giornalistico “Valdarnopost.it”, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione.

- Giorno del Ricordo 2016: saluti a Laterina da ex profughi, un video su youtube

- E. Varutti, Insegnare l'esodo giuliano dalmata. Centri Raccolta Profughi in Toscana, 1945-1960, diapositive on-line dal 3 aprile 2016.

- E. Varutti, Esodo disgraziato dei Tardivelli, da Fiume a Laterina 1948, on-line dal 22 gennaio 2017.

- E. Varutti, Esodo da Fiume al Campo Profughi di Laterina, 1950, on-line dal 30 gennaio 2017.

- E. Varutti, Da Valle d’Istria a Laterina. I Drusi ne gà lassà in mudande, on-line dal 28 febbraio 2017.


La vicenda dei Giadrossich "Gloria" di Lussino, ripresa dall'interessante libro di Giusy Criscione, La donna in Istria e Dalmazia nelle immagini e nelle storie, ANVGD, 2011.


- E. Varutti, Profughi giuliano dalmati da Udine a Laterina, conferenza con l’Associazione Toscani FVG, on-line dal 21 febbraio 2018.

- E. Varutti, Oltre 4 mila ospiti al Centro Raccolta Profughi di Laterina, Arezzo, 1948-1963, on-line dal 9 marzo 2018.

Visita campo profughi Laterina, una serie di album fotografici dal sito web di “Valdarnopost.it”, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione.

- Chiesetta al campo profughi di Laterina, Comunioni e processioni dentro il CRP, album fotografico dal sito web di “Valdarnopost.it”, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione.

- Campo profughi Laterina, scuole elementari in visita, album fotografico dal sito web di “Valdarnopost.it”, che si ringrazia per la diffusione e pubblicazione.

Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Cerimonia del 10 febbraio 2014 con lo scultore Giuseppe Setti, col berretto, gli studenti della scuola media e con le autorità civili e militari. Rosetta Roselli, beneamato sindaco di Laterina, è al microfono. Le è accanto Francesco Maria Grasso, sindaco di Montevarchi. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie di E. Varutti, di Antonio Cascini e di Claudio Ausilio, della ANVGD di Arezzo, che si ringrazia per la fattiva collaborazione.

Laterina (AR), panoramica sulla zona artigianale, dove un tempo esisteva il Campo di concentramento e poi il Campo profughi. Al centro il bivio col Cippo del 1999. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo