Oggi vengono utilizzate come magazzino. Sono le baracche del
Centro Raccolta Profughi (CRP) di Laterina, in provincia di Arezzo. Non tutte
hanno resistito alla prova del tempo da quando furono edificate nel 1941. Esse
divengono proprietà del comune nel 1968 e, come ha scritto Giampaolo Trotta
alle pagine 29-32 di un suo libro, il municipio adibisce a zona artigianale i terreni su cui
sorgono. Così oggi le si individua tra un capannone in
cemento armato e l’altro.
Centro raccolta profughi di Laterina, ora magazzino, Claudio Ausilio, a sinistra, vicino alla moglie Franca Casini e alla
nipote Emma con Daniela Conighi e Elio Varutti, vice presidente ANVGD di Udine. Fotografia di Antonio Cascini
Si propone qui una visita commentata a questa ormai vetusta
struttura di accoglienza, eppure piena di storia. Le baracche sono state un
Campo profughi per gli italiani d’Istria, Fiume, Dalmazia (soprattutto), ma
anche dal Dodecanneso e dall’Africa settentrionale. Per 15 anni ebbero tale
funzione. Solo per cinque anni furono un campo di prigionia di varie fazioni in
conflitto. Sono rimasti pochi degli originari 19 edifici costruiti dal fascismo
nel 1941, che costituivano il Campo di concentramento per prigionieri inglesi,
sudafricani e delle altre colonie britanniche, per 2.500-3.000 posti. Era il
“PG 82” (Campo per prigionieri di guerra n. 82).
Dopo l’8 settembre 1943 fino al mese di luglio 1944 la
struttura funziona come Campo di concentramento nazista per contenere
prigionieri inglesi, americani e soldati italiani di Badoglio. Dal mese di luglio
1944 ad aprile 1945 è un Campo di concentramento anglo-americano per detenere
prigionieri tedeschi e repubblichini. Finita la guerra, dal 1945 al 1946 è
ancora un Campo di internamento per custodire militari della Repubblica di Salò
e civili fascisti sospettati di essere responsabili di crimini, che dopo le
adeguate indagini, mano a mano vengono liberati. Poi, dal 1948 al 1963, la
stessa struttura diviene CRP dell’esodo giuliano dalmata da cui passarono oltre
4 mila individui in fuga dalle violenze titine. Ci sono discendenti di esuli
giuliano dalmati nati in Campo profughi.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Fotografia di E. Varutti
L’idea di tale visita commentata è sorta in seguito al gemellaggio
voluto dal Consiglio Esecutivo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia
Dalmazia (ANVGD) del Comitato Provinciale di Udine, con la sua presidente Bruna
Zuccolin con il Comitato Provinciale di Arezzo della stessa ANVGD,
rappresentato da Claudio Ausilio e da Manlio Giadrossich.
Visita d’istruzione
alle ultime baracche di Laterina
Le delegazioni dell’ANVGD di Udine e di Arezzo si ritrovano
nel pomeriggio del 16 aprile 2018 a Laterina. Fa da cicerone nella visita il
signor Claudio Ausilio, esule da Fiume. “Son venuto via che avevo due anni nel
1950 – dice – e ci trasferimmo a Montevarchi, provincia di Arezzo, perché mio
padre lavorava alla Voplin, l'Azienda cittadina gas - acqua di Fiume e chiese in seguito ad opzione di essere riassunto in servizio presso un'azienda similare in Italia. Gli diedero un posto al Comune di
Montevarchi. Noi non siamo passati dai campi profughi. Mi sono interessato alle
questioni dell’esodo giuliano dalmata solo da quando sono in pensione”.
CRP di Laterina, baracca n. 2, ora magazzino privato; sullo sfondo il paese di Laterina. Fotografia di E. Varutti
Si misura col contachilometri il tragitto che i profughi
dovevano fare a piedi dalla stazione ferroviaria di Laterina fino al Centro
raccolta profughi. Più o
meno sono 5,5 chilometri su una strada bianca, a quel tempo, cioè di sassi,
polvere e pozzanghere, in caso di pioggia.
Siamo nella odierna zona artigianale. Qui nel 1941 sorse il Campo di
concentramento, divenuto CRP
nel 1948, come riportato
da Ivo Biagianti a pag. 41 del suo libro. Siamo in Via Cinchio Berti, nell’area compresa tra la Via
Vecchia Aretina e il fiume Arno, ma più vicino c’è il torrente Bregine. Vicino ci
sono i toponimi di Case Nuove, Case Palagio, Casaccia e l’Isola.
Si visitano tre baracche di quelle poche rimaste, dopo
bombardamenti, crolli e incendi verificatisi in vari periodi. Sono oggi di
proprietà del signor Antonio Cascini, artigiano. Nella baracca n. 1 c’è il
deposito del signor Antonio, che continua a ripetersi: “Non si sa nulla di
quella povera gente che stava qui e mi piacerebbe saperne qualcosa”. Nella
baracca n. 2 ci sono i materiali da lavoro di un imbianchino. Tra le due c’è
una baracca più piccola e senza numerazione, che fu ricostruita verso il 1950,
con basamento rinforzato per contrastare l’umidità. Era il locale ricreativo.
All’esterno sulle pareti si notano ancora le indicazioni
delle latrine differenziate in “Uomini” e “Donne”, con accesso dall’esterno,
come ricorda la signora Loretta Rusich, citata poco più sotto. Le finestre
originali hanno la misura di cm 30 x 50. Dall’esterno si intravvede sulla
collina il paese di Laterina, dove i profughi salivano per recarsi a fare un po’
di spesa, dopo la chiusura della mensa per avvelenamento.
Laterina, Campo profughi, baracca n. 1, ora magazzino privato, interno. Caldo d'estate, freddo d'inverno. Fotografia di E. Varutti
“I ne gà avvelenado – ha raccontato il signor Giuseppe
Marsich, “italiano all’estero” di Veglia – e se doveva correr tuti ai bagni,
dopo me ricordo che a Laterina iera la baraca ciesa, el campo sportivo e la
riva dell’Arno, dove noi gente de mar se podeva far qualche nodadina; gli
abitanti dei paesi vicini i faseva manifestazioni contro de noi profughi,
scampadi dai jugoslavi”.
Ecco un’altra testimonianza. Manlio Giadrossich, detto “Gloria”, è
nato a Lussinpiccolo nel 1947 e ora vive a San Giovanni Valdarno, provincia di
Arezzo. Lo incontro a Montevarchi, a casa del signor Ausilio. “Siamo partiti da
Lussino nel 1950 – ha raccontato Giadrossich – alla quarta volta che si chiedeva
il passaporto e ce lo diedero solo per
andata. Il soprannome della mia famiglia è Gloria, per via di un’ava che
aveva un negozio di scarpe a Lussino. Si viene via io, la mamma, il papà, il
nonno e la nonna”.
Passate anche voi dai Campi profughi? “No, la prima tappa è
a Trieste – ha risposto Giadrossich – lì stavamo in una cantina di parenti, poi
si va a Padova, rione Arcella, e a Marghera, dove mia madre ha la comunicazione
dai carabinieri di aver avuto un posto in Comune a San Giovanni Valdarno, dato
che anche prima dell’esodo lavorava in Comune, così ci siamo spostati in
Toscana”.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Resti delle latrine maschili, con in alto la vasca dell'acqua. Fotografia di E. Varutti
Messaggi dal web sul
CRP di Laterina
Ho avuto occasione di raccogliere vari messaggi in Facebook,
nel gruppo intitolato “Un Fiume di Fiumani”, come ad esempio quello Loretta
Rusich, che ha riferito: “Avevo quattro anni, mi ricordo il freddo, il fango, l’odore
dell’acqua stagnante, l’odore dell’unico gabinetto in fondo alla baracca e il
gracidare delle rane”.
“Mi son nata a Laterina nel 1958 – ha scritto Anna Mavar – ma
semo stadi poco”. Altri fiumani di spirito, come Luciano Paoli fa l’elenco
delle presenze, assieme a certi ricordi: “Mio padre Nello Paoli e mia madre Liliana
Puhar con i suoi genitori e fratelli; mio padre era il postino del campo. Mio
padre si ricorda la strada per andare a prendere l’acqua da bere”.
Villi Mavar insiste sulle difficoltà a reperire l’acqua
potabile: “Me ricordo che facevamo un sacco de strada con le bottiglie, per
andar a prender acqua minerale alla fonte”. Suo nonno era Santo Mavar, classe
1893, di Castua, operaio a Fiume. Il babbo è Marcello Mavar, la mamma si chiama
Paola e c’è una sorella, di nome Jana.
CRP di Laterina, baracca n. 2, ora magazzino privato. Una delle striminzite finestre originali. Fotografia di E. Varutti
La strage di Vergarolla
fa da volano per l’esodo
Lo si legge negli ultimi libri sull’esodo giuliano dalmata.
La strage di Vergarolla del 18 agosto 1946, secondo vari storici, fu voluta e
preparata dai titini. Essa ha dato una grande spinta all’esodo da Pola, da dove
vien via il 95% degli italiani, svuotando la città portuale a stragrande
maggioranza italiana.
La pensa così anche Claudio Bronzin, nato a Pola nel 1935. Oggi
gira in varie scuole in Toscana e in Lombardia a parlare della sua esperienza
nel Giorno del Ricordo.
“Ho perso una
zia nell’eccidio di Vergarolla – ha detto – e altre mie zie sono rimaste
ferite, volevamo tanto restare nella nostra città, anche perché c’erano gli
inglesi, ma la strage di Vergarolla ha tolto ogni dubbio. Prima si va a Trieste,
avevo dodici anni e le autorità chiedono ai miei genitori dove si voleva andare…
il più lontano possibile da Pola, fu la risposta. Così siamo finiti a Firenze”.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora magazzino privato. Si intravvede la scritta "Uomini", dove all'aperto c'era la porta d'ingresso della latrina, poi murata. Foto di E. Varutti
Mario Andretti, profugo
istriano a Udine e Lucca
Passa nei campi profughi toscani pure un esule istriano che
ebbe grande notorietà nel mondo. È senza dubbi Mario Andretti, nato a Montona,
cittadino USA e fuoriclasse dell’automobilismo. Come hanno scritto sulle pagine
de «Il Piccolo» di Trieste, del
9 ottobre 2011, fu campione
del mondo di Formula 1 nel 1978 guidando
la Lotus modello 79. Quell’anno vinse sei Gran Premi e ottenne otto pole position. Egli rappresenta un
binomio macchina-pilota insuperabile.
Complessivamente Andretti ha disputato
131 Gran premi, ne ha vinti 12, è salito 19 volte sul palco. Ha conquistato 18 pole position e ha totalizzato per 10
volte il giro più veloce. Nel 1984 ha vinto il titolo nella formula Usac
gareggiando per la scuderia dell’attore Paul Newman. Dal 2005 è stato inserito
nella Automotive hall of fame che
raggruppa le più importanti personalità al mondo distintesi in campo
automobilistico.
CRP di Laterina, baracca n. 1, ora deposito privato. Particolare costruttivo poggiato in terra, fonte di grande umidità. Foto di E. Varutti
È uno tra i piloti automobilistici più popolari di tutti i
tempi, ma soprattutto nel 2011 è il sindaco del Libero comune di Montona in
esilio. La cacciata dalla natia Istria della famiglia Andretti ha provocato,
anni dopo, per lui gloria, ricchezza e la cittadinanza USA. La sua vicenda
familiare è tuttavia triste e tragica, con crudeltà e ingiustizie subite dagli
slavi. È il 1948, l’anno della fuga da Montona, sotto la pressione titina.
La
vita per gli italiani era divenuta impossibile nel territorio annesso alla
Jugoslavia. Andretti ha otto anni e del giorno di quella partenza concitata
ricorda soprattutto i mobili di casa accatastati su un camion sotto la fitta pioggia.
“Erano spariti tre miei cugini più grandi – ha detto Andretti ai giornalisti de
«Il Piccolo» – due di loro, scoprimmo atrocemente, erano stati ammazzati
dai titini, il terzo riapparve nel 1958. Si era arruolato nella Legione
straniera senza avvisare nessuno. Quando dopo anni mia zia lo venne a sapere,
svenne”.
Da Montona al Campo profughi di Lucca, la famiglia Andretti, con Mario, in basso vicino al gemello ALdo, 1947. Mario fu pilota automobilistico italiano
naturalizzato statunitense, attivo sia negli Stati Uniti sia in Europa.
Campione del mondo 1978
Il papà di Andretti si chiamava Alvise, ma tutti lo
conoscevano per Gigi, Gigi Ghersa come si chiamava prima del cambio del cognome.
“Avevamo sette tenute agricole per complessivi 800 ettari – ha riferito
Andretti ai giornalisti
de «Il Piccolo» – e mio padre oltre che il proprietario ne era l’amministratore.
Mia nonna si chiamava Benvegnù e aveva una trattoria già allora molto nota in
mezza Istria”. Una raccolta di ricette è stata ereditata dalla figlia di
Andretti, che di nome fa Barbara. In Pennsylvania lei prepara per i suoi familiari, gnocchi
con il sugo di carne, seppie nere, pan di Spagna e fritole, mantenendo le tradizioni gastronomiche .
Laterina, via Cinchio Berti, Cippo del Comune del 1999 in ricordo del "dolore della prigionia e dell'esodo". Foto di E. Varutti
Laterina, via Cinchio Berti, dedica sul Cippo del Comune del 1999, con parole di Rosetta Roselli, già sindaco di Laterina scomparsa nel 2017. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
Lo zio, Quirino
Ghersa, era il parroco di Montona. “È stato soprattutto mio zio, quand'era
ancora vivo, a occuparsi, purtroppo invano, della possibilità di recupero dei
nostri beni – ha riportato Andretti ai giornalisti de «Il Piccolo» – io ho
buttato via 10-15 mila dollari con avvocati. Allora ero pronto a ricomprarmi la
mia casa sulla rupe. Sono tornato a Montona per la prima volta nel 1988 e ho
portato con me mia
mamma, mia sorella e mio padre che, nella piazza del paese, si è messo a piangere”.
Gli Andretti hanno rivisto la loro casa, con i nuovi abitanti. Non hanno voluto
fare polemiche. Hanno cercato di capire com’era la proprietà, scoprendo che ben
cinque individui dicono di vantare diritti di proprietà su quell’area. La casa
dei vecchi nonni invece, che era alla base della rupe, non esiste più.
Il 1948 è ancora un anno di vicissitudini per la famiglia. Dapprima
finiscono al Centro di smistamento profughi di Udine e poi vengono spediti al
campo profughi di Lucca. Poi c’è l’imbarco per l’America. Oggi Mario Andretti è
sempre innamorato delle automobili e di Montona.
Una visita, organizzata dall'ANVGD di Arezzo, al Centro raccolta profughi di Laterina nel 2013 con una scolaresca dell'Istituto Statale d'Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci”, di Firenze. Il professore accompagnatore è Girolamo Dell'Olio, in alto a destra, vicino a Rosetta Roselli, che ideò i testi della lapide commemorativa di Laterina (1999) e della targa al Monumento di Montevarchi (2014). Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
Commenti dal web sull’articolo
“Baracche di Laterina”
Abbiamo ricevuto vari
commenti di apprezzamento per l’articolo sopra riportato, soprattutto da parte
di profughi e loro discendenti collegati alle vicende del CRP di Laterina, come
è ovvio. Persino le autorità politiche di Arezzo, Montevarchi e Laterina
Pergine Valdarno ci hanno manifestato giudizi positivi e stima civile per un
incontro orientato ai valori umani in dimensione europea, privo di rancore. Anche
le famiglie dei partecipanti all’evento si sono sentite coinvolte nella ricerca
di certi fatti storici poco accennati nei libri di storia, come l’esodo
giuliano dalmata.
Tutti i commenti sono incentrati
sull’importanza della condivisione del ricordo, come hanno sottolineato, ad
esempio, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Sergio Satti, esule da
Pola (soci dell’ANVGD di Udine) e alcuni docenti di storia
del liceo classico “J. Stellini” di Udine.
La lettera che più ci
ha colpito è, in realtà, un accorato contributo storico firmato da Laura
Brussi, esule da Pola e da Carlo Cesare Montani, esule da Fiume, che proponiamo
qui sotto, con qualche notazione redazionale in patentesi riquadrate (E.V.)
“Gentile Professore,
La ringraziamo per la Sua cortese comunicazione e per le
notizie sulla Vostra visita a Laterina: uno dei campi di raccolta peggiori,
anche se furono tutti contrassegnati da dolore, disperazione e nostalgia, come
emerge da tante testimonianze, ed in primo luogo da quelle di Padre Flaminio
Rocchi. La Sua cronaca fornisce alcuni interessanti spunti di riflessione, a
cominciare dal gemellaggio fra i
Comitati associativi di Arezzo e di Udine: se non sono male informato, un quid novi nella complessa storia del
movimento esule in Italia, caratterizzato da rilevanti e ricorrenti contrasti,
persino nell’ambito di una stessa Associazione.
Oggi, le seconde e terze generazioni hanno assunto la
difficile eredità dei padri, se non altro per la legge inesorabile del tempo:
in questa ottica, è importante avere contributi di informazione, ed inviti alla
meditazione, come quelli che ci vengono da Voi e dalla Vostra meritoria opera
per un Ricordo costruttivo, che non sia una semplice ritualità ripetitiva. Ad
esempio, è importante sapere quanto fu duro l’ostracismo ai profughi da parte
delle popolazioni locali, non solo ad Ancona, Bologna, Genova, Venezia, e via
dicendo, ma anche in luoghi apparentemente meno indisponibili al pari di
Laterina (potremmo aggiungere Marina di Carrara, Tortona e vari altri) dove le
dimensioni umane ridotte alla comunità del paese avrebbero dovuto indurre, se
non altro, maggiore comprensione. Va aggiunto che le Amministrazioni locali ci
hanno messo del proprio, con particolare riguardo a quelle social comuniste
come Laterina, onde cancellare la storia e la memoria.
Planimetria del Centro raccolta profughi di Laterina, ricostruzione storica a cura di Tommaso Ricci e Claudio Ausilio riferita al 1950. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
Spesso, i campi furono organizzati (si fa per dire) con la semplice
riapertura di quelli precedentemente utilizzati per i prigionieri di guerra, in
quali condizioni di funzionalità, per non dire di igiene, è facile immaginare.
Gli esuli, anzi, furono trattati peggio dei prigionieri stessi: mi risulta che
in varie circostanze, come da testimonianza dell’Esule da Parenzo, Ottavio
Sicconi, ora proprietario di una libreria a Latina, abbiano ricevuto una balla
di paglia, e null’altra suppellettile se non l’infastidito invito ad
arrangiarsi. D’altro canto, i prigionieri erano tutelati dalle convenzioni
internazionali (che l’Italia rispettava
diversamente dalla Jugoslavia) mentre i profughi costituivano una
fastidiosa sopravvenienza passiva.
In questo senso, la Sua iniziativa è meritoria ed esige un
ringraziamento non formale: sarebbe anzi il caso, a mio giudizio, che qualcuna
delle nostre Organizzazioni raccogliesse il Suo egregio esempio come ha fatto
con il prezioso volume [sul Centro smistamento profughi a Udine di Via]
Pradamano, e che promuovesse uno studio a livello nazionale sulla vita nei
campi e sulle cifre di quella pagina di storia, tanto più triste in quanto
accompagnata dalla consapevolezza del carattere irreversibile dell’Esodo.
Vieste (FG), Giorno del Ricordo 2015, scolaresca in visita d'istruzione fotografata sotto la targa che ricorda quando il Comune di Vieste, nel 1947, deliberò la cessione di parte del suo territorio e della spiaggia per fondare la Nuova città di Pola, con tutti gli esuli in fuga dall'Istria. Progetto non realizzato. Collezione Laura Brussi, esule di Pola
Sappiamo, ad esempio, quanti furono coloro che scomparvero durante la
permanenza nei campi, alcuni dei quali restarono in funzione sino alla fine
degli anni sessanta? Ricordo di avere visitato Marina di Carrara proprio in
quell’epoca! Ma forse, uno studio del genere non sarebbe gradito ai padroni del
vapore perché attesterebbe, meglio di tanti pur lodevoli contributi monografici,
le responsabilità politiche dell’epoca, culminate negli incentivi
all’emigrazione in terre lontane, scelta da circa un quarto dei profughi, e nel
rifiuto di possibili ancorché problematiche concentrazioni, come quelle che
erano state ipotizzate a Fertilia, a Vieste [vedi qui sopra una fotografia di una visita studentesca], nel Trentino, e che rimasero naturalmente sulla carta.
Caro Professore e gentile Signora, onore a Voi, che non
lasciate alcunché d’intentato nell’opera di una documentazione tanto più
apprezzabile in quanto oggettiva; ed un
rinnovato ringraziamento altrettanto sostanziale da parte di quanti
ritengono, come noi, che la storia, ben lungi dall’essere un mero orpello
culturale, sia arra di progresso etico e civile, e quindi, di un futuro
migliore.
Cordialmente.
Carlo Cesare Montani, esule da Fiume e Laura
Brussi, esule da Pola”.
Montevarchi, Giardino Martiri dell'Istria, incrocio via dei Pianeti nella frazione di Levane. Monumento dello scultore Giuseppe Setti che rappresenta le mani degli infoibati, inaugurato nel 2014. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
--
Fonti orali e
ringraziamenti
Per la impareggiabile collaborazione nella ricerca dei materiali
originali su cui studiare e per il sopralluogo ai resti del CRP di Laterina sono
riconoscente al signor Claudio Ausilio, dell’ANVGD di Arezzo.
Per i vari materiali messi a disposizione della ricerca ringrazio
gli esuli intervistati e i loro discendenti. Le interviste (int.) sono state
condotte da E. Varutti con penna, taccuino e macchina fotografica, se non
altrimenti indicato.
- Claudio Ausilio, Fiume 1948, esule a Montevarchi, provincia
di Arezzo, int. del 16-17 aprile 2018, oltre ai contatti al telefono del 12 –
20 gennaio 2017 e ai messaggi in Facebook del 4 – 6 novembre 2017.
- Claudio Bronzin, Pola 1935, esule a Firenze, int. telefonica
del 16 aprile 2018.
- Manlio Giadrossich “Gloria”, Lussinpiccolo, provincia di
Pola, 1947, esule a San Giovanni Valdarno, provincia di Arezzo, int. a
Montevarchi (AR) del 16 aprile 2018.
- Giuseppe Marsich, Veglia 1928, “italiano all’estero” (Regno
dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni), intervista a Udine del giorno 11
febbraio 2004 e del 10 febbraio 2018.
- Anna Mavar, Laterina (AR), vive a Piossasco (TO), messaggio
in Facebook del 10 marzo 2018.
- Villi Mavar, messaggio in Facebook del 10 marzo 2018.
- Luciano Paoli, vive a Livorno, messaggio in Facebook del 10 marzo 2018.
- Loretta Rusich, Fiume 1946, esule in Toscana, messaggio in
Facebook del 9 marzo 2018.
Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Cerimonia del 10 febbraio 2018 con gli studenti della scuola media e con le autorità civili e militari. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
Fonti originali
archivistiche
- Delibera del Comune di Laterina n. 69 del 14 agosto 1963, Sviluppo industriale del Comune. Chiusura
del C.R.P., Archivio del Comune di Laterina (AR), dattiloscr.
- Lettera del Prefetto di Arezzo al Ministero dell’Interno
avente per oggetto: Comune di Laterina – Aggravio finanziario a seguito
istituzione Campo Profughi, 5 ottobre 1948, Archivio del Comune di Laterina
(AR), dattil.
- Giada Mastinu, Visita
al Centro Raccolta Profughi di Laterina (AR), Classe III Tecnico Industria
Fotografica, ISIS “Leonardo da Vinci”, Firenze, 20 dicembre 2013, testo in
formato PDF.
Bibliografia, fonti
edite
- Ivo Biagianti (a cura di), Al di là del filo spinato. Prigionieri di guerra e profughi a Laterina
(1940-1960), Comune di Laterina (AR), Centro Editoriale Toscano, 2000.
- Classe V, Scuola elementare di Laterina, La bambola di porcellana. Testimonianze e documenti sulla seconda
guerra mondiale relativi al territorio di Laterina, Arezzo, Edizione a cura
del Comune di Laterina, s.d. (2000)
- “Delegazione di Arezzo. la visita all’ex Campo profughi di
Laterina”, «Difesa
Adriatica», 5, maggio 2014, p. 8.
- S.D., “Sempre peggio a Laterina. Intossicazione generale da
cibo guasto. Viva agitazione tra i profughi del campo”, «Difesa Adriatica», 5, 5 febbraio 1949.
- “Laterina, le case del dolore. Prima campo di concentramento,
poi di prigionia. E infine i profughi: una memoria che non va perduta” «La Nazione», 26 maggio 2012, p. 15.
- P. C. H. [Patrizia C. Hansen], “Laterina, quelle lontane memorie del campo
profughi”, «Difesa Adriatica», 10,
ottobre 2013, p. 6.
- Beppe Pegolotti, “Centodiciotto lire al giorno e pochi metri nella
baracca”, «La Nazione italiana», 24 aprile 1951.
- Giampaolo Trotta, Guida
storico-artistica di Laterina e del suo territorio comunale, with english
translation, Arezzo, Comune di Laterina, C&M Agency, 2001.
Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Targa commemorativa. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
--
Sitologia
- Andretti: Riacquisterò
la mia casa di Montona, «Il Piccolo», 9 ottobre 2011.
Levane di Montevarchi (AR), Giardino Martiri dell'Istria - Cerimonia del 10 febbraio 2014 con lo scultore Giuseppe Setti, col berretto, gli studenti della scuola media e con le autorità civili e militari. Rosetta Roselli, beneamato sindaco di Laterina, è al microfono. Le è accanto Francesco Maria Grasso, sindaco di Montevarchi. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo
--
Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano
Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie di E. Varutti, di Antonio Cascini e di Claudio Ausilio, della ANVGD di Arezzo,
che si ringrazia per la fattiva collaborazione.
Laterina (AR), panoramica sulla zona artigianale, dove un tempo esisteva il Campo di concentramento e poi il Campo profughi. Al centro il bivio col Cippo del 1999. Collezione Claudio Ausilio, ANVGD di Arezzo