Andava forte la Lega
Missionaria Studentesca a Udine negli anni 1960-1970. Tra la fine degli anni
sessanta e l’inizio dei settanta del Novecento mi trovai coinvolto pure io. Fu
un cineforum ad attirarmi, con dei film documentari sullo sfruttamento in Africa
che nemmeno il ragionier Fantozzi saprebbe meglio commentare, tanto erano
brutti. Facevano vedere situazioni brutte, sporche e cattive. E si doveva
intuire che la colpa era del neocolonialismo.
Il sotterraneo del
seminario, in Viale Ungheria, dove si tenevano le proiezioni era stracolmo di
ragazzi e di ragazze. Si proveniva da varie parrocchie. C’era quasi una forma
di campanilismo tra di noi. “Noi del Carmine siamo più di voi – diceva qualcuno – che
siete di San Rocco”. Oppure si rivolgeva con sberleffi a quelli di Baldasseria,
di Laipacco, di Godia, del Cormòr. “Cosa volete capire voi – diceva qualcun
altro del centro città – che siete tutti contadini!”.
Eppure raccoglievamo la
carta straccia per le opere missionarie. Si lavorava sodo e si pregava. Ricordo che i nostri soldi andavano a
don Beppino che era missionario in Burundi. Egli ci scriveva delle lunghe e strazianti lettere che venivano lette a tutto il gruppo dal prete o dal conduttore del
gruppo. Più avanti ho capito che era padre Giuseppe De Cillia, di Plasencis. Anche
se non l’avevo mai visto, mi ha fatto sempre simpatia perché è nato in un paese
vicino a dove è nato mio padre: San Vito di Fagagna. Molti miei zii e cugini
abitavano e abitano in Via Plasencis a San Vito di Fagagna. Anche se io sono
nato a Udine, con questo Bepi mi sentivo un vicino di casa, soprattutto quando
con mamma, fratelli e sorelle si andava a trovare gli zii e i cugini a San Vito
di Fagagna, dove i Varutti hanno dato due preti e due monache alla Chiesa.
Noi raccoglievamo carta
ed altro, poi i soldi andavano a Beppino. Egli tirava su case, opere
parrocchiali, ospedali nell’Africa Nera. Poi l’ho conosciuto. Padre Bepi De
Cillia: un uomo mite. Tenace nelle sue opere. Non riuscivo bene a capire perché fosse partito, giovane
religioso, per l’Africa equatoriale, in missione. È lì che trovò tante
soddisfazioni ecclesiali, ma pure la malaria e scontri tribali senza ritegno,
uccisioni tra etnie (hutu e tutsi) verso il 1972. Morti a non finire per odio razziale. Con l’intervento di ribelli
congolesi, tanto per aggiungere caos al caos. Bepi rispose con forme
postconciliari, chiamando a sé anche dei volontari laici.
Nel 1976 il Presidente
della Repubblica Jean-Baptiste Bagaza attuò qualche riforma per pacificare il
paese. Nel 1979, volendo limitare l’influenza della chiesa cattolica, iniziò ad
espellere missionari e stranieri.
Nel 1984 padre Giuseppe De Cillia fu richiamato in Italia, fino al 1989. Con l’ennesimo colpo di stato militare il Burundi si trovò un nuovo capo, che riaprì le porte ai missionari. Fu allora che padre Beppino se ne tornò in Burundi fino al 2013, impegnandosi in opere sociali e cooperative, oltre che nel campo religioso. Dal 1993 al 2005 il Burundi fu scosso da un'altra guerra etnica, ma padre Beppino rimase duro al pezzo. Lo chiamavano “Buyengero”, perché girava con camion un po’ sgangherato della parrocchia di Buyengero, dove operava in precedenza.
Nel 1984 padre Giuseppe De Cillia fu richiamato in Italia, fino al 1989. Con l’ennesimo colpo di stato militare il Burundi si trovò un nuovo capo, che riaprì le porte ai missionari. Fu allora che padre Beppino se ne tornò in Burundi fino al 2013, impegnandosi in opere sociali e cooperative, oltre che nel campo religioso. Dal 1993 al 2005 il Burundi fu scosso da un'altra guerra etnica, ma padre Beppino rimase duro al pezzo. Lo chiamavano “Buyengero”, perché girava con camion un po’ sgangherato della parrocchia di Buyengero, dove operava in precedenza.
A padre Buyengero, nel 2011, fu conferita la
cittadinanza onoraria dal Governo del Burundi e fu iscritto in una lista di
coloro che beneficiarono il piccolo paese centro africano. Il Console onorario del
Burundi a Milano in occasione del funerale di padre Giuseppe De Cillia si recò
appositamente a Parma e volle avvolgere la bara del nostro Bepat nella bandiera nazionale del Burundi. Analoga cerimonia si tenne in Friuli nel suo paese natale: Plasencis.
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BIOGRAFIA
Padre Giuseppe De Cillia
è nato a Plasencis, comune di Mereto di Tomba, provincia di Udine, il 17 marzo
1936, da Pietro e Agostina D’Antoni. Fu battezzato due giorni dopo col nome del
santo della giornata, San Giuseppe.
Dopo le classi
elementari, nel 1939 entrò nella Scuola apostolica dei Saveriani a Udine. Dopo
le scuole medie passo a Zelarino, provincia di Venezia, per il ginnasio. Entrò
in noviziato a San Pietro in Vincoli, provincia di Ravenna, nel settembre 1954 e
l’anno seguente, il 12 settembre, fece la prima professione. Frequentò il liceo
a Desio e teologia a Parma. Il 13 ottobre 1963, nell’ultimo anno di teologia,
fu ordinato presbitero a Parma, insieme ad altri compagni di studio. Terminati
gli studi teologici, fu destinato alla missione in Burundi, presso il vescovo
di Bururi, Monsignore Joseph Martin, dei Padri Bianchi. Dal 1962 il Burundi è
indipendente dal Belgio, che lo colonizzava. Il 60 per cento della popolazione
è cattolica. Conta 2,5 milioni di abitanti nel 1962, quadruplicati nel 2012.
Padre Bepi De Cillia morì
a Parma il 4 gennaio 2015.
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BIBLIOGRAFIA
Gabriele Ferrari, P. Giuseppe De Cillia. 17.03.1936-04.01.2015,
«In memoriam. Profili biografici saveriani», Edizioni C.S.A.M. scrl, Brescia,
1, 2015.
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