Scansando le spie di Tito una famiglia italiana numerosa riesce a scappare
dall’Istria con vari stratagemmi nel 1961. Profughi a Trieste, scoprono che sui
documenti slavi hanno vari tipi di grafia per lo stesso cognome slavizzato in
malo modo. Così oltre ad aver perso la propria terra, la casa e gli affetti a
loro è capitato di subire il dispregio della propria identità, con
complicazioni burocratiche inaudite nei successivi decenni, trascorsi come
“ospiti in patria”.
Cartolina di Umago
Ecco la vicenda della famiglia Serli. Me l’ha riferita il signor Flavio
Serli, da dietro un banchetto di bevande alcoliche proposte al pubblico con
offerta per motivi di beneficenza, durante le Borgate in festa di Sappada, in
provincia di Belluno. È stata l’etichetta della bottiglietta a colpire la mia
attenzione: “Grappa istriana”. Poi, ho provato a chiedere ed egli ha iniziato a
raccontare.
«Siamo venuti via da Umago il 17 febbraio 1961
– racconta Flavio Serli – c’era la coda al confine de quei che i
scampava fin a Trieste. Passato il confine jugoslavo, abbiamo sentito che il
Comitato Popolare di Umago voleva fermare la nostra famiglia. Siamo partiti
staccati, no insieme, c’erano troppe spie. Siamo passati solo col lasciapassare
che ci è stato ritirato dalle autorità di Trieste, destinandoci poi al Centro
Raccolta Profughi di Cremona».
Flavio Serli col suo banchetto delle grappe istriane a Sappada
Come siete arrivati a Cremona?
«In treno. Prima al
Campo Profughi di Cremona e dopo in quello di Marina di Carrara, in provincia
di Massa Carrara – spiega
il signor Serli – ah, mia mamma e tutta
la famiglia non si aveva mai visto un treno. Mia mamma era preoccupata perché
aveva sette bambini. Viaggio in littorina. A Cremona si dormiva in letti a
castello per tre. Mio fratello piccolo è perfino caduto dall’alto, facendosi
male. Avevamo per pareti delle vecchie coperte. Un box per nove de noi, ma
eravamo insieme. Mi ricordo che a Cremona c’era tanta nebbia, mai vista così».
Udine - Casa del Villaggio Giuliano Sant’Osvaldo
Si ricorda qualche cosa di bello?
«A Cremona è la prima volta che gò mangià un biscotto – è la risposta – ma ci sentivamo ospiti in patria. Ci hanno dato più aiuti gli
Americani rispetto a quello che abbiamo avuto dall’Italia. Mi no posso star
senza l’Istria, pensi che mi sono comprato la tomba nella mia terra rossa. Ho
parenti e amici là e vado a trovarli, parlemo in istrian, italian e slavo».
Come mai siete fuggiti nel 1961 e non prima, come tanti altri
italiani dell’esodo?
«Eravamo – dice Flavio Serli – nella Zona B del Territorio Libero di Trieste [che durò dal 1945 al
1954, NdA], sotto amministrazione slava certo, ma si sperava sempre nel ritorno
dell’Italia. Nel 1946 mio fratello più grande si è lasciato convincere dagli
slavi per andare a lavorare da volontario con la promessa di un posto do
lavoro. È stato due anni in Serbia a costruire strade, poi ritornato a casa,
sperava nel posto di lavoro. Gli hanno risposto: Ci dispiace non avrai il
lavoro, perché sei istriano!»
Bella fregatura, e allora cosa è successo?
«Beh, lui restò così
deluso – replica
Serli – tanto che è stato tra i primi
della mia famiglia a scappare di notte».
Come? Da clandestino?
«Sì, certo».
Udine - Case del Villaggio Giuliano Sant’Osvaldo; era per 36 famiglie di esuli d'Istria, Fiume e Dalmazia
Allora lei, oppure qualcuno della sua famiglia siete mai
passati per Udine, dove c’era il Centro di Smistamento Profughi d’Istria, di
Fiume e Dalmazia più grosso d’Italia?
«No, in quel Centro
Smistamento no. Ma io ho studiato a Udine. Nell’agosto 1962 – è la pronta risposta – siamo stati assegnati alle case del
Villaggio Giuliano di Sant’Osvaldo a Udine, così abbiamo lasciato il Centro
Racconta Profughi di Marina di Carrara per il Friuli. A Sant’Osvaldo c’erano 36
famiglie istriane, dalmate oppure di Fiume, di Zara. Il Villaggio Giuliano di
Sant’Osvaldo è in Via Sant’Osvaldo al numero civico 42, agli interni che vanno
dal numero 16 al 20. Nelle prime tre case ci sono otto appartamenti ciascuna,
mentre negli ultimi due interni gli edifici sono da sei appartamenti ciascuno.
Tutto il villaggio è stato costruito coi fondi degli USA e dopo alcuni decenni
quasi tutte le famiglie profughe hanno riscattato l’abitazione al solo prezzo
di fabbricazione, così hanno voluto gli Americani, per venirci incontro, hai
capito?»
Mi può dire qualcosa sui parenti “rimasti”, che anche adesso
vivono in Istria?
«Mi ricordo che nel
1975, dopo il Trattato di Osimo – spiega Serli – i miei
parenti di Umago non sapevano che sarebbero diventati definitivamente jugoslavi.
Nessuno li aveva informati. C’era incredulità».
Udine - un altro scorcio delle Case del Villaggio Giuliano Sant’Osvaldo
Mi vuole raccontare la vicenda del suo cognome e di quello dei
suoi fratelli? Non saprei se è di tipo kafkiano, oppure fantozziano... al di là
delle battute, penso che vi abbia procurato tanti gravi problemi.
«L’autorità slava del
Comitato Popolare di Umago, era loro che comandavano, gli altri contavano assai
poco – conclude il
signor Flavio Serli – ci fece avere dei
documenti con il nostro cognome slavizzato in forme diverse per ogni componente
della famiglia, i tirava via le vocali a caso, i meteva la pipetta a qualchedun
sì a qualchedun no, guardi, adesso le scrivo qualche esempio… Sembra un
dispetto. Mio papà Pasquale Serli, pei slavi diventa: “Paskual Skrlj”. Mio
fradel Franco Serli, pei slavi diventa: “Branko Skrlic”. Un altro fradel Otavio
Serli, el diventa: “Otavjo Škrlič”. Altro fradel se ciama Claudio Serli e diventa: “Klaudijo Skerlic”. E
così via, ogni cognome scritto in forma diversa.
In questo modo ogni
volta che in Italia si doveva andare in un ufficio pubblico, gli impiegati
impazzivano per via che il cognome del papà era scritto in modo leggermente
diverso da quello di ogni figlio. Solo un dipendente della prefettura ci ha
tirato fuori da queste rogne, perché ci ha fatto fare una richiesta di un
decreto ministeriale con cui veniva stabilito che la nostra famiglia era
formata da nove persone, compresi papà e mamma, ma tutti con lo stesso cognome,
italiano per giunta!»
Ecco le varie grafie subite dal cognome Serli, nella slavizzazione degli anni '50; foglio di agenda scritto da Flavio Serli nervosamente durante l'intervista a Sappada
Molte grazie signor Serli, posso scrivere tutta questa storia e le notizie che mi ha riferito?
«Ma sicuro – è il commiato – mi raccomando scrivi dell’Istria e degli istriani. E dopo, viva
l’Istria».
Fonte orale
Flavio Serli, Umago 1954, vive a Trieste
e a Forni Avoltri (provincia di Udine), intervista svolta a cura di Elio
Varutti a Sappada (BL) il 15 luglio 2016.
Fotografie di Elio Varutti.
Udine - Altre immagini del Villaggio Giuliano Sant’Osvaldo, in Via Sant'Osvaldo 42 (foto a colori sopra e sotto).
Una cartolina del 1909 di Umago, con la Casa Veneziana. Riprodotta dalle Edizioni Svevo di Trieste
Ringraziamenti
Sono riconoscente a Giorgio Gorlato, esule da Dignano
d’Istria, che ha cortesemente messo a disposizione delle mie ricerche la
collezione di 300 cartoline d’epoca riprodotta da Piero Delbello (a cura di), Saluti dall’Istria e da Fiume, Edizioni
Svevo, Trieste, con gli auspici di: Unione degli Istriani, Associazione delle
Comunità Istriane, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) di
Trieste.
Umago, cartolina del 1908; oggi è diverso.
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