Questo volume esce come corredo alla mostra organizzata col
titolo medesimo dal Museo Etnografico del Friuli. L’originale rassegna,
sostenuta da Amga – Heragroup, è stata visitabile a Udine dal 15 dicembre 2015
al 29 maggio 2016, presso il museo stesso in Via Grazzano al civico numero 1.
La mostra è stata curata da Tiziana Ribezzi (conservatore del Museo
Etnografico), Lucia Stefanelli (dell’Archivio di Stato di Udine) e Lucio Fabi
(storico), con le eccezionali fotografie di Ulderica Da Pozzo.
Come spiega Federico Pirone, assessore alla Cultura del Comune di Udine, nella prolusione il museo friulano “ha raccolto l’iniziativa
di educazione e sensibilizzazione voluta dall’UNESCO e approvata dall’Assemblea
Generale dell’ONU” di dichiarare il 2015 Anno internazionale della Luce e delle
tecnologie basate su di essa.
È significativo l’apporto dell’Azienda municipalizzata del
gas e dell’acqua, perché la vita di tale attività pubblica coincide con la storia della pubblica illuminazione
cittadina. Udine fu una delle prime città al mondo ad essere illuminata
mediante l’energia elettrica, con il grande contributo di quel genio che fu
Arturo Malignani. “Era il 1888 – spiega Romano Vecchiet, dirigente del Servizio
Integrato Musei e Biblioteche a Udine, nella seconda prolusione del volume – Il
giovanissimo Malignani, ideatore di un brevetto che garantiva alla lampadina
una vita ben superiore a quella prodotta da Edison, con risultati commerciali
decisamente molto promettenti, si imponeva sulla scena mondiale”.
Lo stesso Malignani volle l’introduzione del tram elettrico.
Dapprima solo urbano e poi anche verso Feletto, Tavagnacco, Tricesimo e
Tarcento (con le carrozze bianche, la “vacje blancje” – diceva la gente, per via
della tromba di segnalazione, molto simile al muggito). Poi il tram andò pure
verso San Daniele, con le carrozze verdi.
Il primo saggio, scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina
Annaccarato, inizia con la storia del fuoco per arrivare alla lampadina elettrica
e al led (Light Emitting Diode), passando per la torcia, la lucerna, la
candela, il lume ad olio, la lanterna.
È sulla lampadina inventata da Malignani
che ci si sofferma. Quanti in città o in Friuli conoscono la sua geniale
scoperta? Nel 1884 presenta la sua invenzione alle autorità cittadine. Era al
corrente delle invenzioni di Thomas Edison e del piemontese Alessandro Cruto.
Essi avevano creato le primordiali lampadine di filamento a incandescenza, ma
avevano una bassa durata.
Allora Malignani, oltre che a lavorare bene il vetro,
preparò un’ampolla con un filamento di grafite lungo tre centimetri che
assicurava una luce più bianca, immobile e di doppia durata e luminosità
rispetto al filamento delle lampade di Cruto e di Edison. Malignani inventò anche
il modo per creare il vuoto dentro le ampolle che sarebbero diventate
lampadine. Mostrò la tecnica a New York a Edison che si comprò subito i diritti
di brevetto del sistema chimico-industriale friulano. Tale sistema è impiegato
ancor oggi per la vuotatura delle ampolle.
Lucia Stefanelli propone al lettore il saggio col titolo “La
luce per la città”. Così scopriamo che nel 1381 il Comune deliberava di tenere
acceso un ferale sotto la Loggia comunale e si poteva circolare la notte solo
con un lume a mano. Poi sotto l’Austria il progresso portò l’illuminazione a
gas, tuttavia fu proprio un guasto, il 19 febbraio 1879, con una fuga di gas la
causa di un devastante incendio della Loggia del Lionello. È documentata anche
in questo contributo l’attività industriale di Arturo Malignani.
Il saggio successivo, scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina
Annaccarato si intitola “La luce per lavorare, viaggiare e nel buio della
terra”. Oltre alle lampade dei minatori, vengono descritti i lumi da
navigazione, i fari marittimi, le lampade ferroviarie da segnalazione e quelle
stradali. Ci sono pure lampade sterilizzatrici per laboratori farmaceutici,
oppure quelle per la merlettaia, oppure quelle a luce rossa per lo sviluppo
della stampe fotografiche
Il quarto brano è opera di Tiziana Ribezzi, Valentina
Annaccarato e Giorgio Linda. Ha per titolo: “La luce, simbolo religioso”. In
questo campo candele e candelabri vanno alla grande, ma ci sono pure i putti
ceroferari, lanterne processionali e candelabri ebraici per la festa di Chanukkà.
Il quinto contributo scritto da Tiziana Ribezzi e Valentina
Annaccarato, si intitola “La luce e l’intrattenimento”. In questo capitolo a
farla da padrona è la lanterna magica, con gli spettacoli organizzati in strada
nei secoli scorsi.
Sopra: reparto someggiato con riflettore da 60 cm.
Sotto: Riflettore automontato da 90 cm.
L’ultimo saggio sulla Prima guerra mondiale, opera di Lucio
Fabi, ha per titolo: “Luci di Guerra”. Qui il repertorio è vario e stimolante. Si
va dai riflettori giganteschi montati sui primi camion, alla “Taschenlampe”
appesa al collo dei soldati germanici, alle lanterne pieghevoli o da
segnalazione, fino alla lampada a carburo o ad acetilene. C’è pure una vezzosa
lanterna da marcia a soffietto, oppure le lanterne autoprodotte dai militari
stessi in trincea, utilizzando barattoli vuoti di cibo o, addirittura, le bombe
a mano svuotate.
In chiusura dell’interessante volume si trova un paragrafo di
Appartati con aspetti di fisica della luce, oppure l’influenza della luce nelle
opere d’arte e una bibliografia orientata.
Ogni tanto nel libro fa la sua bella mostra un manifesto sul
tema della luce, dal 1898 al 1924. Le
opere sono del Museo di Treviso, Collezione Salce, su concessione del
Polo museale del Veneto.
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Curiosità: proprio difronte al museo di Udine è attivo da
anni un efficiente negozio di elettricista, dove trovi di tutto. Poi si dice
che tante volte sono solo delle coincidenze...
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Tiziana Ribezzi (a cura di), In luce. Storia, arte e simbologia dell’illuminazione, Udine,
Quaderni del Museo Etnografico del Friuli, 2016, p. 160. (fotografie b/n e
colori).
ISBN 978-88-95752-22-8
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