Il memoriale
che si pubblica qui di seguito è stato scritto da Graziella Superina, nata a
Fiume, esule a Genova e deceduta nel 2011.
Michele
Ugo Galliussi, Foibe, 2018, china su
carta, cm 21 x 29,8. Courtesy dell’artista
È datato 31 gennaio 2001. Graziella
è la moglie di Aldo Tardivelli, classe 1925, un altro fiumano ricco di ricordi
e di racconti sui fatti di Fiume dal 1943 al 1948. La signora Graziella
Superina ha intitolato così il suo racconto “L’uomo che salvò più di una vita…
il Dott. Blasich”.
È un
resoconto diretto e con ricordi di altri compaesani ed amici riferito
soprattutto ad un momento assai critico della vita di Fiume, quando cioè i
tedeschi alla fine di aprile 1945 abbandonano la città, dopo averne messo fuori
uso il porto con l’esplosivo. È il momento in cui entrano i partigiani titini
ai primi di maggio.
Per scrupolo
si riporta che i partigiani di Tito entrarono a Fiume il 3 maggio 1945. Piombarono
essi da Drenova e intorno alle ore 10 e mezza passarono pure da Sussak. Procedevano
in fila per due, molto prudenti lungo Via Roma. Molto malridotti nelle divise,
qualcuno era perfino privo di scarpe, erano essi preceduti da reparti di
sminatori jugoslavi.
Iniziarono di
lì a poco i sequestri di beni e di persone, ad opera dell’OZNA, la polizia
segreta jugoslava. Accadde così a Riccardo Gigante, prefetto della Provincia del
Carnaro, proprio il 4 maggio 1945
“arrestato dagli slavi, venne tradotto a Castua ed ivi subì il martirio”.
(Bollettino di Informazioni, Centro Studi Adriatici, Roma, IV, supplemento al
n. 141 del 10 ottobre 1953, f. 10-11, ciclostilato).
Si sa che l’Odeljenje
za Zaštitu NAroda, (OZNA), ossia il Dipartimento per la Sicurezza del Popolo,
la spietata polizia politica di Tito, dopo la guerra, secondo lo storico Igor Žić
ha giustiziato 300 persone. Non ci sono fonti attendibili, come ha scritto Mihael
Sobolevski nel 2002. Costui e Amleto Ballarini hanno tuttavia stabilito in
2.640 il numero delle vittime italiane di Fiume per il periodo 1940-1947. È un
dato scientifico condiviso.
Secondo altre
fonti, alla fine della guerra, alcune centinaia di italiani scomparvero da
Fiume. Certi furono eliminati, con tutta probabilità, nella vicina foiba della
Bezdanka; altri in fosse comuni, come anzitutto quella di Castua / Kastav (a 10
km. da Fiume ). Il 4 maggio 1945, proprio a Castua, i titini uccidevano, senza
processo, un gruppo di cittadini italiani. È Fabrizio Federici a darne notizia
nel 2017.
Al testo
originale di Graziella Superina sono state apportate alcune lievi modifiche
grafiche e di punteggiature dal curatore per renderlo ancor più scorrevole
nella lettura. (Elio Varutti)
L’uomo che salvò più di una vita… il Dott. BLASICH
Molti ricordi lontani di Fiume ormai
sono fiochi. La maggior parte delle idee sono diventate sacrosante, pura
esattezza, come i misfatti accaduti in tutta la Venezia Giulia dal 1943 al
1948. È stato un “piccolo olocausto”.
Inizio
con la notte del 25 luglio 1943, e l’annuncio della caduta del fascismo. Il
convulso incalzare degli avvenimenti travolse migliaia d’innocenti, sacrificati all’interesse di pochi, in quella terra
martoriata, in tutte le guerre, come una maledizione. L’Istria fu l’epicentro
dell’imminente tragedia. A tale annuncio non ebbe seguito alcuna manifestazione
di rilievo, c’era una stanchezza generale della popolazione di fronte ad una
tragica realtà di un paese già provato e debilitato per troppi anni di guerra. I
vecchi alleati tedeschi, che occupavano gran parte del paese, già da lungo
tempo, avevano elaborato piani precisi per assicurarsi il controllo del
territorio in caso d’emergenza. Ciò avrebbe segnato un periodo ancora più
nefasto per tutti.
I
continui arretramenti del fronte e la sempre critica situazione generale,
indussero gli ufficiali tedeschi ad accelerare i lavori di difesa delle
fortificazioni e sbarramenti d’ogni tipo, in una linea che correva lungo il
tracciato del vecchio confine della Jugoslavia. I partigiani di Tito riuscirono
ad avvicinarsi sempre più alla città respingendo i tedeschi sfiduciati, ma
sempre tenaci combattenti. Seguirono i primi colpi di cannone e le granate
cadevano sulle vie e sulle case della città. L'esplosione d’ogni colpo di
mortaio significava la distruzione di case, e famiglie senza tetto o peggio
ancora altre vittime.
Riccardo
Zanella, a sinistra, e Mario Blasich. Foto del Museo di Fiume a Roma
Abitavamo
in Via Bellaria, di fronte al Tempio Votivo di Cosala. Durante le ore della
giornata del 28 aprile 1945, dal monte di Tersatto, i partigiani avevano
iniziato a lanciare innumerevoli granate sulla città. Erano passati parecchi
giorni e a quel tamburellare di granate eravamo assuefatti e alcuna voglia di
correre nel rifugio antiaereo della casa. Imprudentemente io e mia sorella
Leandra siamo rimaste in casa ad ascoltare le ultime notizie dalla radio. Una
granata ha colpito il tetto della casa sfondandolo, proprio sopra le nostre
teste mentre avevamo mentre la radio annunciava la cattura di Mussolini e la sua condanna a morte.
Rimasi
gravemente ferita e mia sorella a causa dello spostamento d’aria andò a finire dentro
l’armadio, rimanendo lievemente ammaccata e stordita, ma illesa.
Devo
seguitare a raccontare mischiando quello che ricordo e quello che me’ é stato
riferito, giacché non potevo vedere e sentire quello che stava accadendo
intorno a me. Ero nello stato dell’incoscienza tra la vita e la morte.
In
lontananza si sentivano le esplosioni delle altre granate e l’ululato delle
sirene che penetrava fin dentro le ossa. Dopo alcune ore, in un momento di
tregua dei belligeranti, ero stata soccorsa da due vicini di casa che erano volontari
dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea (UNPA). Erano i signori Giuseppe
Simich e Mario Sirola. Ambulanze e barelle purtroppo non erano a disposizione
in quei momenti terribili. Tutto era a giudizio dei soccorritori, che decisero
per il mio trasporto all’ospedale, ma ciò essere eseguito immediatamente, data
la gravità delle ferite. A Sirola venne l’idea di smontare una porta della
camera, affinché facesse funzioni di barella. Con la forza delle sole braccia e
per una lunghezza di circa un chilometro fui trasportata verso l’Ospedale
Civile. Sulla città, con gran fracasso, cadevano altre granate titine lanciate
dalla vicina collina di Tersatto. Andavano
a cadere lungo il percorso, sollevando delle nuvole di polvere, ma non altro. Quella corsa verso l’Ospedale era
divenuta lunga e piena d’insidie. Ero ancora fuori conoscenza.
Una giovane Graziella
Superina a Fiume. Collezione Aldo Tardivelli, esule fiumano a Genova
Strada
facendo e, dopo aver percorso alcune centinaia di metri, i soccorritori
preoccupati della mia vita, si fermarono nella casa del dottor Mario Blasich,
affinché potessi ricevere le prime cure, data la gravità delle ferite
riportate. Il medico, poiché era paralizzato dalla vita in giù, era seduto su
una sedia a rotelle ma in condizioni di prestare energicamente la sua opera. La
situazione si presentava molto grave. Alcune schegge erano penetrate sotto il
costato, altre più piccole nelle braccia e nelle gambe, mentre altre più
numerose che avevano colpito il viso lo avevano trasformato in una maschera
sanguinolenta. Il medico dovette intervenire subito. Con mano sicura rimosse
tutte quelle schegge eseguendo le medicazioni necessarie, sollecitando i miei
soccorritori a recarsi immediatamente all’Ospedale.
Ricordo
di nuovo di avere avuto un momentaneo risveglio, mentre giacevo ancora sopra
quella curiosa porta che fungeva da barella. Avevo vicino una moltitudine di
feriti che si lamentavano e il mormorare dei miei soccorritori, per la
situazione in cui si erano venuti a trovare ma sicuri che, solo l’immediato
aiuto del dottor Blasich, avrebbe potuto salvarmi la vita. Mi dissero che la
mia faccia esprimeva una tale sofferenza che non si sapeva più che inventare
per alleviarla un po’. Momentaneamente
potevo essere considerata tra i pazienti destinati a campare. Passarono diversi
giorni. Non vivevo che allo scopo di ringraziare il Dottore.
Il
giorno della “Liberazione” era arrivato anche per la città di Fiume. La città
era semidesertica. Erano passate molte ore da quando i tedeschi se n’erano
andati; piccoli gruppi di cittadini, in buona fede avevano aperto le porte
della città ai “Liberatori”. Armati di uno spirito di vendetta,
non tardarono a mettere in atto il loro programma di sterminio contro i capi
del popolo autonomista di Fiume.
Era
passata solamente una settimana da quando il medico mi aveva accolto nella sua
casa e nella notte del 3 maggio 1945 il dottor Mario Blasich, fu soffocato tra
i cuscini del suo letto, ove “giaceva infermo”, da quattro partigiani di Tito. Egli
fu uno fra i primi e tanti patrioti italiani che furono massacrati in quei giorni
tremendi. Blasich era già stato condannato a
morte dall’Austria, poiché volontario
italiano della guerra 1915-1918 e fu decorato al valore militare dal Regno d’Italia.
In
quelle stesse notti dei primi di maggio 1945, nomi illustri si aggiunsero ai
meno noti. Questa strage d’innocenti
continuò in seguito. Erano delle bravate di armati fino ai denti. I titini, tra
bandoliere e mitra parabellum, giravano per la città penetrando nelle
abitazioni e assassinando i malcapitati italiani.
Ficha
Consular de Qualificação / Modulo di qualificazione consolare, del 2 ottobre
1951, emesso dal Consolato brasiliano di Napoli per Anna Squasa, nata a Fiume
nel 1912. Ringrazio il signor Massimo Speciari che ha diffuso in Facebook
questo importante documento di emigrazione verso il Brasile e che qui si riproduce
per i lettori
Naturalmente
queste cose non le sapevo. Ricordo ancora oggi che, in quei terribili giorni e
in quelle brutte notti, l’aria era molto tesa. Ricordo che entrarono in Ospedale
gruppi di partigiani in armi, bramosi di vendetta, alla ricerca di soldati
tedeschi feriti e di civili indesiderati.
Ero
ormai fuori pericolo, incominciavo di nuovo a vivere e finalmente potevo
discorrere con la mamma invitandola a recarsi, quanto prima, dal mio salvatore,
per ringraziare e per compensare la sua prestazione. Mia madre si era recata
nella casa del Dottore e aveva avuto la triste notizia del suo assassinio dai
suoi famigliari sconvolti.
Voglio
allora ricordare qui il dottor Mario Blasich per l’aiuto che ho ricevuto. A
tutti i Fiumani desidero dire che non dimentichino il suo tragico destino. Fino
all’ultimo giorno aveva salvato la mia vita e altre ancora, come quella della
signora Elvira Liubi vedova Rusich, esule in Toscana. Vedi: l’articolo pubblicato sulla «Voce di Fiume» il 26 ottobre
2000, N° 9.
Ancora
tante grazie ai mei soccorritori dell’UNPA Giuseppe Simich e Mario Sirola,
ovunque si trovino.
Graziella Superina
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Collezioni private
- Graziella
Superina, L’uomo che salvò più di una vita…
il Dott. BLASICH, Memoriale della Collezione di Aldo Tardivelli, esule da
Fiume a Genova, formato Word, Genova Pontedecimo, 31 gennaio 2001, pp. 3.
- Collezione
Massimo Speciari, di Fiume, emigrato in Brasile, vive a Itatiba, Stato di San
Paolo, Brasile. Notizie nel web.
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Video intitolato “Foiba di Basovizza”, prodotto dagli studenti della classe III media e dai loro professori dell’Istituto comprensivo “Giovanni Cena” di Latina, luglio 2017.
Riferimenti bibliografici e nel web
- «Bollettino
di Informazioni», Centro Studi Adriatici, Roma, IV, supplemento al n. 141 del
10 ottobre 1953, f. 10-11, ciclostilato.
- Fabrizio
Federici, A Roma commemorati per la prima volta i martiri dell'eccidio di Castua del '45, on-line dal 12 maggio 2017.
- Mihael
Sobolevski, “Fiume, una storia complessa / Zamršena povijest Rijeke”, in Amleto
Ballarini, Mihael Sobolevski (a cura di / uredili), Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) / Žrtve talijanske nacionalnosti u Rijeci i okolici (1939.-1947.), Roma,
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per gli Archivi,
2002, pp. 147-197.
- E.
Varutti, Diario di Carlo Conighi, Fiume aprile-maggio 1945, on-line dal 7 giugno 2016.
- E.
Varutti, Esodo disgraziato dei Tardivelli, da Fiume a Laterina 1948, on-line dal 22 gennaio 2017.
Ringraziamenti
Il
curatore di questo articolo desidera ringraziare sentitamente il professor
Michele Ugo Galliussi, di Udine, che con grande sensibilità artistica ha saputo
dipingere il tema della foiba appositamente per le pagine di questo blog.
Si
ringrazia pure Aldo Tardivelli, per l’invio del Memoriale della sua cara signora.
Ringrazio, infine, i signori Laura Brussi, esule da Pola e Carlo Cesare Montani, esule da Fiume, per
la riproduzione del video intitolato “Foiba di Basovizza”, prodotto dagli
studenti della classe III media e dai loro professori dell’Istituto comprensivo
“Giovanni Cena” di Latina, luglio 2017.
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