mercoledì 2 maggio 2018

Monsignor Luigi Polano, esule da Fiume e i preti dell'esodo giuliano dalmata in Friuli


Come passavano le domeniche, la Pasqua e il Natale gli esuli istriano dalmati riparati a Udine? Con i loro preti, come don Elio Comuzzo, don Mario Stefani, don Leandro Comelli e don Luigi Polano. Nella Cappella del Campo Profughi di Via Pradamano a Udine, funzionante dal 1947 al 1960, c’erano le funzioni religiose con canti mai sentiti dalla gente del quartiere. L’organo era stato preso a nolo. Erano i canti liturgici degli istriani e dei dalmati. Cento mila di loro passarono per Udine al Centro smistamento profughi di Via Pradamano, documenti del quale si trovano nell’Archivio di Stato di Udine (ASUd).
Fiume, aprile 1945, Riva Emanuele Filiberto e la riva Cristoforo Colombo coperte di macerie dopo l’esplosione delle mine dei nazisti. Immagine dal blog di Massimo Speciari, che si ringrazia per la diffusione 

La parrocchia di S. Pio X, sorta nel 1958, sostanzialmente aveva tre gruppi sociali: contadini, statali e profughi istriani. C’erano anche degli operai, ma finito il lavoro in fabbrica o in cantiere, dedicavano molte più attenzioni all’orto, “al vignâl, al purcit e al gjalinâr” (alla vigna, al maiale e al pollaio).
Alle celebrazioni delle messe del Campo Profughi parteciparono pure gli abitanti della zona, secondo i racconti dei miei familiari, perché la chiesa del Carmine era distante oltre il cavalcavia, mentre la Cappella dei Profughi era più vicina. Quivi anche fratel Santi predicò nel 1958, ha scritto il parroco nel Libro storico. Era il giorno 8 marzo 1958.
La romita chiesa di Baldasseria generalmente non teneva funzioni ordinarie, mentre la Cappella e la parrocchia di San Pio X sorsero nel 1958-‘59, con don Adelindo Fachin (1922-1966). Gli esuli di Zara si ritrovavano anche in Duomo. Gli istriani sistemati alla meglio nel Villaggio Metallico di Via Monte Sei Busi avevano la loro baracca chiesa, con tanto di campaniletto e campana. Ne ha scritto bene Elena Commessatti.

La Cappella del campo profughi
Non si può tralasciare, a mio parere, di descrivere un luogo di culto particolare, molto sentito ed apprezzato dalla gente della zona nel periodo 1947-1960. Ad esempio mie sorelle e i miei genitori ricordavano sempre che “quando che slavinava zera meio andar a messa nel Campo profughi, piuttosto che bagnarse sul cavalcavia per rivar fin a la ciesa del Carmine”. Per la funzione religiosa era consentito l’accesso dal corpo di guardia del Campo profughi, così anche gli abitanti di Via Pradamano e delle zone limitrofe andavano a messa là dentro.
In mezzo ai campi c’era la chiesa di S. Maria degli Angeli, in Via Baldasseria Media, peraltro colpita dai bombardamenti anglo-americani del 24 febbraio 1945, come ha scritto Franco Sguerzi nel suo libro sulla chiesetta. L’edificio, eretto nel 1831, subì lavori di ristrutturazione e manutenzione nel 1947, 1959 e 1967, ma rispetto alle case popolari, era più vicino la Cappella del Campo profughi. Don Gerardo Della Longa celebrò messa quotidianamente in Baldasseria dal 1950 al 1958. Sempre a don Gerardo si deve il capitello in onore della Vergine Maria, opera dell’ingegnere Canova, inaugurato il 28 novembre 1954, tra Via Baldasseria Media e Via Lauzacco con la prima processione parrocchiale fino alla zona della Piccola Parigi, in Via Baldasseria Bassa.
Coro della Cappella del Campo profughi di Udine, 1959 (Archivio parrocchia di S. Pio X, Udine)

Nella Cappella del Centro smistamento profughi  (Csp) si tenevano le funzioni religiose con bei canti delle donne di Pola e anche della gente di Fiume e di Zara, come hanno ricordato i signori Teresa Novelli, Remo Leonarduzzi, Maria Grazia Saccardo e Adelia Mariuz, residenti nel quartiere. Organista e direttore del coro era Angelo Larice (1913-1992), residente in Via delle Fornaci e collaboratore di don Adelindo. C’era pure il coro del Campo profughi per le celebrazioni liturgiche e, nell’archivio parrocchiale di S. Pio X, si è trovata una vecchia fotografia che ritrae i coristi. Questo luogo ecclesiale di Udine Sud divenne pure un centro di aggregazione sociale. Si aggiunga poi che la soluzione temporanea della Cappella volante del Csp, abituò i fedeli agli spazi non sempre adeguati o non finiti. Più tardi sarà il caso della Cappella di S. Pio X e della stessa chiesa principale pur terminata nel 1962, ma col pavimento in cemento grezzo.
Il primo cappellano del Centro smistamento profughi fu don Elio Comuzzo, cappellano di S. Quirino, a Udine. Egli fu nominato dall’arcivescovo monsignor Giuseppe Nogara, su consiglio di monsignor Abramo Freschi. Don Comuzzo ebbe l’incarico di “cappellano dei profughi” dal 1948 al 1953, quando giunse a sostituirlo don Mario Stefani, in fuga da Fiume. “Lui era uno Stiphancich, originario di Barbana d’Istria – ha detto Leonardo Cesaratto – poi ha cambiato il cognome in: Stefani”.
Nel 1953, secondo il Bollettino Parrocchiale della Beata Vergine del Carmine, la Santa Messa si celebrava nel campo profughi alle ore 10. Tra i celebranti c’era padre Cesario dei Cappuccini, rettore della Chiesa del Cimitero. L’informazione è del 1954, come risulta dal Libro Storico della Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, a pag. 267. Padre Cesario fu vicino ai profughi del Csp di Via Pradamano, poiché conosceva il fenomeno pure lui, avendo vissuto a Zara. Dopo l’esodo fu in servizio nella chiesa di Baldasseria, come riportato dal Bollettino Parrocchiale della Beata Vergine del Carmine del 1954. Celebrava la Santa Messa pure nel Villaggio Metallico, in Via Monte Sei Busi. Cesario Giacomo Finotti, detto Padre Cesario da Rovigo, nacque a Rovigo il 4 luglio 1893 e morì a Udine il 1° luglio 1983. Fu una figura notevole tra gli zaratini di Udine. Egli fu vicino ai profughi del Csp di Via Pradamano, poiché era un esule “di spirito” essendo stato in servizio a Zara dal 1935 al 1939. Come ha scritto Natale Zaccuri su «La Vita Cattolica» del 2 luglio 2015, a pag. 19: “Fu cappellano a S. Servolo di Venezia, al Cimitero di Udine, «Guardiano» a Gorizia (dal 1928 al 1931), a Padova (1932), a Zara (1935) e «Padre spirituale» in Dalmazia”.
      C. Balljiana, Padre Cesario da Rovigo, 1988. Scultura in bronzo, Cimitero di Udine. Il frate fu in servizio a Zara

Nel 1955 era prevista una celebrazione nella Cappella dei Profughi alle ore 7 dei giorni feriali, mentre nei giorni festivi l’appuntamento era per le ore 10. Tra gli esuli, c’è chi la definisce “chiesa del campo profughi”, come i signori Elvira Dudech, Tullio Giuriceo, Maria Bonassin, Bruno e Greonlandia Chicco, mentre la signora Elpida Chelleris ha detto: “Se faceva messa in corridoio e dopo in una stansa e el nostro capelan el jera don Mario Stefani, che più tardi el jera a dir messa al cimitero de Trieste”. La signora Maria Grazia Saccardo ha ricordato che il luogo di culto dei profughi, ma anche di molti parrocchiani residenti nella zona, era a sinistra dell’entrata della piscina, esistente anche oggi. “Era una sala spaziosa – ha detto – adibita a più servizi, tipo sala televisione, quando arrivò pure quella”. Negli anni ’60 in quegli spazi, dopo il funzionamento del Campo profughi, secondo il signor Remo Leonarduzzi, c’era l’officina dell’Istituto Tecnico Industriale “Arturo Malignani”.
I racconti proseguono velandosi di un po’ d’ironia. “Lis suoris che a lavoravin inte cusine dal cjamp dai profugos, a tignivin cuatri gjalinis – ha riferito la signora Adelia Mariuz – ma une dì le àn robadis, e il me om al veva cjapât a noli un armonium par sunâ in glesie, ancje in chê dai profugos, i vin imparât dai fiumans e dai istrians tantis gnovis cjantis di Messe, a erin di chei che a stonavin e alore chei brâfs a vevin fate une poesie par ridi cuintri chei che a stonavin; intal tabernacul jo o ài fat il conopeus, ma dopo lu àn puartât vie lis suoris” (Le suore, che lavoravano nella cucina del campo profughi, tenevano quattro galline, ma un giorno le hanno rubate e mio marito aveva preso a nolo un armonium per suonare in chiesa, anche in quella dei profughi, abbiamo imparato dai fiumani e dagli istriani tanti nuovi canti liturgici, c’era chi stonava e allora quelli bravi avevano fatto una poesia per ridere di coloro che stonavano, per il tabernacolo [della Cappella dei Profughi] io ho fatto il conopeo [drappo di seta], ma dopo l’hanno portato via le suore).
Udine, Villaggio Metallico, la "baraca ciesa" con don Leandro Comelli e i profughi giuliano dalmati, 1956

Le notizie sulla Cappella dei profughi sono confermate da don Tarcisio Bordignon, parroco di S. Pio X dal 1966 al 2014, che tuttavia, ha detto di averle sapute dai vecchi parrocchiani, aggiungendo che “nei nostri registri parrocchiali non compare che qualche raro riferimento al campo profughi istriani, perché la parrocchia nasce nel 1958”.
C’erano altri preti che stavano vicino agli esuli? Sì, troviamo ad esempio don Leandro Comelli (1915-1991), che operava al Villaggio Metallico. Don Comelli fu cappellano di Baldasseria dal 1939 al 1950. C’era don Luigi Polano, un prete dell’esodo fiumano, istriano e dalmata.
Poi c’era monsignor Krunoslav Draganovich, gesuita di Roma, si occupò di far emigrare in Germania alcune migliaia di profughi, alloggiati nel Centro di smistamento di Udine, come si legge ne «L’Arena di Pola» del 3 ottobre 1956. A Udine e in Friuli molto vicini agli esuli fino agli inizi del Terzo Millennio furono i monsignori Giovanni Nicolich e Giulio Vidulich. Importante per il suo diario sui fatti di Dignano d’Istria tra il 1943 e il 1947 è il ruolo di don Rodolfo Toncetti, nato a Pola nel 1917 ed esule nella diocesi di Concordia Pordenone, dove morì nel 2005.
A Udine per dare una casa ai profughi fu edificato il Villaggio giuliano di Via Casarsa, una quindicina di case costruite nel 1951-1952 “coi schei dei americani”. Proprio in quel luogo, sin dal 1952-1953, le donne giuliane e dalmate si riunivano a maggio per recitare il rosario, attirando altre donne e uomini del quartiere di Viale Venezia. Gli udinesi così si mescolavano con i profughi giuliani, fiumani e dalmati nel rito religioso spontaneo, meravigliando il clero locale. La tradizione del rosario al Villaggio giuliano di Via Casarsa fu portata avanti da don Armando Bassi, che fu parroco di S. Giuseppe. Nel 1954-1956 don Armando era cappellano alla chiesa della Beata Vergine del Carmine dove, col parroco monsignor Felice Spagnolo, si celebrarono centinaia di matrimoni tra esuli ospiti del Centro smistamento profughi di Via Pradamano.
Camminata sui luoghi della Memoria a cura della Parrocchia di San Pio X, Udine 30 aprile 2017 presso l’ex Centro smistamento profughi, ora scuola media. Foto G. Ganis

Monsignor Luigi Polano, prete dell’esodo fiumano
Il prete dell’esodo fiumano, istriano e dalmata Don Luigi Polano nacque nel 1904 a San Daniele del Friuli, in provincia di Udine. Ordinato sacerdote a Udine nel 1927, fu cappellano di Ampezzo, Colza e Maiaso (in Carnia) e cappellano e poi vicario di Blessano (UD). Lasciò la Diocesi di Udine nel 1935 e s’incardinò in quella di Fiume, nel golfo del Quarnaro. Dopo l’esodo del 1945 fu in servizio in veste di cappellano di bordo sulle navi che portavano i profughi istriani in America. Negli ultimi anni del suo servizio sacerdotale fu premiato con la nomina a Monsignore. Ricoverato all’Ospedale Civile di Udine, morì il 6 gennaio 1955 (Vedi: Arcidiocesi di Udine, Stato del personale del clero, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1934-1955).
Fu insegnante di religione all’Istituto Nautico di Fiume, cappellano e quindi parroco della Chiesa di S. Antonio a Borgomarina e quindi nella chiesa del SS. Redentore, anzi fu proprio Lui il promotore dell’erezione di questo ultimo tempio. Nel triste periodo successivo il giorno 8 settembre 1943 aveva compreso la situazione e cercato d’agire in conseguenza per salvare il salvabile. Creò con pochi animosi la F.A.I. (Federazione Autonoma Italiana). Per merito di don Polano, la F.A.I. fiumana fu in contatto con i movimenti partigiani anticomunisti di Trieste e del Friuli. Purtroppo l’opera di don Polano fu frustrata dall’avversità degli eventi ed anche dalla miopia politica di chi lo circondava. Fu Lui, il 3 maggio 1945, ad organizzare la presa di possesso degli edifici pubblici, dei magazzini ed altre opere di pubblica utilità da parte di forze regolari italiane la notte dell’evacuazione della Città da parte dei Tedeschi e fu Lui a fare innalzare sul Municipio di Fiume, in quelle tragiche ore, il tricolore d’Italia.
Nel tremendo periodo seguito all’occupazione, dopo essere sfuggito alla cattura da parte dei titini, che l’avevano condannato a morte, riuscì a riparare a Trieste presso la sorella. Anche nella città giuliana i titini tentarono due volte di catturarlo. Rifugiatosi da ultimo nella natia San Daniele, fu insegnante di religione in quelle scuole professionali e quindi cappellano sui transatlantici che trasportavano gli emigranti italiani nelle due Americhe (Vedi: «Bollettino» della Lega Fiumana, aderente al Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD, n. 22 del 21 settembre 1959).
Cartolina di Fiume degli anni 1960-1965. Collezione Conighi, Udine

Don Luigi Polano così descrive Fiume ai primi di maggio 1945
Dopo l’entrata delle truppe titine in città, don Polano descrive gli imprigionamenti effettuati contro gli italiani.
«L’incarceramento di persone da essi giudicate fasciste o collaborazioniste (ma soprattutto anticroate) salgono oramai ad oltre 3.000. Le prigioni sono piene, ed ogni tanto un certo numero di persone viene prelevato da esse per ignota destinazione. Lo stato d’animo della popolazione, già prima tanto provato, è giunto ad un grado di nevrastenia tale, da rasentare l’impotente pazzia collettiva. Unica speranza è un cambiamento rapido della situazione o alla partenza della città: unico grido sussurrato è: “Via, via via”. Non so, ma immagino, quale impressione e quali effetti abbia portato sulla cittadinanza la notizia della soluzione della questione giuliana, che per ora almeno esclude Fiume dal beneficio portato alle città consorelle». (Dal sito web dell’ANVGD, visualizzazione del 2 maggio 2018).

Testimonianze dal web su don Luigi Polano
Riceviamo e volentieri diffondiamo una comunicazione del signor Rodolfo Decleva in merito all’articolo soprastante. È molto interessante il suo messaggio ed aggiunge un altro pezzo di storia ai momenti dell’occupazione titina di Fiume. Si pubblica in questo articolo anche la breve nota scritta da Gabriela Kamenar, sotto i messaggi segnati dal Decleva. È molto significativa la sua deposizione e mostra che certi fiumani si sentono tali nel cuore, anche se vivono oggi in Argentina. Quelle di Decleva e di Kamenar sono delle testimonianze originali ed esclusive da considerare nella loro giusta misura. Ecco le loro parole. (E.V.)
Gita al Santuario di Monte Berico (VI) dal Campo Profughi di Udine, con don Mario Stefani, cappellano del Campo, 2 giugno 1959. Archivio della Parrocchia di S. Pio X, Udine

“Finalmente – a cura di Elio Varutti - qualche notizia di Don Luigi Polano, isolato protagonista della reazione fiumana ai titini. Stava finendo la guerra, i russi erano alle porte di Berlino mentre dall’altra parte gli americani non incontravano più resistenza. Da noi saltava per aria il porto con tutte le attrezzature portuali senza che nessuno muovesse un dito. La Resistenza fiumana non esisteva. Forse gli Autonomisti avevano troppa fiducia che automaticamente dopo la guerra sarebbe stato riesumato lo Stato Libero, soppresso dagli Irredentisti fiumani e dai Fascisti di Trieste il 3 Marzo 1922. Avevano avuto degli incontri con la resistenza croata, ma non avevano accettato compromessi su Fiume, pagando poi questo rifiuto con l’assassinio dei Martiri fiumani Nevio Skull, Mario Blasich, Giuseppe Sincich e Radoslav Baucer.
Nel mattino del 3 Maggio 1945 mi sorpresi positivamente nel vedere i nostri soldati in Via Roma di guardia a due mine anticarro, lasciate dai tedeschi fuggiti durante la notte. Erano finanzieri con l’elmetto, e tenevano il fucile appeso con la cinghia sulla spalla e la canna in giù. Erano tranquilli nel loro servizio di guardia ai due ordigni. Le loro divise erano disordinate e pensai che dovessero trattarsi di soldati imboscati dopo l’8 Settembre che ora erano riapparsi. Ma allora c’era di nuovo la nostra Italia che aveva ripreso il comando della nostra città?
Purtroppo la gioia si dissolse quando di lì a poco salirono dal confine della Fiumara i Partigiani di Tito e li arrestarono insieme ad un loro ufficiale, rinchiudendoli nella adiacente Caserma dei Carabinieri di fronte al Rifugio antiaereo. Quei tre Finanzieri facevano parte del racconto di Elio Varutti dove scrive: «Fu Lui (Don Polano), il 3 maggio 1945 ad organizzare la presa di possesso degli edifici pubblici, dei magazzini ed altre opere di pubblica utilità da parte di forze regolari italiane». Io li ho visti e quei tre poveri nostri soldati hanno immolato la loro vita per la nostra città. Se in Via Roma ce ne erano tre, quanti Finanzieri e di altre armi furono impiegati, facendo la stessa fine? Come mai in tanti anni del nostro esodo nessuno ne ha parlato e tuttora non se ne parla?
Udine, baracche del Villaggio S. Rocco. In questi edifici fatiscenti sono stati accolti i primi esuli da Pola nel 1944 in Friuli. Fonte: Maria Maracich da Veglia, Il Viaggio di Meri, Codroipo (UD), Edizioni Beltramini, 2013.

A causa dell’occupazione titina, sorsero vari Gruppi fiumani clandestini, ma quello del Don Polano aveva un aggancio un po’ più consistente con il CLN italiano o triestino e riuscì a mobilitare un tentativo di amministrazione italiana quando la città fu libera dai tedeschi.
C’era quello dell’ingegner Giovanni Rubini (Rubinich) - cui aveva aderito il Vice Questore Giovanni Palatucci – che aspirava alla costituzione di una Stato Federato comprendente il territorio del Fiumano, quello della Kupa, Veglia, Arbe, Pago e il territorio istriano fino a Villa del Nevoso. Fu ucciso il 21 Aprile 1945 dagli slavi. C’era poi il Clero fiumano, che venne coinvolto quale organizzatore di disordini in occasione della visita dei Delegati dei Quattro Grandi a Fiume, che poi non fu effettuata. C’era il Gruppo Maltauro, il Gruppo Visinko, e ancora altri concittadini che si esposero in atti di ribellione.
Di costoro non faccio i nomi per rispetto dei Famigliari che leggono notizie in questo nostro gruppo di Facebook. Furono tutti scoperti e condannati ai lavori forzati. E quanti altri vennero condannati ed espulsi dal posto di lavoro per epurazione, o più semplicemente per essere definiti Reazionari, Nemici del Popolo, o “giovani avvelenati” dall’ex Regime fascista. Circa 700 furono i concittadini che sparirono e finirono probabilmente nella Foiba di Kostrena, mentre anche i due Senatori del Regno Icilio Bacci e Riccardo Gigante – che erano rimasti a Fiume perché si sentivano a posto con la propria coscienza – vennero entrambi soppressi. Questi nostri Concittadini pagarono duramente e anche con la vita, perciò meritano di essere menzionati non solo nel Giorno del Ricordo”.
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Ecco il sentito messaggio di Gabriela Kamenar in riferimento alla vicenda di don Luigi Polano e dei preti dell'esodo giuliano dalmata in Friuli. La signora Kamenar ci ha scritto dalla lontana Argentina, dove la famiglia emigrò nel 1948: “Questa dura storia, non è troppo conosciuta. I miei genitori sono scappati da Fiume, nel mese di ottobre del 1945. Io sono nata a Livorno il 9 maggio del 1946. Oggi sono 70 anni dal nostro arrivo in Argentina. Mi mancano i miei genitori da 12 ed 11 anni. Li rimpiango ancora ogni giorno!”

Bibliografia: fonti archivistiche
- Archivio di Stato di Udine (ASUd), Prefettura, Appendice, busta 125, carta dal Registro spedizione masserizie profughi,1948-1949, ms.
- Archivio della Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, Udine, Libro Storico, 1954.
- Archivio della Parrocchia di S. Pio X, Udine, Libro storico, 1958-1970.
Fiume 1945 - carri armati jugoslavi occupano la città. Fotografia da Internet 

Bibliografia: fonti orali
Come suggerito dalla letteratura l’autore ha cercato di corroborare l’apporto delle fonti orali e digitali con i documenti a disposizione. Per la collaborazione riservata si ringraziano e si ricordano le seguenti persone, intervistate dallo scrivente a Udine, con taccuino, penna e macchina fotografica, se non altrimenti specificato:
- Maria Bonassin Nalato, 1923, Dignano d’Istria, intervista del 27 maggio 2006.
- Don Tarcisio Bordignon, 1930, Palmanova, int. del 10 dicembre 2017.
- Silvio Cattalini (Zara 1927 – Udine 2017), int. del 22 gennaio 2004, del 10 febbraio 2014 e 10 febbraio 2016.
- Leonardo Cesaratto (Bucarest 1926 – Udine 2011), impiegato del Centro smistamento profughi, int. del 26 gennaio e del giorno 11 febbraio 2004.
- Elpida Chelleris vedova Nicola, 1930, Isola d’Istria, int. del 3 maggio 2006, in presenza del figlio Edoardo Nicola e del 30 maggio 2006.
- Bruno Chicco “Scocia”, 1929, Isola d’Istria, int. del 27 maggio 2006.
- Greonlandia Chicco Filippini “Scocia”, 1934, Isola d’Istria, int. del 27 maggio 2006
- Rodolfo Decleva, Fiume 1929, messaggio su Facebook nel gruppo “Un Fiume di Fiumani” del 3 maggio 2018.
- Elvira Dudech (Zara 1930 – Udine 2008), int. del 28 gennaio 2004, del 15 e del 16 dicembre
2007.
- Tullio Giuriceo, 1935, Veglia, italiano all’estero, Regno di Jugoslavia, int. del 13 febbraio 2004
- Gabriela Kamenar, nata a Livorno nel 1946, figlia di fiumani che vive in Argentina, messaggio su Facebook nel gruppo “Un Fiume di Fiumani” del 4 maggio 2018.
- Luciano Gon, Udine 1953, nato e vissuto in Baldasseria, in Via Pradamano, int. del 13 novembre 2016.
- Adelia Mariuz vedova Larice, 1914, Cordenons, provincia di Udine, oggi di Pordenone, int. del 10 febbraio 2004, in presenza della figlia Gabriella Larice.
- Marcello Mencarelli, Udine 1956, int. del 26 aprile 2018.
- Teresa Novelli in Marioni, 1922, int. dell’8 gennaio 2004, col marito Torribio Marioni.
- Bruno Perisutti, Zara, 1936, int. del 24 aprile 2018.
- Giorgio Romanello, Udine 1952, int. del 10 marzo 2018.
- Maria Grazia Saccardo, 1944, Udine, int. del 31 gennaio 2004.
- Germano Vidussi, Udine 1953, int. del 20 agosto 2017.
Fiume 1943 - Truppe naziste occupano la città. Fotografia da Internet

Bibliografia: fonti edite e del web
- Baldasseria vista da Alfredo Orzan. Storia e cultura della periferia di Udine sud, a cura di E. Varutti, Udine, Associazione Insieme con Noi, 2014.
- «Bollettino» della Lega Fiumana, aderente al Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD, n. 22 del 21 settembre 1959.
- «Bollettino Parrocchiale della Beata Vergine del Carmine», Udine, 1953.
- Roberto Bruno, Elisabetta Marioni, Giancarlo Martina, Elio Varutti, Ospitidi gente varia. Cosacchi, esuli giuliano dalmati e il Centro di Smistamento Profughi di Udine 1943-1960, Udine, Istituto d’Istruzione Superiore “Bonaldo Stringher”, 2015.
- Elena Commessatti, “Villaggio Metallico e altre storie a Udine, città dell’accoglienza”, «Messaggero Veneto», 30 gennaio 2011, p. 4, anche in: E. Comessatti, Udine Genius Loci, Udine, Forum, 2013, pp. 98-101.
- Remo Leonarduzzi, “La ex-Gil di via Pradamano”, «Baldasseria 78», Udine, 1978, pp. 6-7
- Maria Maracich, Il Viaggio di Meri, Codroipo (UD), Edizioni Beltramini, 2013.
“Nelle tre Baldasserie si contano dodici osterie e tre stanze per cinque classi”, «Il Gazzettino», 9 gennaio 1959, p. 5.
- Li Noleggio (Lino Leggio), La banda delle cataste. I ragazzi del Friuli anni Cinquanta, Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 1999.
- Don Luigi Polano, on-line dal 7 maggio 2017 
- Franco Sguerzi, La chiesa di Santa Maria degli Angeli in Baldasseria Media, Udine, Parrocchia di S. Pio X, 1999.
- Franco Sguerzi – Elio Varutti, La nostra parrocchia di San Pio X a Udine 1958-2008. Cinquanta anni di memorie condivise, Udine, Academie dal Friûl, 2008.
- Stato del personale del clero, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1934-1955.
- Elio Varutti, “Il Natale dell’esule e i ruolo di Monsignor Luigi Polano”, «Foglietto di informazioni parrocchiali», Parrocchia di San Pio X, Udine, 2011, pp 16-17.
- E. Varutti, Itinerario storico di Baldasseria, Udine, on-line dal 19 aprile 2016 su: eliovarutti.blogspot.com
- E. Varutti, “Le bande di Via Fornaci e di Baldasseria”, «Festa insieme Baldasseria», 2016, pp. 34-36.
- E. Varutti, Diario di Carlo Conighi, Fiume aprile-maggio 1945, on-line dal 7 giugno 2016.
- E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie di Udin, 2017 (disponibile anche nel web).
- Mario Visintin, “Accoglienza”, «Baldasseria Festa Insieme 1996», Udine, 1996, pp. 30-31.
- Natale Zaccuri, “Si ricorda padre Cesario”, «La Vita Cattolica», 2 luglio 2015, p. 19.

Fiume, cartolina dei primi del Novecento col Chiosco Mayer e Via Giuseppe Mazzini. Immagine da Internet



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