La prima Camminata del Ricordo si è svolta il 12 maggio 2018
a Udine dalle ore 10,30 alle 12 circa con uno splendido sole primaverile.
Udine, Tempio Ossario, Trekking del Ricordo. Da sinistra Bruno Bonetti, Elio Varutti e Sergio Satti. Fotografia di Leoleo Lulu
L’evento,
che ha visto la presenza di oltre 30 partecipanti, è stato organizzato dal Comitato
Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia
(ANVGD). Vista la novità e l’aspetto innovativo dell’iniziativa, già inserita
nella Setemane de Culture furlane / Settimana della Cultura Friulana 10-20 Mai / maggio 2018, è stata pure collocata nel calendario delle manifestazioni
ospitate della rassegna culturale Vicino / Lontano 2018.
Il titolo dell’incontro era: “Itinerario del Ricordo. Esodo giuliano dalmata a Udine”. Si è trattato di uno “Slow Urban Walk”, ovvero
di una camminata urbana lenta con accompagnatore in lingua italiana, friulana e
dialetto istro-veneto.
Udine, Trekking del Ricordo - Tappa al Parco Moretti. Bruno Bonetti e Elio Varutti. Fotografia di Leoleo Lulu
Il professor Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di
Udine, ha salutato e ha dato il benvenuto gli ospiti, tra i quali vari turisti,
a nome di Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine, assente per motivi familiari.
Poi ha spiegato il significato dell’iniziativa, che rientra nel programma di
attività dell’ANVGD di Udine. “Dopo il giorno 8 settembre 1943, data della
comunicazione dell’armistizio tra gli alleati angloamericani e il governo
italiano di Badoglio – ha detto Varutti – inizia l’esodo di italiani dalla
Dalmazia, da Fiume e dall’Istria. Fuggono per evitare le violenze degli iugoslavi, spinti dal sentimento di vendetta per le atrocità patite nella
guerra fascista e per la pulizia etnica voluta da Tito. Gli storici scrivono
che l’esodo termina nel 1956, ma io ho raccolto testimonianze di fughe
dall’Istria avvenute nel 1963, come nel caso di Pietro Palaziol, di Valle
d’Istria, scappato di notte con altri ragazzi, correndo gravi rischi, infatti,
morì un suo amico falciato da una raffica di mitragliatrice dei graniciari”.
Il gruppo di camminatori alla partenza presso il Tempio
Ossario. Fotografia di Giorgio Ganis
Poi ha avuto la parola l’ingegnere Sergio Satti, esule da
Pola, decano dell’ANVGD di Udine. “La mia famiglia è venuta via da Pola – ha detto
Satti – e nel resto dell’Italia non è che abbiamo ricevuto una buona
accoglienza, a scuola al liceo a Bolzano mi davano del fascista, invece in
Friuli alla mia fidanzata i familiari dissero: No te sposerà mica un profugo! -Ma
lui studia ingegneria. -Ah, beh allora. Poi sul lavoro quando insegnavo all’Istituto
Tecnico Industriale “Arturo Malignani” di Udine, certi colleghi mi guardavano
in cagnesco perché, in quanto profugo, ero passato davanti a loro nelle
graduatorie d’insegnamento, però la mia famiglia aveva perso la casa di Pola e
il patrimonio consegnato ai titini, come danni di guerra, validi per tutta l’Italia
e il governo mi ha restituito si e no il 15 per cento del valore economico
perso”.
Udine, Cimitero di San Vito, Monumento ai caduti giuliano dalmati, opera di Nino Gortan del 1990. Fotografia di Leoleo Lulu
Poi Varutti ha rievocato ciò che accadeva nel dopo guerra a
Udine, non prima di aver fornito alcuni dati sul luogo. “Siamo vicini al Tempio
Ossario – ha commentato – in piazzale XXVI Luglio 1866, che ricorda la Terza
Guerra d’Indipendenza e l’annessione di Udine al Regno d’Italia. La costruzione
del Tempio Ossario, su progetto di Provino Valle, inizia nel 1925 e durò circa
15 anni. Accoglie le salme di 25 mila caduti della Grande Guerra. La facciata
in pietra chiara contrasta col cotto dei mattoni. Le statue monumentali delle
quattro armi, realizzate nel 1950, derivano da bozzetti di Silvio Olivo, che
vinse il concorso nel 1938. Il quadrato di cemento al centro della piazza è il
Monumento alla Resistenza, di Gino Valle e Federico Marconi (1959-1969), con
scultura di Dino Basaldella”.
Una curiosa inquadratura vicino al Monumento ai caduti
giuliano dalmati, opera del 1990. Fotografia di Giorgio Ganis
Ecco il racconto di Varutti in riferimento all’esodo giuliano
dalmata: “Un’esule da Pola, Maria Millia, ha ricordato che, verso il 1949, i
suoi genitori Anna Sciolis e Domenico Millia, rinomato fabbro di Rovigno, assieme ad altri profughi
istriani furono ospitati nella cripta del Tempio Ossario di Udine, dato che el Campo jera pien. Nel 1959 erano ancora
accolte alcune persone dell’esodo nella stessa chiesa. “Una famiglia è ospitata
nella cripta del Tempio Ossario – riporta «L’Arena di Pola» del 28 aprile 1959
– chi all’asilo notturno e altri nelle case diroccate di via Bertaldia, poi
demolite”. Il 10 febbraio 2018 ha riferito la signora Rosalba Meneghini, figlia
di Maria Millia, che: “Se si fermava un camion davanti alle finestre poste in
basso al Tempio Ossario, mia madre usciva a dire al camionista di spostare il
veicolo per lasciare che entrasse un po’ di luce dove loro vivevano”.
Udine, Cimitero monumentale di S. Vito, l'intervento di Bruno Bonetti sul tema a lui caro dell'esodo dalla Dalmazia negli anni 1920-1931. Fotografia di Leleo Lulu
In seguito il gruppo di camminatori si è diretto verso il
Cimitero, addentrandosi nello stupendo Parco Moretti. Così è stato spiegato il Monumento
ai caduti giuliano dalmati, opera del 1990, presso il Cimitero monumentale di
Udine, costruito nel 1818 su progetto dell’ingegnere Valentino Presani. Tra le altre il Cimitero
ottocentesco sorse sul sito di una chiesetta gotica dedicata ai Santi Vito e
Modesto, gli stessi protettori di Fiume.
Oggi si chiama solo Cimitero di S. Vito.
Oltre alla targa commemorativa l’impianto artistico del
monumento contiene un bassorilievo dello scultore istriano Gino Gortan, di
Pinguente, che rappresenta in modo stilizzato, come diceva Silvio Cattalini,
esule da Zara, due persone che
tenendosi per mano vengono precipitate in una foiba. Secondo Aldo Suraci, esule da Fiume, invece, si tratterebbe di due
figure umane, un adulto e un bambino che salutano, a significare la partenza
per l’esodo. L’opera fu inaugurata col sindaco Piergiorgio Bressani, “a quel
tempo – come ha ricordato Satti – non si poteva parlare di foibe, altrimenti
sarebbe caduta la giunta comunale, così il monumento è stato intitolato
genericamente ai Caduti giuliano dalmati, ma dopo la legge sul Giorno del Ricordo è cambiato tutto,
infatti verso il 2008 il sindaco Furio Honsell, dopo una preghiera dell’Infoibato,
si impegnò qui davanti a questa lapide a dedicare un toponimo alle Vittime
delle Foibe, così nel 2010 sorse il Parco Vittime delle Foibe in Via Bertaldia”.
Ecco una breve biografia di Nino Gortan. Pittore, scultore e
incisore, è nato a Pinguente d'Istria
nel 1931 ed è morto a San Daniele del Friuli, nel 2001. L’artista è di famiglia
originaria della Carnia stabilitasi a Pinguente in Istria nel 1870. Dal 1950
Gortan è vissuto a San Daniele del Friuli dove ha realizzato, tra l'altro, i
portali del duomo. Ha partecipato alla Biennale d'arte sacra di Bologna. Sue
opere sono presenti anche a Montereale Valcellina, Gorizia, Udine e Atene
(portali di bronzo del santuario di Sant'Irene). Per il governo del Camerun ha
realizzato la statua dell’eroe nazionale.
Udine - Un commento di Varutti nella chiesa del cimitero, dove per tradizione l'ANVGD organizza un momento di preghiera, ai primi di novembre, in memoria degli esuli giuliano dalmati scomparsi. Fotografia di Leoleo Lulu
Udine, chiesa del Cimitero di S. Vito ammirata dai
camminatori del Trekking del Ricordo. Fotografia di Giorgio Ganis
Davanti al Monumento di Nino Gortan ha parlato anche Bruno
Bonetti, segretario dell’ANVGD di Udine, con avi di Spalato, Brazza e Zara. “Vorrei menzionare un altro esodo – ha detto
Bonetti – che avvenne nel 1920 e nel 1931 in Dalmazia. Analogamente
con quanto sarebbe successo per opera del fascismo al di qua del confine, dopo
la presa del potere, i croati incominciarono ad accanirsi contro i dalmati
italiani. Le vetrine dei loro negozi venivano fracassate e squadre di
picchiatori aggredivano chi rivendicava i diritti della minoranza italiana”.
“Le persecuzioni si intensificarono nel 1928 – ha aggiunto
Bonetti – quando le lotte interetniche sconvolsero il regno serbo croato
sloveno e, dopo il colpo di Stato del 1929, quando re Alessandro avocò a sé
tutti i poteri per sedare i dissidi e cambiò il nome dello Stato in Jugoslavia,
portando avanti un programma di assimilazione forzata di tutte le differenze
culturali dei popoli che lo componevano. Fu così che il cementificio Gilardi
& Bettiza di Spalato, la più importante industria della città, fu ceduto il
25 marzo 1929 alla famiglia croata Ferić. Quanto ai Gilardi, lo stesso anno
dovettero ritirarsi a Zara, che era terra italiana, ignari che di lì a poco nel
1943 li avrebbe aspettati un nuovo esilio”.
Usciti dalla chiesa del Cimitero, si è passati a vedere Scultura
in bronzo dedicata a padre Cesario da Rovigo, piazzale Camposanto. L'opera, di Carlo Balljiana, è del 1988. “Fu
una figura notevole tra gli zaratini di Udine padre Cesario – ha detto Varutti –
questo frate fu vicino agli esuli del Centro di Smistamento Profughi di via Pradamano, poiché era un esule “di spirito” essendo stato in servizio a Zara dal 1935 al 1939”.
Udine, Cimitero di S. Vito. Scultura in onore di frate Cesario da Rovigo, attivo a Zara. Fotografia di Leoleo Lulu
Come ha scritto Natale Zaccuri su «La Vita Cattolica» del 2
luglio 2015, a p. 19: “Frate Cesario fu cappellano a San Servolo di Venezia, al
Cimitero di Udine, ‘Guardiano’ a Gorizia (dal 1928 al 1931), a Padova (1932), a
Zara (1935) e ‘Padre spirituale’ in Dalmazia”.
“Dalle mie ricerche personali – ha aggiunto Varutti – emerge
che Padre Cesario dei Cappuccini fu rettore della Chiesa del Cimitero nel 1954,
come risulta dal Libro Storico della
Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, a p. 267. Dopo l’esodo fu in
servizio nella chiesa di Baldasseria, come riportato dal Bollettino
Parrocchiale della Beata Vergine del Carmine del 1954. Celebrava la santa Messa
pure nel Villaggio metallico, un
insieme di 40 baracche usate dai militari inglesi fino al 1947 e poi dietro
domanda alle autorità, occupate dagli istriani edagli sfollati e senza casa.
Cesario Giacomo Finotti, detto Padre Cesario da Rovigo, nacque a Rovigo il 4
luglio 1893 e morì a Udine il 1° luglio 1983”.
Ultima tappa del primo Itinerario del Ricordo è stata il Villaggio giuliano. Esso sorge in via
Casarsa, angolo via Cormòr Alto nel 1951; sono 15 case a schiera bifamiliari. Il
signor Giuseppe Marsich, esule da Veglia,
ricorda di essere andato ad abitarvi verso il 1952. “Ze case fate coi schei de
l’UNRRA Casas, dei americani nelle strade de via Casarsa, via Cormòr Alto e via
Cordenons, jera tutti campi in quella volta”. Al Villaggio giuliano ci abitano,
o ci hanno vissuto, o lo conoscono anche i signori Tancredi e i fratelli
Mattini di Pinguente. “Al Villaggio giuliano de Udine jera tanti scampadi da Pinguente – hanno ricordato”.
Udine, Villaggio giuliano di Via Casarsa, Madonna della Rinascita, opera di Domenico Mastroianni del 1952. Fotografia d Leoleo Lulu
C’è una piccola opera d’arte al Villaggio giuliano. È la Madonna
della Rinascita, in via Casarsa. L’icona è opera del 1952 dello scultore
Domenico Mastroianni (Arpino, Frosinone 1876 – Roma 1962). Si tratta di un
bassorilievo in bronzo, intitolato appunto Madonna della Rinascita. Claudio Della Longa di Udine ha
detto: “Ricordo che gli istriani del Villaggio
giuliano, costituito da una quindicina di case costruite nel 1951-1952, si
riunivano vicino alla sacra ancona nel mese di maggio per le preghiere ed il rosario,
meravigliando il clero locale”.
Udine, Villaggio giuliano di Via Casarsa. Ultima tappa del
Trekking del Ricordo. I camminatori, un po’ stanchi, si riparano all’ombra di
una pianta pur di ascoltare gli ultimi commenti dell’accompagnatore. Fotografia
di Giorgio Ganis
“Me ricordo che son nata vicin della Arena – ha spiegato Giorgina
Vatta di Pola – in via San Martin,
vicin de la ciesa de Sant’Antonio, dopo c’è da dire che mio papà lavorava, col suo
negozio di meccanico di biciclette a Pisino
e ci eravamo trasferiti là, ma dopo el ribalton [ossia dopo l’8 settembre 1943]
alle cinque de matina i s’ciavi titini i xe vignudi in cinque per ciaparlo e
portarlo nelle prigioni del Castel de Montecuccoli”. Ha rischiato di finire
ucciso e gettato in foiba? “Sì, proprio così – ha risposto Giorgina Vatta –
erano in 80 nelle carceri di Pisino e solo in quattro sono stati salvati dai
tedeschi che hanno occupato l’Istria, prima i gà avertido che i bombardava, dopo
i gà bombardà Pisino, gà occupà el paese e i s’ciavi titini scampava. Tutti gli
altri civili italiani prigionieri dei titini sarà morti in foiba. Gò visto i
soldati italiani abbandonare le armi e scampar mezzi vestiti da civile e mezzi
da militare. Allora i miei genitori gà deciso de tornar a Pola dai parenti e
semo restadi fin al 1947”.
“Son sta mi a lustrar la Madonna del Villaggio giuliano,
perché abito lì – esordisce così nel 2017 il signor Alberto Nadbath, di Udine,
ma col papà di Abbazia – e con la
varechina ho spazzolato la pietra, perché era tutta scura, poi ho sistemato i
mattoni alla base".
Udine, Villaggio giuliano Via Casarsa. Trekking del Ricordo al traguardo, con un brindisi finale. Fotografia di Leoleo Lulu
Alcuni consigli ed appunti finali
La Cjaminade pe
Setemande de Culture Furlane / La Camminata per la Cultura friulana è stata
organizzata sotto gli auspici della Società Filologia Friulana, presieduta dal
professor Federico Vicario. All'inizio del Trekking Elio Varutti ha portato i saluti del professor Vicario a tutti i presenti. Hanno collaborato all’iniziativa il Gruppo
culturale “Alfredo Orzan” della Parrocchia di San Pio X di Udine, l’Associazione
Insieme con Noi di Udine, oltre al Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD.
Si ricorda che la V.a edizione Settimana della Cultura
Friulana dura dal 10 al 20 di maggio 2018, con 130 eventi in programma in tutte
le provincie friulane e del vicino Veneto. È una rassegna di concerti, visite,
convegni e conferenze, mostre, attività per i bambini e per le scuole. La
Settimana è organizzata dalla Società Filologica Friulana con la collaborazione
di una fitta rete di comuni, associazioni del territorio, pro loco, pievi e
istituti scolastici. La Settimana gode del patrocino del Ministero per i beni e le Attività Culturali e il Turismo, della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia,
del Consiglio Regionale. La Società Filologica Friulana, sorta nel 1919, è
orgogliosa di organizzare questa rassegna che mette in evidenza la storia, la cultura,
il territorio e l’identità. L’invito a tutti, infine, è dunque quello di
associarsi alla Società Filologica Friulana, se non si è già soci.
Agli esuli e ai discendenti degli esuli giuliano dalmati
chiediamo di iscriversi all’ANVGD di Udine, di Pordenone o di Gorizia.
Oltre ai nomi già citati al primo Trekking del Ricordo di maggio 2018 hanno partecipato, tra gli altri, Barbara Rossi, di Sebenico, Delegato amministrativo dell'ANVGD di Udine, Fabiola Modesto Paulon, nata a Fiume, Celso Giuriceo, esule da Veglia, Maria Giovanna Copic, con avi di Dignano d'Istria e di Portole.
Udine, Villaggio giuliano di Via Casarsa, ancona sacra della Madonna della Rinascita. Fotografia di Leoleo Lulu
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Sede del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD): Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da
lunedì a venerdì ore 10-12.
e-mail: anvgd.udine@gmail.com
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Bibliografia e
sitologia essenziali
- E. Varutti, “I Bonetti di Zara nell’esodo dalmata”, on-line
dal 6 febbraio 2017.
- E. Varutti, “Son mi a netar la Madonna del Villaggio Giuliano”, Udine, on-line dal 5 aprile 2017.
- E. Varutti, “Il rosario al Villaggio Giuliano di Udine”,
on-line dal 27 maggio 2017.
- E. Varutti, Italiani
d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi
giuliano dalmati a Udine e dintorni, Udine, Provincia di Udine / Provincie
di Udin, 2017 (disponibile anche nel web).
Udine, Camposanto, il Trekking del Ricordo sosta davanti alla
scultura in bronzo di Padre Cesario da Rovigo, che fu in servizio a Zara. Fotografia di
Giorgio Ganis
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Ricerche storiche, servizio redazionale e di networking a
cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, Girolamo Jacobson e di E. Varutti. Fotografie
di Leoleo Lulu e di Giorgio Ganis, che si ringraziano per la gentile concessione alla diffusione e
pubblicazione.
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