giovedì 26 luglio 2018

Te lo giuro sul cielo, romanzo di Luigi Maieron presentato a Udine alla Libreria Friuli


“Siamo in diretta col Fogolâr Furlan del Nord California” – ha esordito così Sara Rosso, libraia visionaria, nel presentare al pubblico Luigi Mairon e Mario Brandolin
Luigi Maieron e Mario Brandolin, al microfono, presso la Libreria Friuli di Udine. Fotografia di Elio Varutti

L’affollato evento si è tenuto alla libreria Friuli di Largo dei Pecile a Udine il 25 luglio 2018, alle ore 19. È stato molto incisivo Brandolin, giornalista del «Messaggero Veneto», nell’introdurre lo scrittore e musicista Maieron. “Tra te e tua madre Cecilia – gli ripeteva ancor prima dell’inizio della bella serata – c’è una sintesi hegeliana”. Così diciamo subito che il libro Te lo giuro sul cielo, dell’editore Chiarelettere di Milano, è un po’ autobiografico. 
Contiene storie d’affetto, storie di famiglia e storie di paese, perché nella piccola comunità il piacere o il dolore privato si riverbera fra tutti gli abitanti. Così la felicità non è solo di uno, ma di tanti; così pure la disperazione si annacqua. Il dispiacere, terapeuticamente, si attenua.  
Poi si è aperto l’incontro, fra risate, applausi e segni di sconforto. “Questo è un romanzo di formazione – ha detto Brandolin – perché l’autore descrive molte parti della sua vita, come quando visse il ’68 dei ragazzi coi capelli lunghi e della contestazione, tipo altri autori come Paolo Medeossi e Carlo Bressan”. 
Ha ragione Brandolin quando ha spiegato che “il ’68 in Carnia è musicale, coi capelloni e i jeans”. Ha poi voluto soffermarsi sulle grandi qualità dell’ultimo libro di Maieron. “Luigi scrive senza costruzioni mentali ideologiche – ha precisato – trasmette la non violenza e vi assicuro che queste pagine sono prodighe di suscitare emozioni forti nel lettore”.
Un originale scatto fotografico di Leoleo Lulu, di Udine

Mentre i due relatori parlavano, il pubblico poteva ammirare alle pareti della indaffarata libreria un’originale mostra fotografica dal titolo: “Dal ’68 agli anni di piombo” curata da Francesco Rodaro e Sara Rosso, con fotografie di Paolo Jacob. Questo intreccio di arte fotografica con la musica della chitarra di Maieron e la letteratura sono state come la ciliegina sulla torta di panna montata per la indimenticabile serata culturale.
Poi il giornalista ha rivolto alcune domande allo scrittore. La prima è sulla mamma Cecilia. “È un libro sincero – ha detto Maieron, facendo un preambolo, come certi onorevoli – forse è un libro con una certa crudezza, ma profondamente autentico, poi mi sono scrollato di dosso un po’ di dolore con la scrittura e mi piacerebbe che l’io narrante per voi lettori diventasse un noi, così potrete identificarvi con queste storie, perché alla fin fine tutte le mamme hanno qualcosa di straordinario”. 
Cecilia Boschetti, la mamma di Maieron, è deceduta nel 2017, come si legge nell’orientata (e utile al lettore) biografia riportata, assieme a quella di altri personaggi del romanzo, in fondo al volume. Cecilia è stata una ragazza madre. Amava la musica e la sua fisarmonica. Era una donna aggressiva. Non giocava con le bambole. Voleva e si prendeva la sua autonomia. “Invece di crescere nel passeggino o nel girello – ha spiegato l’autore di Cercivento – io stavo a cavalcioni del serbatoio della moto Gilera, con cui mia madre mi portava in giro per il paese”.
Sara Rosso, Luigi Maieron e Mario Brandolin alla presentazione udinese di Te lo giuro sul cielo. Fotografia di Leoleo Lulu

Cecilia è stata una grande musicante, come i suoi avi. Era una musica semplice per le feste di paese, di quelle dove è importante tenere il tempo. “Sapevano quando iniziavano, ma non si sapeva quando finivano di suonare”. Anche il nonno Pio Boschetti era nel gruppo di musicanti, col suo contrabbasso, costruito da sé. “Per piegare il legno – scrive di lui il nipote Luigi – salivi in latteria e lo immergevi nella vasca del siero caldo, grazie alla complicità del casaro e musicante Nardin”. Queste toccanti parole sono a pagina 280.
Poi Maieron – 2° posto al Premio Tenco con l’album Si vîf, prodotto da Massimo Bubola nel 2002 – ha confessato che lui nel ’68 carnico “sapeva di stalla, dove stava la Biscie, la mucca con cui la nonna Augusta Baritussio parlava come fosse del genere umano”.
Nel finale di serata, Maieron ha risposto ad alcune domande del pubblico, che poi si è accalcato per avere l’autografo del celebre cantautore e scrittore.
Luigi Maieron, con la chitarra ha cantato ed eseguito Tal cûr di un frut, canzone del 1984 e La neve di Anna tra gli scroscianti applausi del pubblico che si è informato sul dove trovare gli album con quelle canzoni, purtroppo ormai esauriti.


Una parte del numeroso pubblico alla prima udinese di Te lo giuro sul cielo, romanzo di Luigi Maieron, presentato alla Libreria Friuli il 25 luglio 2018. Foto di E. Varutti
--
Un commento personale
Lo stile narrativo di Luigi Maieron è schietto, acerbo e avvolto nelle tradizioni popolari. Rimarrete attaccati alle pagine di questo romanzo, tanto è coinvolgente. Vi verrà da pensare: “leggo ancora una-due pagine e poi andrò a fare quella cosa”. Lo scopo della letteratura, allora, sarà raggiunto. Quando ci consente il distacco dalla realtà, la lettura è potente e ci fa sognare. Ci si immedesima molto nei rapporti familiari descritti amabilmente da Gigi. L’ha detto intelligentemente anche Brandolin nella prima presentazione udinese di Te lo giuro sul cielo, che “è un libro contagioso”.
A quella presentazione ho incontrato vari conoscenti. La signora Daria mi ha confidato che trova un’incredibile somiglianza tra la storia della bisnonna di Maieron, di nome Anna De Conti, che aveva il marito al lavoro nei boschi della Carinzia e protagonista del commovente brano La neve di Anna, “come mio nonno di Artegna che lavorava in Austria, ma la mia nonna ha preferito restare in paese ad aspettarlo, mentre lui era tal forest” – ha precisato la signora Daria.
Gigi Maieron ha firmato autografi a... manetta. Foto di Leoleo Lulu

C’è tanta lingua friulana in questo straordinario volume. Ci sono solo piccole parole, qui e là. Ogni tanto c’è una frase intera, che l’autore in modo sapiente, ha tradotto nella riga seguente, senza l’intervento diretto della versione in nota o in parentesi, come d’uso. C’è anche dell’antropologia, quando ad esempio, la nonna Augusta parla nel sogno con la figlia morta in tenera età. Ci sono le villotte friulane, questa volta con traduzione poco sotto. Il canto corale del popolo friulano è intramontabile. Sarà per questo motivo che la prima presentazione udinese dello stupendo libro di Maieron hanno voluto vedersela, in diretta, i friulani e i discendenti del Fogolâr Furlan del Nord California.
Oltre alla bella copertina con una coppia montanara e fisarmonica, dell’Archivio Alinari di Firenze, nel volume ci sono due fotografie di famiglia ben scelte a corredo del testo. Nelle prime pagine si vedono Lino Clocjat (alla chitarra), Cecilia (fisarmonica) e Pio Boschetti (contrabbasso, anzi il liron, in marilenghe). Nelle ultime pagine: Cecilia Boschetti in motocicletta col figlio Luigi Maieron piccino e avvinghiato al serbatoio.
A proposito di antropologia e di tradizioni popolari l’Autore cita, non a caso, la Veneranda Compagnia dei Cantori di Cercivento, che porta avanti la tradizione del canto liturgico e di quello della comunità silvo-pastorale.
Poi c’è quel parlare con i morti, che si presentano in visione ai vivi. È una radicata situazione della Carnia, quella di aver coltivato detti colloqui con l’aldilà. Mi viene alla mente una interessante ricerca su Paularo, condotta dalla professoressa Chiara Fragiacomo, che andò a intervistare la popolazione della zona, a più riprese, riportando in letteratura l’interessante argomento in una pubblicazione del 2000, intitolata “L’incerto confine”.
Non poteva essere che nonna Augusta, in una visione, a parlare con un morto. Più precisamente con la figlia Anita, deceduta giovane (pp. 34-36). In un’altra parte del libro, con grande tenerezza, è l’Autore stesso che vorrebbe confrontarsi col gemello mai cresciuto, perché “il vuoto, invece lo portavo da solo” (p. 250). Infine è ancora la spettacolare nonna Augusta, che passando “davanti alla casa di Serafin, un giovane morto da poco, lei mi diceva che le pareva di vederlo ancora sistemare la legna” (p. 266).
Nelle ultime pagine del romanzo troviamo dei riferimenti all’Orcolat (Orcolaccio), come i friulani definiscono il terremoto e ci sono dei vaghi cenni alla seconda guerra mondiale. Mi riferisco alla presenza dei Cosacchi (alleati dei nazisti) che occuparono la Carnia; vedi pag. 24 e 73. Tali incursioni storiche nel romanzo di Maieron mi spingono ad affermare che certe pagine potrebbero essere utilizzate in ambito scolastico, perché spingono alla curiosità e alla ricerca storica. Mi permetto di corredare questa recensione con una fotografia di Cosacchi (vedi poco sopra). È un’altra storia familiare, con un’altra signora Cecilia. Si intitola “Cosacco con la sua famiglia: moglie e bimbo, 9 marzo 1945”. Occupavano essi, a Mena di Cavazzo Carnico, le stanze requisite alla famiglia Guglielmo Barazzutti e Cecilia Cossio; la fotografia è stata conservata dalla zia Delfina. Ringrazio per la pubblicazione e diffusione la Collezione Nevio Candolini, Interneppo di Bordano, provincia di Udine.
Nella stessa presentazione pubblica udinese di Te lo giuro sul cielo, una signora, intervenuta alla fine dell’incontro, ha riferito di effettuare la lettura in gruppo di un altro romanzo di Maieron, da cui si potrebbe intendere il fine didascalico dello stile dell’Autore.
Un ultimo cenno individuale. Maieron fa una lunga carrellata di gruppi musicali degli anni 1960-1970 italiani e stranieri. Menziona pure i New Trolls e i Jethro Tull, allora si merita pure una lode, ma questo è un parere del tutto personale.
“Leggendo queste pagine si cammina sulla cenere dei ricordi, sollevando la polvere di un mondo antico, ormai sepolto per sempre” – ha scritto Mauro Corona nella breve Prefazione al libro di Gigi.
È un’esperienza da provare. È una riflessione sugli avi, a partire da quelli di Maieron, per finire con quelli di ognuno di noi. Leggete questo libro, perché così capirete, in modo soave, come mai si arrivi a giurare sul cielo.
Luigi Maieron con la sua chitarra. Fotografia di Leoleo Lulu 2018
--

Sitologia
Ringraziamo per la gentile concessione alla diffusione nel blog i seguenti video del 25 luglio 2018, a cura di Leoleo Lulu, realizzati in Facebook presso la Libreria Friuli di Udine:

- Luigi Maieron, Tal cûr di un frut, canzone del 1984.

- Luigi Maieron, La neve di Anna, album “Une primavere”, 2007.
--

Fotografie e recensione di Elio Varutti. Altre fotografie di Leoleo Lulu che si ringrazia per la cortese concessione alla diffusione e pubblicazione. Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti.

Nessun commento:

Posta un commento