domenica 4 novembre 2018

Canti di pace nel centenario della vittoria 1918, con l’Associazione Musicologi


Si è tenuto a Udine un concerto-lezione sulla Grande Guerra alla sera di sabato 3 novembre 2018. Patrocinato dal Comune di Udine, l’evento è stato organizzato dall’Associazione Musicologi di Gemona del Friuli
Sul palco: Carol Hoefken e Alessandro Tammelleo

Era molto affollata la sala Baldassi della parrocchia del Cristo, in Via Montebello, quando Alessandro Tammelleo ha aperto l’incontro intitolato “Conta cento canta pace”, dando la parola a Enrico Berti, presidente del Consiglio comunale di Udine. “Porto il saluto dell’Amministrazione comunale – ha detto Berti – a questa singolare iniziativa nel centenario della fine della Grande Guerra con un’attenzione alla storia locale”.
Annunciato come concerto storico sulla Prima guerra mondiale ha visto la partecipazione di Carol Hoefken, al canto, Alessandro Tammelleo, al pianoforte e Elio Varutti per un intervento storico. C’è stata poi la sorpresa artistica della lettura poetica di Giuseppe Capoluongo, che ha presentato una serie di sue particolari composizioni sulla guerra e sull’irredentismo. Sul palco non a caso troneggiava una bandiera della Dalmazia. Più volte è stata menzionata, anche se riferibile ad un successivo periodo storico, l’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), che intende preservare le tradizioni delle comunità istriano dalmate. Tra parentesi, si accenna al fatto che il Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD è presieduto da Bruna Zuccolin, con parenti di Pirano.
L'intervento di Enrico Berti, presidente del Consiglio comunale di Udine al concerto-lezione Conta cento, canta pace

Sono versi sciolti quelli di Giuseppe Capoluongo, udinese nativo campano, che vanno a rievocare la tragedia della guerra di cui ricorre il centenario. Ecco lo struggente testo poetico di Capoluongo, intitolato Era il 15-18, primo classificato al premio letterario Nuove Parole 2014 di Vermiglio (Trento): “Cosa raccontano le pietre / ancor lorde di macchie nerastre / sangue che in terra ha fatto concime / qualche ciuffo un arbusto un cespuglio / ogni roccia una storia un agguato / baionette innestate nel vento / e il canto di mitraglia nella carne / urla inutili lanciate nell'aria / accorato richiamo alla mamma / e le lacrime del grande macello / all'aperto tra le rocce stupite / oh l'Italia il Regno i Savoia / le trombe che suonan la carica / dentro al fango di tristi trincee / dove ancora una scritta un pezzetto / d'una storia ch'è stolido orrore / il morire per volere di altri / dentro al greto di creste ghiacciate / campi non più seminati / una guerra per quale potere? / l'egoismo incosciente dei capi / comandanti che ti giocan la pelle / tradimenti imboscate la fame / tra le rocce di quel triste confine".

Canzoni e musica di Conta cento, canta pace
Sono state eseguite una decina di canzoni, come quella intitolata La leggenda del Piave,  seguita da La canzone del Grappa. Il terso brano musicale, come ha spiegato il maestro Tammelleo, è del mondo anglosassone, avendo svolto un ruolo non indifferente gli eserciti inglese e, dal 1917, statunitense, perciò si è ascoltato It's a Long, Long Way to Tipperary.
Parlando di terre irredente non poteva mancare La campana di San Giusto, applauditissima e dedicata alle “Ragazze di Trieste”, riproposta poi per un richiestissimo bis, che ha visto molti dei presenti cantare assieme alla eccezionale maestra Hoefken, stupenda voce da usignolo. Bisogna accennare al fatto che in sala erano presenti molti appartenenti al coro dell’Istituto “A. Zanon” e ad alcuni cori parrocchiali delle vicinanze. In seguito c’è stata la canzone de La tradotta e la coinvolgente O surdato innamorato, con scroscianti applausi.
Nella simpatica serata si sono alternate gradevolmente il canto e la musica, con le letture poetiche e con la lezione storica. L’ultima parte musicale del repertorio Tammelleo-Hoefken era dedicata ai seguenti brani anglo-americani: Beale Street blues - W.C. Handy. L’ottava canzone è stata: My Melancholy Baby. A seguire: Paper doll - Tommy Lyman. In conclusione: Over There.
Udine, 3 novembre 2018 - Oltre cento persone all'inizio del concerto-lezione Conta cento, canta pace

Lezione di storia
Il professor Varutti, con una serie di diapositive, ha mostrato le prime pagine dei giornali nazionali e locali, come la Patria del Friuli. Ha ricordato gli eroi irredenti come Fabio Filzi, da Pisino, Cesare Battisti, da Trento, Damiano Chiesa, da Rovereto e Nazario Sauro da Capodistria. Tutti patrioti volontari per l’Italia, catturati e impiccati dall’Austria-Ungheria per tradimento.
La guerra non si può riferire solo con i libri di storia, con i documenti delle diplomazie, i comunicati degli alti comandi militari e con la stampa di regime. Per tale motivo il relatore si è voluto soffermare sui casi di Giani e Carlo Stuparich. In compagnia di un loro amico, Scipio Slataper, essi partono nel 1915 come volontari per combattere a fianco degli italiani nella Prima guerra mondiale. I due fratelli triestini Stuparich vengono fatti prigionieri dagli austriaci; Carlo viene ucciso, mentre Giani riesce a fuggire. Il diario di Giani Stuparich inizia il 2 giugno 1915 con la partenza dei volontari da Roma per raggiungere Monfalcone, il fronte sul Carso, e si conclude l’8 agosto a Udine quando, dopo 2 mesi di dura esperienza di guerra, Giani e Carlo raggiungono le retrovie e Udine. “Al rientro in trincea la stanchezza è talmente forte che ci si addormenta senza sentire i cannoni sparare – così scrive Stuparich nel suo Diario – il  mattino torna un po’ di sole in mezzo alla nebbia. Il momento del rancio è scandito dai bombardamenti. Il monte Cussich è il più colpito, ma dopo poco riiniziano a sparare contro le trincee. I nemici conoscono la posizione dei ripari, visto come cercano di colpire ogni parte, diversi compagni vengono feriti. Finalmente, verso sera, gli spari cessano; si raccolgono i molti e ultimi feriti. Il cielo lontano viene mischiato dalla luce verde e rossa dei razzi”.
Giani Stuparich (Trieste, 4 aprile 1891 – Roma, 7 aprile 1961) è uno scrittore dei più raffinati del Novecento. Nato a Trieste, dove frequenta il liceo-ginnasio insieme al fratello Carlo, studia a Praga, a Berlino e a Firenze, dove consegue la laurea in lettere e filosofia.  Allo scoppio della guerra nel 1915 si arruola come volontario insieme al fratello Carlo e all’amico Scipio Slataper. Combatte prima sul Carso presso Monfalcone e poi sul Monte Cengio. Ferito due volte, viene fatto prigioniero, e internato in successione in cinque campi di concentramento austriaci, ma si salva.
Udine, sala Baldassi della parrocchia del Cristo, 3 novembre 2018 prima del concerto Conta cento, canta pace dell'Associazione Musicologi di Gemona del Friuli

Stuparich insegna come professore di italiano al liceo Dante Alighieri dal 1921 al 1941. Durante il fascismo rifiuta la tessera del partito e non prende parte ad alcuna manifestazione. Nel 1944 viene internato insieme alla moglie e alla madre nella Risiera di San Sabba, a seguito di una delazione, e viene rilasciato dopo una settimana per l’intervento del vescovo Antonio Santin e del prefetto di Trieste.
Varutti ha in seguito parlato dei quattro alpini fucilati a Cercivento nel 1916, per rivolta. I Silvio Ortis di Paluzza, Basilio Matiz di Timau, Giovanni Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Massaro di Maniago sono quattro nomi di alpini friulani. Essi furono fucilati a Cercivento, in provincia di Udine, con l’accusa di “rivolta”. Avevano tentato di discutere un ordine di attacco suicida sul Monte Cellon, ai confini con l’Austria. Chiedevano il fuoco di copertura italiano, l’attacco all’alba con la nebbia e di andare sui sentieri con gli “scarpets” (ciabatte cucite dalle nonne) per non farsi sentire dal nemico e gli scarponi in spalla. Il 1° luglio 2016 è stato il centenario di quella tragedia umana. È stato detto di ricordare tale data dalla gente e da alcune istituzioni politiche e culturali della zona. È stato mostrato il depliant composto nel 2001 dell’Istituto “B. Stringher” di Udine, in collaborazione col Comune di Cercivento e il Coordinamento Circoli culturali della Carnia, creando un itinerario turistico in italiano, tedesco, inglese, francese e friulano, con disegni di Elisa Puddu, classe 5^ A Turistica. Noi, oggi, si sa che una destinazione turistica è quel luogo che attrae ed è facilmente fruibile dal turismo, in questo caso, della memoria. Allora il cippo che ricorda i cuatri alpins fusilâts dietro il cimitero di Cercivento è ormai tale. È dal 1996 che sta lì a ricordare quei quattro alpini. Maria Rosa Calderoni, nel suo libro edito nel 1999, scrive che è l’unico in Europa (“La fucilazione dell’alpino Ortis”, Mursia). Nel 2001 alcuni studenti della sezione turistica dell’Istituto “Stringher”, coi loro insegnanti di Storia e Economia turistica, prepararono un itinerario con un depliant edito dal Comune di Cercivento. Abbiamo letto che, dal 2014, c’è un comitato che chiede la riabilitazione di quei giustiziati, ma lo Stato non lo consente. Noi oggi diciamo solo di ricordarli e quel cippo diventerà sempre di più meta di viaggi pellegrinaggi formativi sui fatti della Grande Guerra. È un luogo di forti emozioni. Ci sarà un motivo se, ancor oggi, la gente del luogo racconta che, come dicevano le nonne, i carabinieri incaricati della fucilazione a sameavin animes dal purgatori (sembravano anime del Purgatorio), per lo sgomento di aver dovuto sparare sul petto degli alpini.     
In conclusione come scrive La Patria del Friuli, il 19 novembre 1918: “il giorno 3 novembre 1918 rimarrà specialmente sacro, in eterno, nella storia di Udine. Alle ore 13,30 la prima pattuglia di cavalleria dell’Esercito italiano, comandata dal tenente Baragiola, con quattro cavalieri del Reggimento Savoia, entrava in città, acclamata dalla popolazione esultante”.
Alessandro Tammelleo presenta il concerto-lezione del 3 novembre 2018 in sala Baldassi, via Montebello a Udine

Orfani di un padre vivo. I figli della guerra all’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola (PN)
Varutti ha infine presentato un caso sconosciuto a molti. Capita durante i conflitti che ci siano delle nascite al di fuori del matrimonio, per un amore clandestino, oppure per uno stupro. I figli nati da tali situazioni non legittime e violente vengono chiamati nel 1918 orfani di un padre vivo o i figli della guerra. L’Istituto religioso “San Filippo Neri” fu creato da don Celso Costantini a Portogruaro (VE) nel dicembre 1918, con il nome di “Ospizio per i figli della guerra”. Più tardi l’orfanotrofio è spostato a Casteons di Zoppola, vicino a Pordenone. Il 31 ottobre 1924 la duchessa Elena di Aosta ha effettuato una visita ufficiale all’Istituto di Zoppola che chiuse i battenti nel 1947.
L’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola ha ricoverato 355 bambini (181 maschi e 174 femmine) dal 1918 al 1922, ma altri venti furono respinti. Essi provenivano dalle provincie del Friuli, da Venezia, Belluno, Vicenza, Padova e dalle terre irredente di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara.
Si sa che 106 di questi bambini sono tornati in famiglia, mentre sul momento fu il paese a respingerli. Nei primi quattro anni di vita sono morti 205. In tutto l’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola i bimbi nati da una violenza sessuale furono 42. Di loro, ben 39 a causa dei militari austroungarici o tedeschi e solo tre per colpa di italiani. Di molti di tali bimbi si sa che sono frutto di un amore non legittimo. Di altri 115 si sa che il padre è un soldato; 46 figli sono di padre austriaco o tedesco e 69 sono figli di un italiano. bisogna aggiungere che la donna stuprata teneva nascosto il suo dolore. Era una vergogna per la famiglia e per il borgo. Quelli adottati sono stati solo 17 e altri 17 sono rimasti nell’Istituto. Le ragazze sono state accettate dalle monache della Beata Capitanio di Venezia.

Sitologia e cenni bibliografici
In merito al poeta Capoluongo potrebbe interessare il seguente link, che si ringrazia per la diffusione e la pubblicazione nel presente blog: http://www.udinetoday.it/cronaca/piume-bianche-del-fogolar-civic-per-gli-imboscati-del-caffe-dorta-2446809.html


L’Associazione Musicologi è convenzionata con i Conservatori “J. Tomadini” di Udine e "G. Tartini" di Trieste. Ecco il sito web dell’Associazione Musicologi di Gemona del Friuli (UD):
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Rassegna stampa

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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie di E. Varutti.

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