Si è tenuto a Udine un concerto-lezione sulla Grande Guerra
alla sera di sabato 3 novembre 2018. Patrocinato dal Comune di Udine, l’evento
è stato organizzato dall’Associazione Musicologi di Gemona del Friuli.
Sul palco: Carol Hoefken e Alessandro Tammelleo
Era
molto affollata la sala Baldassi della parrocchia del Cristo, in Via
Montebello, quando Alessandro Tammelleo ha aperto l’incontro intitolato “Conta
cento canta pace”, dando la parola a Enrico Berti, presidente del Consiglio
comunale di Udine. “Porto il saluto dell’Amministrazione comunale – ha detto
Berti – a questa singolare iniziativa nel centenario della fine della Grande
Guerra con un’attenzione alla storia locale”.
Annunciato come concerto storico sulla Prima guerra mondiale
ha visto la partecipazione di Carol Hoefken, al canto, Alessandro Tammelleo, al
pianoforte e Elio Varutti per un intervento storico. C’è stata poi la sorpresa
artistica della lettura poetica di Giuseppe Capoluongo, che ha presentato una
serie di sue particolari composizioni sulla guerra e sull’irredentismo. Sul palco
non a caso troneggiava una bandiera della Dalmazia. Più volte è stata
menzionata, anche se riferibile ad un successivo periodo storico, l’Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), che intende preservare le
tradizioni delle comunità istriano dalmate. Tra parentesi, si accenna al fatto
che il Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD è presieduto da Bruna Zuccolin,
con parenti di Pirano.
L'intervento di Enrico Berti, presidente del Consiglio comunale di Udine al concerto-lezione Conta cento, canta pace
Sono versi sciolti quelli di Giuseppe Capoluongo, udinese
nativo campano, che vanno a rievocare la tragedia della guerra di cui ricorre il
centenario. Ecco lo struggente testo poetico di Capoluongo, intitolato Era il 15-18, primo classificato al
premio letterario Nuove Parole 2014
di Vermiglio (Trento): “Cosa raccontano le pietre / ancor lorde di macchie
nerastre / sangue che in terra ha fatto concime / qualche ciuffo un arbusto un
cespuglio / ogni roccia una storia un agguato / baionette innestate nel vento /
e il canto di mitraglia nella carne / urla inutili lanciate nell'aria /
accorato richiamo alla mamma / e le lacrime del grande macello / all'aperto tra
le rocce stupite / oh l'Italia il Regno i Savoia / le trombe che suonan la
carica / dentro al fango di tristi trincee / dove ancora una scritta un
pezzetto / d'una storia ch'è stolido orrore / il morire per volere di altri /
dentro al greto di creste ghiacciate / campi non più seminati / una guerra per
quale potere? / l'egoismo incosciente dei capi / comandanti che ti giocan la
pelle / tradimenti imboscate la fame / tra le rocce di quel triste
confine".
Canzoni e musica di Conta cento, canta pace
Sono state eseguite una decina di canzoni, come quella
intitolata La leggenda del Piave, seguita da La canzone del Grappa. Il terso brano musicale, come ha spiegato il
maestro Tammelleo, è del mondo anglosassone, avendo svolto un ruolo non
indifferente gli eserciti inglese e, dal 1917, statunitense, perciò si è
ascoltato It's a Long, Long Way to
Tipperary.
Parlando di terre irredente non poteva mancare La campana di San Giusto, applauditissima
e dedicata alle “Ragazze di Trieste”, riproposta poi per un richiestissimo bis,
che ha visto molti dei presenti cantare assieme alla eccezionale maestra
Hoefken, stupenda voce da usignolo. Bisogna accennare al fatto che in sala
erano presenti molti appartenenti al coro dell’Istituto “A. Zanon” e ad alcuni
cori parrocchiali delle vicinanze. In seguito c’è stata la canzone de La tradotta e la coinvolgente O surdato innamorato, con scroscianti
applausi.
Nella simpatica serata si sono alternate gradevolmente il canto
e la musica, con le letture poetiche e con la lezione storica. L’ultima parte
musicale del repertorio Tammelleo-Hoefken era dedicata ai seguenti brani
anglo-americani: Beale Street blues -
W.C. Handy. L’ottava canzone è stata: My
Melancholy Baby. A seguire: Paper
doll - Tommy Lyman. In conclusione: Over
There.
Udine, 3 novembre 2018 - Oltre cento persone all'inizio del concerto-lezione Conta cento, canta pace
Lezione di storia
Il professor Varutti, con una serie di diapositive, ha
mostrato le prime pagine dei giornali nazionali e locali, come la Patria del Friuli. Ha ricordato gli eroi
irredenti come Fabio Filzi, da Pisino, Cesare Battisti, da Trento, Damiano
Chiesa, da Rovereto e Nazario Sauro da Capodistria. Tutti patrioti volontari
per l’Italia, catturati e impiccati dall’Austria-Ungheria per tradimento.
La guerra non si può riferire solo con i libri di storia, con
i documenti delle diplomazie, i comunicati degli alti comandi militari e con la
stampa di regime. Per tale motivo il relatore si è voluto soffermare sui casi
di Giani e Carlo Stuparich. In compagnia di un loro amico, Scipio Slataper, essi
partono nel 1915 come volontari per combattere a fianco degli italiani nella
Prima guerra mondiale. I due fratelli triestini Stuparich vengono fatti
prigionieri dagli austriaci; Carlo viene ucciso, mentre Giani riesce a fuggire.
Il diario di Giani Stuparich
inizia il 2 giugno 1915 con la partenza dei volontari da Roma per raggiungere
Monfalcone, il fronte sul Carso, e si conclude l’8 agosto a Udine quando, dopo
2 mesi di dura esperienza di guerra, Giani e Carlo raggiungono le retrovie e
Udine. “Al rientro in trincea la stanchezza è talmente forte che ci si
addormenta senza sentire i cannoni sparare – così scrive Stuparich nel suo
Diario – il mattino torna un po’ di sole
in mezzo alla nebbia. Il momento del rancio è scandito dai bombardamenti. Il
monte Cussich è il più colpito, ma dopo poco riiniziano a sparare contro le
trincee. I nemici conoscono la posizione dei ripari, visto come cercano di
colpire ogni parte, diversi compagni vengono feriti. Finalmente, verso sera,
gli spari cessano; si raccolgono i molti e ultimi feriti. Il cielo lontano
viene mischiato dalla luce verde e rossa dei razzi”.
Giani Stuparich (Trieste, 4 aprile 1891 – Roma, 7 aprile
1961) è uno scrittore dei più raffinati del Novecento. Nato a Trieste, dove
frequenta il liceo-ginnasio insieme al fratello Carlo, studia a Praga, a
Berlino e a Firenze, dove consegue la laurea in lettere e filosofia. Allo scoppio della guerra nel 1915 si arruola
come volontario insieme al fratello Carlo e all’amico Scipio Slataper. Combatte
prima sul Carso presso Monfalcone e poi sul Monte Cengio. Ferito due volte,
viene fatto prigioniero, e internato in successione in cinque campi di
concentramento austriaci, ma si salva.
Udine, sala Baldassi della parrocchia del Cristo, 3 novembre 2018 prima del concerto Conta cento, canta pace dell'Associazione Musicologi di Gemona del Friuli
Stuparich insegna come professore di italiano al liceo Dante Alighieri
dal 1921 al 1941. Durante il fascismo rifiuta la tessera del partito e non
prende parte ad alcuna manifestazione. Nel 1944 viene internato insieme alla
moglie e alla madre nella Risiera di San Sabba, a seguito di una delazione, e
viene rilasciato dopo una settimana per l’intervento del vescovo Antonio Santin
e del prefetto di Trieste.
Varutti ha in seguito parlato dei quattro alpini fucilati a
Cercivento nel 1916, per rivolta. I Silvio Ortis di Paluzza, Basilio Matiz di
Timau, Giovanni Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Massaro di
Maniago sono quattro nomi di alpini friulani. Essi furono fucilati a
Cercivento, in provincia di Udine, con l’accusa di “rivolta”. Avevano tentato
di discutere un ordine di attacco suicida sul Monte Cellon, ai confini con
l’Austria. Chiedevano il fuoco di copertura italiano, l’attacco all’alba con la
nebbia e di andare sui sentieri con gli “scarpets” (ciabatte cucite dalle
nonne) per non farsi sentire dal nemico e gli scarponi in spalla. Il 1° luglio
2016 è stato il centenario di quella tragedia umana. È stato detto di ricordare
tale data dalla gente e da alcune istituzioni politiche e culturali della zona.
È stato mostrato il depliant composto nel 2001 dell’Istituto “B. Stringher” di
Udine, in collaborazione col Comune di Cercivento e il Coordinamento Circoli
culturali della Carnia, creando un itinerario turistico in italiano, tedesco,
inglese, francese e friulano, con disegni di Elisa Puddu, classe 5^ A
Turistica. Noi, oggi, si sa che una destinazione turistica è quel luogo che
attrae ed è facilmente fruibile dal turismo, in questo caso, della memoria. Allora
il cippo che ricorda i cuatri alpins
fusilâts dietro il cimitero di Cercivento è ormai tale. È dal 1996 che sta
lì a ricordare quei quattro alpini. Maria Rosa Calderoni, nel suo libro edito
nel 1999, scrive che è l’unico in Europa (“La fucilazione dell’alpino Ortis”,
Mursia). Nel 2001 alcuni studenti della sezione turistica dell’Istituto
“Stringher”, coi loro insegnanti di Storia e Economia turistica, prepararono un
itinerario con un depliant edito dal Comune di Cercivento. Abbiamo letto che, dal
2014, c’è un comitato che chiede la riabilitazione di quei giustiziati, ma lo
Stato non lo consente. Noi oggi diciamo solo di ricordarli e quel cippo
diventerà sempre di più meta di viaggi pellegrinaggi formativi sui fatti della
Grande Guerra. È un luogo di forti emozioni. Ci sarà un motivo se, ancor oggi,
la gente del luogo racconta che, come dicevano le nonne, i carabinieri
incaricati della fucilazione a sameavin
animes dal purgatori (sembravano anime del Purgatorio), per lo sgomento di
aver dovuto sparare sul petto degli alpini.
In conclusione come scrive La Patria del
Friuli, il 19 novembre 1918: “il giorno 3 novembre 1918 rimarrà
specialmente sacro, in eterno, nella storia di Udine. Alle ore 13,30 la prima
pattuglia di cavalleria dell’Esercito italiano, comandata dal tenente Baragiola,
con quattro cavalieri del Reggimento Savoia, entrava in città, acclamata dalla
popolazione esultante”.
Alessandro Tammelleo presenta il concerto-lezione del 3 novembre 2018 in sala Baldassi, via Montebello a Udine
Orfani di un padre
vivo. I figli della guerra all’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola (PN)
Varutti ha infine presentato un caso sconosciuto a molti. Capita
durante i conflitti che ci siano delle nascite al di fuori del matrimonio, per
un amore clandestino, oppure per uno stupro. I figli nati da tali situazioni
non legittime e violente vengono chiamati nel 1918 orfani di un padre vivo o i
figli della guerra. L’Istituto religioso “San Filippo Neri” fu creato da don
Celso Costantini a Portogruaro (VE) nel dicembre 1918, con il nome di “Ospizio
per i figli della guerra”. Più tardi l’orfanotrofio è spostato a Casteons di Zoppola, vicino a Pordenone.
Il 31 ottobre 1924 la duchessa Elena di Aosta ha effettuato una visita
ufficiale all’Istituto di Zoppola che chiuse i battenti nel 1947.
L’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola ha ricoverato 355 bambini
(181 maschi e 174 femmine) dal 1918 al 1922, ma altri venti furono respinti. Essi
provenivano dalle provincie del Friuli, da Venezia, Belluno, Vicenza, Padova e
dalle terre irredente di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara.
Si sa che 106 di questi bambini sono tornati in famiglia,
mentre sul momento fu il paese a respingerli. Nei primi quattro anni di vita
sono morti 205. In tutto l’Istituto S. Filippo Neri di Zoppola i bimbi nati da
una violenza sessuale furono 42. Di loro, ben 39 a causa dei militari austroungarici
o tedeschi e solo tre per colpa di italiani. Di molti di tali bimbi si sa che
sono frutto di un amore non legittimo. Di altri 115 si sa che il padre è un
soldato; 46 figli sono di padre austriaco o tedesco e 69 sono figli di un
italiano. bisogna aggiungere che la donna stuprata teneva nascosto il suo
dolore. Era una vergogna per la famiglia e per il borgo. Quelli adottati sono
stati solo 17 e altri 17 sono rimasti nell’Istituto. Le ragazze sono state
accettate dalle monache della Beata Capitanio di Venezia.
Sitologia e cenni
bibliografici
In merito al poeta Capoluongo potrebbe interessare il
seguente link, che si ringrazia per la diffusione e la pubblicazione nel
presente blog: http://www.udinetoday.it/cronaca/piume-bianche-del-fogolar-civic-per-gli-imboscati-del-caffe-dorta-2446809.html
E. Varutti, Orfani di un padre vivo, figli della Grande Guerra, conferenza a Zoppola, Pordenone,
on-line dal 6 maggio 2017.
L’Associazione Musicologi è convenzionata con i Conservatori
“J. Tomadini” di Udine e "G. Tartini" di Trieste. Ecco il sito web dell’Associazione Musicologi di Gemona del Friuli (UD):
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Rassegna stampa
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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah
Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie di E. Varutti.
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