Certi dalmati sono persone straordinarie. Veramente esclusiva
è l’intervista a Emilio Fatovic, nato a Zara nel 1948 e oggi niente meno che Consigliere del
Comitato Economico Sociale Europeo di Bruxelles.
Zara,
10 novembre 2018 – Emilio Fatovic in una fotografia di Giorgio Gorlato
Fatovic mi mostra il suo passaporto e
sul luogo di nascita c’è scritto così: “Zara (xxx)”. Tale scritta, senza una
nazionalità esplicita, fa impazzire gli addetti alla reception degli hotel, ma
soprattutto i dipendenti doganali ogni volta che egli passa un confine. Ne
passa diversi di confini Emilio Fatovic, ricoprendo quel delicato incarico
europeo. A lui va bene così, piuttosto che vedersi segnato “Jugoslavia” o,
peggio, “Serbia”, con la solita confusione, come capita di leggere sulle tessere sanitarie di vari esuli
sparsi per l’Italia. La legge stabilisce di non segnare stati vecchi o nuovi,
rispetto a ciò che era Regno d’Italia fino al Trattato di pace del 1947.
“Mia mamma, che aveva lavorato alla fabbrica di Maraschino dei Luxardo, viene via nel 1957 con me e mia sorella – risponde Fatovic –
chiediamo asilo politico a Gorizia, eravamo in vacanza con passaporto iugoslavo.
Con la richiesta di asilo politico diventiamo apolidi. Mio padre ci raggiunge
alla fine del 1959 con la concessione della cittadinanza italiana in quanto dal
1923 al 1945 era a Zara con cittadinanza italiana, mentre mio nonno e miei due
zii rimasti croati vivendo a Zara, dopo il passaggio della città all’Italia,
avevano il lasciapassare perenne”.
Zara,
10 novembre 2018 – Comunità degli italiani, manifesto della ditta Luxardo produttrice del Maraschino, particolare. Fotografia di Giorgio Gorlato
Come mai per voi l’esodo avviene così tardi, nel 1957?
“Avevamo parenti comunisti – spiega Fatovic – e iera successo che mio papà
Emilio, anche lui si chiamava così, gaveva avudo un alterco con un commissario
popolare e alla fine della baruffa ghe dise che lui iera un fascista vestido de
rosso”.
Apriti cielo! Dare del fascista a un commissario popolare a
Zara in pieno regime di Tito fu considerato un reato da pena di morte, ma con
l’aiuto di un fratello comunista, alla fine il colpevole del grave misfatto contro il popolo se la
cava con un anno di carcere, però sarà segnato a dito.
“Mio papà – aggiunge
Fatovic – era capo mastro e lo lasciano uscire dalla Jugoslavia nel 1959 per
asilo politico richiesto alla prefettura di Gorizia”.
Per caso siete passati per qualche Centro raccolta profughi
(Crp)? “Ne abbiamo passati sei di campi profughi – dice Fatovic – si comincia
col Crp di Cremona, poi ci spostano a Gargnano (Brescia), a Capua (Caserta), a
Udine, Padriciano (Trieste) e al Villaggio giuliano di Opcina (Trieste), in
alloggi accettabili, pur con i servizi igienici in comune per quattro
famiglie”.
Buccari
Piccola / Bakarac, Croazia, 9 novembre 2018 – Emilio Fatovic, primo a sinistra,
con la delegazione dell’ANVGD di Udine in viaggio verso Zara, durante una pausa
pranzo. Fotografia di Giorgio Gorlato
Ho conosciuto personalmente il professor Fatovic nelle scuole
di Udine negli anni 1985-2007, quando era impegnato nel Sindacato Nazionale
Autonomo Lavoratori della Scuola (Snals). Poi è stato rettore e dirigente
scolastico al Convitto Nazionale “Regina Margherita” di Anagni (Frosinone) dal 2007
al 2008. Poi al Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Roma (2008-2014).
Ha ricoperto un incarico di reggenza al Convitto Nazionale “Amedeo di Savoia,
Duca D’Aosta” di Tivoli, Roma (2012-2014). Lasciamo stare ora il lungo e complesso
curriculum di Fatovic, uomo europeo, e passiamo alle ultime domande.
Com’era la vita al Centro smistamento profughi (Csp) di Udine, in Via Pradamano? “Eravamo in camerate con le coperte a far da parete – replica
Fatovic, socio dell’ANVGD di Udine – e il colmo è che dopo aver chiuso
l’attività la struttura diviene una succursale dell’Istituto Tecnico
Industriale Arturo Malignani, che io frequento, perciò facevo lezione di
laboratorio negli stessi spazi della sala mensa del vecchio campo profughi, ma
la vita ti riserva certe coincidenze”.
Avete avuto dei caduti in famiglia nel 1943 a causa dei
titini? “Sì, allo zio Antonacci – conclude Fatovic – che era fascista, hanno messo una pietra al collo e lo hanno buttato in mare; a Zara no iera le
foibe, i te mazava per annegamento”.
Da ricerche effettuate solo due Antonacci compaiono
nell’elenco “Livio Valentini” dei caduti della RSI. Antonio Antonacci risulta
caduto o disperso il 13 maggio 1945 a Milano, mentre Nicola Antonacci,
residente a Gorizia, pare scomparso o deceduto a Lucinico (GO) il 6 maggio
1945. Non ci sono riferimenti a Zara.
Ci sono altri ricordi? “Beh, mi ricordo che a Zara a metà degli anni cinquanta da bambini col berrettino da pioniere – è il finale di Fatovic – dovevamo andare in piazza del Popolo / Narodni trg e gridare Živio Tito, ossia Viva Tito, un po’ come succedeva quindici, venti anni prima ai giovani balilla che dovevano inneggiare al duce”.
Ci sono altri ricordi? “Beh, mi ricordo che a Zara a metà degli anni cinquanta da bambini col berrettino da pioniere – è il finale di Fatovic – dovevamo andare in piazza del Popolo / Narodni trg e gridare Živio Tito, ossia Viva Tito, un po’ come succedeva quindici, venti anni prima ai giovani balilla che dovevano inneggiare al duce”.
Zara, 11 novembre 2018 – Emilio Fatovic, al centro, con la
delegazione dell’ANVGD di Udine rende omaggio ai defunti di Zara nel “Gradsko groblje”, ossia “Cimitero cittadino”. Fotografia di Elio Varutti
Altre storie di
italiani in Dalmazia e di esodo istriano
La professoressa Giuliana Riggio racconta la sua “scelta di
vivere oggi a Zara, avendo avuto un padre siciliano, un marito serbo croato e
avendo insegnato per molto tempo a Gorizia e a Brescia”. La signora ha aggiunto
che oggi tra le coste dell’Adriatico c’è un respiro europeo e sostiene di “aver
recepito la voglia di essere in pace tra i popoli”.
Ricorda qualcosa d’altro
signora Riggio? “Sì, mi ricordo che mio papà – conclude – era della milizia e,
nel 1945 si trovava a Gradisca d’Isonzo dove rischiò di essere preso dai
partigiani filotitini, che lo cercarono a casa sua per eliminarlo, allora si
presentò ai militari inglesi che lo reclusero per qualche tempo in un campo di
concentramento nell’Italia centrale, così si salvò dalla foiba”.
Pure Rina Villani, in questi ultimi tempi, ha scelto di vivere a Zara, divenendo
presidente della locale Comunità degli italiani. Interessata al dialogo fra i
popoli in chiave artistica da oltre un decennio, si occupa di insegnamento
della lingua e della cultura italiana secondo le indicazioni del Ministero
croato. “Qui a Zara abbiamo corsi per 40 bambini di due ore alla settimana di
lingua e cultura italiana secondo un idoneo modulo didattico – racconta – dalla
classe prima elementare alla ottava, che corrisponde alla terza media
italiana”.
Una cartolina di Zara dei primi del Novecento. Si ringrazia
Paolo De Luise, esule da Pirano, per la diffusione dell’immagine
La professoressa Annalisa Vucusa, figlia di uno zaratino, nel
2015 a Udine, durante un pubblico incontro ebbe a dichiarare: “Mi si permetta un
riferimento personale: mio zio Severino non rimise più piede a Zara e non penso
neppure Gisella, la mamma del nostro Silvano, ossia l’ingegnere Silvio Cattalini, presidente dell’ANVGD di Udine dal 1972 al 2017. Mio padre, Riccardo
Vucusa, invece volle tornare nella sua città, appena possibile, nel 1960. Io
avevo 11 anni. Allora ricordo intensamente la pesantezza e la paura nel passare
il confine della cortina di ferro. C’erano
i “graniciari” (guardie confinarie
iugoslave) a consultare un libro. Papà diceva: il libro nero. I poliziotti
volevano vedere se mio padre era compromesso in qualche modo. Quando arrivammo
a Zara, dopo aver percorso la strada costiera in un lungo viaggio di 6-7 ore,
vidi mio padre piangere: Zara non era più lei”.
Riferisco ora un ricordo della maestra Silva Biasioli Toffoletti,
della scuola elementare “Dante Alighieri” di Udine, accaduto verso gli anni
1955-1960. La maestra Biasioli ricorda di avere attuato un’originale pratica dell’aiuto
ai profughi di Zara a Udine. Ad esempio, la signora Antonia Clarich, madre di
Sandor Malnerich, suo scolaro, nato il 22 ottobre 1947 a Zara, rifugiata a Udine,
si recava a comprare a credito, in un determinato negozio di generi alimentari,
poi per i pagamenti ci pensava la maestra stessa. Per riconoscenza, i signori Adolfo
e Antonia Malnerich, genitori dello scolaro Sandor, donarono alla maestra un
piccolo tappeto, di fattura dalmata, che la madre di Sandor, durante la fuga da
Zara, aveva portato di nascosto avvolto attorno alla vita, senza che si
accorgessero i controllori doganali.
Zara,
11 novembre 2018 – Tomba dei Fatovic nel
Cimitero di Groblje. Fotografia di Elio Varutti
Un’altra fonte orale da poco tempo ha ricordato una storia istriana. È
Elena Rossi, insegnante di lettere e docente all’Università delle Libere età di Udine. Sua zia passò per il Csp di Via Pradamano di Udine. “Sono venuti via nel 1948 da Visinada, lo
stesso paese di Norma Cossetto – racconta la professoressa Rossi – verso metà
novembre passando da Gorizia, mia zia che era quindicenne ricorda di avere
dormito in campo profughi con altre donne nella stanza che oggi fa da aula
magna nella scuola Enrico Fermi, mentre al piano di sopra stavano i maschi. Era
meravigliata, perché aveva visto il termosifone caldo. Poi in famiglia si
ricorda il nonno Emanuele Maier, militare sotto l’Austria nel 1914 prima in
Serbia e poi in Galizia”.
Antonio Toffetti, di Dignano d’Istria, riguardo all’esodo di
alcuni dignanesi nel 1943-1945 mi ha scritto in Facebook: “Anche mi in quel
stesso periodo iero picio, ma me ricordo ben in strada qualche moredo me ga
dito che anche mi finirò in foiba. Poco dopo semo vignui a Trieste col treno".
Messaggi dal web
Annalisa Vucusa, cugina di Silvo Cattalini, dopo aver letto l’articolo presente, ci ha
cortesemente inviato la seguente e-mail, che volentieri pubblichiamo per il suo
interesse pubblico:
“[…] ogni tanto affiorano ricordi e nomi come quello di
Fatovic che mio padre nominava spesso ma non so perché. Sicuramente parlava del
padre. Un altro nome ricorrente era quello di Alacevich; ho conosciuto un mio
coetaneo Alacevich, insegnante in pensione di educazione fisica, amante del
mare (chissà perché?) che fa pesca subacquea nel mare della Liguria e che vive
a Torino, amico di mio fratello che vive a Savigliano (Cuneo) sempre per
effetto dei nostri sradicamenti. Un altro nome ricorrente era quello di Batara
che, mi pare, facesse ottime paste a Zara. Peccato non avere chiesto di più
quando si poteva”.
Zara,
Comunità degli italiani, Fatovic, in cravatta, alla presentazione del libro Gli
appunti di Stipe, di Franco Fornasaro. Fotografia dell’Archivio ANVGD di Udine
--
Fonti orali e del web
Ringrazio le seguenti persone per la gentile disponibilità
riservata a testimoniare sull’esodo giuliano dalmata e a mostrare i documenti e
le fotografie di famiglia, destinate alla diffusione e pubblicazione nel web.
Le interviste sono state raccolte da Elio Varutti a Udine e a Zara, con
taccuino, penna e macchina fotografica nelle date citate, se non altrimenti
riportato.
- Silva Biasioli vedova Toffoletti (Udine 1915-deceduta),
intervista a cura del professore Antonio Toffoletti del 5 dicembre 2007 e del
22 gennaio 2008, su questionario di Elio Varutti.
- Emilio Fatovic, Zara 1948, int. a Zara (Croazia) di Elio
Varutti del 9 e 10 novembre 2018.
- Giuliana Riggio, Zara 1937, int. a Zara di E. Varutti del 10 novembre 2018.
- Elena Rossi, Udine, int. a Udine di E. Varutti del 16
novembre 2018.
- Antonio Toffetti, Dignano d’Istria, 1936, vive a Trieste,
messaggio in Facebook del 18 settembre 2018, dopo aver letto dell’esodo da
Dignano delle famiglie istriane Delzotto e Fortunato, del facoltoso negozio di
tessuti.
- Rina Villani, Roma, 1957, int. a Zara di E. Varutti del 10
novembre 2018.
- Annalisa Vucusa, 1949, Vimodrone (MI) con babbo di Zara, int. a Udine del 7 marzo 2015; e-mail inviata a E. Varutti del 19 novembre 2018.
- Annalisa Vucusa, 1949, Vimodrone (MI) con babbo di Zara, int. a Udine del 7 marzo 2015; e-mail inviata a E. Varutti del 19 novembre 2018.
Zara,
Comunità degli italiani, Emilio Fatovic, in cravatta, vicino a Bruna Zuccolin, presidente ANVGD di Udine alla presentazione del libro Gli
appunti di Stipe, di Franco Fornasaro, a sinistra. Fotografia di Giorgio Gorlato
Intervista a cura di Elio Varutti. Servizio giornalistico e
di Networking di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti.
Fotografie di Giorgio Gorlato, E. Varutti e dall’archivio dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che
ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o
ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30.
e-mail: anvgd.udine@gmail.com Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
e-mail: anvgd.udine@gmail.com Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
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