L’esodo giuliano dalmata è stato al centro di un incontro
pubblico realizzato per il Giorno del Ricordo.. Il 20 febbraio 2017, ore 17,30,
il professore Elio Varutti, componente del Consiglio Esecutivo dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) Comitato Provinciale di Udine, ha presentato
la conferenza intitolata “Le Tabacchine istriane esuli alla Manifattura
Tabacchi di Firenze”.
Udine, Elio Varutti alla conferenza. Fotografia di LL
L’evento si è potuto svolgere grazie alla collaborazione con
l’ANVGD di Arezzo, dato che il suo delegato provinciale, Claudio Ausilio, ha
fornito allo studioso friulano fotografie e notizie sulle operaie della
Manifattura Tabacchi di Pola. L’organizzazione dell’evento è stata curata da
Angelo Rossi, presidente dell’Associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia,
presso l’aula T5 del Palazzo di Toppo Wassermann in Via Gemona 92, nella Scuola
Superiore dell’Università degli Studi di Udine.
«Sin dalle
mie prime interviste sull’esodo istriano, da Fiume e da Zara – ha detto Elio
Varutti – mi sono accorto che i racconti avevano qualcosa di incredibile, come
si faceva a dare ascolto a certe notizie? Sembravano delle esagerazioni, come
quella di vivere tra le pareti di cartone nel Centro Raccolta Profughi di Via
Guelfa a Firenze».
Udine, Elio Varutti e Angelo Rossi. Fotografia di LL
Varutti ha riportato la «testimonianza
di Miranda Brussich vedova Conighi (Pola 1919-Ferrara 2013), intervistata a
Ferrara il 29.12.2003 e il 2.01.2004. Ecco le sue parole: a Firenze da Pola,
dove iera i inglesi, xe rivada Zia Maria Zanetti, perché trasferida nella
Manifattura Tabacchi. Iera un vecio fabricado vodo adibido ai profughi. Gaveva
fato i divisori coi cartoni. Le gà abitado lì per qualche anno».
Poi si è scoperto che molti altri profughi raccontavano
questi fatti e allora erano veri. Myriam Andreatini Sfilli proprio sulla vita
tra i cartoni ha scritto un libro nel 2000.
Perché i profughi scappavano o si trasferivano dall’Istria,
Fiume e Dalmazia? C’è l’esodo per
evitare le violenze degli iugoslavi, come l’uccisione nelle foibe (voragini del
Carso). Gli iugoslavi sono spinti dal sentimento di vendetta per le atrocità
patite nella guerra fascista e per la pulizia etnica voluta da Tito.
Fotografia di EV
Quanti sono i profughi italiani d’Istria, di Fiume e della
Dalmazia? Secondo il libro del 1990 di padre Flaminio Rocchi sono 350 mila. Il
professor Raoul Pupo, dell’Università di Trieste, nel 2005, fissa la cifra a
250 mila, in base ai dati dell’Opera Profughi. Ma il balletto delle cifre
continua. Sono 230 mila, secondo Amedeo Colella, nella sua relazione del
24.02.1956. Egli ritiene che il 15% della popolazione sfugga al censimento
stimando in 270 mila i profughi istriani e dalmati, sempre coi documenti dell’Opera
Assistenza Profughi Giuliani e Dalmati.
Vedi: Roberta Fidanzia e Angelo Gambella, 2013. A questi dati, pur raccolti con
criterio scientifico, sfuggono coloro che non si sono fatti annotare nei
servizi dell’Opera Profughi e tutti coloro che, per orgoglio o per altri
motivi, non hanno richiesto il riconoscimento di profugo. E non sono pochi.
Quindi la cifra di F. Rocchi torna di attualità.
Quante sono le vittime delle foibe? Nel 2010 secondo un libro
di Guido Rumici il massacro è di 4-5 mila italiani, donne, vecchi e bambini
inclusi. Giuseppina Mellace, nel 2014, scrive che nel periodo 1943-1945 «ben
10.137 persone [sono] mancanti in seguito a deportazioni, eccidi ed
infoibamenti per mano jugoslava» (pag. 236).
L'ingegnere Sergio Satti, per 40 anni vice presidente dell'ANVGD di Udine, racconta che un suo zio si salvò dalla foiba perché un conoscente di Barbana disse che parlava con lui in croato.
Fotografia di LL
Ecco altre testimonianze raccolte da Varutti. Armando
Delzotto, esule da Dignano d’Istria, ha raccontato a Nicolò Giraldi (vedi il «Messaggero
Veneto» 5.2.2017): «Da Dignano partiva il treno denominato delle Tabacchine,
visto l’alto numero di donne che di mattina andavano a lavorare alla fabbrica
Tabacchi di Pola».
Poi ancora: «Giorgio Gorlato, esule da Dignano, ha
detto: Mia Zia Domenica Bilucaglia, detta Minina, era caporeparto alla
Manifattura Tabacchi di Pola e fu trasferita a Lucca, dove lavoravano fino a
600 dipendenti nel 1947. Zia Minina aveva queste qualifiche in Manifattura:
maestra, ricevitrice al controllo e ispettrice».
Si deve sapere che in Toscana funzionarono 14 Centri Raccolta
Profughi (CRP) dei 140 aperti in tutta Italia. Erano attivi in queste località.
A Marina di Massa, dal 1947, contro gli istriani ci furono delle fucilate degli
anarchici e una sommossa femminile. «Siamo arrivati a Marina di Massa – ha
detto Franco S. – e ci han messo in un angolino con tre materassi distesi per
terra». I profughi di Migliarino Pisano, visto il rischio inondazione alle
tende, furono evacuati a Tirrenia.
Altri CRP erano a Marina di Carrara, Forte dei Marmi (provincia
di Lucca), Tirrenia (Pisa), Calambrone (Pisa), Carrara, Coltano (Pisa), Arena Pisana, San Giuliano Terme
(Pisa), Livorno, Laterina (Arezzo) e Siena.
Udine, pubblico attento sul tema delle Tabacchine istriane. Fotografia di GG
Il CRP di Lucca, si riempie anche di sfollati garfagnini e
versiliesi; chiude nel 1956. A Firenze era attivo un CRP nella vecchia Manifattura Tabacchi di Via
Guelfa. «Al campo di Firenze – ha detto Luigi P. – c ‘era la mensa... Si andava
con una pignatta e si prendeva: eri in quattro in famiglia, e ti davano quattro
porzioni, quattro panini, quattro mele. E questo era così a Firenze. Che a Firenze siamo stati tre o
quattro mesi».
C’è da dire, inoltre, che la Toscana che accolse i profughi
friulani e giuliani nel 1917, dopo la rotta di Caporetto.
Angelo Rossi e Sergio Satti. Fotografia di EV
Le Tabacchine istriane
in Toscana
Le Tabacchine di Pola e di Rovigno furono spostate
soprattutto a Firenze e Lucca. Relativamente ai provvedimenti emanati in favore
dei profughi che hanno riflessi sul loro inserimento lavorativo, occorre citare
il decreto legge n. 520 del 23 dicembre 1946, rivolto agli impiegati e ai
lavoratori statali per i quali il Governo italiano predispone - come recita il
documento - il riassorbimento lavorativo, con le stesse mansioni, “nei
corrispondenti uffici sparsi per l'Italia” (E. Miletto, 2012).
Emblematico in tal senso appare quanto avviene per i
lavoratori dei Monopoli di Stato, in favore dei quali il 30 agosto 1948 viene
promulgata una circolare che garantisce il reintegro nelle Manifatture Tabacchi
italiane di tutto il personale che, come recita il testo del documento, “si sia
trasferito nel territorio nazionale durante il periodo di assestamento della
zona giuliana” (E. Miletto, 2005). Tali ricerche sono state diffuse dall’Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea
"Giorgio Agosti" (Istoreto) di Torino.
Fotografia di GG
La documentazione conservata presso l’Archivio della
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio Zone di Confine - contiene
importanti riferimenti al trasferimento dei lavoratori dalla Manifattura
Tabacchi di Pola ad altre Manifatture attive sul territorio italiano. Personale
che - come si legge in una nota di servizio redatta dal direttore generale dei
Monopoli di Stato il 15 gennaio 1947 e inviata al Ministero dell'Interno - sarà
trasferito “verso le fabbriche di Firenze, Lucca e Sestri Ponente in forti
nuclei, e verso altri opifici in gruppi di piccola entità”. Si tratta -
continua il documento - di circa 2.000 unità, delle quali “580 confluiranno a
Firenze, 400 a Lucca e 420 a Sestri Ponente”, mentre le altre saranno “inviate
in centri minori” (PCM, Archivio UZC).
Dopo aver informato del prossimo arrivo dei lavoratori, il
direttore dei Monopoli di Stato invita il Ministero a “interessare i prefetti
delle Province di Firenze, Lucca e Genova”, al fine di poter “assicurare ai
profughi la migliore possibile assistenza onde permettere loro una prima
sistemazione di fortuna.” (PCM, Archivio UZC). Un passaggio, quello della
sistemazione dei nuovi arrivati, che non sembra essere però di semplice
attuazione. Si veda, ad esempio, in senso negativo quanto avvenuto a Genova,
Verona e Milano.
Elio Varutti. Fotografia di LL
Manifatture Tabacchi in
Istria
La Manifattura Tabacchi di Rovigno è del 1872. Sull’isola di
Sant’Andrea, infatti, sorse la fabbrica Tabacchi. Era il 16 agosto, presente il podestà Campitelli,
il primo reparto per la lavorazione del tabacco viene aperto nella vecchia
caserma, adattata allo scopo, di Via San Damiano.
Maria Grisanaz era la mamma di Francesco Tromba, esule da
Rovigno d’Istria e autore di un libro premiato a Firenze nel 2016. Grisanaz lavorava
alla Manifattura Tabacchi di Rovigno; fu poi trasferita a Bari e Mestre. Il
padre dell’autore era Antonio Giuseppe Tromba, nato a Rovigno d’Istria il 26
giugno 1899. Dalla “cardensia”
alla foiba. Sette partigiani titini prelevarono Antonio Tromba il 16 settembre
1943. Il tale Abbà, aprendo uno sportello della “cardensia” (mobile della
cucina) disse: «El xe qua, el xe qua, vien fora merlo». Fu ucciso e gettato
nella foiba di Vines, come indicarono le donne del paese, sia al tempo che nel
2003. Anche lui lavorava alla Manifattura Tabacchi di Rovigno.
Un’altra fonte delle ricerche di Varutti è stata Maria Millia,
esule a Udine, pure lei lavorava alla Manifattura Tabacchi di Rovigno.
Fotografia ripresa da Facebook nel gruppo "Essere italofoni TM" e postata da Ellis Tommaseo, di New York, che ringrazio per la riproduzione
L’ingegnere Sergio Satti, vice presidente dell’ANVGD di
Udine per 40 anni fino al 2016, ha ricordato che una sua zia lavorava alla
Manifattura Tabacchi di Pola. Una notizia curiosa, infine, è che esisteva, nel 1922 a
Pola, il giornale umoristico «La Tabacchina», come ha scritto Giusto
Mainardis nel 1972.
Fondata il 30 maggio 1920, la Manifattura Tabacchi di Pola fu
inaugurata il 3 luglio 1923, come ha scritto Raul Marsetič. La manifattura fu collocata nell’imponente immobile dell’ex
caserma di fanteria dell’esercito austriaco sulla Riva a cui, un decennio dopo,
fu affiancato un nuovo edificio sull’area dell’ex autoparco militare. Si trattò
di un’attività produttiva di grande rilevanza per la città, dato l’elevato
numero di maestranze impiegate, in gran parte femminili. Le attività produttive
continuarono, con delle interruzioni per danni di guerra in seguito ai
bombardamenti del 1944, fino all’inverno del 1947, e lo stabilimento fu
definitivamente chiuso dalla nuova amministrazione jugoslava il 16 settembre
1947.
Elio Varutti. Fotografia di LL
A Zara operano 7
manifatture tabacchi
L’industria Tabacchi V. Caravassilis produceva sigarette
della marca stessa. La Fabbrica Sigarette Diadora produceva sigarette delle
marche "Diadora" e "Radio". Fu assorbita dalla Manifattura
Zaratina Sigarette. Poi si ricorda la Manifattura Sigarette e Tabacchi Grima, che
produceva sigarette della marca "Grima".
La Manifattura Zaratina Tabacchi e Sigarette N. Peristeridis
produceva sigarette delle marche "Calypso" e "Samos". Nel
1922 cambiò nome e divenne “Manifattura Zaratina Sigarette" e nel 1928 fu
acquistata dall’industriale zaratino Antonio Zerauschek.
La quinta industria da ricordare era la Manifattura Tabacchi
C. P. Pavlidis, che produceva sigarette delle marche "Brillante",
"Capriccio", "Omega", "C. Pavlidis", "Extra
Fine", "Super Extra". Il 27 Novembre 1945 il tribunale del popolo
del distretto di Zara decretò la confisca della manifattura tabacchi e di tutti
i beni dei 3 comproprietari (Ivano, Costantino e Ljubica Pavlidis), giudicati
colpevoli di collaborazionismo.
La Società Italiana Tabacchi, poi confluita nel dicembre 1926
nella Manifattura Tabacchi Orientali, produceva sigarette delle marche
"Milano", "Roma" e "Venezia". Ecco, infine, la Manifattura
Tabacchi Orientali, che era direttamente controllata dallo stato italiano con
una quota di maggioranza.
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Redactional e networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti,
in collaborazione con E. Varutti. Fotografie di Leoleo
Lulu (LL), E. Varutti (EV), Angelo Rossi (AR) e Giorgio Gorlato (GG).
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Riferimenti
bibliografici e ringraziamenti
- Myriam Andreatini Sfilli, Flash
di una giovinezza vissuta tra i cartoni, Trieste Alcione, 2000.
- Roberta Fidanzia, Angelo Gambella, Il censimento dei profughi adriatici nelle carte dell’Opera
Assistenza Profughi Giuliani e Dalmati,
«Rivista di Storia e Cultura del
Mediterraneo», 2, 2013.
- Nicolò Girladi, “Il richiamo dell’Istria diventa forte col
tempo anche se vivi lontano”, «Messaggero Veneto» 5 febbraio 2017, p. 47.
- Giusto Mainardis, "Il carattere italiano del giornalismo in Istria", in Lucio De Panzera (redattore), Histria, Numero unico dedicato ala civiltà istriana e dalmata, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Comitato Provinciale di Trieste, Trieste, 1972, pp. 589-594.
- Giusto Mainardis, "Il carattere italiano del giornalismo in Istria", in Lucio De Panzera (redattore), Histria, Numero unico dedicato ala civiltà istriana e dalmata, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Comitato Provinciale di Trieste, Trieste, 1972, pp. 589-594.
- Raul Marsetič, “La Regia Manifattura Tabacchi a Pola”, «Quaderni», XXVII, Centro di ricerche storiche
– Rovigno, 2016, p. 81-139.
- Giuseppina Mellace, Una
grande tragedia dimenticata. La vera storia delle foibe, Roma, Newton
Compton, 2014.
- Guido Rumici, Infoibati. I nomi, i
luoghi, i testimoni, i documenti, Mursia, Milano (prima edizione: 2002), 2010.
- Francesco Tromba, Pola
cara, Istria terra nostra, Storia di uno di noi esuli istriani, Trieste, 2013,
7.a edizione, premio Firenze 2016.
Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di AR
Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG
Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG
Sitologia
E. Varutti, Da Pola al Centro Profughi di Firenze, con pareti di cartone, 2017.
E. Varutti, Le Tabacchine istriane e dalmate esuli a Firenze, 2017.
E. Varutti, Le Tabacchine istriane e dalmate esuli a Firenze, 2017.
Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG
Udine, Università, Elio Varutti. Fotografia di GG
Fotografia ripresa da Facebook nel gruppo "Essere italofoni TM" e postata da Ellis Tommaseo, di New York, che ringrazio per la riproduzione
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