domenica 12 febbraio 2017

Giorno del Ricordo 2017, Varutti all’UTE di Udine

Letizia Burtulo, presidente dell’Università della Terza Etàdi Udine, ha dato inizio alle celebrazioni del Giorno del Ricordo cittadine nell’aula magna della scuola il 9 febbraio 2017. 
Letizia Burtulo e Elio Varutti alla Università della Terza Età di Udine per il Giorno del Ricordo. Fotografia di Giorgio Gorlato

Ha poi presentato il relatore della lezione dedicata ai tragici fatti che nel secondo dopoguerra colpirono gli italiani vittime delle foibe e gli esuli istriani, fiumani e dalmati. L’incontro è stato tenuto dal professor Elio Varutti, del Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Comitato provinciale di Udine. Il titolo della relazione  è stato: “Il Centro Smistamento Profughi di Udine a 70 anni dal Trattato di pace e dall’esodo da Pola”.
Ecco la lezione di Varutti: «Il 12 luglio 1946, il Comitato Esodo di Pola cominciò la raccolta delle dichiarazioni dei cittadini che intendevano lasciare la città nel caso di una sua cessione alla Jugoslavia; il 28 luglio furono diffusi i dati: su 31.700 polesani, 28.058 avevano scelto l’esilio».
La grande fuga di italiani da Pola fu causata, oltre che dalle prevaricazioni e dalle violenze titine, da un grave attentato che colpì la città il 18 agosto 1946, nella spiaggia sita nelle sue vicinanze. La strage di Vergarolla fu provocata dall’esplosione di materiale bellico giacente a fine conflitto. L’esplosione provocò la morte di non meno di 80 persone. In quel periodo l’Istria era rivendicata dalla Jugoslavia di Tito, che l’aveva occupata fin dal maggio 1945. Pola, invece, era amministrata a nome e per conto degli Alleati dalle truppe britanniche, ed era quindi l’unica parte dell’Istria al di fuori del controllo jugoslavo.
Udine, aula magna della UTE, 9 febbraio 2017

Le responsabilità dell’esplosione, la dinamica e perfino il numero delle vittime della strage di Vergarolla sono tuttora fonte di accesi dibattiti. L’inchiesta della autorità inglesi stabilì che "gli ordigni furono deliberatamente fatti esplodere da persona o persone sconosciute".      
Poi Varutti ha presentato la storia del Centro di Smistamento Profughi istriani di Udine, che funzionò in Via Pradamano, dal 1947 al 1960. Da questo sito, sorto come Collegio convitto dell’Opera Nazionale Balilla nel 1935-1936, opera dell’architetto Ermes Midena, transitarono oltre cento mila esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia. Oggi è una scuola media, una biblioteca, una piscina ed altro.
Poi è stato letto il pensiero di un esule, nato a Fiume e riparato oggi a Genova. Si tratta di Aldo Tardivelli, classe 1925: « La Grande Guerra è stata combattuta per il compimento dell’unità d’Italia. La vera storia di uomini che avevano vissuto la terribile esperienza. Un modo di “vedere” la sofferenza degli uomini nella guerra sul Carso, sull’Isonzo, a Caporetto, a Tolmino…
I governanti d’oggi dimenticano di ricordare gli ideali dei poveri fanti che avevano lasciato la pelle in quella terra, per la grandezza della Patria? Un risultato così è vanificato con il mortificante Trattato di pace del 1947 pagato con il peso di una guerra perdente, ma anche da una politica arrendevole nella Conferenza di pace. Una storia della Venezia Giulia stravolta dai fatti, mistificata in questi anni sui libri scolastici e nelle menti di tutto un popolo nello spiegare ricordando gli eventi a quelli che non li hanno vissuti, vicende che hanno determinato la perdita di gran parte della regione, il soffocamento di Trieste e di Gorizia e l’esilio di 350 mila istriani, fiumani e dalmati».  
Sono stati mostrati molti documenti e cimeli originali dell’esodo giuliano dalmata raccolti dal professore udinese nelle sue ricerche sul tema dall’inizio del terzo millennio.
Udine, aula magna della UTE. La signora con la maglia rossa è Sara Harzarich, nipote del maresciallo Arnaldo Harzarich. Vicino a lei ci sono Letizia Burtulo, Carmelo Spiga e Paolo Braida. Fotografia di Giorgio Gorlato

Sono stati descritti i sei punti di accoglienza dei profughi a Udine. Nel 1944 le prime donne di Pola con bambini furono ospitate nelle baracche di San Rocco. Poi, finita la guerra, fu attivato un Centro Raccolta Profughi in Via Gorizia, come dice la gente. In realtà si tratta di una strada lì vicino: è Via Monte Sei Busi. In una vecchia succursale scolastica della scuola elementare “Dante Alighieri” furono tenuti i primi profughi in un edificio diroccato e in alcune tende. Nel 1947, quando gli avieri inglesi abbandonarono l’acquartieramento nella stessa zona di oltre 40 bidonville, ecco che gli istriani, fatta la dovuta richiesta, si insediarono per alcuni anni in quello che fu definito come il Villaggio Metallico. Un’altra bidonville, di poche baracche, fu installata a San Gottardo. Sempre nel 1947 aprì i battenti il Centro Smistamento Profughi di Via Pradamano e nel 1959 alcune famiglie di profughi dovevano dormire nella cripta del Tempio Ossario, non essendoci più posto.
Sono stati illustrati, infine, i quattro villaggi giuliani costruiti coi fondi UNRRA e delle case popolari. Tali luoghi esistono ancor oggi e, in qualche caso, vi abitano certi esuli. Si va dal primo villaggio giuliano edificato nel 1950 in Via Casarsa, Via Cormòr Basso. Il Villaggio di San Gottardo è del 1955. Le case di Via Fruch sono del 1956. Il villaggio giuliano di Sant’Osvaldo, infine, è degli ultimi anni cinquanta.
Il professor Elio Varutti durante la conferenza alla UTE di Udine. Fotografia di Giorgio Gorlato.
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Redactional e networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti.

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