Alla Libreria Friuli sabato 16 giugno, alle ore 18, si è
svolta la presentazione a Udine del libro di Silvia Zetto Cassano. Il volume,
edito nel 2016, si intitola Foresti,
ovvero: stranieri. L’autrice, nata a Capodistria nel 1945, ha vissuto l’esodo
istriano il 16 agosto 1955 in camion con la nonna e la mamma. “È una saga
familiare – ha esordito così Luciano Santin, pure lui istriano – incentrata sulle
vicende di cinque donne, autrice inclusa e le sue ave del ramo genealogico”. Il
romanzo è dunque storia veramente accaduta, con tanto di verifiche negli
archivi, come precisa l’autrice a pag. 151, nelle note.
Silvia Zetto Cassano e Luciano Santin alla Libreria Friuli di Udine
La loro fuga è dovuta alle pressioni titine. Come si legge
nel capitolo 14 alla madre Gemma, giovane vedova e maestra a Capodistria, verso
il 1955, fu imposto un appuntamento pernicioso della sua ispettrice, con la
scusa di bere un caffè. All’incontro si presenta anche un mellifluo addetto alle
“relazioni tra la Zona A e la Zona B per favorire i rapporti con la minoranza
italiana”. Il losco figuro propone alla maestra Gemma di fare la spia per i
titini a pagamento. Ci sarebbe da controllare a Trieste la sede del CLN dell’Istria.
“Senta un po’ – risponde Gemma – non so chi le ha parlato di me e cosa le abbia
raccontato. Io la spiona non l’ho fatta mai, si figuri lei se posso cominciare
adesso” (p. 134). È così che gli slavi buttavano fuori gli italiani dall’Istria
durante la guerra fredda.
Nonna, madre e figlia sono esuli a Trieste alle baracche del
campo di San Sabba, poi in quello di Santa Croce, un’area periferica con una
forte presenza slovena. Così le donne si sentono foreste nella patria che tanto avevano anelato. Non solo, quando
riescono ad uscire dalle baracche per un’abitazione decente, viene loro
assegnata una casa nello steso rione a maggioranza slovena, il cui cimitero ha
il memoriale con stella rossa dei partigiani caduti inquadrati nell’Esercito di Liberazione Jugoslavo. Dalla padella alla brace.
Silvia Zetto Cassano
Luciano Santin, nato a Pola nel 1947, esule a Lucca e Trieste,
oltre che nipote del celebre monsignor Antonio Santin, vescovo di Trieste e Capodistria, ha fatto notare ai pochi ma attenti presenti che “in questo libro
non c’è traccia di vittimismo autocompiaciuto, non c’è rancore, non c’è odio”. Sulla
copertina del romanzo fa la sua bella mostra una stella rossa, un disegno di
partigiani in battaglia, oltre alla fotografia dei genitori dell’autrice con
una gruppo di amiche in una gita in bicicletta nel 1942. “Il disegno dei
partigiani era nel mio libro di scuola – ha detto Silvia Zetto Cassano – mi ricordo
ero in classe quarta ed era la prima volta che c’era un libro in italiano, era di carta gialletta scadente, con figure in
bianco e nero, in una si vedevano i partigiani col mitra a tracolla nascosti dietro
un cespuglio; il titolo del brano di lettura era: Colpisci fratello i cani
fascisti”.
L’istriana Silvia, sposata con due figli, oggi vive a Trieste.
Con questo volume, molto curato nelle immagini da album familiare, ha aperto al
pubblico il cassetto dei suoi ricordi e dei suoi affetti. È una testimonianza
toccante, di forte coinvolgimento psicologico. Non è solo letteratura avvicinabile,
per certi aspetti, a La miglior vita
di Fulvio Tomizza, come ha riferito Santin. Foresti
è opera di alto profilo morale e civile. Non a caso il volume nel 2017 ha ottenuto
il premio Giacomo Matteotti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel dibattito apertosi al termine delle relazioni, è
intervenuto l’ingegnere Sergio Satti, decano del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), portando il saluto del sodalizio
presieduto da Bruna Zuccolin. “Io ho apprezzato questa presentazione – ha detto
Satti – mi ci riconosco, perché io sono di Pola e quando ero profugo a Umago, andavo
a scuola con la coccarda tricolore e i miei compagni di classe mi picchiavano,
ecco cosa c’era per gli italiani nel dopoguerra. Nonostante ciò ho capito che
questo libro esprime serenità, non c’è odio, né rancore”. Al che Silvia Zetto
Cassano ha accennato alla numerose presentazioni che va a fare nelle scuole sul
tema dell’esodo istriano “come a San Vito al Tagliamento o al Liceo “Dante
Alighieri” di Buie, portando un messaggio di convivenza di stampo europeo”.
È intervenuto poi Gianni Busechian, nato a Capodistria nel
1948. “Siamo venuti via in sette familiari con la nonna – ha detto Busechian –
era il 29 febbraio 1956 siamo fuggiti in camion con le mucche per continuare a
fare i contadini in provincia di Trieste, pensate che mia zia con le amiche
sono state pestate dai slavi perché parlavano italiano, son qua perché mia zia
Idalia è nella fotografia sulla copertina de questo libro, è la terza da destra”.
Poi ci sono state tante altre domande e chiarimenti. Tra il
pubblico si è notata la presenza del professor Angelo Viscovich, esule da
Albona e di Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di Udine, con parenti di
Fiume e di Pola.
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Il termine foresti
oggi nessuno usa lo più ma, nel secolo scorso, era ancora un termine ricorrente
nelle terre tra Veneto e Istria, come si legge nelle alette di copertina. Dire foresti, dire ‘quei là’ era uno dei modi
per ribadire il ‘noi’, per escludere gli intrusi, per marcare limiti non
oltrepassabili. Probabilmente parole così esistono in ogni parte del mondo in
cui i confini sono o sono stati ballerini, zone di blocchi, frontiere,
sbarramenti, chek point, fili spinati, alt, di qua non passi, chi sei, da dove
vieni, torna da dove sei venuto, resta a casa tua, non ti vogliamo, non vi
vogliamo, vattene via. Frasi che per gli istriani, nel passato, si sono
tradotte in tragiche ferite, a volte rimarginate, a volte no. Parole che ognuno
dei protagonisti di questo libro, in un modo o nell’altro, prima o poi, nel
corso della sua esistenza ha sentito pronunciare o, a sua volta, ha pronunciato.
Silvia Zetto Cassano in questo libro racconta storie di
famiglia: è sempre un problema metterci mano, lo sa bene chiunque abbia provato
a orientarsi su e giù per i rami del proprio albero genealogico. Sono grovigli,
ma un groviglio è anche la Storia, quella con la maiuscola, lo sa bene chi se
ne occupa per mestiere e con onestà intellettuale.
Storia e storie sono entrambe complicate, dovunque e in ogni
caso. Ma lo sono e lo sono state di più in una terra da sempre in bilico come
l’Istria, da sempre oppressa dalla continua necessità di definire e ridefinire
identità miste, mescolamenti, imbastardimenti di lingue e dialetti e dalla
conseguente di cambiare nomi, cognomi, toponimi.
Foresti racconta di persone semplici:
contadini, pescatori, impiegati asburgici costretti a diventare soldati, serve,
fioi de nissun, sartine, uomini che
sposano donne foreste, donne che cercano l’Amore e trovano invece soltanto un
marito, uomini che sanno da che parte stare quand’è il momento di scegliere,
uomini che non lo sanno e si spezzano e non riescono a reggere gli urti troppo
violenti delle guerre, donne che invece quegli urti li sanno reggere e
procedono coraggiose finché hanno forza nella loro ostinata ricerca della
felicità per sé e per i propri figli. Come ha fatto e fa ognuno di noi, con più
o meno energia, con più o meno fortuna. Come continuano a fare anche oggi tutti
i foresti che si spostano perché non hanno altra scelta, come accadde un tempo
e come sempre accadrà.
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Gemma, la terza da sinistra e Sergio, genitori dell'autrice nel 1942 durante una gita in bicicletta nei dintorni di Capodistria. Si riconosce anche Idalia, la terza da destra. Archivio Silvia Zetto Cassano
Biografia dell’autrice
Silvia Zetto Cassano, è nata e vissuta a Capodistria fino
all’età di dieci anni. «In una zona» – spiega a chi glielo chiede – «zona B, un
posto in sospeso, non più Italia, non ancora Jugoslavia». Nel 1955, assieme a
molte famiglie istriane, ha lasciato l’Istria. Si è stabilita a Trieste, si è
sposata, ha avuto due figli. Ha cominciato a insegnare a diciott’anni; nel 1998
si è laureata in lettere con una tesi di storia del cinema. Ha organizzato
laboratori, lezioni, interventi rivolti a scuole e associazioni sui temi della
ricerca storica e del linguaggio delle immagini. Collabora da vari anni con la
sede RAI del Friuli Venezia Giulia come autrice di trasmissioni e sceneggiati.
Oltre a vari articoli su periodici, ha pubblicato nel 2003 “La casalinga
inadeguata” per le Edizioni Biblioteca dell’Immagine. Nel 2017 per “Foresti” ha
vinto il premio Giacomo Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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Silvia Zetto Cassano, Foresti,
Trieste, Comunicarte, 2016, pp. 180, fotografie in b/n, euro 19.
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Servizio redazionale e di Networking a cura di Sebastiano Pio
Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie
di Elio Varutti.
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